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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
Compagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia MissionariaCompagnia Missionaria
Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
 La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto 2024
    Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita los grupos en Mozambique... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    19 ottobre 2024
    Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online... Continua
per l'assemblea generale 2025
 
Padre, con tuo Figlio Gesù, desideriamo essere e vivere oggi con Marta, Maria e Lazzaro lo spirito di Betania. Betania: - spazio di misericordia e amore; - casa e scuola di comunione; - luogo di ascolto e adorazione; - vita fatta di tenerezza e affetto. Padre, ti chiediamo di vivere: come Marta, per servire con gioia , come Maria, per ascoltare la Parola, come Lazzaro, per vivere l'amicizia. Padre Santo, per mezzo dei santi fratelli, ti affidiamo la nostra X Assemblea Generale ordinaria, affinché possiamo prepararci ad accogliere la luce e la grazia dello Spirito. Maria, Madre, Guida, Custode e Direttrice Generale e Perpetua, accompagni e rafforzi il nostro cammino. Amen.
camminare in una vita nuova
 
L’amore di Dio si concretizza nello stipulare con gli uomini l’Alleanza con la quale egli impegna la sua benevolenza, la sua attenzione, la sua onnipotenza … Una  Alleanza stipulata nel sangue di Cristo, dove Dio va molto al di là degli orizzonti umani dell’assistenza, della collaborazione … Stabilisce con l’uomo una relazione intimissima, sponsale, definitiva, eterna. Una Alleanza che riporta lo spirito umano nella situazione originaria. Per questo può essere definita atto “grandioso”, atto “superlativo”, atto tagliato sulla misura delle “capacità infinite” di Dio. Il profeta Davide aspirava proprio a questa “ricreazione” quando pregava:”Crea in me, o Dio, un cuore puro; rinnova in me uno spirito saldo” ( Salmo 51,12). Questo atto “ricreativo” avviene mediante la morte di Cristo per amore. E’ talmente sconvolgente questa rinascita dell’umanità alla grandezza di Dio, che ci vuole la morte e la risurrezione dello stesso Figlio di Dio per realizzarla. Un segno dell’azione onnipotente di Dio, lo possiamo intravedere in due fatti che accompagnano l’episodio storico della morte e risurrezione di Cristo, fatti che sono più incisivi sulla sensibilità dello spirito umano: “ Gesù, emesso un alto grido, spirò. Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi risuscitarono” (Mt: 27,50 – 52). “Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Magdala e l’altra Maria andarono a visitare il sepolcro. Ed ecco che vi fu un grande terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie tremarono tramortite” (Mt. 28, 1 – 4). Dunque, la Nuova Alleanza è una nuova creazione, un nuovo inizio di vita, a partire dalla risurrezione del crocifisso e della nostra incorporazione nella morte e nella risurrezione di Gesù. “Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme con Lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. (Rom. 6,3 – 4). Figura centrale di questa “vita nuova” è il Crocifisso, espressione plastica: · Dell’amore di Dio che si dona sino alla fine e che questo amore-misericordia onnipotente ricostruisce l’umanità nella sua prima purezza; · Della necessità che noi abbiamo a rassomigliarli nella generosità e nel coraggio. “Pensate attentamente, fratelli, a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori – leggiamo nella lettera agli Ebrei – perché non vi stanchiate e perdiate d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato” ( Eb. 12, 3 – 4 ). Difatti anche dopo il battesimo noi rimaniamo fragili, pur avendo la possibilità e la grazia di vivere una vita nuova. Siamo sotto il peso della fragilità “storica”, sotto il condizionamento della “carne”… Caratteristica fondamentale della Nuova Alleanza è che è Dio stesso a istruire, a muovere, a riscaldare, ad animare, a riempirci di entusiasmo e di buona volontà. Nasce in noi la spontaneità della risposta, spontaneità che non è superficiale, di occasione, condotta dalla improvvisazione e dalla emotività … Si concretizza, prevalentemente e con entusiasmo in quelle espressioni di donazione e di servizio che già costituiscono l’intelaiatura del proprio essere nella Chiesa, la “strada maestra” del proprio andare verso Dio e i fratelli … Ø Si tratta di trascinare nel proprio impegno tutto se stessi: con la propria posizione spirituale, ecclesiale, sociale, familiare, di lavoro.. Ø Si tratta di accertarsi, volersi bene, valorizzarsi nell’amore, accettare i propri limiti, i propri difetti, il proprio temperamento, la propria salute, i propri tempi … Ø Si tratta di arrivare a modificare le nostre abitudini nel vedere, nel considerare, nel valutare … le persone e le realtà che i circondano. Tutto è da Dio. Lo sono anche i miei fratelli e le mie sorelle. Anche loro sono stati redenti con il sangue di Cristo con la sua morte e risurrezione. E sono attualmente anche loro amati da Dio. E Dio come vuole me salvo e santo, vuole salvi e santi pure loro. Quanto diventa bella la mia vita e come si apre alla gioia, quando nella pazienza e nella speranza cerco di farmi servitore di Cristo morto e risorto! (dagli scritti di p. Albino)
essere betania, spazio di misericordia
 
Ritiro di maggio 2024 dei gruppi Cile e Argentina Dal Vangelo secondo San Giovanni (Gv, 11, 32 – 36) “Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli:” Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!”. Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: “Dove lo avete posto?”. Gli dissero: “Signore, vieni a vedere!”: Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei:” Guarda come lo amava!”. Questa riflessione è soprattutto un invito, per noi consacrate, a recuperare e rivedere il palpito, il battito del cuore delle nostre comunità, della nostra missione e di questo mondo pieno di disumanizzazione. Betania, casa del Cuore, dove palpita l’umanità, la vita, ciò che ci identifica pienamente e giustifica il fatto che siamo e viviamo dentro questo nostro mondo. Qualcuno afferma che la radice della parola cuore viene da “saltare”; forse perché il cuore batte continuamente (salta). Quando non batte più, non pulsa più…quando il cuore non “sente” più, non si appassiona più allora il cuore o è malato oppure non sta bene. Cuore: ha relazione con altre parole come concordare, spaventarsi, ricordare, pulsare, vulnerabilità, intuire, battere all’unisono con un’altra persona; a che vedere anche con discordia. Anticamente si credeva che nel cuore c’era la fonte dei sentimenti dei nostri affetti, della nostra memoria. Adesso lo relazioniamo specificatamente con la volontà e il luogo dell’opzione della vita. Umanità: parola tanto forte quanto fragile! E ci dice tanto: bellezza, misericordia, compassione, bontà, però anche miseria, debolezza. Dicono coloro che si intendono di etimologia, che ha qualcosa a che vedere con “humus”, terra, suolo, terreno… è una relazione che ci ricorda il fatto di essere creature, che formiamo parte del congiunto di tutti gli esseri umani che abitano la terra. Tra i sinonimi che incontriamo di umanità possiamo includere: condizione umana, benevolenza, bontà, clemenza, comprensione, pietà, misericordia, carità, cuore, capacità di sentirsi solidali, affetto, compassione verso le persone, disumanità, corpo umano, fragilità, debolezza, proprie dell’umanità. Nello scrivere tutti questi sinonimi risuona nel cuore la parola Incarnazione. Gesù, il Signore, ha assunto questa nostra umanità con tutte queste caratteristiche. “Il Verbo si fece carne e ha posto la sua dimora tra noi e noi abbiamo visto la sua gloria” (Giov. 1, 14). Che cosa dice Betania al nostro cuore, alla nostra passione, alla nostra umanità, alla nostra persona, alle nostre comunità, alle nostre relazioni? Alcune intuizioni: Sentirsi corresponsabili per umanizzare di più. Gesù ci coinvolge tutti in Betania per risuscitare Lazzaro e a qualcuno chiede di togliere la pietra, ad altri di sciogliere le bende…Come possiamo crescere in una corresponsabilità che ci faccia togliere, a tutte e a ciascuna, il meglio di sé stessa per contribuire alla vita, affinché entri la luce nelle nostre relazioni umane, aiuti a costruire comunità che camminano, libere da bende, al ritmo dello Spirito? La donna a BETANIA umanizza, cioè, dà a questo racconto evangelico un tocco di realismo umano quando affrontiamo con turbamento situazioni di morte, quando davanti a situazioni difficili reclamiamo apertamente e diciamo a Dio: “Se tu fossi stato qui…”. Quanti “se tu fossi stato qui…” abbiamo dentro il cuore e poco lo dialoghiamo, lo affrontiamo nella preghiera… Gesù, davanti a Marta, non sembra rimanere male del rimprovero, anzi sembra voglia abbracciarla per condividere con lei il dolore fatto protesta e trasformarlo in fiducia, affinché possa far emergere da lei la sua fede profonda: sì, Gesù è la vita, e se Lui adesso è ancora lì, Lazzaro avrà di nuovo la vita. Dare spazio al femminile è darci l’opportunità, tra noi fratelli e sorelle, di dire le nostre contrarietà, di parlarne con apertura, decisione, però come Marta, aperti a quanto l’Altro, gli altri, mi propongono e mi aiutino a vedere le cose in distinte maniere. Maria, sua sorella, ci rivela un’altra realtà molto umana, la necessità della compagnia, della consolazione; lei giudica le cose in maniera diversa da quella di Marta: rimane in casa, nel suo cuore e dà un’interpretazione un po’ superficiale a quanto successo. Però la parte femminile di Maria è quella di rispondere e alzarsi immediatamente davanti alla chiamata di Gesù, perché solo davanti alla voce dell’Amato è capace di uscire da sé per consolidare questo processo di fede che richiederà il suo tempo. Ci umanizza anche la tenerezza, la bontà, il trattarci con cordialità, quando ridiamo o piangiamo con il fratello. Così ha fatto Gesù a Betania, dimostrò la sua vulnerabilità umana davanti all’amico “che dormiva”. Alle volte sembra che le consacrate e i consacrati siano persone perfette, forti (dure) che non sentono le difficoltà della vita, che non si piegano facilmente davanti alle difficoltà oppure non vogliamo manifestare le nostre debolezze né a noi né agli altri. E’ bello invece, incontrarci con una persona consacrata generosa, piena di calore umano, alla quale si può apertamente aprire il cuore sia nei momenti di tristezza che di gioia. Il servizio di ungere i piedi ai fratelli ci umanizza, perché è un modo che ci pone di fronte alla necessità di chi cammina al nostro fianco. C’è un gruppo apostolico di laiche che ogni settimana ungono i piedi stanchi, feriti, dei migranti ospitati in un albergo vicino alla stazione del treno. Gli occhi, le mani, il sorriso di queste persone che aiutano, riflettono e comunicano una grande umanità. Nelle nostre comunità serviamo o siamo serviti? Sappiamo ungere le persone con parole di consolazione, di comprensione, o al contrario aspettiamo che siano gli altri ad ungerci di adulazioni? Sederci a tavola, condividere la fede e la vita…anche questo eleva il livello della nostra umanità. Dopo la risurrezione di Lazzaro, al banchetto pre-pasquale di Betania, si racconta che stavano condividendo il pasto a tavola. Quante tavole abbiamo nelle nostre comunità? In quale di queste noi condividiamo maggiormente, “condividiamo con” gli altri i nostri sogni, ciò che abbiamo nel cuore? Ci umanizza anche la solidarietà, la non indifferenza, perché mi sento parte integrale dell’Umanità e perché questa Umanità è il Corpo Mistico di Cristo lacerato per tante disumanità, ingiustizia, disuguaglianza. Papa Francesco ci ha invitati ad “essere misericordiosi e generare misericordia”. La solidarietà nasce da un cuore misericordioso, che si interessa per alleggerire, anche con piccoli gesti, le disumanizzazioni che si vivono in tante situazioni di marginalità. In definitiva, Gesù ci umanizza. Quando Lui è al centro dei nostri cuori, della nostra comunità, della nostra missione, allora anche la nostra consacrazione si umanizza, si fa “carne” si radica nella storia. Lo Spirito Santo realizza in Lui l’Incarnazione, questo mistero inaudito del suo amore per noi. Si è fatto uno di noi, ha preso la nostra Umanità. ( Da: Escuchemos a Dios donde la vida clama – Conferencia caribena y latinoamericana de religiosos/as – CLAR) PER PREGARE · Rdv e Statuto n. 5, 14 · “Tutti siamo figli. Imparare a vivere insieme in questo modo…occorre avere un cuore misericordioso, questo è l’obiettivo del nostro cammino di vita perché la misericordia è di Dio” (Lettera Programmatica) Quali attitudini dobbiamo potenziare nei nostri gruppi, in noi stesse, per crescere nel Cuore dell’Umanità? Di cosa ha bisogno la nostra Betania per essere più umana e misericordiosa? Elisabeth Tiayna Mollo In preparazione a questo evento e pensando ai temi da proporre il nostro gruppo indonesiano CM ha maturato questa riflessione. La base della vera gioia è essere consapevoli e credere che Dio ci ama molto. Dimorare nell'amore di Dio è il modo migliore per sperimentare la gioia al massimo. La famiglia di Betania si presenta consapevolmente e volontariamente per vivere insieme in "comunione" con Dio che è adorato, lodato e glorificato attraverso il lavoro e il servizio nella vita. La formazione della famiglia di Betania è dovuta all'amore di Dio, non perché fossero dello stesso sangue, ma per la Sua volontà. È questa consapevolezza della forza dell'amore che ogni persona (Marta, Maria e Lazzaro) diventa un buon sistema di sostegno; sostenetevi l'un l'altro in ogni situazione, con empatia e ascolto, fidarsi pienamente a Dio e affidarsi a Lui sopra ogni altra cosa. Questo deve diventare il nostro modello. La spiritualità e l'offerta di sé della famiglia di Betania dovrebbero essere una motivazione e uno spirito importante nella nostra vita, fino a quando non sarà radicata nella nostra anima, nel nostro lavoro e nel mondo. Equilibrio! La vita di preghiera/contemplazione e di lavoro reale diventa un vero e proprio "carattere" che vive nella famiglia di Betania, questo dovrebbe essere un'ispirazione per noi come Istituto Secolare che ci dedichiamo in mezzo al mondo per santificare il mondo da dentro. La peculiarità della famiglia di Betania è la "Casa", un luogo dove ogni persona si riunisce per trovare la presenza di Dio ed esprimere a Dio ogni lode, gratitudine, necessità, preoccupazione. Perché se la famiglia prega insieme, rimarrà unita. Insieme, grazie alla comunione, alla fraternità con Dio, al senso di appartenenza, al sentimento del cuore di Dio, questo rende i membri capaci di superare ogni difficoltà, nonostante le situazioni di tensione che si troveranno ad affrontare. Però credono pienamente nell'amore di Dio che è in grado di dare vita all'anima umana. La fratellanza della famiglia di Betania è una fratellanza divina! Non è una normale fratellanza umana. Questo dovrebbe animare il nostro cammino come Istituto Secolare. La fratellanza fa piccole cose con grande amore, con amore sincero e disinteressato, amore per il Signore Gesù. Con questa base, noi CM saremo abilitati da Dio a "partorire" valori concreti nella vita quotidiana come: Amorevolezza, apertura, accettando gli altri così come sono (malati, anziani), perdono, premura, compassione, onestà, umiltà, sacrificio e altro ancora. Grazie. Grazie Antonia Theresia Ingi
interrogati dalla complessità del nostro presente
 
Il 18 maggio 2024, il coordinamento italiano ha organizzato un incontro di formazione per missionarie e familiares sul tema della famiglia oggi. Condividiamo la relazione di padre Bruno Scuccato S.C.J. che ha svolto il tema con competenza e chiarezza, lasciando anche interrogativi su cui continuare a riflettere. Inizio con questo riferimento evangelico: «Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non valutate da voi stessi ciò che è giusto?» (Lc 12,56-57). Gesù premette alla frase l’espressione “ipocriti!”. Lasciamo il contesto in cui è posto il richiamo di Gesù, che riguarda la sua presenza di messia di Dio non riconosciuta, non accettata; sentiamo, invece, questa frase molto pertinente al nostro tempo, al nostro presente che stiamo vivendo, e sentiamola rivolta a noi chiamati a valutare ciò che accade oggi e a starci dentro “con il cuore”, con il desiderio e l’impegno di trovare modalità idonee (forse non soluzioni) con cui affrontarlo. E, diciamolo subito, a noi che viviamo una ben definita spiritualità dell’amore, della riparazione, della solidarietà con il vissuto dei nostri contemporanei. * C’è di mezzo il discernere l’insieme delle vicende che possono apparire diversificate ma che, se viste nel loro insieme, vengono a costituire un quadro complesso ma convergente nelle problematicità che presenta, e che ci coinvolge. Richiede perciò discernimento, per evitare di stare alla finestra come spettatori passivi, che subiscono gli eventi, anziché affrontarli in vista di capirli, (capirne le cause, le dinamiche) e individuare almeno delle piste per dare delle risposte e trovare, per quanto possibile, il come affrontarli, almeno nei parametri fondamentali. * Il nostro presente è complesso, è carico di problematiche, di breve o lungo respiro, di carica emotiva o esistenziale… Esso segna, più che nel passato, un cambio epocale in ambito tecnico-scientifico, geopolitico, ecclesiale, del pensiero, del vissuto relazionale ed emozionale. Un cambio velocissimo, sovente inatteso, che coinvolge tutti i settori e, di conseguenza, tutti noi. Basta accennare ad alcuni di essi, a partire dall’ultimo fatto: l’impianto nel cervello di un micro-cip che manda impulsi sulle parti malate e le stimola per riprendere il sano funzionamento; è un intervento che promette grandi possibilità di recuperare invalidità fisiche e psichiche, ma che potrebbe venire utilizzato, in negativo, per manipolare la personalità. Questo ci fa capire che stiamo vivendo il passaggio dall’umanesimo al post-umanesimo, dove il nuovo ritrovato tecnico viene ad avere la prevalenza: gestisce l’interazione, il condizionamento sulla persona, il modo di pensare e di agire. Cambia, così, l’antropologia: dalla centralità dell’uomo alla centralità della macchina, dall’umano al post-umano. Pensiamo all’intelligenza artificiale che viene a competere con l’intelligenza umana. * Vediamo, in breve, i principali ambiti: - L’ambito bio-etico: le nuove problematiche etiche che riguardano la vita nel suo iniziare e nel suo terminare: inseminazione (ovodonazione o semedonazione), gestazione non in utero (in vitro, eterologa, per procura), affido – genitorialità (a coppie omosessuali), il gender (il genere non è di natura, ma di scelta), il transgender (sentirsi nel corpo sbagliato e nel sentire interiore dell’altro sesso), la manipolazione genetica (con intervento chirurgico e ormonale); il fine vita assistito o procurato (eutanasia…). - Il rapportarsi alle nuove realtà affettive: coppie separate-divorziate, con nuovi legami; realtà LGBTQI+ (coppie omosessuali, fluide e loro richieste di omologazione …). - L’ambito religioso: la crisi della fede, il primato del naturale sul soprannaturale, la secolarizzazione, il primato del soggettivismo sull’oggettività - di conseguenza il relativismo -, il venir meno della trasmissione della fede, lo svuotarsi delle chiese… La ricerca di altre espressioni religiose (induismo, buddismo) o almeno di tecniche meditative (yoga) per coltivare una forma di interiorizzazione, di spiritualità; una religiosità new age… * Come affrontare queste numerose e complesse problematiche, che necessariamente possono diventare divisive? Come guardarle in ottica della nostra spiritualità dehoniana? Che cosa esprimono? Come si possono leggere e sentirle dentro il nostro oggi? Fino a che punto investono anche il nostro vissuto? Quali risposte dare? * Ora ci soffermiamo sulle problematiche che hanno investito la famiglia (coppie separate, divorziate, con nuove relazioni, i figli, le persone omosessuali o transessuali che desiderano vivere relazioni di coppia o di essere riconosciute come famiglia, quindi che può avere o adottare figli…). La famiglia ‘naturale’ (uomo/donna) è la realtà da cui sboccia la vita della persona, entro la quale riceve il primo imprinting, che è veicolo al primo inserimento nella trasmissione dei valori, anche quello della fede, e nel tessuto della realtà sociale. Ha subito un fortissimo scossone, che l’ha disorientata, con la legge del divorzio: ha intaccato la sua unità, ha posto in risalto la libertà del singolo sul valore della indissolubilità del matrimonio, e il modo di intendere l’amore (prevale la legge o la libertà?). Sono calati i matrimoni religiosi, sia per la crisi di fede, sia per ciò che comporta una eventuale rottura. Per cui il timore di vincoli legislativi ha sviluppato le convivenze, con il rischio – al contrario - di non godere dei diritti degli sposati regolarmente (da qui la richiesta di essere riconosciuti dallo Stato come conviventi). - Dal divorzio si è passati all’aborto: la vita non tanto vista come dono, ma come decisione personale, per cui può anche essere interrotta, rifiutata, ritenuta come un diritto. Primato dell’autonomia, della libertà personale, soprattutto della donna: “L’utero è mio, e lo gestisco come voglio io”. * Quali le conseguenze?: nuclei familiari saltati, figli contesi o demandati all’altro coniuge o non voluti, famiglie allargate, problematiche anche economiche, interruzione delle nascite a dimensione macro sociale (in Italia 6 milioni di calo nascite), non cambio generazionale con invecchiamento della popolazione… - Il tema si è allargato alla gestazione oltre quella naturale: eterologa, utero in affitto (gestazione per procura). - Si è innestato il tema delle coppie omosessuali con richiesta di riconoscimento statale, di genitorialità riconosciuta per ambedue i conviventi. - Nel contesto familiare si è inserita la problematica del gender: quale identità personale assumere, di conseguenza quale educazione ai figli; il primato della libertà di scelta nella costruzione della propria identità psicosessuale (transessualità). Prospettiva ecclesiale * Il quadro che si ha e che si vive è complesso, è fonte di conflittualità ideologica e di soluzioni non condivise, spesso dirompenti… Se è vero a livello sociale, lo è pure a livello ecclesiale. Emerge il grande problema della fedeltà alla dottrina ordinaria, delle irregolarità canoniche, delle difficoltà nell’agire pastorale… La Chiesa è intervenuta con diversi documenti nel passato, ma ultimamente, con Papa Francesco, con due documenti, che hanno inteso dare degli orientamenti: Fiducia supplicans del 18 dicembre 2023 e Dignitas infinita dell’8 aprile 2024. a) Fiducia supplicans: è una “Dichiarazione”, non una Enciclica o un Motu proprio o una Esortazione Apostolica. Ha il tenore della risposta a un preciso interrogativo giunto al Papa stesso (all’interno dei cinque dubia posti da alcuni cardinali o conferenze episcopali), a cui il Papa ha risposto brevemente in precedenza e che ha dato una formalità più articolata investendo il Dicastero della Dottrina della fede. Parte dal principio dottrinale sul matrimonio: dà per scontato che la dottrina sul matrimonio rimane intatta: l’amore di coppia (uomo-donna), ratificato dal sacramento, caratterizzato dall’amore fecondo e perpetuo. Tocca poi il problema delle coppie irregolari (divise, risposate, omosessuali, transgender…), che si sentono dentro la realtà cristiana, intendono rimanerci, e che vogliono sentirsi accolte dalla Chiesa. Come accompagnarle? Che cosa riconoscere a loro? Dare loro almeno una benedizione “particolare” che le faccia sentire accolte dentro la comunità cristiana, rispettate, amate? Il Papa fa capire che la benedizione può essere data, ma pone delle previe chiarifiche: - Non va confusa con il sacramento; - Non va data in un contesto rituale; - Andrà indicato un modo idoneo (non dice quale, non dà indicazioni). - Non intende ratificare ma sostenere: va indicato un cammino che le mantenga orientate a Dio, partecipi della vita della comunità cristiana. b) Dignitas infinita Anche questo documento è una “Dichiarazione”. Tocca molti punti di attualità, nuovi per tanti aspetti. Intende richiamare la posizione dottrinale della Chiesa, aprire fin dove è possibile, collegare il vissuto umano alla realtà complessiva dell’ambiente. I punti problematici toccati e posizioni prese: Il dramma della povertà, la guerra, il travaglio dei migranti, la tratta delle persone, abusi sessuali, le violenze contro le donne, aborto, maternità surrogata, eutanasia e suicidio assistito, lo scarto dei diversamente abili, teoria del gender, cambio di sesso, violenza digitale. * Considera la totalità della persona: corpo e anima, nella reciproca interazione sociale e spirituale, senza categorie discriminanti, persona dal suo sbocciare in utero al suo declinare e spegnersi nella morte. La considera nel suo evolversi normale e problematico, sessuale e affettivo. * Ribadisce alcuni punti fondamentali: - Ogni essere umano possiede una dignità inestimabile, per il solo fatto di appartenere alla stessa comunità umana e questa dignità non può mai essere perduta. - L’essere umano è tanto più “degno” di rispetto e di amore quanto più è debole, misero e sofferente, fino a perdere la stessa “figura” umana. - In quanto è creata ad immagine di Dio, la persona umana non perde mai la sua dignità e mai smette di essere chiamata ad accogliere liberamente il bene; - Alcuni propongono che sia meglio usare l’espressione “dignità personale” (e diritti “della persona”) invece di “dignità umana” (e diritti dell’uomo), perché intendono come persona solo “un essere capace di ragionare”. Di conseguenza, sostengono che la dignità e i diritti si deducano dalla capacità di conoscenza e di libertà, di cui non sono dotati tutti gli esseri umani. Non avrebbe dignità personale, allora, il bambino non ancora nato e neppure l’anziano non autosufficiente, come neanche chi è portatore di disabilità mentale. - Solo riconoscendo all’essere umano una dignità intrinseca, che non può mai essere perduta, è possibile garantire a tale qualità un inviolabile e sicuro fondamento. - Il concetto di dignità umana, a volte, viene usato in modo abusivo anche per giustificare una moltiplicazione arbitraria di nuovi diritti, molti dei quali spesso in contrasto con quelli originalmente definiti e non di rado posti in contrasto con il diritto fondamentale della vita, come se si dovesse garantire la capacità di esprimere e di realizzare ogni preferenza individuale o desiderio soggettivo. La dignità s’identifica allora con una libertà isolata ed individualistica, che pretende di imporre come “diritti”, garantiti e finanziati dalla collettività, alcuni desideri e alcune propensioni che sono soggettivi. Ma la dignità umana non può essere basata su standard meramente individuali né identificata con il solo benessere psicofisico dell’individuo. La difesa della dignità dell’essere umano è fondata, invece, su esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né dall’arbitrio individuale né dal riconoscimento sociale. - La dignità umana, alla luce del carattere relazionale della persona, aiuta a superare la prospettiva riduttiva di una libertà autoreferenziale e individualistica, che pretende di creare i propri valori a prescindere dalle norme obiettive del bene e dal rapporto con gli altri esseri viventi. Sempre più spesso, infatti, vi è il rischio di limitare la dignità umana alla capacità di decidere discrezionalmente di sé e del proprio destino, indipendentemente da quello degli altri, senza tener presente l’appartenenza alla comunità umana. - L’illusione di trovare nel relativismo morale la chiave per una pacifica convivenza, è in realtà l’origine della divisione e della negazione della dignità degli esseri umani. - Perché sia possibile un’autentica libertà «dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno». - «Ogni essere umano ha diritto a vivere con dignità e a svilupparsi integralmente, e nessun Paese può negare tale diritto fondamentale… Quando questo principio elementare non è salvaguardato, non c’è futuro né per la fraternità né per la sopravvivenza dell’umanità». - Si dovrà riconoscere che si oppone alla dignità umana «tutto ciò che è contro la vita stessa, comeogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario». Interrogativi su cui riflettere, inerenti il tema della coppia/famiglia, amore/sessualità, inizio/fine vita 1. Il cambiamento di molti parametri, a cui siamo stati educati nel considerare la realtà familiare, come risuona in noi? - Quali sentimenti suscita: di sgomento o, nonostante tutto, di fiducia? - Ci mette in disponibile ricerca di comprensione dei fenomeni o in reazione? - Ci porta a trovare orientamenti nuovi/soluzioni idonee, o ci intimorisce? 2. La Chiesa è madre e maestra: indica i valori portanti, oggettivi, da rispettare… e indica anche l’ambito pastorale per accompagnare quanti non sono dentro le “regole canoniche”. Come armonizzare le due esigenze? 3. L’approcio alle persone Nell’accostare le persone con situazioni compromesse o problematiche, per un cammino di crescita umana e cristiana, come porci? Quali passi fare nell’accompagnarle? Ci sono delle premesse da tenere presenti, in modo da non creare false aspettative o incomprensioni o indebite ingerenze (abuso spirituale)? 4. Con i documenti Fiducia supplicans e Dignitas infinita, la Chiesa ha dato degli orientamenti: come intenderli? È chiuso ogni dibattito o c’è spazio di libertà entro cui potersi muovere? Manca qualche aspetto importante? 5. - Alla luce della nostra spiritualità, come accostare queste problematiche rapportate al vissuto delle persone? - La spiritualità del “cuore”, dell’amore misericordioso, fino a che punto ci permette di andare oltre le indicazioni normative, demandando alla “coscienza” del singolo? - Dio è amore, misericordia, accoglienza, perdono… Tutto accoglie e perdona? Come interpretare la frase del Card. Martini: “Dio è misericordia, ma la sua misericordia è esigente”? - Che cosa mettere in risalto nel cammino di accompagnamento? C’è qualche esperienza da raccontare?
il potere della sua grande mano è forte
 
Qualche  mese fa, noi, CM Indonesia, abbiamo ricevuto l'invito da Padre Dwi Rahardjo SCJ della parrocchia di San Giovanni Battista Perawang per animare un ritiro ai giovani della loro parrocchia. Nel 2020, lo stesso Padre Dwi SCJ ci aveva invitato a partecipare ad alcune giornate di animazione vocazionale insieme a diverse congregazioni. Quell'anno ho risposto all'invito e sono stata ospitata da una famiglia del rione Antonio, della parrocchia di San Giovanni Battista. Anche questa volta padre Dwi mi ha contattato appositamente per chiederci di partecipare ancora ad alcune iniziative in programma nel territorio della parrocchia. E tra queste un ritiro per i giovani. Ho subito accettato la richiesta e ne ho parlato con il gruppo, anche per sapere se potevamo affrontare la spesa del viaggio ecc. Valutata la proposta abbiamo accettato e deciso che sarei andata ancora io. Così ho subito preparato il materiale per il ritiro ai giovani. Mi sono sentita felice di poter condividere nuovamente con i giovani un po’ della mia vita, con una dinamica di raccoglimento, ritiro, leadership. È stato come ricevere nuova energia dopo tanto lavoro scolastico, incessanti relazioni amministrative, incombenze varie, che mi avevano procurato una certa stanchezza. La proposta mi offriva quasi una possibilità di distensione, una vacanza. In effetti, essendo stata avvisata in anticipo ho avuto modo di preparare il materiale in base al tema. Ho passato molto tempo a comunicare tramite WhatsApp e telefonate , con Eva, la ragazza incaricata dalla parrocchia per concretizzare bene ogni particolare dell’evento e delle attività: dinamiche varie, liturgie, preghiera ecc. il tutto condiviso con l’equipe e gli animatori. Grazie a questa buona comunicazione abbiamo potuto prepararci con serietà e competenza. Personalmente da questa comunicazione ho imparato una cosa: è importante trovare compagni di squadra nelle dinamiche ma questo richiede un cuore aperto e un atteggiamento adattivo, così come imparare ad agire insieme, perché l’attività diventa allora più interessante. A Palembang prima di partire ho preparato anche un team di animatori con diversi studenti universitari, abituati a vivere insieme condividendo la mensa e il dormitorio. Li ho scelti volutamente per vari motivi. · Uno di questi: offrire spazio ai giovani per contribuire a servire insieme in modo dinamico. · In secondo luogo, invitare anche i giovani a conoscersi meglio attraverso attività giovanili della loro età e conoscere anche la CM. · E anche offrire loro un’opportunità per avvicinarli più profondamente alla vita di preghiera con nuove dinamiche. Il 24 maggio 2024 alle 06:00 siamo partiti da Palembang con destinazione Pekan Baru. Abbiamo utilizzato un piccolo pulmino con autista, cinque giovani animatori ed io. Lungo il percorso, i giovani mi hanno davvero ispirato a creare cose nuove. Ci siamo raccontato storie della nostra vita, alcune anche allegre e ci siamo divertiti, il tutto per conoscerci meglio e avvinarci di più. Una prima sosta l’ abbiamo fatta nella ​​ parrocchia Gregorius Agung Jambi dove lavorano alcuni Padri dehoniani che conoscevo. Il parroco Padre Felix Astono l’ho conosciuto quando lavoravo al liceo Xaverius 1; spesso lo chiamavamo per una celebrazione eucaristica con gli studenti delle scuole superiori. Purtroppo, non l’abbiamo visto perché era partito per Roma in pellegrinaggio con alcune persone della parrocchia. Abbiamo potuto salutare solo padre Angga SCJ. Successivamente abbiamo continuato il nostro viaggio verso Perawang . Valutando ora questa esperienza che abbiamo fatto devo dire che è stata molto positiva in tutti i sensi. Un aspetto importante è che la gente del posto e i giovani partecipanti ci hanno accolto calorosamente e messo a nostro agio , ci hanno sostenuto , accettati fin dal nostro arrivo. Il tema che ho trasmesso ai giovani aveva come base “chi sono io”e ha richiesto una profonda riflessione – dinamiche e diverse attività. L’equipe ha lavorato bene e con responsabilità. Diverse persone sono rimaste entusiaste perché hanno conosciuto profili diversi nella presentazione. Anch’io alla fine sono stata interpellata ed erano molti incuriositi sulla mia presenza, sulla mia scelta; hanno voluto conoscere non solo me ma sapere di più della CM. In particolare la ragazza che faceva parte dell’equipe, Eva, ha voluto capire e approfondire meglio la CM. Finora ho mantenuto con lei un contatto e cerchiamo di portare avanti il dialogo. L’ho invitata a trascorrere a casa mia un periodo così che si possa approfondire meglio la nostra conoscenza. Mi sento felice e poi ho comunicato con Santina per avere alcuni orientamenti. Ho chiesto a Eva di scrivere la sua esperienza vissuta insieme come equipe dell’ attività del “Grande Rosario” e del Ritiro OMK. Il suo scritto riportato in Vinculum completerà il mio. Questa è la felicità che posso condividere con tutti voi. Che Dio benedica sempre i nostri “piccoli passi”.
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