Entro
nel silenzio: del corpo
(cerco una posizione in cui stare comoda, ma concentrata e ferma), della mente,
del cuore, della bocca.
Prendo
consapevolezza della presenza di Dio, che vuole parlarmi e invoco lo Spirito
Santo.
Leggo
attentamente il brano. Se siamo in gruppo una persona proclama la
Parola:
Gv 9,1-41
In
silenzio rileggo, cercando
di cogliere, anche sottolineando, le
parole o frasi che attirano la mia attenzione, che suscitano un sentimento di
commozione, di gioia, di timore, che provocano perplessità, incomprensione…
Per
cogliere il significato di alcune frasi o parole, è utile andare a leggere ciò
che precede il brano che voglio meditare, o cercare in altri brani frasi
simili. Si tratta di leggere la Bibbia con la Bibbia.
È
molto utile entrare nell’episodio
descritto, fare la composizione del
luogo: immaginare il posto, al situazione, le persone, l’avvenimento che
viene narrato, e porre me stessa all’interno del racconto, trovare il mio
ruolo; posso identificarmi con uno dei personaggi presenti, comunque è
importante coinvolgermi in ciò che
leggo.
Medito. Se siamo in gruppo, una persona può
suggerire alcuni spunti di meditazione.
vv. 1-5: “Chi ha peccato? ….
Io sono la luce del mondo”
Se sei malato, sicuramente sei
colpevole e la malattia è la punizione del peccato. Una delle certezze più
diffuse, purtroppo anche tra i discepoli del Signore, ancora oggi! Una certezza
che rivela una non conoscenza di Dio, del Dio di Gesù Cristo. Una certezza che
scandalizza, soprattutto davanti al dolore innocente, e impedisce di incontrare
Dio, il Dio di Gesù Cristo. È misterioso il dolore, spesso incomprensibile, ma
Gesù assicura che anche il dolore può diventare strada per incontrare Dio.
Questi primi versetti sono la
chiave di lettura di tutto il brano. Siamo davanti a uno che è nato cieco, che
non ha mai visto un volto umano, il sole, i fiori… nulla. Solo buio. Poi ci
sono i discepoli di Gesù, che sono ancora in penombra, ma hanno la possibilità
di arrivare a vedere pienamente, perché chiedono luce a Gesù. Solo alla sua
luce vediamo la luce (cf Salmo 36,10), la mente e il cuore possono comprendere
la verità, rivelata da ciò che gli occhi possono vedere. E poi ci saranno altri
ciechi…
vv. 6-7: “Fece del fango …
va’ a lavarti … e ci vedeva”
Nella prima creazione Dio formò
l’uomo dal fango della terra. Ora il fango è prodotto con la saliva di Gesù, un
liquido che sgorga da lui, come lo Spirito che sgorgherà con l’acqua dal suo
costato trafitto. Quel fango è segno di Gesù stesso, l’uomo nuovo, venuto a
ricreare l’umanità a sua immagine di Figlio di Dio. Pone se stesso-luce sugli
occhi bui del cieco. E lo manda a lavarsi alla piscina di Siloe-inviato. Gesù
vuole che il cieco “collabori” alla guarigione miracolosa, chiede la sua
adesione alla sua volontà di guarirlo. Nessuno guarisce veramente se non vuole
guarire, se non fa nulla per guarire. Il cieco, necessariamente accompagnato da
qualcuno - è fondamentale la compagnia
umana – si lava alla piscina dell’Inviato e ci vede. Anche l’acqua con cui si
lava è segno di Gesù, l’Inviato del Padre per sanare l’umanità ferita e
accecata dal male.
vv. 8-12: “Non è lui? … Sono
io!”
Lo stupore e la fatica di capire
ciò che è accaduto. Inizia un processo di ricerca per comprendere ciò che si
vede, ciò che è accaduto. Cercare il significato di ciò che vediamo è
essenziale, altrimenti siamo come ciechi. Ma l’ex cieco, anche se deve fare un
percorso fino alla piena illuminazione, è già testimone di verità. Ha assunto in pieno la sua nuova
condizione: “Sono io!”. Colui che prima non vedeva è lo stesso che ora vede:
una nuova creazione è avvenuta. Nel buio del caos, Dio creò per prima la luce,
perché la luce è la radice della vita.
vv. 13-17: “Era un sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto quel fango”
Ci si stupisce davanti all’agire
di Dio, ma può essere uno stupore positivo, come quello dei discepoli, della
gente, oppure uno stupore negativo, quello provocato dal pregiudizio,
dall’ideologia, quando la legge e la tradizione vengono prima del bene della
persona. Il pregiudizio e l’ideologia vivono nel buio. La luce li stupisce
perché li disturba. Pregiudizio e ideologia rifiutano la luce, perché la luce
li minaccia, li vince, li uccide.
Invece di vedere l’uomo che era
cieco e ora vede, l’uomo “ricreato”, i farisei vedono solo che il fango è stato
fatto in giorno di sabato, quando era proibito fare questa azione. Quando la
legge fatta per il bene e la libertà dell’umanità diventa ideologia, si
trasforma in prigione per l’umanità.
E l’ideologia è sempre a servizio
di un potere disumanizzante.
vv. 18-34: “Non credettero …
e lo cacciarono fuori”
Il cieco era andato a togliersi
il buio dagli occhi, lavandosi alla piscina; i farisei si bendano per non
vedere e per continuare a negare la luce: sono ridicoli. L’uomo che era nel
buio ora è felice perché è nella luce. Era al buio, come un morto nella tomba.
Ora è venuto alla luce, come un neonato, un uomo nuovo. Coloro che si arrogano
il potere di giudicare perché dicono di “vedere”, rifiutano la luce, scelgono
il buio. Negano la realtà: decidono che non era cieco. Anche i genitori
identificano il loro figlio, assicurano che era nato cieco, ma la paura del
potere impedisce loro di gioire e sostenerlo. Forse anche loro avrebbero
preferito che nulla fosse cambiato: non si troverebbero ad essere chiamati in
giudizio, con il rischio di essere scomunicati (=cacciati dalla sinagoga). E’
sempre rischioso schierarsi per la verità. Tutto il Vangelo di Giovanni mostra
lo scontro tra le tenebre e la luce, cioè tra la menzogna e la verità, tra Gesù
e i poteri del mondo. E chiede inesorabilmente di schierarsi, o per l’una o per
l’altro. Non c’è via di mezzo. “Non lo sappiamo” significa scegliere le
tenebre.
Non potendo negare ciò che è
sotto gli occhi di tutti, il bene compiuto da un uomo e ricevuto da un altro
uomo (in fondo è un’immagine di paradiso un uomo che fa il bene di un altro
uomo), per salvare un potere iniquo e geloso, quindi cieco, che si nasconde
dietro la legge e il nome di Dio, non sanno fare altro che condannare ed
escludere: cacciano l’ex cieco dalla sinagoga, cioè dalla comunione con Dio,
come se questo fosse nel loro potere. Ciechi e quindi illusi. Una condizione in
cui facilmente possiamo trovarci. Una condizione che ci rassicura e addormenta
la coscienza.
vv. 35-41: “Tu credi nel
Figlio dell’uomo?”
La scena cambia: cacciato dalla
sinagoga, l’uomo che ora vede, incontra Gesù, che non aveva mai visto. Sembra
che Gesù abbia fatto in modo di incontrarlo.
Gesù introduce l’incontro e il
dialogo con una domanda decisiva: “Tu credi nel Figlio dell’uomo?”. Dopo
avergli aperto gli occhi, vuole condurlo alla fede, cioè alla pienezza della
luce.
Mi metto nei panni dell’ex cieco
che ha solo cominciato a vedere. E vedo Gesù davanti a me che mi chiede: “Tu
credi nel Figlio dell’uomo?”. Resto in silenzio.
Riascolto in silenzio il dialogo
tra l’uomo e Gesù. Mi lascio coinvolgere. Sono io che chiedo: “Chi è, Signore,
perché io creda in lui?”. “Lo hai visto: è colui che parla con te”. Davvero
voglio sapere chi è per poter credere? Davvero lo vedo davanti a me? Davvero lo
ascolto per vederlo? Perché non potrò vederlo, se non lo ascolto. La sua Parola
è la luce.
Posso rispondere: “Credo,
Signore!”, prostrandomi davanti a lui? Sono un ex cieco che arriva alla piena
illuminazione?
Egli è la luce e la luce giudica,
perché rivela la verità, perché manifesta l’amore. E allora gli chiediamo:
“Siamo ciechi anche noi, Signore?”. Se è così, vinci le nostre tenebre con la
dolce violenza della tua luce, perché non restiamo nel nostro peccato. Dacci il
desiderio della tua luce!
Se siamo in gruppo, dopo qualche momento di silenzio, è bene fare
la condivisione, dove ciascuno
parla e ascolta, senza discussione. È lo Spirito che parla in ognuno.
Infine prego o preghiamo a partire dalla Parola ascoltata.