“La nostra
spiritualità scaturisce dalla contemplazione di Cristo nel mistero del suo
Cuore trafitto (cfr. Gv. 19,37), segno di amore totale per il Padre e per gli
uomini, sorgente di vita ecclesiale, strumento di universale redenzione” (Statuto
CM n. 5).
“…Fa o Signore, che
il nostro impegno nel mondo non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio, ma
la sapienza… ci guidi alla comunione con il Cristo”.
Per ciascuno di noi la vita di adesione alla CM, scrive
le pagine di una storia: pagine che partono dalla grazia delle origini e si
arricchiscono di tutto quanto la Chiesa, illuminata dallo Spirito, scopre continuamente nel tesoro della sua
fede.
Ora, anche per la Compagnia Missionaria. l’impegno è
quello della strada: camminare, secondo le indicazioni che ci vengono dai “segni dei tempi”, senza però mai
dimenticare la grazia delle origini, perché questa rappresenta il servizio specifico che noi
siamo chiamati a rendere alla Chiesa. Questo è per ciascuno di noi l’ ”unico
necessario”.
Dunque, camminare, avanzare, mantenendo fede, anzi
sviluppandola maggiormente, immergendoci sempre più profondamente nel carisma
specifico che Dio ci ha affidato, nello scopo originario, caratteristico della
CM, perché in questo è riassunto il servizio che siamo chiamati a rendere alla
Chiesa. Guardiano quindi anche con profonda simpatia alla nuova stesura dello
Statuto. E’ espressione del cammino della CM in continuità con la grazia delle
origini. Abbiamo bisogno però dell’aiuto dello Spirito Santo perché: “Nessuno può dire il Signore è Gesù, se non
sotto l’azione dello Spirito” (1Cor 12,3).
E’ lo Spirito che accende nei nostri cuori il sigillo
indelebile dell’amore di Dio e dei fratelli. E’ lui che ci aiuta a penetrare
nella grazia della fede e ne abbiamo molto bisogno per illuminare il nostro
modo di pensare e di agire affinché sia secondo Dio.
Questa fede deve comandare tutta la nostra vita (1Cor
2,13-16), perché tutto quello che sentiamo, pensiamo, viviamo sia secondo il
criterio di Dio e del suo Vangelo.
Ma in
concreto:
- Dinanzi alla prove della vita, ad esempio, di qualunque
genere, come ci comportiamo? Leggevo su un cartoncino questo messaggio: “Fasciamo i nostri ostacoli di silenzio e di
preghiera”.
Di qualunque ostacolo si tratti. Ma per questo occorre molta
fede, perché significa ripetere l’atteggiamento di Cristo che, dinanzi allo
stesso Pilato, ricoperto di accuse, taceva, parla solo quando nota che il suo
silenzio avrebbe compromesso la verità: “Tu
non avresti nessun potere se non ti fosse dato dall’alto…” Ma per quanto
riguarda se stesso non dice una parola.
- Nella vita di carità che è l’essenza della nostra
fede, perché dinanzi a Dio poco importa che io partecipi alla Messa o canti il
vespro, se tutto questo non lo so calare in una profonda vita di carità.
L’apostolo Paolo, a questo proposito, ci dice: “ Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra
bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria
edificazione, giovando a quelli che ascoltano. E non vogliate rattristare lo
Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione”
(Ef 29,30).
Contristo lo Spirito quando non
vivo nella carità.
L’apostolo passa ad indicarci le espressioni concrete di vita che sono secondo
lo stile di Dio.
“Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con
ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri,
misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi ” (Ef
4,31-32).
Ognuno di noi deve compiere il
cammino senza distaccarsi mai dalla grazia delle origini. E questa grazia è
illuminata proprio da quanto ci dice l’apostolo Paolo: “La vita che vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio che
mi ha amato, e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20).
L’espressione più evocatrice
dell’amore di Cristo per il Padre e per noi è: il suo costato aperto e il
cuore ferito. “…avendo amato i suoi
che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13,1). La manifestazione
più alta di questo amore di Cristo è proprio il cuore trafitto, cioè Cristo non
ha risparmiato veramente nulla, ha dato tutto.
La grazia delle origini, per
noi, sta proprio nella capacità di guardare a questo cuore ferito, espressione
suprema dell’amore. La grazia delle origini è tutta qui, e ogni membro CM vive
veramente in conformità a quanto Dio vuole nella misura in cui è capace di
contemplare questo cuore trafitto.
Le conseguenze
Dalla contemplazione del cuore
di Cristo nasce la riconoscenza, la lode, Dio non ci ha amato per scherzo, ha
dato veramente tutto. “Ci ha amati fino
alla fine”. Io che ho la vocazione
all’amore, devo alimentare la fiamma dell’amore proprio nella contemplazione
del cuore ferito di Cristo. Sarà proprio questa contemplazione a provocare
in noi:
*Il dono di noi stessi.
Guardando in faccia questo cuore ferito io mi arrendo in ogni aspetto del mio
essere. Mi restituisco a lui in tutto ciò che sono, perché lui mi renda
strumento di pace. Tento di ritirare il mio senso di possesso e supplico
che sia lui a possedermi e a vivere in me e attraverso me.
*Abbandono le preoccupazioni
ed affanni: cresco nella certezza che se la mia fede e la mia speranza in
lui sono vere, non vi è motivo di ansietà e tensioni.
*Abbandono tutte le difese
del mio cuore, dei miei sentimenti. IL mio cuore non ama più con il suo
proprio amore. E’ lui che ama in me”.
*L’impegno a fare qualcosa
per corrispondere a questo amore. Questo fare qualcosa una volta era inteso
come “riparazione”. Oggi ci si esprime in termini diversi, ma il contenuto è lo
stesso. Non perdiamoci in distinzioni inutili. Anzi questo fare qualcosa deve
portarci a:
a) Un impegno personale che consiste:
- nell’apertura allo Spirito
che ci guida sul cammino di Dio, proprio per vivere lo spirito di fede. E
questo spirito di fede consiste nel pensare ed amare con gli stessi sentimenti
di Cristo. Questo avverrà in noi se ci lasceremo guidare dallo Spirito. E ciò
che possiamo fare oggi non lo rimandiamo a domani. Facciamo il bene ogni volta
che ci si presenta l’occasione, non perdiamo il passaggio di Dio.
- Nella vita di unione.
La preghiera di offerta “Mio Dio ti offro la mia giornata, questo mio gesto… in
unione a Gesù per mezzo di Maria in spirito di amore”. Valorizziamo il più
possibile questo piccolo mezzo che ci può aiutare moltissimo nel nostro cammino
di amore.
- Nella vita di offerta:
“Nell’Ecce venio di Cristo e nell’Ecce ancilla di Maria è
compendiata tutta la nostra vocazione e il nostro fine, il nostro dovere, le
nostre promesse” (P. Dehon). Ora questo vale anche per tutti i membri CM.
Il cuore ferito di Cristo provoca la mia offerta quale
risposta d’amore. E quale offerta? Tutta la mia giornata come il Signore me la
offre, soprattutto i momenti difficili che ci capitano: in famiglia, in gruppo,
sul lavoro… Sono diamanti che non dovremmo sciupare mai. Cerchiamo di essere
attenti a scoprire tra le foglie morte del nostro cammino la perla preziosa
dell’offerta e dell’accettazione serena della volontà di Dio.
b) Impegno apostolico: la contemplazione del cuore
ferito dovrebbe farci diventare anche più uomini e più donne, cioè capaci di
vedere e contemplare quei tanti nostri fratelli, spesso vicini, dal cuore ferito:
ferito per le calamità naturali (terremoti), ferito dalla disoccupazione, senza
casa e con la disperazione nel cuore; fratelli feriti dalla droga,
dall’emarginazione, dalla malattia, dalla solitudine…
Io credo che se ci abituassimo a contemplare il Cristo Uomo,
ferito dalla nostra cattiveria, ci sentiremmo più invogliati ad essere uomini e
donne in senso pieno in mezzo ai fratelli che soffrono. Dunque la contemplazione del Cuore di Cristo deve
portarci ad avere espressioni di profonda umanità, di comprensione, di
solidarietà, di amore, di misericordia…
Noi vogliamo essere degli apostoli verso questi fratelli
e far capire loro che l’amore di Cristo merita qualche piccolo sforzo anche da
parte nostra. E nell’esercizio della nostra attività, apostolato, impegno,
lavoro… la preferenza nostra vada per i poveri e gli umili proprio come ha
fatto Cristo, che ha privilegiato chi era povero, ferito a causa della
malattia, del disordine, dell’ingiustizia… E
noi, per essere sulle orme di Cristo, siamo chiamati a fare altrettanto.
(Riflessione tolta dagli scritti di p. Albino)