intervento conclusivo di p. enzo brena scj
Dopo le
conclusioni della nuova Presidente, Graciela, viene data la parola al superiore
Provinciale dei Padri Dehoniani del nord Italia, Padre Enzo Brena, che rivolge
innanzitutto un augurio a Graciela, quale nuova Presidente, e un ringraziamento
a Martina per il lavoro svolto come precedente Presidente della CM.
Da questo messaggio finale intuisco che ci sono stati
argomenti molto interessanti che hanno
arricchito questi vostri giorni di riflessione voglio semplicemente ribadire alcune
cose che avete già detto voi, che avete approfondito voi.
Di sicuro come primo punto mi sembra che l’internazionalità
sia importante, ed è il futuro. Dire questo non vuol dire che siamo
internazionali, perché avere membri che appartengono a diverse nazioni non vuol
dire che abbiamo già un atteggiamento di accoglienza reciproca di
internazionalità. Vuol dire che bisogna costruirlo e questo è un traguardo da
raggiungere sempre. Non perché al centro della nostra attenzione ci debba
essere l’internazionalità.
L’internazionalità fa parte della conversione
evangelica dove ognuno viene riconosciuto per quello che è, un figlio, una
figlia di Dio. Non ci sono figli di Dio di seconda o terza categoria. Siamo
tutti figli. Imparare a vivere insieme in questo modo non è semplice. Richiede
appunto una continua conversione. In questo senso mi sembra importante la
sottolineatura che avete fatto di avere un cuore misericordioso, cioè un cuore
pieno di misericordia. Anche questo è l’obiettivo del nostro cammino di vita,
della nostra conversione, perché la misericordia è di Dio. È Lui il
misericordioso. Noi cerchiamo di arrivare a condividere con Lui e a sintonizzare
il nostro cuore sul Suo cuore. È come quando si mette in sintonia una radio e
per sentire bene una stazione bisogna regolarla in modo giusto. E la nostra
vita è un continuo tentativo di regolare il nostro cuore su quello di Dio.
E, spero di non deludere nessuno, non siamo mai arrivati
al punto di pienezza di questa sintonia, la dobbiamo cercare continuamente. Voi
sapete meglio di me che basta una piccola cosa per uscire di sintonia. Un
piccolo sgarbo, una disattenzione, un’incomprensione e già cominciamo a vedere
che le nostre reazioni scadono, si trasformano. E bene è lì che bisogna
ricordarsi del cuore misericordioso di Dio a cui noi apparteniamo. E proprio
perché apparteniamo al cuore di Dio abbiamo tutto il diritto e il dovere di
fare tutto ciò che ci è possibile, oggi, ora, per diventare, per essere
misericordiosi. Tra mezza giornata bisognerà fare qualcos’altro per essere
misericordiosi, domani, tra un mese, tra un anno altrettanto.
Avere dentro di noi questa mentalità che mette al
centro il concetto di processo e non di stato, di condizione è importante
perché altrimenti noi facciamo sempre delle confusioni. Riusciamo a far bene
una volta e pensiamo di essere arrivati, mentre invece non è così. Questa è
l’umiltà. L’umiltà è sapere che per
quanto abbiamo fatto cose belle c’è ancora da camminare, da imparare. In questo
modo si vive bene anche il traguardo che si è raggiunto ogni giorno.
La condizione per lasciare che Dio ci metta in piena
comunione con Lui e l’ascolto della parola avviene sempre in un equilibrio, in un
bilanciamento tra quello che ci dice la parola e l’avventura della nostra
storia personale e sociale ed ecclesiale. Riuscire a fare un inserimento o una aggiornamento, tirare giù
oggi la parola di Dio che è valida per sempre, questo è compito nostro e in
questo abbiamo molto da aiutarci. Mi sembra che questo sia davvero uno degli
aiuti che non dovrebbe mai mancare nelle nostre comunità, nei nostri incontri,
cioè avere le sensibilità di saper leggere le vicende della storia alla luce
della parola di Dio, e nelle vicende della storia saper cogliere come la parola
di Dio ci invita ad entrarci in modo evangelico perché anche là le sorprese
della storia quotidiana sono provocate dalla provvidenza di Dio e quindi sono
parte della Sua parola e della Sua volontà. In questo senso papa Francesco ci
stimola continuamente a saper stare nella storia perché se noi ci limitiamo ad
andare a leggere, rileggere, rispolverare il vangelo ma non lo inseriamo nella
storia diventiamo gente che vive dalla mansarda in su, non sta con i fondamenti
della terra, della storia e quando
diventiamo teorici del vangelo siamo distanti dalla vita e dalla realtà dei nostri
fratelli. Ecco perche è importante riuscire a mantenere sempre in un
bilanciamento equilibrato la storia e la parola di Dio, il nostro ascolto della
parola di Dio e la capacità di stare nella storia alla luce di questa parola.
Ed aggiungo anche questa sottolineatura, presente nel messaggio di Graciela,
dell’attenzione ai nuovi linguaggi, soprattutto nel mondo giovanile. Questo mi fa fare una riflessione: È
verissimo che c’è bisogno di imparare nuovi linguaggi perché altrimenti non ci
si capisce. E anche vero che i linguaggi, gli idiomi cambiano. Il Vangelo
rimane sempre quello. Allora in che modo essere attenti ai nuovi linguaggi,
diventare capaci di comprendere il mondo giovanile che usa i nuovi linguaggi
stando radicati nel vangelo e in quello che abbiamo detto prima, e cioè, se non
abbiamo la capacità di sentire che la libertà evangelica ci permette di stare
in dialogo con tutti, senza tagliar fuori nessuno, senza escludere nessuno, se
abbiamo questa consapevolezza e cerchiamo di metterla in pratica allora davvero
la nostra vita, il nostro rapporto anche coi giovani diventa arricchente. Non
solo per loro ma anche per noi perché non bisogna mai scordare che c’è un
criterio di reciprocità che è sempre in funzione se noi pensiamo di insegnare
soltanto siamo fuori posto, son loro che non ci capiscono, perché nessuno è dottore
o professore, tutti siamo umani, viandanti, tutti in cammino. Certo chi ha più
esperienza, più conoscenza ha qualcosa in più da condividere ma questo non ci fa’
delle persone che non hanno più nulla da imparare. Ecco perché è importante
l’apprendimento dei nuovi idiomi e linguaggi soprattutto nel mondo giovanile
senza dimenticare che l’unico modo per rimanere sempre giovani nonostante l’età
che passa è vivere una vita evangelica cioè imparare la libertà di Gesù Cristo
che non si nascondeva dietro i traguardi già raggiunti, e ma lei non sa chi
sono io, e tutte queste storie. stava semplicemente attento alle persone, si
lasciava toccare dalla vita delle persone.
Avete poi toccato l’aspetto della formazione
permanente. È qui che arriva il punto più importante e che ci permette di fare
sintesi perché nella formazione permanente non sono i corsi che facciamo è la
vita quotidiana vissuta alla luce del vangelo. Questa è la formazione
permanente, questa è la conversione permanente a cui siamo chiamati e che
funziona davvero se ci sentiamo sempre in cammino. Se sentiamo che la sorella
che è vicina accanto a noi non è lì per caso o purtroppo, ma è lì perché insieme
ci aiutiamo a diventare capaci di amare, liberi di amare. Se non crediamo(?)
nelle cose di questo mondo io credo davvero che di formazione permanente ne
possiamo fare a quintali ma non serve a niente non portano in nessuna parte
perché la formazione permanente non è cose da sapere, nozioni da mettere in
testa ma è vita, è vita da vivere. E allora facciamo subito mente locale: la
formazione permanente per me che cos’è? Sono le sorelle che vivono con me, è la
situazione in cui mi trovo. Questa è la formazione permanente. Se stiamo lì un
anno a vivere male con chi abbiamo accanto e aspettiamo che arrivi la
formazione permanente siamo fuori pista, siamo fuori strada perché la
formazione permanente non fa’ dei miracoli, anzi normalmente proprio diventa
dannosa perché la viviamo come una giustificazione: ma io l’ho fatta la
formazione permanente. Non è cambiato niente. Però ho fatto la formazione
permanente. I rischi sono questi per noi, e dobbiamo essere molto realistici
sui rischi di una umanità che appunto corre il rischio di rimane lì, ancora in
germe non pienamente sbocciata e, quindi, incapace di portare frutti
abbondanti.
Non perché il Signore non ci ha dotato, non ci ha
equipaggiato di doni, di capacità e di talenti ma perché noi viviamo al di sotto
delle nostre possibilità, ancora inseriti in un quadro di riferimento che non è
quello suggerito dal vangelo e dalla vita di Gesù. Ma ci facciamo altri viaggi:
l’efficienza, produrre dei risultati. Sarebbe già un risultato che noi ci
volessimo così bene e non sono uno che fa’ un discorso minimalista, perché
questo è un discorso enorme, che noi riusciamo a vivere il vangelo gli uni
accanto agli altri. Perché se non facciamo questo che cosa ci può far credere o
pensare che andando agli altri poi porteremo dei frutti. Lo capiscono subito,
lo sgamano subito quelli che ci ascoltano se siamo veri o se non siamo veri, se
siamo coerenti oppure no.
E allora mi sembra, appunto, che questa formazione
permanente sia soprattutto da vivere nella vita quotidiana, nelle relazioni,
nel sentirci responsabili gli uni degli altri, le une delle altre, nel non
leggere le differenze individuali come un problema, o un ostacolo alla nostra
crescita ma come la via preferenziale per arrivare alla nostra crescita, ad
essere, cioè veramente figli. Non perché il Signore si diverte a metterci in
difficoltà ma perché, oggi, quella è la persona che ho accanto. E se non so
vivere accanto a questa, accettando, magari, i suoi limiti che sono insuperabili,
non riuscirò a vivere neanche con qualcun altro, da un’altra parte.
Responsabili gli uni degli altri e consapevoli, questo
mi sembra un aspetto molto importante, di essere mediazione nell’opera di Dio,
nella grazia di Dio. Il Signore non giunge a noi attraverso delle situazioni
mistiche, normalmente. Può succedere anche questo, ma normalmente non arriva a
noi con delle sedute spiritiche, con delle esperienze mistiche. Arriva a noi attraverso
la faccia simpatica o antipatica di chi ci sta accanto. Allora anche noi siamo
una mediazione di un altro come l’altro lo è per me. Accettare questo è una
bella sfida perché noi vediamo una buccia e tante volte la buccia non ci piace.
Però se noi riusciamo ad andare oltre la superficie e a capire che anche la
persona più problematica è comunque amata da Dio e ha la possibilità di fare un
passaggio di crescita che noi non conosciamo già, neanche lei, forse, ma che è
possibile se noi ci mettiamo in un determinato atteggiamento che è appunto di
accoglienza, di ascolto, di condivisione, di pazienza, di perdono ecc.
Questi sono i frutti dello Spirito. E allora se
andiamo a vedere quali sono i frutti dello Spirito riusciamo a comprendere in
che modo è possibile essere mediazione nell’ottica di Dio, per cui a tutte voi
tanti auguri per questo cammino che è il cammino di tutti.