Consegnarsi
Consegnata: vorrei vivere consegnata, fino in fondo.
Non
posso guardare al Crocifisso e tenere qualcosa per me. Ma c’è una paura nel
cuore, la paura della vulnerabilità. Guardare l’altro, e lasciarsi guardare,
spalanca il nostro mistero, apre a noi il mistero di chi guardiamo con occhi
amici. E poi le difese si alzano.
Vorrei fare il
secondo miglio col mio fratello, anche mille miglia, sulla parola del Signore.
Ma non riesco a sfondare il mio limite, le mie chiusure. È paura? È prudenza?
Vorrei sentirmi consegnata, tutta proprietà di Dio. Lui
non ha messo un confine nel suo
Amore, ci ha consegnato se stesso nel
Figlio, ci ha consegnato la sua vita di relazione nello Spirito. Non ha nulla
tenuto per sé. Ha dato TUTTO.
Come rispondere,
che cosa rendere al Signore per quanto mi ha dato?
ECCOMI:
Consegnata a Dio nella CM,
Nella Chiesa,
Nell’umanità
tutta,
Consegnata in quel noi
che dice Padre nostro!
ECCOMI:
Posso entrare in quella libertà dei figli, nell’obbedienza, sicura che
incontrerò il mio Signore.
“Ho sete”
Il salmo 63, voce degli assetati, dei
cercatori di Dio, la cui anima è terra
deserta e arida …
A volte è facile sentirci nei panni del
salmista, altre volte le labbra pregano e il cuore è lontano. Per chiedere
l’acqua, come la Samaritana, dobbiamo incontrare
il Cristo. E pensavo, come pregava Gesù questo salmo? «Padre, ho sete di te, di tornare a
te, anch’io peno in questo mio esilio!», ma forse anche così «Padre, ho sete che la tua volontà sia compiuta fino in
fondo, ho sete dell’uomo, di ogni uomo
che tu, Padre, hai affidato alle mie mani, Maria Grazia, ho sete di te!».
Non so se i miei pensieri extra-vaganti
sono ortodossi, ma ridà spirito alle parole sapermi chiamata per nome da un Dio
che ha sete di me.
Sì Signore, ho solo una brocca per attingere, il mio cuore, la mia
vita: ecco, è per la tua sete.
“Ascolta Israele”
“Samuele! Samuele!” “Maria Grazia, Maria
Grazia!”
Come mi piacerebbe, Rabbunì, non lasciar
cadere neanche una tua parola! Ascolto, spesso
distratta, ma quando l’ascolto si fa vivo me
ne sento avvolta, travolta. Non è una parola che posso tradurre, è una parola
che mi pervade, è linfa che scorre nella mia vita, è parola che mi diventa
acqua e cibo. È parola viva, ma non ci capisco niente. Eppure non potrei farne
a meno.
Mi domando, Signore, non vorrai mica che
studi alla Gregoriana per capirti?
Per ora so questo: io ti ascolto come una
bambina seduta sulle ginocchia di suo Padre. E le parole che tu mi hai detto, e
hanno cambiato la mia vita, non hanno avuto bisogno di traduttori, di esegeti,
di teologia o ermeneutica, mi hanno penetrato il cuore così, come le ho trovate
scritte, e in lingua italiana, perché non conosco né l’ebraico, né l’aramaico.
Né ho mai percorso le strade della Palestina.
Signore, come a Giacobbe, mi hai preparato
una scala, e lì salirò finché tu vorrai darmi la tua benedizione, a costo di
soffrire di sciatalgia per tutta la vita:
Cammina alla mia presenza
Sta in silenzio davanti al
Signore e spera in lui
Rabbunì
Signore!
Eterna è la sua misericordia
Padre
Spirito paraclito
Maria
E poi parole immagini:
L’emorroissa
Talitha kum! Ragazzina, alzati!
Il paralitico calato dal
tettuccio
Zaccheo, piccolo, che ti spia da
una pianta di sicomoro
Il gesto d’amore del profumo di
nardo, l’unzione regale che ti ha offerto una donna
E ancora nella mia infanzia due imperativi:
Lasciate che i bambini vengano a
me
Traffica i talenti che Io ti ho
dato
E oggi il tuo cuore trafitto:
ECCO,
SIGNORE, IO VENGO PER FARE LA TUA VOLONTA’