Nell’ultimo
giorno, il grande giorno della festa - Quando
Israele, dopo 40 anni nel deserto, giunge alla Terra Promessa, cessa il dono
quotidiano della manna e il popolo comincia a mangiare i frutti della terra.
Ogni anno, in settembre, al termine della stagione dei frutti, Israele celebra
la festa delle Capanne: una settimana di festa per ricordare il viaggio nel
deserto, culminato nella Terra dove scorre latte e miele, e il miracolo
dell’acqua che Dio fece scaturire dalla roccia: l’acqua, elemento fondamentale
per la vita dell’umanità e di tutta la creazione. E proprio perché essenziale alla vita, nella
Scrittura l’acqua è simbolo dello Spirito di Dio.
«Ogni giorno della settimana delle Capanne si riempiva una coppa
d’oro, attingendo dalla piscina di Siloe, e la si portava in processione
cantando “Attingete con gioia acqua alle sorgenti della salvezza” (Is 12,3). La
folla in festa agitava il lulab (un mazzetto di rami di palma, salice e mirto e
un frutto di cedro) e entrava per la porta della fonte, cantando l’Hallel a
ricordo della liberazione d’Egitto (Salmi 113-118). Entrati nel tempio, il
sacerdote saliva all’altare e spargeva l’acqua al suolo […] L’ultimo giorno
della settimana il sommo sacerdote la versava oltre le mura di Gerusalemme, come
segno della benedizione che da Israele si riversava su tutti i popoli, secondo
la promessa fatta ad Abramo (Gen 12,3). […] Durante la festa si leggeva Ez 47,
che parla della sorgente che esce dal tempio e diventa un grande fiume di acqua
vivificante […] Il tempio era visto in relazione alla roccia che Dio spaccò,
facendo scaturire acque come dall’abisso […] si leggeva pure Zc 13, con la
promessa che in Gerusalemme sarebbe zampillata una sorgente per lavare peccato
e impurità» (FAUSTI S., Una comunità legge
il Vangelo di Giovanni I, pp. 183-184)
La sete – C’è una sete della gola e del corpo, una sete di acqua che, se non
soddisfatta, uccide. C’è una sete della mente e del cuore: sete di vita, di
conoscenza, di senso, di amore, di gioia, di pace. Anche questa sete chiede
assolutamente di essere soddisfatta, pena l’inaridimento della vita, la
disperazione, la morte interiore… che può condurre anche alla morte fisica, per
tante strade.
Per la sete del corpo, il Creatore fa sgorgare acqua dalle rocce
montuose e fa scorrere fiumi e fa piovere acqua dal cielo. Per la sete del
cuore ci offre un’altra acqua, più preziosa. Divina. Che mai asciuga, ma che
diventa sorgente gorgogliante nella vita stessa di chi se ne disseta.
Dal suo grembo
sgorgheranno fiumi - Nel giorno della grande festa, mentre il
popolo va al Tempio a ricevere l’acqua, perché secondo la profezia di
Ezechiele, l’acqua sgorga dal Tempio di Dio che è in Gerusalemme, Gesù si
rivela come il nuovo Tempio. Già alla donna di Samaria aveva detto che ormai non
è più il tempio di Gerusalemme o il monte Garizim il luogo dove adorare Dio,
perché Dio vuole essere adorato in Spirito e Verità. Gesù è la Verità. Lui è il
vero, unico e indistruttibile Tempio, non costruito in 46 anni, ma distrutto
dagli uomini e risorto il terzo giorno.
La condizione per riconoscere il vero tempio, la vera roccia da
cui sgorga l’acqua che disseta in eterno è la fede. Chi crede è chiamato e
invitato da Gesù a bere da lui, dal suo grembo, dal suo Cuore. Sulla croce quel
Cuore sarà aperto dalla lancia del soldato e ne sgorgheranno sangue e acqua. La
nuova roccia da cui sgorgherà la sorgente della vita è il Cuore di Cristo
Crocifisso.
Ma, ascoltando attentamente ciò che Gesù grida, ci accorgiamo che,
forse, il grembo-cuore di cui Egli parla non è solo il suo Cuore. Forse ci sta
gridando che il cuore stesso di chi crede e beve da Lui diventa sorgente da cui
sgorgano fiumi di acqua viva. Aveva detto la stessa cosa alla donna di Samaria.
Ma solo se ci avvicineremo al Crocifisso, l’Umiliato, l’Assetato, dal Cuore trafitto, e lo contempleremo con gli occhi e il cuore colmi di fede, potremo “riconoscerlo” come Dio Amore, unica sorgente di vita. E saremo dissetati di Spirito Santo.