Parole chiave della nostra spiritualità. Sono parole che ci immettono nello spirito ed
esprimono il contenuto di vita della nostra spiritualità. Sono parole che ci indicano quali pensieri, quali
sentimenti, quali atteggiamenti devono essere specifici del nostro mondo
interiore ed esteriore per poterci calare veramente nel “proprium” del nostro
carisma.
Nello studio di queste parole chiave, partiremo prevalentemente dalla
contemplazione di Gesù dal fianco squarciato. Però questo avvenimento è
l’epilogo di tutta una vita donata agli uomini, alla loro introduzione,
all’ammaestramento e alla crescita nello stile di vita di Dio. Pertanto, per
immedesimarci pienamente dei sentimenti e delle disposizioni del Cuore di Gesù,
scenderemo dal Calvario alle strade della Palestina per accostarci al Gesù del
Vangelo e cogliere gli inviti, gli esempi, le precisazioni che sono di assoluta
importanza per il traguardo della salvezza. Ad esempio:
- “Venite a me, voi tutti che siete affaticati
e oppressi, ed io vi ristorerò … imparate da me che
sono mite ed
umile di cuore e troverete tranquillità per il vostro spirito ( Mt 11, 28 –
29).
- “Io sono la via, la verità e la vita.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo mio” (Gv 14, 6 ).
- “Tutto quello che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a
loro. Questa è tutta la Legge e i Profeti (= il compendio
dell’insegnamento biblico”) (Mt 7,12).
Per tutto questo, e altro secondo cui si concretizza la pratica e la
testimonianza della nostra fede, Gesù si è lasciato aprire il Cuore. Nella mia
ferita, Egli sembra dirci, potete leggere tutta la profondità del mio dono a
voi. Ma “voi non avete ancora combattuto
fino al sangue” (Ebr 12,4).
Le “parole chiave” hanno anche un’importanza straordinaria per renderci
operatori della salvezza di Dio, secondo le linee del nostro carisma,
nell’ambiente della nostra vita quotidiana. Il nostro apostolato può essere anche diretto. Normalmente però è
indiretto è un richiamo a Dio attraverso le modalità secondo cui impostiamo e
conduciamo la nostra vita. Guardiamo al vangelo. Guardiamo “come” Gesù educa i
suoi apostoli. Con le parole certamente. Soprattutto però con l’esempio della
vita. Gli apostoli vivono con Gesù,
vedono come Lui reagisce in determinate situazioni, come parla, come si
comporta. Ecco perché più tardi l’apostolo Pietro potrà affermare:
“Non è per essere andati dietro a favole
artificiosamente inventate che vi abbiamo parlato della grandezza di Cristo, ma
perché siamo stati testimoni oculari” (2 Pt 1,16).
Noi
certamente non siamo della elevatezza di Cristo. Però il compito specifico dei
membri degli Istituti Secolari è di essere “fermento di Dio” in mezzo agli
uomini.
“Parola chiave”: La vita di amore. La specifichiamo così:
Anzitutto è il
Cuore di Gesù che ci dona la possibilità di riamarlo intensamente e (oso dire)
con capacità divina.
L’acqua che sgorga dal suo costato ferito è
simbolo della vita, dello Spirito, dei Sacramenti (secondo la tradizione
patristica). Ma anche del nostro amore che ricambia il suo amore. Gesù l’aveva
preannunciato: “Chi ha sete venga a me e
beva, chi crede in me, come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gv 7, 37-38). E
l’evangelista commenta: “Questo Egli disse riferendosi allo Spirito che
avrebbero ricevuto i credenti in lui” (Gv 7, 7-39). Dunque il Cuore ferito di
Cristo, nel segno dell’acqua, ci dona lo Spirito e nello Spirito la capacità di
riamarlo con l’impetuosità di un fiume in piena, cioè potentemente, quasi
divinamente.
Imploriamo il Cuore di Gesù con le parole della Samaritana: “Dacci di quest’acqua” (cfr. Gv 4,14). Dacci un supplemento di Spirito Santo. Tu che
hai detto agli apostoli: “Riceverete forza dallo Spirito Santo…e mi sarete
testimoni (cfr. At 1,8). Anche noi per la vocazione che ci hai dato, vogliamo
essere tuoi testimoni, e vogliamo esserlo secondo le linee del nostro carisma:
“Contrassegnati
in tutto e sempre dalla carità, segno visibile della presenza di Dio che è
Amore" (Statuto Missionarie N° 9).
Ma non è tutto. Raccogliendo l’invito di Gesù: “Rimanete in me ed io in voi”… “Rimanete nel mio amore, come io rimango
nell’amore del Padre mio”(Gv. 14,5ss), dobbiamo spingere la nostra
devozione al Cuore di Gesù a un vero “cuore a cuore” con Lui. Allora il mistero
del Cuore trafitto si fa respiro, alimento, anima della nostra vita.
La seconda “parola chiave”: La
vita di oblazione
Facciamo
una precisazione, forse inutile per noi. La parola “oblazione” deriva dal
latino e corrisponde alla parola italiana “offerta”. E’ un termine ormai
classico nel discorso della devozione al Sacro Cuore. E, probabilmente,
“immutabile”.
Un passo delle
Costituzioni S.C.J. ci dice la ragione e specifica le dimensioni della vita di
oblazione.
“Coinvolti nel peccato, ma partecipi della grazia redentrice, con il
servizio dei nostri diversi compiti, vogliamo
essere in comunione con Cristo, presente nella vita del mondo, e in solidarietà
con Lui e con tutta l’umanità e tutto il creato, offrirci al Padre, come
un’oblazione vivente, santa, a Lui gradita” (cfr. Rom 12,1 ).
P. Dehon stimola l’aspetto affettivo della nostra oblazione. Dopo aver
sottolineato la logicità di una risposta con queste parole: “Come il Cuore di Gesù ha voluto versare il
suo sangue fino all’ultima goccia e accordare a tutti gli uomini il frutto
della sua passione e della sua morte … così vuole essere amato e onorato da tutti. Particolarmente da coloro
che si professano suoi amici … conclude,
usando la terminologia del suo tempo, Gesù richiede da noi una vita di
abnegazione, di rinuncia alla nostra volontà, alle nostre personali
inclinazioni e l’abbandono completo di tutto il nostro essere” (cfr . Dir.
Spir. I, 14-15). Oggi diremmo: Gesù ci
vuole aperti alla magnanimità dell’offerta. Tutto per Lui, con Lui, e in Lui, in un unico sacrificio e in una sola
oblazione.
Il
campo della nostra oblazione è estesissimo. Va dalla capacità di donare un
valore oblativo alle grandi occasioni di accettazione, di rinuncia, di
sacrificio ... che incontriamo sul nostro cammino, alla magnanimità nello
scoprire, nell’accogliere, nel valorizzare le piccole rinuncie, difficoltà,
contrasti, sofferenze della vita quotidiana.
Riportiamo una pagina del Card. Martini,
vorrei proporre un’espressione di oblazione quasi inedita alla nostra
attenzione. Eppure il Card. Martini la definisce – mi pare con piena esattezza
– “il cuore del Vangelo”. Si tratta di un particolare momento del sacrificio di
Cristo sul Calvario. Il Card. lo chiama il momento delle “tentazioni di Gesù
sulla croce”:
Le <tentazioni> di Gesù sulla
croce: Il popolo stava a vedere, i
capi invece lo schernivano dicendo: Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è
il Cristo di Dio e suo eletto. Anche i soldati lo schernivano e gli si
accostarono per porgergli dell’aceto e dicevano: Se tu sei il re dei Giudei
salva te stesso. C’era anche una scritta sopra il suo capo. Questo è il re dei
Giudei. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: Non sei tu il
Cristo? Salva te stesso e noi (Lc. 23,35-59).
Gesù si trova in un momento drammatico. Se ascoltasse i suoi interlocutori
e scendesse dalla croce, tutti gli crederebbero. Ma se scende dalla croce, come
mostrerà l’immagine di un Dio che accetta la morte per amore dell’uomo? Darà, è
vero, l’immagine di un Dio potente, un Dio del successo, un Dio di cui ci si
può servire per nutrire le proprie ambizioni, però non mostrerà più l’immagine,
inedita in tutta la storia delle religioni - e che l’uomo da solo non riesce mai a immaginare - , del Dio che
serve, che dona la sua vita per l’uomo, che lo ama fino a spogliarsi di tutto
per suo amore, e ad accettare l’annientamento di sé. E’ proprio questa idea di
un Dio dominatore, esigente, impaziente, che vuole dall’uomo il proprio
vantaggio, che Gesù è venuto a negare. Il Vangelo porta l’immagine di un Dio
che è misericordia, che si svuota di sé per amore dell’uomo. A noi, un Dio
così, appare sempre un po’ incredibile e sorge un moto di diffidenza, perché è
difficile per l’uomo accettarlo: un po’ come Pietro che non voleva accettare
che il Maestro morisse per lui, che gli lavasse i piedi. Eppure, è questa
immagine rivoluzionaria dell’amore di Dio, così incredibile, che Gesù porta
fino in fondo, sul suo corpo, sulla sua carne, sulla croce. Ed è
quella da cui gli altri tentano di distoglierlo: salva te stesso, serviti della
tua potenza, mostra la tua capacità di dominare. Gesù invece, è venuto a
mostrare la capacità di servire. Non contempleremo mai abbastanza questa scena.
Qui, siamo proprio nel cuore del Vangelo e, grazie a Dio, abbiamo modo di
contemplarla sempre, perché questa è l’Eucarestia, il Cristo fatto pane, fatto
nutrimento: questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue dato per voi. Fate
questo in memoria di Me. Naturalmente ne segue tutta una diversa concezione
della vita: anche noi dobbiamo essere persone che sanno spogliarsi,
dimenticarsi per gli altri. Forse resistiamo sempre un po’ a questo concetto di
Dio proprio perché, se lo accettiamo, deve cambiare il nostro modo di essere e
di vivere.” (Martini: L’evangelizzatore in S. Luca).
Voglia il buon Dio che cominciamo a muoverci così e preghiamo “O
divino fuoco, o Divino amore, o dolce Ospite dell’anima mia, arrendimi e
purificami; sono povero, sono nudo, sono freddo; ma mi abbandono a Te. Lava
irriga, sana, piega… Compi nel mio spirito ciò che compisti nel caos primitivo
della materia: sii principio di ordine, di luce, di vita …”.
(Dagli scritti di p. Albino)