Intervista a Giannina Cereda
Uno sguardo alla tua vita: presentati … la tua famiglia … le
tue prime esperienze … l’ambiente dove hai vissuto … il tuo lavoro … ecc.
Mi chiamo Giannina Cereda di anni 80 di cui 55 nella CM.
Sono nata a Concorezzo (Mi). La mia
famiglia composta di mamma e papa e otto fratelli, io sono la quarta.
Situazione familiare semplice e umile, solo il papà lavorava in una ditta dove
si faceva l’olio non commestibile. In quel tempo non avevamo la possibilità di studiare, finita la quinta
classe si cercava un lavoro.
Io sono entrata in una fabbrica di tessitura a 13 anni. Ho
imparato a far funzionare le macchine che facevano l’elastico e il grogrè; ne avevo 50 da guardare, sono rimasta 14 anni. Era un lavoro semplice
ma che esigeva molta attenzione. Facevo i turni dalle ore 6 alle 14, e dalle 14 alle 22.
Frequentavo la parrocchia, l’oratorio, la catechesi e
attività varie. Alla domenica avevo la responsabilità della Buona Stampa, si
andava nelle famiglie a portare le riviste o i giornali, quelli che le famiglie
avevano già prenotato. Avevo formato un gruppo di giovani che mi aiutavano dopo
la messa a fare questo lavoro. Anch’io andavo, suonavo i campanelli mi
accoglievano e alcune volte mi offrivano qualche cosa, e intanto si
chiacchierava e si dialogava, ci
confidavano qualche loro preoccupazione, difficoltà del momento e cosi via. Era
bello quando ti confidavano i loro problemi dopo li vedevi sorridere e ti
ringraziavano. Poi mi riunivo con le
giovani per sentire se avevano incontrato qualche difficoltà.
Come è nata la tua vocazione:
come è nata? Perché nella Compagnia Missionaria? La tua partenza per il
Mozambico e rientro in Italia …
Il desiderio di una consacrazione la vivevo dentro di me da
molto tempo , ma era un segreto mio. Avevo un gruppo di amiche con le quali lavoravo sia nella parrocchia che
all’oratorio. Partecipavamo agli incontri di formazione dell’Azione cattolica e
tutti gli anni nel tempo delle vacanze si frequentava un corso di Esercizi
Spirituali. Alcune di queste amiche presero la loro decisione e chi da una
parte e chi dall’altra entravano in convento e si realizzavano. La mia non
decisione era che non volevo la divisa e il velo. Dopo un certo tempo andai a trovarle nelle
loro case e a vederle tutte contente e gioiose chiedevo se era vero quello che
vedevo. Mi invitarono a fare questa
esperienza, avevano capito che ero interessata a questa vita ma non sapevano la
mia difficoltà. Dopo queste visite dicevo sempre di no, non è questo il mio
posto.
Da quando ho conosciuto le missionarie e la mia partenza
definitiva per Bologna è passato un anno. Entrata nella Compagnia Missionaria
ho ripreso in mano i libri dopo 13 anni … poi ho fatto un Corso di Economia
Domestica e Cucina. Nel frattempo, lavoravo in casa, in segreteria per la
spedizione del nostro giornalino.
Portavo nel mio cuore il desiderio di fare un’esperienza in
missione. Passavano gli anni e l’Africa era sempre lontana. Poi mi sono
convinta che anche stando in casa compiendo le attività giornaliere ero
missionaria ugualmente. Un bel giorno, parlando con la Presidente, ho detto.
“Quest’anno compio 50 anni o parto ora o non ci vado più”. Lei mi ha guardata e
mi ha detto: “Scrivi la domanda”. Così è stato.
La mia partenza per il Mozambico è avvenuta il 6 maggio
1990. Sono arrivata a Maputo (la capitale) quando c’era ancora la guerra;
girando per la città si vedevano molti negozi ma tutti vuoti. Tante persone
anziane che chiedevano qualche cosa, in particolare, da mangiare.
Quando si arriva in missione normalmente si impiega un po’
di tempo per conoscere l’ambiente ed il contesto di vita. Dopo ho iniziato a
lavorare nella Caritas Parrocchiale “Nossa Senhora das Vitorias” facendo
visita agli ammalati ed alle famiglie assieme ad altri collaboratori.
La prima cosa che abbiamo preparato nel giardino della
parrocchia sono state due grandi stufe di argilla per preparare un pasto al
giorno per questi ragazzi. I collaboratori che conoscevano la situazione di
povertà hanno individuato i ragazzi da accogliere. Si è iniziato con circa 80
ragazzi che pian piano sono diventati un centinaio e più. Questa distribuzione
era fatta dal lunedì al venerdì perché il sabato e la domenica gli ambienti
erano occupati dalle persone che frequentavano la catechesi e la preparazione
delle celebrazioni domenicali. Questa attività è durata per alcuni anni.
Insieme agli altri collaboratori si è pensato di offrire ai ragazzi che
frequentavano la mensa, dei corsi di alfabetizzazione e scolarizzazione dalla
sesta all’ottava classe. Con la fine della guerra molte famiglie e ragazzi sono
potuti rientrare nelle loro terre di origine e non c’era più l’esigenza di
continuare la mensa ma era diventata più urgente una preparazione culturale.
Il luogo dove svolgevamo queste attività iniziava a diventare
piccolo e stretto per cui si è cercato un terreno per costruire una Scuola Comunitaria. Si è iniziata la
costruzione nel 1995 e, con l’aiuto della Provvidenza e di tante persone
generose si è riuscite a inaugurare la Scuola nel 1997 ed iniziare le lezioni
dalla sesta alla nona. In seguito si è arrivate fino alla dodicesima classe (il
nostro Liceo). Si sono utilizzati gli spazi della scuola anche per corsi di
Inglese e computer.
Si sono messe a disposizione della parrocchia nei fine
settimana le sale per catechesi, incontri formativi e per le riunioni del
Consiglio Pastorale ecc.
Dopo quasi trent’anni di Africa sono ritornata in Italia. Mi
hanno richiamata per collaborare a fare assistenza ad una missionaria anziana
con problemi di memoria e per collaborare nel lavoro a Monguelfo.
Quando si ritorna dalle missioni dopo tanti anni, è
difficile trovare un inserimento nel nuovo ambiente, se poi c’è l’età avanzata
e qualche problema di salute … Io ho dato la mia disponibilità a Dio e alla CM
ma è limitata perché sto sentendo che le mie forze sono diminuite con qualche
acciacco in più.
Attualmente quali sono le sfide
che ti sembrano più importanti per la tua vita e per la vita della CM? Dove
vedi fragilità e dove potenzialità?
In questo periodo sento fortemente il desiderio di una
formazione permanente umana e spirituale che alimenti la mia e la nostra
vita. La preghiera rimane sempre un
punto importante. Rimane la nostalgia per le liturgie africane e il desiderio di
continuare a coltivare alcune relazioni con le persone.
Vedo la fragilità nel partecipare agli incontri o nel
coltivare relazioni in questo periodo della pandemia che limita molto.
Le potenzialità le vedo nella vivacità dei gruppi CM nei
vari Paesi del Sud del Mondo e nella Organizzazione di Volontariato Guardare
Lontano che sta aiutando tante situazioni di persone in difficoltà.
Parliamo molto di comunione e
missione. Come declineresti concretamente questi aspetti importanti per noi
membri CM.
Non è facile vivere concretamente la nostra comunione per
vari motivi ma siamo chiamate anche dal nostro Statuto a continuare a costruire
e ricostruire con il perdono reciproco la comunione perché la missione parte
per primo dalla comunione tra di noi. E’ importante mantenere la fiducia e la
speranza che solo con la comunione in Dio e, come dice Papa Francesco, se
crediamo che siamo continuamente perdonati (misericordiati), siamo chiamate ad
essere misericordiose tra di noi.
Chiesa in uscita e periferie
esistenziali … pandemia …: come possiamo declinare concretamente i suggerimenti
che ci vengono dal Magistero di Papa Francesco?
Dove trovi la forza per
continuare questa tua missione?
Nella preghiera. Il nostro Statuto al n. 64 dice che: “la
preghiera è un dialogo di amore con Dio … e resta un mistero vitale che ci
interpella”. Il n. 67 dice che: “anche se siamo immerse in una intensa attività
dobbiamo saper trovare spazi di preghiera che ci aiutano a rimanere in comunione
con Cristo”.
Nella comunione. E’ un altro valore da vivere assieme per
essere portatrici di solidarietà, condivisione in mezzo ai fratelli e alle
sorelle.
Voglio dire il mio grazie al Signore per la chiamata alla
vita di consacrazione nella CM.