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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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RICORDO DI IRENE RATTI
Posted by Compagnia Missionaria
Cenni biografici 
presentati durante la celebrazione del funerale,
nella chiesa di S. Giuseppe Sposo  in Bologna, il 9 ottobre 2021.

Irene nasce a Monza il 12 ottobre 1935.

Già nell’adolescenza comincia a porsi domande sul valore e sul senso della sua vita. Prima dei vent’anni, mentre lavora in fabbrica, invitata da alcune colleghe, inizia a frequentare incontri di preghiera, soprattutto nell’adorazione silenziosa. E un giorno, in un santuario mariano, incontra p. Albino Elegante che è in procinto di fondare la Compagnia Missionaria del sacro Cuore. L’Istituto è appena nato, nel Natale 1957, quando Irene viene accolta il 20 gennaio 1958.

Il 29 settembre 1961, insieme con altre sette aspiranti, Irene emette i primi voti di consacrazione a Dio.  Resta una decina d’anni nel gruppo di Bologna e intanto consegue il diploma di infermiera e ostetrica. Il suo desiderio è la missione ad gentes.

Finalmente nel 1969 arriva in Mozambico e si inserisce nel gruppo delle missionarie di Namarroi. Sono gli anni in cui il movimento Fronte di Liberazione del Mozambico (FRELIMO) lotta per l’indipendenza dal Portogallo, che ottiene nel 1975. Il FRELIMO assume il potere come unico partito al governo. Si ispira al socialismo reale dell’Unione Sovietica e non vede di buon occhio la Chiesa, i missionari, i cristiani impegnati in attività di apostolato. A causa della politica coloniale prima e della lunga guerra per l’indipendenza poi, il Paese si trova in grave crisi economica e con mancanza di manodopera soprattutto nel settore sanitario. L’identità secolare e la disponibilità delle missionarie a inserirsi in vari settori delle attività produttive governative, oltre che nell’apostolato, permette loro di restare a fianco della gente e condividerne la difficile situazione sociale, economica e politica.

Nel 1976 Irene, d’accordo con il gruppo, accetta di essere assunta nella sanità a Pemba, dove resterà da sola per dodici anni, mentre appartiene al gruppo di Quelimane. In questo periodo, oltre al lavoro in ospedale, è responsabile della formazione delle ostetriche, e a livello ministeriale dei settori maternità e infanzia e del settore malati di AIDS. Nel frattempo si costituisce l’esercito di liberazione RENAMO che combatte contro il governo e il Mozambico precipita nella guerra civile che si concluderà con la pace solo nel 1992.

Mentre è a Pemba, Irene scrive:

Faccio una vita semplice, il più possibile come quella del popolo… ma tutto con la volontà di trasfondere negli altri un po’ di speranza. È un rapporto semplice, come semplice è l’amore che mi anima… la mia casa è centro di incontri… Poi ho un po’ di attività parrocchiale e qui mi sento a mio agio. È il luogo di completamento della mia missione… ho l’opportunità di lavorare per una maggiore coscientizzazione dei cristiani… Qui non sono la “grande missionaria” che ero in Zambesia, sono una semplice cristiana, che porta nel cuore grandi desideri, ma che vive l’esperienza dura di una diocesi provata e povera.

Terminata l’esperienza di Pemba, nel 1989 si trasferisce a Maputo, dove è incaricata, a livello nazionale, della Commissione episcopale per i rifugiati e dislocati. Si tratta delle popolazioni fuggite a causa della guerra civile ancora in corso. Irene svolge il suo servizio fino al 1994, quando rientra in Italia.

Si inserisce nel gruppo di Lombardia-Liguria, nella fraternità di Milano. Resta in Italia fino al 2000: fa animazione missionaria, lavora nelle Commissioni Vocazionale e Missionaria; consegue il baccalaureato in catechetica presso l’Università Urbaniana di Roma.

Ma la passione per l’Africa non la abbandona. Torna in Mozambico nel 2001 e si inserisce nel gruppo di Guruè fino al 2003: è impegnata nella promozione delle donne e nel sostegno alle famiglie soprattutto per l’alimentazione dei bimbi denutriti; si occupa anche della formazione dei catechisti.

Poi torna nel gruppo di Maputo. Irene è sempre stata una donna capace di vedere le necessità del popolo e di cercare risposte concrete. Sa anche coinvolgere tanti amici e conoscenti che si impegnano a sostenere i suoi progetti, sia economicamente, sia andando periodicamente ad aiutarla nel suo lavoro. Riesce a realizzare una scuola per l’infanzia, il Centro infantil Esperança.

Grazie anche alla sua carica missionaria, nella Compagnia Missionaria nasce l’associazione GUARDARE LONTANO che si impegna anche a sostenere economicamente molte famiglie i cui bimbi frequentano questa scuola e anche alcuni che già sono passati nella scuola elementare statale, ma hanno sempre bisogno di aiuto. Ci sono poi altri enti che collaborano per sostenere la scuola. Ma Irene, ormai ultraottantenne, non perde la sua capacità di “guardare lontano”. Lavorando con i bambini lei guarda lontano, verso il loro futuro e decide che c’è bisogno di una scuola per quando cresceranno, una scuola che li prepari adeguatamente ad affrontare il loro sviluppo culturale e lavorativo. C’è chi generosamente le permette di acquistare il terreno e fare il progetto per una nuova scuola.

Intanto esplode la dolorosa situazione della pandemia con la grande crisi economica in cui sprofondano tante famiglie, non solo quelle dei bambini della scuola. C’è bisogno di aiuto alimentare. I tanti benefattori rispondono alla sua richiesta di aiuto e comincia a visitare e a ricevere le famiglie – sono soprattutto nonne di bambini orfani o abbandonati – a cui distribuisce pacchi con generi di prima necessità.

Nonostante si manifestino problemi preoccupanti di salute e faccia sempre più fatica,  nonostante un ricovero in ospedale, continua ad occuparsi della scuola e delle famiglie più povere… finché è costretta a rientrare in Italia, all’inizio di settembre, con una diagnosi drammatica.

Si prepara con sofferenza e serenità a incontrare quel Signore Crocifisso e Risorto in cui ha sempre creduto e che, fin da giovanissima, l’ha affascinata col suo amore e attirata a seguirlo nella Compagnia Missionaria per donare la vita al servizio dei poveri e sofferenti. Attraverso una videochiamata, partecipa come può alla preghiera di ringraziamento per il 60° anniversario della sua prima consacrazione.

È quasi la mezzanotte del 6 ottobre 2021, quando lo Sposo viene a chiamarla per condurla alle nozze eterne.

A nome della sua famiglia, a nome della Compagnia Missionaria e di tutti coloro che Irene ha amato e servito, a nome dei tanti benefattori, a nome dell’Associazione Guardare Lontano che è stata affascinata e coinvolta dal suo spirito missionario, diciamo:

GRAZIE, IRENE, PER LA TUA FEDELTÀ A DIO AMORE E AI POVERI. PREGA PER NOI.

Lucia Capriotti

Messaggio della Presidente

Carissimi fratelli e sorelle,

anche se lontana ho voluto essere presente in  questo momento nel quale stiamo pregando per la nostra cara Irene nella sua Pasqua verso la Casa del Padre.

Il 29 settembre, ultimo scorso, abbiamo celebrato con lei il 60° di vita Consacrata. Lei era una delle prime otto missionarie che hanno dato inizio alla Compagnia Missionaria, sotto la guida del nostro fondatore, P. Albino Elegante scj.

Ringraziamo il Signore per la sua vita e la sua fedeltà al nostro carisma che ha ispirato ed ha motivato altre missionarie a far parte della CM. 

Ciascuno dei presenti ha conosciuto Irene, così che non dirò niente di nuovo e, sicuramente non potrò esprimere tutto quello che ci ha regalato, è stata la sua, una testimonianza di vita donata sempre con gioia, senza stancarsi mossa dal suo grande ardore  missionario. Per lei non c’erano ostacoli ma solo opportunità per avanzare e trasformare la realtà per il bene dei più poveri, degli ammalati e bisognosi cercando specialmente di favorire la promozione umana e spirituale dei bambini, delle mamme e delle famiglie. Sempre disponibile non solo ad accompagnare ed animare le giovani vocazioni che sono sorte come anche promuovendo i laici ad assumere le loro responsabilità per un cambiamento della realtà. Il suo grande amore al popolo mozambicano l’ha portata ad essere parte del suo cammino e delle sue lotte e speranze  lungo i 50 anni vissuti in questa terra.

In questi ultimi anni ha dedicato molto impegno e sforzi per accompagnare l’Associazione Mozambicana S. Francesco di Assisi  che tanto aiuta i bambini e le loro famiglie anche grazie ai contributi del Centro Missionario di Carpi e della nostra Associazione Guardare Lontano che la stanno finanziando. Auguro che la stessa continui a dare frutti ed a crescere.

Nella celebrazione del suo 50° anniversario di consacrazione nel biglietto/invito di ringraziamento, scriveva: 

Noi, popolo delle strade, crediamo che questa strada,

e questo mondo, dove Dio ci ha collocate,

è per noi il luogo della nostra santità.

Madaleine Debrêl

Questa frase riassume la sua vita di consacrata secolare.

Accompagno con la preghiera sua sorella Lucia e tutti i suoi familiari in questo momento di dolore e di distacco.

Desiderio ringraziare le nostre amiche Giulia e Goretti, il gruppo delle missionarie del Mozambico e le missionarie del gruppo di Bologna per aver accompagnato  Irene, in questi ultimi tempi, con molto amore e disponibilità.

A te, cara Irene, a nome di tutta la CM: GRAZIE, GRAZIE per tutto! Intercedi per tutti noi assieme a P. Albino, alle missionarie ed ai familiares che già godono la presenza del Signore.

In comunione. 

Graciela Magaldi

Eccomi, manda me!
Omelia al funerale

«Venite benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo ».   Non è difficile applicare a Irene queste parole di Gesù, il Maestro che lei ha incontrato e seguito per tutta la sua vita. È giunto per lei il momento di ammainare le vele, dopo un lungo viaggio, e approdare al porto tanto desiderato del Regno di Dio, origine e meta della sua e nostra vita. Ancora ventenne, Irene aveva ascoltato le parole del profeta Isaia e aveva sentito sgorgare subito nel cuore – scrive lei stessa – «la dimensione della missione. Dentro mi ardeva l’invito di Dio al profeta Isaia... e anch’io come lui rispondevo: eccomi, manda me

Possiamo utilmente chiederci: che cosa porta una persona a dichiarare questa pronta disponibilità alla causa del Regno di Dio? Scopriremmo che la risposta di Irene è analoga a quella che ha mosso ciascuno di noi: una risposta radicata nell’amore di Dio Padre e nella sua volontà di partecipare a tutti i suoi figli il suo Spirito Santo, la sua stessa vita.

            Ma, in ordine a una risposta più personale all’interrogativo di prima, la lettura del profeta Isaia ci indica qualcosa di più radicale e strutturale che, immagino, ha colpito anche Irene, portandola a consacrare a Dio la propria vita. Isaia ce lo presenta in modo chiaro: «Ohimè! Io sono perduto, poiché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito». Queste parole indicano in modo esauriente la qualità creativa della grazia di Dio, la sua misericordia che si fa perdono capace di rigenerare ognuno di noi alla libertà di amare come ama Lui. Quando una persona si rende conto di questo dono non può restare indifferente, poiché immediatamente nasce dentro il desiderio di condividere con altri questa scoperta e il dono vitale che racchiude.

             La vita ci insegna che possiamo arrivare a donare la nostra vita a Dio solo perché Lui per primo l’ha donata a noi. E c’è un aspetto di enorme importanza in questa scelta di Dio: il nostro andare nel suo nome ci rende sua presenza!

Non siamo noi che facciamo il Bene, che annunciamo la Verità di Dio, che esprimiamo Misericordia... è Lui che si consegna a noi, che si affida alla nostra libertà di fidarci del suo Spirito e scoprire che da noi può uscire una forza che supera di gran lunga le nostre forze e la nostra genialità.

È la forza di riconoscere e far vivere nelle relazioni una misericordia ricevuta gratuitamente, senza calcoli né a motivo di particolari convenienze, ma... solo per amore.

            Credo che sia stata proprio la meravigliosa scoperta di questo amore divino che ha guidato la vita di Irene, e l’ha portata a condividere con i fratelli e le sorelle tutto di sé, a partire dalle proprie fragilità e dalla propria povertà di creatura visitata costantemente dalla misericordia e dal perdono di Dio.

            Prendere coscienza della nostra vulnerabilità di creature ci fa sentire fratelli di tutti, ultimi che si trovano a essere primi non a motivo delle proprie conquiste o dei propri meriti, ma unica-mente per la misericordia e l’amore salvifico di Dio, che noi abbiamo contemplato nel volto e nel cuore trafitto di Gesù.

            Proprio perché abbiamo contemplato l’amore di Dio nel cuore aperto di Cristo, noi vogliamo condividere questa esperienza trasformante con tutti coloro che incontriamo, poiché in essa trova radici sicure la stessa libertà di amare di Dio, che tutti noi cerchiamo e che Irene ha cercato di vivere durante tutta la sua esistenza di missionaria, condividendola con tutte le persone che ha incontrato. Ora Irene contempla l’Amore non più in figura, per mezzo di simboli o mediazioni ma, finalmente, nel volto stesso di Dio...

P. Enzo Brena

Superiore provinciale ITS Sacerdoti del Sacro Cuore 

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