Intervista a Bianca Iacchelli
Più che intervista è il
risultato frutto di chiacchierate fatte con Bianca. Incontri
registrati in diversi momenti, a più riprese, ripercorrendo alcune tappe della
sua vita, senza sapere dove saremmo arrivate. Una storia la sua per noi importante perché appartiene alle fondamenta,
alle radici della Compagnia Missionaria.
Ho cercato di raccogliere e di riunire i pezzi raccontati, anche se l’ordine degli avvenimenti e del tempo, alle
volte si confondono. Ho rispettato il modo e la vivacità del suo stile per non
sciupare la freschezza e la ricchezza del racconto.
Grazie
Bianca: ce l’abbiamo fatta!!!
Bianca ti va di raccontare un
po’ della tua vita? Cominciamo dalla tua famiglia.
Sono nata in una famiglia
composta dal padre, madre e un fratello. Mia madre era originaria della provincia di Bergamo,
nord Italia. Mio padre non l’ho conosciuto perché è morto prima che io
nascessi. La mamma poi si è risposata così è nato mio fratello Guido che ora
abita a Bologna e ogni tanto viene a trovarmi. Sono dell’anno 1931 e ho già 92
anni; nata a Santa Maria di
Labante, una località di Castel D’Aiano
delle colline bolognesi a 600 metri sul livello del mare. Gli abitanti si
consideravano montanari, e queste origini mi hanno sempre fatto sentire che
anch’io, come loro, potevo considerarmi una montanara. Conducevamo una vita
normale di una famiglia comune. Da giovane sono andata a servizio in una
Famiglia a Bologna con la quale ho
sempre mantenuto i contatti. Devo riconoscere che nonostante la mia età, grazie
a Dio sto bene, non ho dolori; invece, la memoria è quella che è. Ed a parlare
della famiglia sento che i ricordi sono sbiaditi …
Allora parliamo
della mamma? Bianca non mi lascia terminare la domanda e risponde prontamente in dialetto
bolognese
“El so me” = lo so io com’era! Una cosa ho chiara: mia mamma me le avrebbe “suonate” anche a 90
anni se le avessi dato delle risposte in qualche modo!!! Per dire che aveva
sempre ragione lei ... la mamma era una donna forte, in casa ha sempre
dominato, anche se dava l’impressione di lasciarci liberi di fare quello che
volevamo però, tutto doveva essere sotto
la sua direzione, sotto il suo controllo. Se avessimo chiesto una spiegazione
ci avrebbe risposto: “arrangiati”, però dovevi dirle chiaro che cosa volevi
fare. Siccome lei non aveva studiato e noi un po’ si, ci rispondeva: “ visto che abbiamo speso i soldi a farvi studiare adesso lavorate!”. Alle volte quando la facevamo disperare ci
rimproverava dicendo che ci avrebbe picchiato … ma erano solamente minacce perché nella realtà non ci
ha mai toccato.
Facciamo un
salto in avanti e raccontaci come hai conosciuto la Compagnia Missionaria.
Prima vorrei comunicare
alcune mie impressioni su p. Albino Elegante, nostro Fondatore. Padre Albino l’ho incontrato molto presto nella mia
vita cioè quando non ero ancora nella CM perciò a questi tempi ero giovane. E come dicevo ero a servizio in una famiglia
cioè non andavo a giornata ma ero proprio presso la famiglia, abitavo con loro
come se fossi una di loro. E sono stata fortunata perché era una famiglia molto
buona, amica. Non era di quelle famiglie pretenziose che ti mettono sotto i
piedi, si viveva alla pari. Lavoravo per loro, mangiavo con loro e qualche
volta si andava anche a spasso con qualcuno di loro. Ricordo che il papà era
una persona molto silenziosa, però si faceva sentire in alcuni momenti
decisivi. Con loro mi sono trovata bene.
Da qui ho conosciuto p. Albino in via Nosadella.
P. Albino Elegante SCJ direttore dell’Apostolato
della Riparazione (movimento di spiritualità nato negli anni ’45 – ‘46) ) l’ho
incontrato nel 1944 in occasione di una missione parrocchiale al mio paese di S. Maria di Labante. Vennero precisamente i
missionari: p. Agostini e p. Montrasio Sacerdoti del Sacro Cuore di Bologna
detti dehoniani. Alla conclusione venne anche p. Elegante, ma non avemmo un
incontro personale. In quella circostanza i padri fecero ad alcune persone
giovani la proposta dell’iscrizione all’Apostolato della Riparazione. Io accettai la proposta. Alla vigilia del mio
diciottesimo compleanno, la divina provvidenza mi diede la possibilità di
partecipare a un corso di esercizi spirituali organizzati dall’Azione
Cattolica, a Bologna. In quella occasione chiesi al Signore la grazia di
incontrare un bravo confessore. Come dicevo avevo cominciato a lavorare a
Bologna presso una famiglia.
Una domenica, mi recai
nella chiesa della Madonna dei poveri, in via Nosadella, sede dei Sacerdoti del
S. Cuore, a cercare p. Elegante, perché mi era stato consigliato da una persona
di fiducia, come confessore. Non fu facile trovarlo quel giorno perché era
sempre fuori per incontri e predicazioni. Una bella domenica lo trovai. Mi
presentai a lui dalla porta della sacristia, dicendo che lo cercavo da tempo.
Alzando il dito e senza parlare mi indicò il confessionale, poi andò in confessionale.
Non è che io m’incontrassi
tutti i giorni... però a un certo punto mi decisi di fargli una “dichiarazione”
(diciamo così), dirgli che avevo bisogno
di qualcuno che mi aiutasse a vivere la
mia vita con un indirizzo diverso dai soliti. Padre Giuseppe, - così si
chiamava allora – era di poche parole,
severo e deciso, ma anche paterno e comprensivo in confessione. Questo era un po’ il suo
stile nelle relazioni. Con il passare del tempo poi migliorò molto il suo modo
di relazionarsi. Ricordo che era una
persona di guida, perciò, mi piacque perché potevo avere qualcuno a cui fare riferimento.
Mi confessavo da lui, sapevo l’ora della messa e quando potevo, andavo alla
messa che lui celebrava. Avevo chiaro che volevo una vita di consacrazione e ne
ho parlato con lui. Cioè sentivo che in quel momento il matrimonio era già fuori dalla mia mente,
non pensavo di sposarmi e neanche ragionavo per dirmi: allora cosa farò? Che
tipo di consacrazione? Poi con lui ho chiarito e sono andata avanti… E la mia formazione comincia da qui.
Bianca, allora parliamo di formazione. Ricordi la formazione
dei primi tempi … il clima che si viveva? Per aiutarti nel pensiero ti leggo
una frase trovata su un documento formativo della CM di oggi. Era proprio così
anche all’inizio?
“La formazione è stato un impegno che ha caratterizzato sempre
dai primi anni il giovane Istituto, ma
ha anche caratterizzato un grande desiderio di evangelizzazione e un forte
anelito missionario. In questa formazione hanno collaborato diversi Padri
Dehoniani, facendo lezioni di teologia, di filosofia, di liturgia ... .in via
Guidotti… più tardi alcune missionarie hanno frequentato la scuola di teologia
allo Studentato delle missioni”. (cfr. 60 anni di storia sulle strade del mondo)
Bianca si fa seria e mi risponde così: Sì era proprio così! La
CM nasce nel 1957 e p. Elegante era il fondatore, direttore dell’apostolato
della riparazione, professore di spiritualità e datore di lavoro. Le giornate erano impegnative: preghiera, lavoro,
studio…
Una costante nel pensiero
del Padre, così chiamavamo p. Albino, è
sempre stata quella della nostra preparazione a tutti i livelli: professionale,
culturale, morale, spirituale, teologale e missionaria … I temi prioritari del
primo anno furono la spiritualità e la morale con la partecipazione dei Padri
dehoniani professori allo Studentato e con vari incontri con Padri missionari e i Vescovi di passaggio. La
nota dominante delle nostre giornate era: la preghiera, la gioia, il silenzio. Solo le ricreazioni giocando a palla volo,
erano rumorose!!!
Però prima di arrivare a
tutto questo, c’è stato un periodo pre CM molto importante, che ci ha aiutato a vivere insieme, a chiarire meglio
ciò che volevamo in futuro. Cercavamo
una vita di consacrazione ma non in convento, si pensava a qualcosa d’altro, a
una consacrazione secolare, nel mondo. Io sono stata una delle prime quattro
che hanno cominciato a ritrovarsi
insieme. Io, Bruna, Cesarina, poi è arrivata anche Irene. Altre quattro ci
frequentavano.
1974. A Bagnaia (VT)
All’inizio ci siamo messe a collaborare con la Pia Opera, che era un’attività dei dehoniani. La Bruna ci lavorava a tempo pieno … in seguito io sono stata inserita nella libreria dehoniana, io che in quel tempo avevo solo le elementari (Bianca fa una risata) (ho fatto poi più avanti la terza media). Ho quindi collaborato con la libreria dehoniana, dovevo almeno saper leggere e me la cavavo bene perché mi piaceva leggere … Mi piaceva il lavoro in sé e quando non c’era nessuno leggevo le recensioni delle novità che arrivavano perché così, se fosse venuto qualche cliente avrei potuto spiegare e dare consigli. E poi sapevo come fare per accogliere le persone. Ero giovane e sveglia anche se non avevo studiato! Però questo non lo dicevo a nessuno quando venivano in libreria. Ero intelligente e sapevo gestire la situazione …e ripeto questo lavoro mi piaceva proprio … praticamente io ero anche presuntuosa, perché mi davo importanza, non l’avevo ma io me la davo (risata!) . Sentivo la responsabilità di questo lavoro che i padri dehoniani mi avevano affidato ed io l’ho preso a cuore. Ripensando oggi a quel che ho fatto debbo dire che me la sono cavata bene nell’assumere una tale responsabilità. La Cesarina e la Bruna lavoravano alla Pia Opera.
Cesarina era un po’ come
la “capa”, era l’unica che aveva studiato. Lavorare alla Pia Opera ci aveva
aiutato anche dal punto di vista economico. Eravamo proprio all’inizio e non
sapevamo esattamente come sarebbe stata questa Compagnia Missionaria del S.
Cuore, non sapevamo se la strada ci portasse a un istituto religioso o
secolare. Però fin dall’inizio avevamo chiaro che non volevamo essere religiose
ma secolari…ma di questa realtà ancora non si sentiva parlare, era una realtà
conosciuta da pochi. Però con l’esperienza, confronti , riflessioni, vari studi e pregando siamo diventati
Istituto Secolare della Compagnia
Missionaria del S. Cuore, ed era quello che volevamo… Questo cammino di chiarifica
ci ha coinvolto un po’ tutte e anche alcuni padri dehoniani che ci hanno
appoggiato e accompagnato. Alcuni però non capivano questo nostro modo di
essere ci trattavano come religiose … e per noi non era facile condividere
questo modo di vederci .… Ne parlavamo tra noi e lavoravamo come si dice,
sottosotto, inizialmente non ci capivano e pensavano che fossimo suore... poi
si sono ricreduti e ci hanno capite e hanno cominciato a chiamarci per nome o signorine. Comunque, dobbiamo
riconoscerlo che con il passare del
tempo le cose sono cambiate e siamo
state comprese e valorizzate!
Come dicevo c’era anche la
Bruna pero lei aveva un carattere diverso dal mio. Un po’ timida e la sua
timidezza alle volte la esprimeva in durezza, si difendeva ... però e questo
l’ho capito dopo, usava queste maniere perché lei si credeva incapace di determinate
cose, allora prendeva questo atteggiamento. Ricordo che in quel tempo lei aveva
in mano anche la parte economica del gruppo nostro e c’è stato un periodo che Bruna cucinava per noi. Era una persona
buona come il pane, però voleva essere lei la padrona e avere la responsabilità
interna alla casa. Molto disponibile per le cose di casa, meno per gli incontri
fuori. La Bruna aveva il complesso di dover parlare, ma quando parlava, parlava proprio, nel senso che non si
fermava.
All’inizio eravamo come
“ballerine”, dove c’era bisogno si andava un po’ di qua un po’ di là, sempre
pronte, contente e disponibili, pur di
andare avanti.
1976. A San Benedetto del Tronto (AP)
Vorrei tornare ancora sulla formazione a p. Albino e il suo modo di
essere … In quel tempo era lui che ci faceva la formazione. Era un tipo deciso
e alle volte sembrava anche austero, però quando ti mettevi in confidenza con
lui era di una dolcezza straordinaria, mite, non contraddiceva mai. Quando si
parlava personalmente però prolungava poi il discorso con la sua sapienza … Io
mi trovavo bene con lui perché mi aiutava a pregare senza darsi importanza
(adesso lo capisco meglio) guidava i miei passi. A un certo punto ho capito che guidava oltre a me, a noi,
parecchie altre ragazze. Arrivò il momento in cui ci propose di vivere come
gruppo…
Ricordo che prima di tutto era un
tipo esigente e come primo avvio di una formazione ci fece riflettere sui
comandamenti e lo fece per parecchio
tempo… lui ci dava domande e risposte, poi quando ci incontravamo noi dovevamo
dare le risposte giuste. Ma non dovevano essere solo formule o parole dovevano
esserci anche i fatti, dire cioè come
ciascuna si era comportata in questa o quella situazione e ci interrogava. La
formazione che ci dava era ben concreta, come una correzione, una verifica
del comportamento tra noi, con la famiglia, con coloro che
frequentavamo… E aveva il suo modo di farti un’osservazione perché quando ci
parlava ci portava degli esempi per farci capire dove avevamo sbagliato… io
avevo imparato quando ogni tanto si andava per un colloquio, a chiedergli
spiegazioni di quello che non capivo.
Lui teneva conto delle osservazioni che facevamo e poi delle volte anche lui mi faceva domande per conoscermi di più: come vivere questo, come fare quello… e mi dava consigli. Adesso pensandoci, io mi sentivo sempre un asino di fronte a lui… ma capivo l’importanza dei suoi interventi e richiami. Capivo che era una maniera per conoscermi, ma anche per raddrizzare il mio cammino di formazione…
CONTINUA...