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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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Essere Betania, spazio di misericordia
Posted by Elisabeth Tiayna Mollo e Antonia Theresia Ingi

Ritiro di maggio 2024 dei gruppi Cile e Argentina

Dal Vangelo secondo San Giovanni (Gv, 11, 32 – 36)

“Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli:” Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!”. Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: “Dove lo avete posto?”. Gli dissero: “Signore, vieni a vedere!”: Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei:” Guarda come lo amava!”.

Questa riflessione è soprattutto un invito, per noi consacrate, a recuperare e rivedere il palpito, il battito del cuore delle nostre comunità, della nostra missione e di questo mondo pieno di disumanizzazione.

Betania, casa del Cuore, dove palpita l’umanità, la vita, ciò che ci identifica pienamente e giustifica il fatto che siamo e viviamo dentro questo nostro mondo. Qualcuno afferma che la radice della parola cuore viene da “saltare”; forse perché il cuore batte continuamente (salta). Quando non batte più, non pulsa più…quando il cuore non “sente” più, non si appassiona più allora il cuore o è malato oppure non sta bene.

Cuore: ha relazione con altre parole come concordare, spaventarsi, ricordare, pulsare, vulnerabilità, intuire, battere all’unisono con un’altra persona; a che vedere anche con discordia. Anticamente si credeva che nel cuore c’era la fonte dei sentimenti dei nostri affetti, della nostra memoria. Adesso lo relazioniamo specificatamente con la volontà e il luogo dell’opzione della vita.

Umanità: parola tanto forte quanto fragile! E ci dice tanto: bellezza, misericordia, compassione, bontà, però anche miseria, debolezza. Dicono coloro che si intendono di etimologia, che ha qualcosa a che vedere con “humus”, terra, suolo, terreno… è una relazione che ci ricorda il fatto di essere creature, che formiamo parte del congiunto di tutti gli esseri umani che abitano la terra.

Tra i sinonimi che incontriamo di umanità possiamo includere: condizione umana, benevolenza, bontà, clemenza, comprensione, pietà, misericordia, carità, cuore, capacità di sentirsi solidali, affetto, compassione verso le persone, disumanità, corpo umano, fragilità, debolezza, proprie dell’umanità. Nello scrivere tutti questi sinonimi risuona nel cuore la parola Incarnazione. Gesù, il Signore, ha assunto questa nostra umanità con tutte queste caratteristiche. “Il Verbo si fece carne e ha posto la sua dimora tra noi e noi abbiamo visto la sua gloria” (Giov. 1, 14).

Che cosa dice Betania al nostro cuore, alla nostra passione, alla nostra umanità, alla nostra persona, alle nostre comunità, alle nostre relazioni? Alcune intuizioni:

Sentirsi corresponsabili per umanizzare di più. Gesù ci coinvolge tutti in Betania per risuscitare Lazzaro e a qualcuno chiede di togliere la pietra, ad altri di sciogliere le bende…Come possiamo crescere in una corresponsabilità che ci faccia togliere, a tutte e a ciascuna, il meglio di sé stessa per contribuire alla vita, affinché entri la luce nelle nostre relazioni umane, aiuti a costruire comunità che camminano, libere da bende, al ritmo dello Spirito?

La donna a BETANIA umanizza, cioè, dà a questo racconto evangelico un tocco di realismo umano quando affrontiamo con turbamento situazioni di morte, quando davanti a situazioni difficili reclamiamo apertamente e diciamo a Dio: “Se tu fossi stato qui…”. Quanti “se tu fossi stato qui…” abbiamo dentro il cuore e poco lo dialoghiamo, lo affrontiamo nella preghiera… Gesù, davanti a Marta, non sembra rimanere male del rimprovero, anzi sembra voglia abbracciarla per condividere con lei il dolore fatto protesta e trasformarlo in fiducia, affinché possa far emergere da lei la sua fede profonda: sì, Gesù è la vita, e se Lui adesso è ancora lì, Lazzaro avrà di nuovo la vita.

Dare spazio al femminile è darci l’opportunità, tra noi fratelli e sorelle, di dire le nostre contrarietà, di parlarne con apertura, decisione, però come Marta, aperti a quanto l’Altro, gli altri, mi propongono e mi aiutino a vedere le cose in distinte maniere.

Maria, sua sorella, ci rivela un’altra realtà molto umana, la necessità della compagnia, della consolazione; lei giudica le cose in maniera diversa da quella di Marta: rimane in casa, nel suo cuore e dà un’interpretazione un po’ superficiale a quanto successo. Però la parte femminile di Maria è quella di rispondere e alzarsi immediatamente davanti alla chiamata di Gesù, perché solo davanti alla voce dell’Amato è capace di uscire da sé per consolidare questo processo di fede che richiederà il suo tempo.

Ci umanizza anche la tenerezza, la bontà, il trattarci con cordialità, quando ridiamo o piangiamo con il fratello. Così ha fatto Gesù a Betania, dimostrò la sua vulnerabilità umana davanti all’amico “che dormiva”. Alle volte sembra che le consacrate e i consacrati siano persone perfette, forti (dure) che non sentono le difficoltà della vita, che non si piegano facilmente davanti alle difficoltà oppure non vogliamo manifestare le nostre debolezze né a noi né agli altri. E’ bello invece, incontrarci con una persona consacrata generosa, piena di calore umano, alla quale si può apertamente aprire il cuore sia nei momenti di tristezza che di gioia.

Il servizio di ungere i piedi ai fratelli ci umanizza, perché è un modo che ci pone di fronte alla necessità di chi cammina al nostro fianco. C’è un gruppo apostolico di laiche che ogni settimana ungono i piedi stanchi, feriti, dei migranti ospitati in un albergo vicino alla stazione del treno. Gli occhi, le mani, il sorriso di queste persone che aiutano, riflettono e comunicano una grande umanità. Nelle nostre comunità serviamo o siamo serviti? Sappiamo ungere le persone con parole di consolazione, di comprensione, o al contrario aspettiamo che siano gli altri ad ungerci di adulazioni?

Sederci a tavola, condividere la fede e la vita…anche questo eleva il livello della nostra umanità.

Dopo la risurrezione di Lazzaro, al banchetto pre-pasquale di Betania, si racconta che stavano condividendo il pasto a tavola.

Quante tavole abbiamo nelle nostre comunità? In quale di queste noi condividiamo maggiormente, “condividiamo con” gli altri i nostri sogni, ciò che abbiamo nel cuore?

Ci umanizza anche la solidarietà, la non indifferenza, perché mi sento parte integrale dell’Umanità e perché questa Umanità è il Corpo Mistico di Cristo lacerato per tante disumanità, ingiustizia, disuguaglianza. Papa Francesco ci ha invitati ad “essere misericordiosi e generare misericordia”. La solidarietà nasce da un cuore misericordioso, che si interessa per alleggerire, anche con piccoli gesti, le disumanizzazioni che si vivono in tante situazioni di marginalità.

In definitiva, Gesù ci umanizza. Quando Lui è al centro dei nostri cuori, della nostra comunità, della nostra missione, allora anche la nostra consacrazione si umanizza, si fa “carne” si radica nella storia. Lo Spirito Santo realizza in Lui l’Incarnazione, questo mistero inaudito del suo amore per noi. Si è fatto uno di noi, ha preso la nostra Umanità.

( Da: Escuchemos a Dios donde la vida clama – Conferencia caribena y latinoamericana de religiosos/as – CLAR)

PER PREGARE

· Rdv e Statuto n. 5, 14

· “Tutti siamo figli. Imparare a vivere insieme in questo modo…occorre avere un cuore misericordioso, questo è l’obiettivo del nostro cammino di vita perché la misericordia è di Dio” (Lettera Programmatica)

Quali attitudini dobbiamo potenziare nei nostri gruppi, in noi stesse, per crescere nel Cuore dell’Umanità?

Di cosa ha bisogno la nostra Betania per essere più umana e misericordiosa?

Elisabeth Tiayna Mollo

In preparazione a questo evento e pensando ai temi da proporre il nostro gruppo indonesiano CM ha maturato questa riflessione.

La base della vera gioia è essere consapevoli e credere che Dio ci ama molto. Dimorare nell'amore di Dio è il modo migliore per sperimentare la gioia al massimo. La famiglia di Betania si presenta consapevolmente e volontariamente per vivere insieme in "comunione" con Dio che è adorato, lodato e glorificato attraverso il lavoro e il servizio nella vita. La formazione della famiglia di Betania è dovuta all'amore di Dio, non perché fossero dello stesso sangue, ma per la Sua volontà. È questa consapevolezza della forza dell'amore che ogni persona (Marta, Maria e Lazzaro) diventa un buon sistema di sostegno; sostenetevi l'un l'altro in ogni situazione, con empatia e ascolto, fidarsi pienamente a Dio e affidarsi a Lui sopra ogni altra cosa. Questo deve diventare il nostro modello.

La spiritualità e l'offerta di sé della famiglia di Betania dovrebbero essere una motivazione e uno spirito importante nella nostra vita, fino a quando non sarà radicata nella nostra anima, nel nostro lavoro e nel mondo. Equilibrio! La vita di preghiera/contemplazione e di lavoro reale diventa un vero e proprio "carattere" che vive nella famiglia di Betania, questo dovrebbe essere un'ispirazione per noi come Istituto Secolare che ci dedichiamo in mezzo al mondo per santificare il mondo da dentro. La peculiarità della famiglia di Betania è la "Casa", un luogo dove ogni persona si riunisce per trovare la presenza di Dio ed esprimere a Dio ogni lode, gratitudine, necessità, preoccupazione. Perché se la famiglia prega insieme, rimarrà unita. Insieme, grazie alla comunione, alla fraternità con Dio, al senso di appartenenza, al sentimento del cuore di Dio, questo rende i membri capaci di superare ogni difficoltà, nonostante le situazioni di tensione che si troveranno ad affrontare. Però credono pienamente nell'amore di Dio che è in grado di dare vita all'anima umana.

La fratellanza della famiglia di Betania è una fratellanza divina! Non è una normale fratellanza umana. Questo dovrebbe animare il nostro cammino come Istituto Secolare. La fratellanza fa piccole cose con grande amore, con amore sincero e disinteressato, amore per il Signore Gesù. Con questa base, noi CM saremo abilitati da Dio a "partorire" valori concreti nella vita quotidiana come: Amorevolezza, apertura, accettando gli altri così come sono (malati, anziani), perdono, premura, compassione, onestà, umiltà, sacrificio e altro ancora.

Grazie. Grazie

Antonia Theresia Ingi

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