A P. Albino
Alle Missionarie
Ai Familiares
Carissime/i
Sono passati alcuni mesi dalla nostra Assemblea e dalla celebrazione del giubileo CM. Siamo nella fase del “dopo” … dopo il 50°… dopo … l’Assemblea …dopo…
Questo tempo del “dopo” si carica di grandi aspettative ed è bene che sia così, diversamente si rischia di lasciare cadere, o peggio, dimenticare gli stimoli che derivano da questi avvenimenti. Il dopo Assemblea si deve tradurre in “adesso” e il cammino che stiamo percorrendo è proprio questo “adesso”.
Con il materiale elaborato in preparazione all’Assemblea, il lavoro attuale dei gruppi e con ciò che è emerso dall’Assemblea stessa, si è tentato di rispondere all’adesso che ci viene posto come imperativo.
Abbiamo scelto come titolo di questa lettera:
UN NUOVO STILE DI VITA,
PER ESSERE OGGI SEGNO E PROFEZIA
Ci pare che il titolo esprima già il nostro obbiettivo. Un nuovo stile di vita che nasce da un’esperienza consolidata ma che ha bisogno sempre d’attualizzazione. Ricercare un nuovo stile di vita perché chiamate/i a confrontarci ai cambiamenti del mondo che evolve rapidamente. Nuovo stile non tanto per un gusto di novità, ma perché chiamate a ritradurre e riproporre in questo tempo i valori evangelici immutabili. Francesca in uno dei suoi articoli così scriveva: “…consapevoli dei grandi doni che abbiamo ricevuto, dobbiamo saper accettare la fatica di tradurli in ‘lingua e dialetto locali’: la nostra spiritualità e la ricchezza della vita consacrata ci sono state date per gli altri, e quindi vanno ‘ridette’ secondo la lingua e secondo il vocabolario di oggi…”.
Questo nuovo stile di vita per ridire, con nuovi linguaggi, la verità di sempre, con la saggezza di saper valorizzare l’antico e il nuovo: “Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”.(Mt 13-53) Per operare saggiamente e per armonizzare l’antico e il nuovo è necessario andare alla radice della nostra identità. Un’identità che riscopriamo nella spiritualità, nella secolarità e nella missione. Solo così riusciremo a trovare cammini per un nuovo stile di vita ed essere segno e profezia oggi.
Allargare la tenda
Vi proponiamo due testi biblici che ci possono aiutare in questa ricerca. Il primo lo incontriamo in Isaia 54,2 e il secondo nel Libro di Rut. Iniziamo da Isaia dove possiamo cogliere un suggestivo invito ad aprirci al nuovo:
“Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti”.
Isaia ci invita a fare spazio, ad allagare la tenda senza misura, ad allungare le corde e a rafforzare i paletti. Due azioni importanti. Aggiungere tele e corde e fissare i paletti. La tenda non si può allargare se non si hanno corde e teli da aggiungere, e non rimane solida e sicura se non ci sono paletti ben saldi. Isaia ci mette nello spirito giusto. Ci richiama a non chiuderci ma ad allargare la nostra tenda, il nostro cuore e la nostra mente; e ci invita a rafforzare ciò che da sempre dà solidità al nostro cammino.
Apertura e cambiamento per rispondere alle sfide che il mondo lancia continuamente, per essere segno e profezia. Con la prudenza e la sapienza di non perdere mai di vista la “solidità dei paletti” che vediamo nella chiarezza della nostra identità. Apertura e solidità, capacità di guardare al nuovo e piedi saldamente per terra. Quindi fedeltà alla storia ma necessariamente dobbiamo vivere una fedeltà anche al futuro che passa e si disegna nella concretezza del presente.
Ripartire e riprogettarsi
L’altra icona è quella di Rut e di Noemi. Due donne che possono aiutarci in questo cammino. Un’anziana e una giovane che con coraggio ripartono in una povertà estrema, sono vedove e senza figli. Ritornano a Betlemme, alla radice, all’antico. Sono nella desolazione. Noemi dirà alle altre donne “Chiamatemi Mara perché grande è la mia desolazione”. Devono muoversi dalla precarietà concreta che stavano vivendo, e proprio da qui hanno avuto il coraggio di ripartire; il coraggio di riprogettarsi insieme, unendo la saggezza dell’anziana Noemi e la forza e l’audacia della giovane Rut. E’ necessaria l’audacia di entrambe per percorrere il solco del vecchio e progettare cammini nuovi. Un’audacia resa necessaria dalla contingenza, ma gli occhi di entrambe hanno saputo vedere il nuovo che stava nascendo, pur nella precarietà.
Anche noi possiamo ripartire e riprogettarci, valorizzando tutte le forze e le potenzialità che ciascuna porta con sè per riscoprire insieme un nuovo stile di vita che ci porti ad essere oggi segno e profezia. Abbiamo consegnato alla storia 50 anni di vita della CM; ora siamo chiamate a costruire con il coraggio di abbandonare (come hanno fatto Rut e Noemi) ciò che non è essenziale e appesantisce il cammino personale e di Istituto. Abbiamo bisogno di un vero cammino di riconciliazione e di rinnovamento.
Con questo spirito affrontiamo questo tempo che sarà fecondo nella misura in cui ciascuna/o mette la sua parte e diventa in prima persona costruttrice/costruttore della nostra famiglia C M.
Alcune domande ci possono aiutare lungo questo percorso e possono esprimere quanto pretendiamo con questa lettera programmatica:
Di che cosa ha bisogno oggi la nostra famiglia per meglio vivere e incarnare il nostro specifico? Qual’è la volontà di Dio su tutta la CM?
Per risponde a queste domande siamo chiamate a ripercorrere il cammino della nostra vita e vocazione tramite la spiritualità, la secolarità consacrata e la missione.
1 - IN CAMMINO VERSO IL “NOI” CM
Rileggendo le risposte dei gruppi emerge con molta forza l’importanza che ha per noi la nostra spiritualità; si sente che siamo profondamente convinte della validità e del significato che questa può avere per il mondo in quanto risponde alle sue aspettattive più profonde e ci aiuta a vivere in modo specifico e qualificante la nostra testimonianza (cfr. RdV 6).
Sarà poi partendo dalla spiritualità che riusciremo a trovare cammini per vivere in pienezza la nostra vocazione. Una vocazione che richiede sempre di più, aggiornamento, studio, preghiera perché diventi “carne” in noi.
Parlare quindi, della spiritualità significa guardare a ciò che qualifica tutta nostra esistenza. Infatti la spiritualità ci aiuta a coniugare continuamente il nostro essere e il nostro agire. La chiarezza della mia identità, del mio essere mi pone immediatamente in un agire qualificato. Solo così riusciremo ad intrecciare la nostra spiritualità nella rete complessa e, a volte, contraddittoria della realtà che ci circonda.
Questa spiritualità non è il luogo dove incontro “quiete e pacificazione”, ma diventa per noi il luogo della sana inquietudine, perché è una spiritualità incarnata che mi rimanda continuamente all’oggi, al qui e adesso; ci invita ad una continua revisione personale e d’Istituto; ci stimola continuamente a fare scelte, ci invita ad abbandonare tutto quello che non ci rende segno e testimonianza; ci pone in una ricerca continua del nostro “luogo teologico” (Paolo VI) non solo per portare Dio all’umanità ma per incontrarlo nel suo mistero d’incarnazione.
Per vivere tutto questo è necessario lasciarci educare dallo Spirito come ci ricorda il n. 9 del nostro Statuto: “…aiutate efficacemente dallo Spirito Santo che educa il cuore degli uomini e lo mantiene nuovo nell’amore…”. Ora, lasciarci educare significa obbedire allo Spirito e camminare “secondo lo Spirito…” come ci ricorda anche San Paolo (Gal 5,16).
Siamo allora chiamate/i ad incarnare la nostra spiritualità. Ma che cosa significa proprio questo? Significa anzitutto fare diventare l’Ecce venio e l’Ecce Ancilla centro e stile di vita (cfr. RdV 7). Significa quindi fare il cammino dell’Esodo, cioè di spogliazione di purificazione e di abbandono. E questo cammino va fatto non solo in modo personale ma anche come Istituto. È importante che siamo capaci di dire e di comprendere cosa significa dire: “Eccomi…”, “Ecce venio” avendo come soggetto tutta la Compagnia Missionaria.
Molte volte siamo veramente capaci e generose/i nel dire il nostro personale “ecce venio” anche in situazioni molto difficili. Costa di più dire l’Ecce venio come CM. Ma non ci può essere un’oblazione senza l’altra. L’ecce venio detto come Istituto si unisce inseparabilmente alla nostra offerta personale.
L’ecce venio dell’Istituto ci chiama ad una ricerca fatta insieme; ora non sempre le scelte fatte concordano con la nostra sensibilità e la nostra visione. Questa ricerca ci chiama ad un “NOI” CM e ci chiede di accogliere il cammino fatto; di riconciliarci con un passato; di riconoscere e accompagnare i cambiamenti che si sono attuati; di sentire, nella propria pelle, tutte le espressioni e le realtà della CM di oggi. Accoglierle così come sono anche se non condivise pienamente, cercando di cogliere il positivo e la bellezza di una diversità. Un “NOI” CM che ci impegna a un riprogettarsi continuamente.
Guardiamo ancora a Rut e Noemi. Rut la moabita la straniera, fa una professione di fede forte. Dichiara a Noemi che il Dio d’Israele sarà anche il suo Dio. Ma Rut ha un’esperienza di un Dio fallimentare. La famiglia di Noemi non è stata protetta dal loro Dio. Lascia la sua terra per fame, Noemi rimane vedova e muoiono anche i figli senza lasciare discendenza. Ritorna a Betlemme a mani vuote, con un grembo sterile e con una nuora straniera. Rut per amore alla suocera inizia, insieme a lei, un nuovo cammino. È da questa situazione limite che nascerà il nuovo che scaturisce dall’amore di Dio e sarà un progetto che abbraccerà sia la giovane Rut che l’anziana Noemi. Quando nasce il figlio di Rut questo viene messo sulle ginocchia di Noemi e le donne dicono: “è nato un figlio a Noemi”. Crediamo di vedere un “NOI” realizzato nelle vicende di queste donne. Loro formano un’unica realtà: la gioia di una è la gioia dell’altra, ciò che realizza una è orgoglio per l’altra.
Il cammino fatto insieme è vitale e fecondo per tutti. Nella comunione e nella ricerca insieme possiamo attuare cambiamenti significativi nell’ottica del ”NOI” CM .
Come e dove iniziare questo cammino? Pensiamo che il primo passo è il gruppo di appartenenza. E’ necessario ripartire dai gruppi.
“Le missionarie sono costituite in gruppi aperti a tutte tre le modalità di vita senza distinzione alcuna. Nel gruppo esse hanno la possibilità di vivere assieme momenti di preghiera, fraternità, verifica, formazione, condivisione”.(St.21)
Guardiamo insieme queste parole del nostro Statuto.
Preghiera
Il n. 64 dello statuto parla della preghiera come “mistero vitale”. Questo mistero di vita che ci viene dalla preghiera, tutte ne facciamo esperienza, ma come CM siamo chiamate anche ad avere momenti insieme. E’ necessario riqualificare i momenti di preghiera vissuti insieme. In particolare il ritiro mensile, sia un luogo di vera esperienza di Dio che rivitalizza il gruppo e ciascun componente, perché insieme ci si confronta con la Parola e ci si ritrova intorno all’Eucaristia. Una preghiera che ci apre le une alle altre e al mondo per capire come porci nelle realtà a cui siamo chiamate.
L’esperienza della preghiera fatta insieme ci aiuta a mantenerci in comunione abituale con Cristo come dice il n. 67 dello Statuto: “Anche se immerse in un'intensa attività, dovremo saper trovare spazi e tempi sufficienti di preghiera che ci aiutino a rimanere in una disposizione abituale di comunione con Cristo, per lasciarci coinvolgere nel suo mistero d’amore e di oblazione”. Madaleine Delbrêl parlando della preghiera vissuta negli impegni quotidiani dice: “La vita è piena di piccoli vuoti che la preghiera può trasformare in profonde sorgenti”. Questo è un prezioso suggerimento ma che non si può improvvisare, nasce da una intensa preghiera personale e di gruppo.
Il nostro ritrovarci dovrebbe educarci a questo. Riscopriamo il senso dell’adorazione come atto pubblico fatto in nome e per la chiesa (RdV 62) e come dice P. Dehon: “Portare il mondo a Cristo nell’adorazione! Portare Cristo al mondo nell’apostolato”.
Fraternità
E’ una dimensione a cui dobbiamo guardare con attenzione. E’ necessario recuperare il senso profondo della fraternità. Siamo famiglia di fede, unite da un’ideale di consacrazione condividendo la stessa spiritualità. Non è il sangue che ci lega ma la persona di Gesù, e il desiderio di seguirlo nel dono totale. Il nostro ritrovarci dovrebbe essere il luogo privilegiato per vivere ciò che dice il salmo 132: “Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! …Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre”. Ma questo star bene tra noi non ci deve chiudere ma aprire, spronare, incoraggiare per la missione a cui ciascuna è chiamata. Ritrovare e rivivere l’icona di Betania, non solo per chi viene da fuori, ma anche tra di noi. Possiamo trasmettere il clima di Betania se in primo luogo ci impegniamo a viverlo tra noi. Il gruppo diventa così il luogo dove ci educhiamo costantemente alle relazioni. Lazzaro, Marta e Maria vivevano tra loro ciò che poi offrivano all’amico Gesù. Recuperiamo anche noi alcune delicatezze che abbiamo dimenticato e trattiamoci con rispetto. Dare il buon esempio non è passato di moda. Edifichiamoci, nella carità, le une alle altre. Guardiamoci con occhi nuovi.
Verifica
Al gruppo non deve mancare mai il “coraggio” della verifica. Significa guardare con onestà la propria situazione personale e di gruppo. La verifica deve avere come obbiettivo la crescita personale e quella di gruppo. Questa verifica è necessaria non solo per le cose che si fanno, ma essenzialmente COME incarniamo la nostra spiritualità nel quotidiano.
Una parola anche alla verifica personale. Riportiamo ciò che è scritto nella relazione finale dell’ultima Assemblea: “Si è sottolineata e ribadita l’importanza della verifica personale come mezzo che aiuta a vivere la nostra consacrazione secondo il nostro specifico. L’esperienza comunque dice che, in questo aspetto, dobbiamo ancora camminare molto, perché risulta che non tutte le missionarie si verificano o ritengono necessario questo mezzo per una loro crescita. E’ importante comunque ricordare che la prassi della verifica non è da considerarsi facoltativa, ma rientra nei doveri che riguardano la nostra consacrazione nella Compagnia Missionaria. Lo Statuto e il RdV ne tracciano molto chiaramente e concretamente le modalità e i contenuti”. (Atti VII Ass. p.44).
Ci pare di poter affermare che senza verifica si frena lo slancio missionario e lo spirito di comunione. Il coraggio della verifica ci aiuta a non chiuderci e a non cadere in personalismi che non ci fanno crescere. Inoltre questo coraggio ci pone sempre in un atteggiamento di apertura al cambiamento per rivitalizzare il nostro essere nella CM .
Formazione
Sempre nella CM si è data molta importanza alla formazione, a tutti i livelli. Manteniamoci nella convinzione che abbiamo sempre bisogno di crescere e necessitiamo di formazione continua.
L’Istituto offre una dinamica formativa a livello generale; ma anche il gruppo o area geografica deve diventare luogo e promozione formativa. In un aggiornamento continuo con uno sguardo attento alle realtà concrete dove si vive. Conoscere il cammino della chiesa locale e individuare quegli ambiti formativi adatti anche per noi, in cammino con il popolo di Dio in cui siamo. Tenersi aggiornati sugli avvenimenti socio-politici del territorio, ma anche con uno sguardo mondiale. Educarci ad una lettura “critica” di ciò che i mass-media ci propongono. Sentire le sorti del mondo in prima persona.
Condivisione
La condivisione è la conseguenza di ciò che abbiamo detto fin ora. La parola stessa ha una valenza forte dividere-con mettere sullo stesso tavolo, nulla mi appartiene in forma definitiva… E’ un mettere insieme i doni, e non solo i materiali ma soprattutto ciò che è vita ed esperienza. Ricordiamo che se ciò che riceviamo dalla provvidenza la teniamo nascosto in dispensa, marcisce. Tutto ci viene dato per il beneficio di tutti. "Il fratello aiutato dal fratello è come una città inespugnabile" (Pro.18,19). C’è un altro aspetto a cui dobbiamo educarci per condividere ed è l’ascolto. Un ascolto attento e rispettoso.
Raccogliendo alcuni suggerimenti che ci sono arrivati dei gruppi possiamo farci reciprocamente alcune consegne:
dare sempre il primato a Dio;
crescere ed educarci ad una interiorità solida, che irrobustisce le nostre opzioni fondamentali;
lasciarci interpellare dalla Parola;
attenzioni agli avvenimenti sociali;
non lasciaci prendere dallo scoraggiamento;
tutte siamo protagoniste e chiamate a costruire la storia;
riscoprire la fecondità che ancora c’è in noi.
Pensiamo che il lavoro che si sta avviando per la revisione dello statuto può essere vissuto in questa prospettiva e essere un mezzo importante per acquisire il “NOI” CM.
2 - “NOI” CM DAVANTI ALL’OGGI DEL MONDO
Siamo davanti a un mondo complesso, a un mondo che cambia a un ritmo molto accelerato, a un mondo globalizzato e diversificato allo stesso tempo; un mondo attraversato da fratture molto profonde. Questo mondo ora ci disturba ora ci appassiona. E sempre ci sfida.
Se ci fermiamo un po’, possiamo renderci conto che non siamo poi così sprovvedute come, a volte, ci sembra davanti a questa situazione del nostro mondo e della sua/e cultura/e.
Non siamo noi eredi, già come battezzate e poi come consacrate in secolarità, di una spiritualità marcata fortemente dal mistero dell’incarnazione? E la fedeltà all’incarnazione non ci porta ad amare con passione questo mondo, a seminarci nei suoi solchi, a vivere, con naturalità e semplicità, dimensioni di nascondimento, di ferialità, di fedeltà al quotidiano, di immersione nei movimenti che si stanno formando e che ci possono traghettare, assieme ai nostri fratelli e sorelle, a nuove sponde e a nuovi orizzonti? Non fa parte di questa spiritualità dell’incarnazione il sapere “abitare stabilmente la complessità”, senza smarrirci, avendo con noi la ricchezza della Parola – luce ai nostri passi; la forza dei sacramenti e della preghiera – acqua viva per il nostro cammino; la “dolcezza” della nostra fraternità, rugiada nei momenti di amarezza e di stanchezza; il plusvalore del nostro essere corpo. con la Chiesa e con la CM, questo “noi” che vogliamo riscoprire e valorizzare e che può rafforzare il nostro senso di identità e la nostra coesione, dandoci ali per continuare a camminare con questo mondo, e al suo interno, per spingerlo affinché sia capace di proporre ancora “sogni” e mete grandi?
Inoltre, abbiamo tra le nostre mani il dono della nostra vita consacrata che, di per sé, è un potente, anche se discreto, segno profetico. Forse abbiamo bisogno di appropriarci di più e con più consapevolezza della forza di questo nostro essere consacrate con tutta la sua carica escatologica. “Ma come viviamo la nostra consacrazione?” - si chiedeva un gruppo. Con quale rigore e con quale qualità evangelica? – aggiungiamo noi. E’ bene non dimenticare queste domande e che ce le portiamo nella nostra ricerca personale, soprattutto le riportiamo in quel luogo sacro del confronto con la responsabile e con il gruppo.
L’apertura fondamentale e positiva davanti al mondo, lo sappiamo, non ci dispensa di esercitare giorno dopo giorno, ed in ogni circostanza, un vero e sapiente discernimento.
Che cosa vuol dire per noi, oggi e in ogni luogo dove ci troviamo, il mandato del nostro Statuto ad evangelizzare e a impegnarci nella promozione umana? (cfr. St. n.12). Quali sono le cose nuove che ci interpellano – personalmente, ma soprattutto come “Noi” CM? Se i segni dei tempi emergono sempre in ambienti di frontiere della vita e della storia è importante che ci chiediamo dove stiamo noi. Che frontiere abitiamo? Che attenzione stiamo dando a quello che si sta elaborando in queste frontiere?
Pensiamo che la CONSULTA DEL 2009 dovrà essere spazio di condivisione di quanto i gruppi hanno elaborato a questo riguardo. A partire dalla realtà concreta di ogni gruppo e del suo vissuto chiederci: che cosa ci sta domandando il Signore a noi gruppo, a noi CM in questo preciso momento storico ed ecclesiale. Verso la fine dell’anno 2008 sarà inviato ad ogni gruppo il tema più preciso e il testo che avvierà questa ricerca, ma anticipiamo fin da adesso la tematica generale perché si possa individuare il percorso che ci aspetta.
Vogliamo fermarci su un altro aspetto che abbiamo rilevato dalle risposte dei gruppi quasi in modo corale: l’animazione vocazionale. La sentiamo davvero una questione vitale. Volevamo inquadrarla in un ambito più ampio che chiameremo la scelta dei giovani come luogo della nostra missione. Anche in questo caso per un servizio non solo alla CM, ma alla Chiesa e al Mondo. Pensiamo non forzare la metafora dicendo che loro sono proprio una di queste frontiere dove siamo chiamate ad abitare. Almeno alcune di noi, in modo preferenziale e stabilmente.
È intenzione del Consiglio fare questa scelta per i prossimi anni. La facciamo con trepidazione – perché anche questo è un mondo nuovo, uno spazio culturale abbastanza sconosciuto per molte di noi e non facile – ma anche mosse da tanta speranza. Da quella speranza che è dono di Dio e di cui avvertiamo la sete nella gente, anche nei giovani, che ci stanno intorno. “Suscitare la fede e la speranza nei cuori è il primo servizio in favore degli altri per aiutarli a liberarsi dalla povertà più grande che è il fare a meno di Dio” – diceva un gruppo. Vogliamo poi “ributtarci” in questo “pianeta” giovanile con audacia, competenza e creatività. Forse dobbiamo crescere in tutti questi ambiti e soprattutto in quello della competenza. C’è da affrontare una cultura, dei linguaggi che ci sono, a volte, un po’ sconosciuti e che esigono delle mediazioni in cui non sempre siamo troppo competenti. Possiamo abbinare alla nostra preparazione per entrare nel mondo giovanile quello della nostra competenza (o non competenza) nel mondo della comunicazione. La prima non potrà fare a meno della seconda.
Vedremo in seguito quali iniziative, come Istituto; possiamo mettere in atto per attrezzarci meglio a questa specifica missione. Ma, tutti i gruppi e i Coordinamenti sono, da questo momento invitati a dare concretezza nella loro programmazione a questa priorità.
Ci sembra che tutto il lavoro, le iniziative, la conversione a questa priorità, i risultati conseguiti possono diventare patrimonio comune di “NOI” CM nella Consulta del 2011.
3
- CON UN NUOVO E CREATIVO SLANCIO
Ci sembra di avvertire, al nostro interno, il desiderio di una dinamica più creativa e più leggera. Anche tra noi capita spesso di incontrare volti e cuori appesantiti da un impegno, da preoccupazioni varie, da una sottile mancanza di fiducia nel futuro. Bene, tutto questo non si vince soltanto con forza di volontà, con impegni che si aggiungono ai molti che già ci caricano. Ci sembra che solo lo stile di vita contemplativo dell’esistenza può restituire all’anima e all’azione la loro leggerezza, senza togliere alla prima il senso della responsabilità e alla seconda la sua efficacia. Prima che un lavoro faticoso o un compito da assolvere la vita cristiana, e l’evangelizzazione che da essa scaturisce è la partecipazione al ritmo segreto della danza della sapienza.
Nella frammentarietà e nella sovrapposizione dei nostri impegni, anche quelli all’interno della CM, nella frenetica successione delle situazioni, dei volti, delle storie che intessono la nostra vita, nella sensazione di disorientamento e di stanchezza che, a volta, ci può afferrare, possiamo sentire dirette a noi oggi le parole di Gesù: «Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt. 11,28-30). Se tanti cristiani hanno vissuto senza pesantezza l’ascesi, la fatica, le persecuzioni, ciò è stato perché al cuore della loro vocazione stava questa promessa di leggerezza.
Sappiamo che c’è una leggerezza il cui prezzo è il vuoto; ma noi vogliamo la leggerezza dell’amore, quella che sa “prendersi cura” e sa convivere con i legami vari che intessono una vita veramente umana. Questa leggerezza non si conquista con le sole forze umane; ma si può preparare il cuore per riceverle e implorarla, come un dono, da Colui che ha promesso di tornare un giorno sulle nubi del cielo (Mt.26,64) per portare tutti nel suo Regno, attraverso una mistica e armoniosa danza cosmica.
Attuare la leggerezza di questa danza non può essere un invito rivolto soltanto al Consiglio; deve essere invece sentito da ogni membro della nostra famiglia, da ogni gruppo e del “NOI” CM che vogliamo diventare con più consapevolezza e più convinzione. Crediamo che questa è una prospettiva, un orizzonte che può avere delle conseguenze positive sia all’interno del nostro Istituto sia nella nostra relazione con il mondo.
Raccogliamo ancora una volta una serie di espressioni venute dei gruppi e che riconsegniamo a tutte:
ritessere relazioni rivitalizzanti tra di noi
osare con audacia
un nuovo vigore
inventare spazi per stare insieme
rinnovare e inventare dinamiche vitali
creare luoghi concreti d’incontro
Anche questo può affinare quello stile con cui ci vogliamo proporre al mondo e che ci può rendere profetiche, non da un profetismo clamoroso e straordinario ma vissuto nell’ordinarietà dei nostri giorni e delle nostre mille occupazioni quotidiane con l’atteggiamento dell’ascolto, della disponibilità, del rispetto, essendo sempre, con tutti e ovunque ponte d’incontro e forza unitiva (cfr. St. n.8).
Lasciamo ad ogni gruppo e ad ogni area geografica la libertà e la creatività di dare corpo a questo slancio. Ma volevamo dare due o tre indicazioni che ci possono aiutare a convergere come “NOI” CM e a creare una vera tradizione familiare. Volevamo che la giornata del 25 marzo, Solennità dell’Annunciazione del Signore e la Solennità del Sacro Cuore diventassero davvero festa di Famiglia.
Sappiamo che la nostra realtà non sempre ci permette di celebrare queste feste nel suo giorno proprio. Però scegliamo la giornata più prossima e viviamo insieme questi momenti di festa. Siano anche momento di apertura agli amici che stanno crescendo intorno alla CM e di proposta ad altri della ricchezza della nostra spiritualità e della nostra storia. Il nostro desiderio è che ci fosse una salutare emulazione tra tutti i gruppi per vedere quale è capace di mettere in atto la festa più bella, più creativa, più densa di significato, più aperta ai nuovi linguaggi, più inculturata.
Proponiamo anche che ogni gruppo, almeno una volta all’anno, realizzi una iniziativa di carattere vocazionale: una giornata di riflessione, un ritiro, un pellegrinaggio, una festa…? La forma la lasciamo, ancora una volta, alla creatività e all’audacia dei gruppi.
Quello che ci pare importante è che questi tre momenti:
25 marzo
Sacro Cuore
Giornata vocazionale
diventino una tradizione viva e vivificante nel corpo del nostro Istituto.
È stata affermata durante l’Assemblea l’importanza di una doppia fedeltà: al passato e al futuro. Crediamo che quanto stiamo proponendo sia una risposta a questa doppia fedeltà. Abbiamo nelle nostre mani una ricchezza enorme: la recente celebrazione del 50ª della CM ce lo ha mostrato con evidenza. Siamo chiamate non solo a custodire questa ricchezza ma a farla crescere e a consegnarla ad altre mani. Certamente, già lo stiamo facendo. Ma forse, si può mettere un po’ più di entusiasmo, di generosità e di creatività.
Nel salmo 85 (v.13b) incontriamo con un bel auspicio che dice così: «La nostra terra darà il suo frutto». Un gruppo terminava il suo lavoro proprio con questo auspicio. Noi lo parafrasiamo dicendo:
“La Compagnia Missionaria darà il suo frutto”.
Prepariamoci, con umile fiducia, per questo raccolto.
Ci accompagni lo sguardo materno di Maria nostra Madre, Guida e Custode.
Il Cuore di Cristo, fonte di speranza, ci benedica!
In comunione
La Presidente e il suo Consiglio
Bologna, 6 agosto 2008
Festa della Trasfigurazione del Signore
AVVENIMENTI IN QUESTO SESSENNIO:
2009 luglio Consulta delle Responsabili di Gruppo;
2010 gennaio Assemblea Ordinaria (elettiva) dei Familiares;
2010 (data da definire) Incontro Responsabili di Formazione;
2011 luglio Consulta delle Responsabili di Gruppo;
2013 luglio VIII Assemblea Generale Ordinaria.