Sono stata educata fin da piccola all’ascolto delle campane, quelle del mio paese. Esse chiamavano, ricordavano, convocavano e invitavano a lasciare tutto per recarsi in chiesa, la casa di Dio. Non era un imperativo, ma come amiche che richiamano all’essenziale: dare il primato a Dio, festeggiare la vita, riconoscere che “non solo di pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
Ho imparato ad ascoltare il suono delle campane e a rispondere affermativamente al loro appello, con i genitori, i vicini e con la gente semplice e credente del mio paese. Si usa dire che “è quando la pianticella è piccola che la si può raddrizzare”, ma io dico che è da piccoli che si impara a considerarsi creature davanti al Creatore e, come afferma D. Antonio Ferreira Gomes: “a rimanere in piedi davanti agli uomini e in ginocchio davanti a Dio”. Era, è e sarà per inginocchiarsi davanti a Dio e per alimentare la comunione fraterna a cui le campane ci chiamano e ci sfidano.
Tante volte ho ripensato, con una gratitudine immensa come l’oceano, alle persone con cui ho imparato ad ascoltare il suono delle campane e andare all’incontro con Colui che mi chiama e ama e con tutti coloro che, in seguito allo stesso suono, hanno lasciato tutto per recarsi in chiesa. Rivedendo il film della mia vita e ricordando i volti di coloro che mi hanno trasmesso la fede – alcuni di loro, comprese le figure più unite a me da stretti vincoli, già sono ritornate alla casa del Padre – mi invadono sentimenti di affetto, di riconoscenza… e sento la responsabilità di continuare a comunicare, con fedeltà, alle nuove generazioni l’eredità ricevuta.
I genitori del mondo attuale si sforzano di dare tutto ai figli e certamente in questo senso fanno tutto il possibile. Temo, però, che i veri valori rimangano offuscati, sottovalutati, ignorati e, di conseguenza, venga interrotta quella trasmissione di valori che noi abbiamo ricevuto. C’è bisogno di recuperare la nostra scala di valori e di discernere, alla luce di Dio, quali sono quelli che umanizzano la vita, accrescono la dignità della persona, aiutano a trovare il senso della vita, a costruire un progetto di felicità in sintonia con l’opzione fondamentale, a vivere nella fedeltà a noi stessi, a Dio e agli altri.
Mi dà gioia guardare indietro e vedere che, pure in altre parti dove non si sentiva il suono delle campane, ho continuato a fare l’esperienza che ogni uomo è mio fratello, che la mensa della condivisione del pane, della fede, della Parola e dell’Eucaristia è sempre preparata e c’è sempre un posto per tutti. Riconosco e ringrazio per la dedizione di tante persone – alcune di queste non so che volto abbiano – nel curare la chiesa con tutto ciò che comporta: pulizie, fiori, tovaglie…liturgia, canti perché hanno contribuito a rendere bello il luogo di culto e a creare uno spazio accogliente e festoso.
La vita non è mai sufficiente per lodare e benedire Dio e i suoi mediatori per gli innumerevoli beni ricevuti. Beato chi ascolta la chiamata di Dio e mette i suoi talenti a servizio della comunità. Mi chiedo spesso che cosa ne sarebbe della mia vita se non avessi imparato a sentire il suono delle campane, a lasciare tutto e dare tempo al Signore del tempo… Certamente la vita sarebbe molto diversa!