Tu sei il più bello...
Raccontare dieci anni di vita è un esercizio interessante, bello, mi chiede di ricordare, di fare memoria di un incontro che ha cambiato la mia vita. Sfoglio l’album delle foto datato 1 ottobre 2000, prima emissione dei voti, …quanti ricordi, quanti volti conosciuti con cui ho condiviso un tratto di strada, un pezzo di vita. Nell’ultima pagina trovo una copia della nostra rivista, In Dialogo dicembre 2000, rileggo le testimonianze degli amici e anche la mia per l’occasione, nel cuore mi nasce un senso profondo di gratitudine, di commozione per un dono grande e bello. Il titolo di una testimonianza diceva: «Una meta e un inizio», sì, è proprio così, la prima emissione dei voti è una meta importante che apre ad un inizio, non si ritorna indietro, ma il cammino prosegue.
Come nel matrimonio così anche nella consacrazione, dopo il sì, inizia un tempo di conoscenza, di relazione che è diverso da quanto vissuto prima, ti chiede di fare un passaggio, di maturare un cammino a due, ossia ti chiede di vivere concretamente e quotidianamente quanto promesso quel giorno: la consegna a Dio della vita attraverso i voti di castità, povertà, obbedienza, per vivere una missione di amore e di servizio nella Chiesa e nel mondo, secondo il carisma della Compagnia Missionaria. Se ripenso ai primi tempi riconosco che sono stati accompagnati da un supplemento di Grazia, che il Signore dona attraverso la sua alleanza.
Poi i riflettori si spengono, il supplemento di grazia finisce e proprio qui si ritorna a ripetere i piccoli sì quotidiani, ad esercitare la fiducia in Lui nonostante certe cose non si comprendano e ad allenare l’orecchio perché
«Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Sal 119,105). Tutto normale, è il mistero di Nazaret dove si impara a seguire il Maestro, dove ti accorgi che non è proprio tutto come l’avevi pensato, ma lo Sposo ti chiede di fidarti, di non dare nulla per scontato, tanto meno l’amore; a volte ti chiede di fare un salto nel buio, se ti fidi e salti – a parte qualche vertigine iniziale poi – fai esperienza di Lui e della sua fedeltà, perché Lui è e continua ad essere «
il più bello tra i figli dell’uomo, sulle sue labbra è diffusa la grazia» (Sal 45,3).
Ho detto sì a uno così, ad un «Tu sei il più bello…» personale, che ha sedotto la mia vita sino a lasciare il tanto desiderato fidanzato per seguire Lui – il Signore Gesù – da vicino nella via della castità, povertà, obbedienza.
Lungo questi anni ci sono stati momenti in cui ho dovuto ridire il mio sì facendo memoria della “sua” chiamata, ascoltando quella voce che ripeteva alla mia vita:
«Ti farò mia sposa per sempre, ti faro mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (Os 2,21-22); e benedicendo il Signore perché lui aveva scelto me: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16). Sì, è lui che mi ha scelto e questo – soprattutto nei momenti di difficoltà dove nasce dentro la domanda: «ma allora ho sbagliato? – mette al sicuro da tutti i dubbi di coscienza che questa non sia la mia vocazione. È beato quel versetto dove sta scritto che io sono quella che sono non perché mi sono costruita, ma perché Dio mi ha costruito: mi mette al sicuro da tutti i tentennamenti, da tutti i sensi di colpa, da tutte le paure di aver invaso un campo non mio.
Nel cammino quotidiano diventa, allora, necessario riconoscere quella Voce, affinare l’orecchio e allenarlo all’ascolto di quella Parola, che per me, è necessaria. È lungo questo sentiero che ho incontrato la mia povertà, il mio limite e il mio peccato, su questa strada ho sperimentato altre voci, suoni di sirene ammalianti che mettevano al centro me, i miei desideri e i miei progetti. Quando al centro della vita non c’è il Signore ma l’io succede che si perde la strada di casa, il senso delle cose e tutto diventa pesante, privo di gioia, ma colui che chiama è fedele, è «un Dio geloso» (Es 20,5) della sua creatura, di ciò che appartiene a lui e viene dato ad altri idoli. Allora succede che il primo a muoversi è Colui che è geloso: «Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16). È un versetto molto bello, ma allo stesso tempo tremendo, perché il condurre nel deserto non vuol dire andare in un’oasi con l’acqua e gli alberi, ma andare nel deserto significa perdere tutto, cioè tutto ciò che è speranza umana, la convinzione di essere padrona della mia vita e di pensare che tutto quello che ho, mi viene dalle mie capacità. In questi momenti si sperimenta una morte, sembra che tutto sia finito, avviene – che piaccia o no – una purificazione del cuore, ma proprio qui dalla morte nasce la vita, a questo punto lo Sposo può riparlare al cuore ed essere ascoltato, non perché non c’è altra possibilità, bensì perché ti riporta alla situazione iniziale, al tempo del fidanzamento dove hai fatto scelte impensate, hai preso direzioni diverse, dove hai risposto sì al suo progetto d’amore, perché quell’amore riempiva la tua vita.
«Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio! Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali, si saziano dell’abbondanza della tua casa: tu li disseti al torrente delle tue delizie. È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce» (Sal 36,8-10).