Il ricordo di Anna è così intenso e vario che ciascuna di noi può fare emergere alcuni aspetti senza annullare tanti altri. Pensando a lei ritorno agli anni novanta e alla condivisione della casa che ambedue amavamo. Io arrivavo da Lisbona e da una casa di cui ero veramente il cuore; potevo esserlo anche nella grande casa di Via Guidotti? In quegli anni Anna era ancora abbastanza attiva e aveva in mano tutta l’organizzazione della casa e la cucina era ancora il suo piccolo regno. Passavamo tutte da lì quando si usciva e quando si entrava per fare un saluto, una confidenza, per dire dove andavamo. In quegli anni Centro e gruppo centro era una realtà unica e, appena arrivata, mi sono trovata ad essere anche la Responsabile del gruppo. Oltre a tutti gli incarichi quello che veramente desideravo era di essere il cuore della casa e, penso che sono riuscita ad esserlo, non in concorrenza con Anna ma in profonda sintonia e comunione con lei. C’è stata tra di noi una intesa profonda anche nel modo di gestire la casa, i suoi spazi e l’accoglienza che questa permetteva.
Rimanere e tessere
Sono due verbi che mi
trovo a mormorare quando penso ad Anna. C’era in lei la «vocazione a rimanere»;
infatti è l’unica missionaria di vita fraterna che ha fatto sempre parte dello
stesso gruppo – quello di Via Guidotti.
Ma questo non era indisponibilità al cambiamento o chiusura; no, faceva parte
della sua vocazione specifica dentro
alla grande vocazione CM. «Rimanere» per
costruire uno spazio di accoglienza e di convergenza, per dei servizi umili ma
importanti nel seno di una famiglia, rimanere per essere di contrappeso alla
diaspora, all’andare e venire che ha sempre caratterizzato la vita di Via
Guidotti. L’accoglienza la faceva prima di tutto all’interno del gruppo e della
CM (penso al suo rapporto con tutte le missionarie più giovani, anche quelle
che erano lontane) ma la estendeva a tanti altri. E allora, viene l’altro
verbo: «tessere». Aveva infatti una incredibile capacità di tessere dei
rapporti che formavano un tessuto largo, vario e consistente. La gente che
frequentava la Casa per ferie, che viaggiava con l’ITER (anche lei è stata una
viaggiatrice abituale), le studenti che si ospitavano in casa nostra, la gente
di Vaiano, i lavoratori e gli operai che lungo gli anni hanno servito la nostra
casa, i familiari delle missionarie, i poveri…Non erano rapporti superficiali;
ho potuto costatare che per alcuni Anna è stata un punto di riferimento
fondamentale come lo poteva essere una madre. Negli anni in cui ha lasciato il
lavoro della cucina e ha preso quello del telefono questa vasta rete di
rapporti ha continuato e si è ancora di più rafforzata. E il suo piccolo studio
era punto di passaggio obbligato per tutte/i quanti entravano e uscivano di
casa. Tutto ci parlava dello spessore di una presenza che sapeva «rimanere e tessere»; rimanere con
tranquillità al suo posto e tessere «guardando lontano», come ci invitava P.
Albino.
Fiducia in Dio e nella CM
Il nostro Statuto ha scolpito
in Anna alcuni atteggiamenti fondamentali; per esempio quello di «rimanere al proprio posto, con serenità di
spirito e di volto, anche quando è necessario molto sacrificio, il sapere
vedere ciò che deve essere fatto per prevenire la preoccupazione e la fatica
altrui», quello di accettare «con
serenità la povertà dei nostri limiti personali, familiari, comunitari e
sociali, per servire Dio e i fratelli secondo le possibilità ricevute».
Tutto questo l’a aperta «alla beatitudine
evangelica di coloro che soprattutto in Dio ripongono le risorse del loro coraggio
e della loro speranza» (cfr. St. 57).
L’anzianità e la malattia
sono state compagna di viaggio negli ultimi anni della vita di Anna. Ma anche
in questo periodo non l’ha abbandonata la beatitudine della fiducia e della
speranza. Fiducia in Dio, certamente, ma anche fiducia nell’Istituto di cui si
sentiva parte integrante. Quando il gruppo di Via Guidotti, per motivi di
ristrutturazione della casa, ha dovuto andare in diaspora, anche a lei è
toccato andare fuori casa: è stata ricoverata a Villa Iris, una casa di riposo
a Casalecchio di Reno. Sappiamo che non si è mai sentita buttata fuori casa,
che non si à mai lamentata, che ha accettato questa situazione di passaggio,
comprendendone le motivazioni e fidandoci delle sue sorelle. Fidarci di Dio è
fidarci anche delle mediazioni che Lui ci offri nel nostro cammino.
Anna, che come abbiamo
detto sopra, è sempre vissuta in Via Guidotti, è morta anche in questa casa; è
precisamente la prima missionaria a morire in questa casa. Trovo questo
profondamente simbolico! In due momenti in quel giorno ci siamo radunate/i
intorno al suo letto. Sapevamo che forse l’ora del passaggio era arrivata. Nel
primo c’era anche P. Bruno Scapin che l’a accompagnata in questi ultimi anni e
P. Albino al fianco del suo letto; noi disposte intorno come una corona di
affetto e di intercessione…e poi più tarde, quando alla fine dell’adorazione,
Anna Maria ci chiamò e siamo corse tutte. E tutte l’abbiamo accompagnato in
quel suo passaggio, in quel suo esodo. Drammatico e semplice, allo stesso
tempo.
Quella sua camera, con la
grande finestra sul parco, era il mio ufficio negli anni novanta. Uno spazio
carico di vita, denso di vissuti CM che, con questa morte, diventa spazio
sacro, richiamandoci ad una vita vissuta in pienezza e in radicale adesione al
Dio-Amore che ci conduce, come singole e come Famiglia. In questo periodo
assembleare, alla camera di Anna, come ancora viene chiamata, sono state
destinate Mudji e Antonieta. Credo che Anna sarà stata molto soddisfatta di
queste ospiti.