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DEL SACRO CUORE
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50 anni di consacrazione: un possibile tempo di santità
Posted by Lucia Maistro

Ho inaugurato il mio cinquantesimo di consacrazione ponendomi delle domande:

Che cosa è successo col passare degli anni nella mia vita personale? Che esperienza si è andata delineando in me?

A 16 anni mi sono messa al seguito del Signore. Ho trovato qualche difficoltà di adattamento ma, sorretta dalla novità di vita, non è stato nemmeno molto difficile.

Dopo la consacrazione, mi sono inserita prima nel campo sanitario poi nell’ambito parrocchiale e nella scuola. In tutti questi ambienti ero stimolata a visualizzare la risposta alla mia vocazione. E’ stata come una seconda chiamata, che non era propriamente un’altra rispetto alla prima, ma era il ritrovamento della prima e unica vocazione ad un livello di maturità maggiore, passando attraverso il crogiolo di piccole e grandi difficoltà distese negli anni. Infatti lo svolgersi dell’esistenza, con tutti i suoi risvolti, permette di scendere dalla superficie delle cose alla loro profondità.

Entrando nella CM, ho scelto la vita fraterna, che vuole dire disponibilità per i vari servizi dell’Istituto. Mi sono trovata così a vivere in cinque gruppi CM, inseriti in contesti diversi, che mi hanno dato modo di conoscere tante persone e situazioni che hanno segnato la mia crescita.

Vivendo con la gente mi è capitato di scoprire delle persone vere, con una fede viva, appassionate della Parola di Dio, gioiose nel dedicarsi ai poveri. Erano un dono per la comunità, ma personalmente le ho avvertite come un ammonimento che mi umiliava e feriva. Ho impiegato un po’ di tempo a capire che l’orgoglio era molto di più di quanto volevo ammettere, per non dire che in qualche circostanza è stato la molla di alcuni impegni. Questa potatura mi ha aiutata a costruire relazioni umane e mi ha disposta a valorizzare di più la limpidezza di alcune persone che con una parola, un silenzio, un sorriso e perché no, un richiamo, mi hanno fatto capire in quale direzione andare, quale lettura delle cose fare, quale salto di qualità la mia vocazione si aspettava

Diverse ma unite

E che dire della vita all’interno dei gruppi CM? Quando si vive gomito a gomito, bisogna escludere logiche individuali di impostare un cammino, per proseguire tutte insieme. Non si può “tagliarsi fuori” perché si commette un errore che condiziona il futuro. Infatti, quando ho lasciato spazio al mio individualismo, sono entrata in una pericolosa condizione di solitudine e ho mancato di carità, mostrando indifferenza nei confronti delle altre poiché non sostenevo in modo costruttivo il cammino di ciascuna ed il lavoro comunitario. Ancora una volta la sconfitta mi ha fatto rimbalzare al “si” pronunciato nel giorno della consacrazione perché è questa l’elemento fondante delle relazioni all’interno della nostra famiglia.

Siamo nell’anno dedicato ai consacrati che coincide per caso col mio cinquantesimo di consacrazione. Questi due anniversari mi sollecitano non solo a guardare i decenni passati ma ad acquisire una maggior coscienza di me stessa. Mi trovo quotidianamente a valutare le cose che faccio. Mi domando se la mia relazione con Dio è scandita dall’orario di preghiera che il gruppo si è dato o se cerco il colloquio anche quando il tempo è poco; se sono fedele a questo appuntamento col Signore anche quando lo sento un po’ lontano o ho la sensazione che stia zitto o che finga di non ascoltarmi. Tengo molto all’adorazione, a conclusione della giornata, perché è un invito a verificare quanto la mia vita è centrata sull’Eucarestia e se l’adorazione diventa il luogo vivente di quell’atto fondante che si chiama consegna di sé, comunione. Mi trovo spesso a verificare se la mia disponibilità di servizio è una cosa seria o se inseguo le mie idee e i miei progetti. Imploro il Signore di aiutarmi a costruire relazioni vive nonostante le delusioni e le fatiche. Allo Spirito Santo chiedo di darmi il coraggio di lasciar fuori dai miei pensieri, dalle mie parole e scelte ciò che non sta dentro il perimetro della carità.

In profondità tra chiamata e progetto

L’esperienza mi dice che dietro le pieghe delle fatiche e anche delle tentazioni, ci sta una grande grazia che può aprire le porte alla maturità. Mi son chiesta: Come procedere?

Ho incominciato col chiarirmi la differenza tra chiamata e progetto. Sono due parole che ricorrono spesso nei documenti che parlano della vita consacrata.

La chiamata è un cammino che non è determinato da me, ma viene da Dio, sia per i passi da compiere, sia per le circostanze dentro le quali lo si deve esperimentare giorno per giorno.

Il progetto invece si riferisce a quella impostazione dell’esistenza che deriva da qualcosa che io stessa decido.

Qui si nasconde la prima e grande purificazione a cui sono chiamata. Il gruppo italiano ha da poco fatto un’Assemblea per guardare in faccia la nostra realtà. Quando si tratta di andare al dunque scivolo sulle parole “dove”, “come” espletare un servizio. La sincerità dice che questi avverbi nascondono l’insidia di adottare un atteggiamento che non è più “dare carta bianca” al Signore, perché obbediscono ad una logica che ha per obiettivo il mio modo di ragionare e non quello di Dio. Perciò la prima purificazione per una fedeltà alla chiamata è sgombrare dal cuore e dalla mente l’imbroglio delle sicurezze e inamovibilità a cui sono aggrappata, per riscoprire la freschezza ed il coraggio della prima risposta. La maturità è rinvenibile solo nella fedeltà che è il “si” alla seconda chiamata.

C’è anche una seconda purificazione che dovrei affrontare, che è quella di superare la paura di non farcela. La mia vita è passata attraverso fasi diverse. A volte, guardando la mia situazione spirituale, ho la percezione che la vita sia appesa a un filo e di non riuscire a vedere abbastanza per poterne costatare la solidità. Come un filo di nylon talmente sottile e trasparente da farmi perdere il senso della sicurezza. Meno male che in questi giorni recitando l’Angelus mi si è stagliata davanti la figura di Maria che si è trovata nella stessa situazione di poca chiarezza, ma le parole dell’angelo: “nulla è impossibile a Dio” l’hanno spinta a proseguire.

Mi sento anche nei panni di quell’alpinista che, preso dalle vertigini, non aveva più il coraggio di guardare verso il basso, ma di seguire con lo sguardo la parete a cui era aggrappato, sotto pena di staccarsi e di non potere più avanzare. Perciò, per superare la paura di non farcela, non mi resta che scoprire e credere nelle parole del vangelo: ”questo è possibile a Dio”. Sono parole che esigono un affidamento, richiedono di sciogliere le ancore delle certezze per abitare col Lui. Lo stesso concetto è riportato dallo Statuto quando dice che la fedeltà alla vocazione esige una spogliazione interiore, chiede di lasciar cadere le infondate ambizioni, di coltivare l’ umiltà; suggerisce di chiedere al Signore che i sentimenti del suo cuore diventino i nostri; sollecita ad aprirci alla speranza per riscoprire con verità ben maggiore di prima ciò che abbiamo sempre pensato di essere e di vivere. Come si vede sono piccole tappe ma che dispongono a passi semplici e straordinari.

Ascoltare la voce che ci abita

Mi piace concludere questa mia riflessione con alcuni riferimenti biblici che mi hanno accompagnato in questo ultimo anno.

Il salmo 102: “Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome”. Sosto sul riferimento “tutto quanto è in me”: corpo, psiche, sentimenti, pensieri e scelte. Tutto. La trovo una preghiera giusta per l’età della giovinezza, della maturità e della terza età.

Al capitolo 40 del libro delle “consolazioni” di Isaia si legge: “Dio non si affatica né si stanca. Egli da forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato”. Più avanti riferendosi agli uomini dice: “Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono, ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi”. Queste parole di Isaia mi fanno venire alla mente quelle di Gesù: “Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28).

L’accento di queste frasi bibliche sta sull’affidamento a Dio in ogni età e sull’affermazione dell’effettiva presenza del Signore nella mia vita.

Mi auguro di poter sentire questa voce che mi abita e di gustarne l’indicibile sicurezza e tenerezza.

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