- Raccontateci
un po’ della vostra vita: come vi siete conosciuti…cosa fate…la vostra
famiglia… l’essere genitori oggi. Narrateci un po’ di storia della vostra vita
di coppia e in coppia...
Siamo
sposati da 36 anni e ci conosciamo da 38 . Ci siamo incontrati in viale Gambaro
nella Casa del Missionario per caso, io (Dolores) frequentavo il gruppo già da
qualche tempo e io (Franco) ero andato li su richiesta di mio cugino che andava
a trovare un amico conosciuto in marina
durante il militare. Era un incontro di un gruppo di persone di Genova che si
vedevano periodicamente con una missionaria che arrivava da Bologna. Ci siamo
sposati dopo due anni, nel 79. Avevamo 24 anni... tanti sogni tante idee tante
speranze. Sognavamo di partire per un paese del terzo mondo, abbiamo cercato la
strada e dopo due anni siamo partiti come volontari di una organizzazione non
governativa per una zona indigena del Venezuela. Prima di partire abbiamo fatto
un corso a Verona di due mesi dove abbiamo imparato qualcosa dello Spagnolo ed alcune nozioni sulla Storia
dell'America Latina, la Cultura, la Chiesa, la Società e la politica.
Questa
esperienza è stata molto importante per la nostra vita di coppia. In Venezuela
abbiamo fatto due esperienze bellissime: Con gli indios cercando di condividere
giorno per giorno esperienze, conoscenze, vita, con una cultura molto lontana
dalla nostra. Il secondo periodo lo abbiamo vissuto in un territorio dove la
gente, molto povera, viveva della coltivazione di vecchie piantagioni di caffè.
Qui abbiamo vissuto veramente come a casa. Io Dolores, lavoravo con le donne utilizzando la medicina naturale e
coltivando un orto comunitario. Io Franco lavoravo con i giovani in un progetto
di apicoltura. Aspettavamo Emanuele, il nostro primogenito e questo ci faceva
ancora più dentro la realtà di coraggio, di voglia di riscatto, di indipendenza
del popolo latinoamericano.
Siamo
tornati in Italia tre anni dopo; Emanuele aveva 6 mesi. L'impatto con la realtà
italiana: società, economia, Chiesa è stato molto duro. Ci siamo presto resi
conto che avevamo vissuto un tempo privilegiato: avevamo visto all'opera
l'azione dello Spirito Santo ed ora eravamo ripiombati nel vuoto della Società
e della Chiesa italiana.
Una
testimonianza per tutte: in Venezuela avevamo incontrato delle Piccole Sorelle
del Vangelo ispirate alla spiritualità di Charles de Foucauld, era un piccolo gruppo che viveva in una
cittadina vicino a Caracas in una zona popolare e si mantenevano, come tutte le
donne del posto, facendo servizio come domestiche nelle case dei ricchi della
zona, una sorella ci ha raccontato che tra i tanti lavori le è capitato di fare
servizio in un istituto di suore, per un po' è riuscita a nascondere la sua
identità ma poi alcune suore più giovani l'hanno riconosciuta; ha dovuto
licenziarsi e si rammaricava di non essere riuscita a far capire alle suore
l'importanza: non di essere dalla parte dei poveri ma di essere realmente
poveri... Questo accadeva trenta anni prima dell'era di Papa Francesco ma, del
resto, già un altro ci aveva provato, senza successo, 2000 anni prima.
Ci siamo
buttati nella vita italiana: lavoro, asilo per Emanuele, è nata Raffaella unica Settentrionale della
famiglia. In tutto questo percorso, per noi molto difficile, un grande aiuto ci
è giunto dalla Compagnia Missionaria dove siamo entrati formalmente dopo la
nascita di Raffaella nonostante frequentassimo comunque sempre tutti gli
incontri. Abbiamo cercato di testimoniare la nostra fede nella quotidianità
della vita. Come genitori abbiamo pensato che fosse importante che i figli
crescessero, liberi e consapevoli, questo significa che abbiamo sempre cercato
di spiegare il perché delle cose e l'importanza di pensare con la propria
testa, oggi possiamo dire che sono dei bravi ragazzi non fanno esattamente
quello che abbiamo fatto noi, non seguono la C M, non sono assidui
frequentatori della chiesa, non sono neanche tanto impegnati politicamente,
lavorano e questo oggi è molto e sono responsabili. Abbiamo la coscienza
tranquilla di aver fatto tutto il possibile per una loro crescita equilibrata e
serena.
- Il vostro incontro con la
Compagnia Missionaria. Come e’ avvenuto, quali motivazioni vi hanno stimolato a
scegliere questa nuova avventura… C’e’ stato un incontro, un contatto che
ricordate con particolare affetto e che ha inciso e continua ad essere importante per la vostra decisone ?
La
nostra partecipazione alla Compagnia Missionaria è stata stimolata dalla
possibilità di incontro e di dialogo con le persone, in particolare ci ha
colpito in modo positivo la personalità di Giuseppina Martucci e di Padre
Albino che incontravamo con regolarità una volta al mese. Per me Dolores quello che mi ha colpito di Giuseppina è il
sentirmi accolta e capita, ad esempio la prima volta che ci siamo incontrate,
nel salutarci Giuseppina mi ha detto: “che strano mi sembra di conoscerti da
sempre” ed io le ho risposto che anche per me era la stressa cosa. Gli incontri
con padre Albino sono stati fondamentali per la nostra crescita, anche se a
volte non condividevamo tutto il suo pensiero e la nostra posizione era un po'
come quella di figli che, pur non essendo sempre d'accordo col Padre, non ne mettono mai in discussione l'autorevolezza.
A Lui dobbiamo la scoperta che Dio è amore e questo è un calore che ci ha
avvolto e ci avvolge ancora diventando “energia” essenziale nel nostro vivere
il quotidiano.
- Papa Francesco parla di
“Chiesa in uscita” e di “periferie esistenziali”. Secondo voi come possiamo
declinare concretamente queste stimolazioni con una presenza nel territorio,
nella parrocchia, nelle realtà sociali,
insomma, in che modo possiamo stare in mezzo alla gente del nostro tempo?
L'ostacolo
fondamentale che preclude ogni via di comprensione tra gli uomini di chiesa e
le persone comuni che bene o male cercano di portare avanti la loro esistenza è
il clericalismo in tutte le sue forme sia in quelle conclamate ed evidenti di
coloro che ostentano l'abito, sia in quelle striscianti di chi comunque si pone
su un gradino di superiorità morale e spirituale e chiude ogni possibilità di
dialogo e di comprensione. Gli uomini sono amati da Dio in quanto uomini non
perché abbiano una particolare capacità o predisposizione, la Chiesa ha perso
la capacità di annunciare questa verità fondamentale, che è il senso
dell'incarnazione. Il messaggio che oggi passa nel mondo è quello di una Chiesa
recinto che chiama a raccolta gli uomini affinché entrino nei suoi confini e si
comportino in modo da sostenere il recinto, in contrapposizione con altri che sono negativi e da combattere. Non basta
uscire ed andare occorre uscire ed andare incontro agli altri senza timore di
venirne contaminati e trasformati. Per fare questo occorre riflettere molto
sulla figura di Gesù sul carattere liberante del Suo messaggio, sul senso autentico della buna
notizia di un Dio che Ama e non condanna. Le persone crescono se acquisiscono
consapevolezza di sé, importanza del loro
ruolo, anche se è marginale, e credono nella possibilità di essere liberi di
fronte alle scelte della loro vita e fiduciosi in un Padre che li ama, questo è
il senso della misericordia di Dio.
- Il
recente sinodo sulla famiglia, l’annuncio del giubileo sulla misericordia…sono
eventi – prospettive “nuove” che la
chiesa ci fa vivere e che dovrebbero
incidere e far crescere la nostra vita cristiana ed ecclesiale. Quali cammini
di conversione individuate e credete incisivi? Da dove si deve cominciare?
Il
recente Sinodo sulla famiglia alla fine non ha dato delle risposte certe, forse
non le poteva dare, chi nella Chiesa è ancorato ad una visione di una famiglia
tradizionale, non è disposto a comprendere le ragioni di chi si trova in una
situazione di divisione e di dolore.
Chi
invece ha come fondamento della Verità della fede la misericordia è in parte
confortato dalla possibilità di attingere alla grande misericordia di Dio anche
nelle situazioni familiari più degradate. Siamo all'inizio dell'anno della
Misericordia, secondo noi questo anno sarà fruttuoso se porterà una riflessione
ed una conversione all'interno della vita ecclesiale, una conversione dei cuori
e della vita pratica dei credenti.
- Quale messaggio vorreste
comunicare ai nostri lettori?
Vorremmo
comunicare un messaggio di fiducia e di speranza sulle parole che Gesù rivolge
a chi lo ascolta “Coraggio Io ho già vinto il mondo” Non dice: “coraggio vinceremo” ma ho vinto e lo dice
dalla croce, dal massimo della sconfitta. Questo è un messaggio che fa appello
alla nostra fede e mette a nudo tutte le nostre paure e certezze, qui ci viene
chiesto di fidarci di Lui dal punto più basso della sua esistenza. Vorremmo
concludere con l'espressione di don Luigi Verdi, altra persona importante nella
nostra vita: “ E' questo il tempo di non sprecare più fatica per il recupero di
un cristianesimo bigotto, polemico e triste, è questo il tempo di tornare ad un
cristianesimo che abbia lo sguardo dei piccoli e dei poveri, un cristianesimo
che nasca dalla follia, dalla fame, dall'innamoramento, che porti con sé la
seduzione della verità tenera e della bellezza. La verità è fatta per gente che
cammina pensosa, spesso solitaria, che porta sempre nel cuore le stigmate o le
ferite della sua vita, perché non c'è nessuna verità e nessuna bellezza a poco
prezzo.” ( L. Verdi, La Chiesa della tenerezza).