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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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Ricordare per parlare lingue nuove
Posted by Lucia Capriotti

A Bologna il 5 novembre e a S. Antonio Abate (NA) il 26 novembre 2016, la Compagnia Missionaria del Sacro Cuore ha realizzato due incontri per celebrare i 50 anni di missioni popolari nelle parrocchie italiane. È stata presentata una rilettura del vissuto con lo sguardo rivolto al futuro.

50 anni di missioni popolari.

Questa attività risponde al n. 16 dello Statuto della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore dove si legge:

“La nostra missione si esprime anche attraverso:

l'annuncio della Parola di Dio mediante la catechesi, incontri di carattere formativo e di spiritualità, corsi di missioni parrocchiali, preferendo luoghi e persone meno favoriti”.

Di seguito si parla della missione ad gentes, del servizio alle varie forme di povertà, dell’animazione del tempo libero.

Abbiamo voluto celebrare questo anniversario per due motivi:

- Ricordare l’esperienza missionaria vissuta, rileggendone il significato, per rendere grazie al Signore e a tutti coloro che ci hanno dato l’opportunità di realizzarla;

- Scrutare il presente per ascoltare ciò che la mutata realtà socio ecclesiale ci chiede e cercare le possibili risposte.

La testimonianza del Fondatore

Mi sembra importante riascoltare ciò che il nostro fondatore, P. Albino Elegante scj, ebbe a dire nella celebrazione dei 25 anni delle missioni popolari.

“Come fondatore dell’Istituto, comincerò con il dire che l’attività delle missioni al popolo è sempre stata una delle iniziative più care al mio spirito. Condotto da un misterioso richiamo, sono stato costretto a socchiudere la porta e a guardare alla moltitudine dei fratelli che tendevano la mano, implorando la rigenerazione in Cristo.

Non ho mai fatto mistero della mia ammirazione profonda per don Giovanni Rossi, fondatore della «Pro Civitate Christiana». Tra le varie attività svolte, soprattutto una suscitava il mio entusiasmo e polarizzava le mie simpatie: la predicazione delle Missioni Popolari in uno stile nuovo”.

Sull’esempio delle missioni della Pro Civitate, p. Albino impegnò se stesso e le missionarie in questa attività, con una passione straordinaria.

La prima missione si tenne a Bologna, nella parrocchia di S. Giuliano, a porta S. Stefano, nel maggio 1966. Ma dobbiamo ricordare che l’evangelizzazione itinerante era già un impegno delle missionarie, fin dai primi anni della Compagnia Missionaria: si trattava soprattutto di incontri di formazione e spiritualità per giovani.

In 50 anni sono state animate 297 missioni, in 240 parrocchie. Oltre alle missioni, sono state realizzate tante altre iniziative di evangelizzazione e spiritualità: corsi di formazione per operatori pastorali, esercizi spirituali a gruppi e parrocchie, novene, tridui, settimane bibliche, settimane liturgiche, settimane per le famiglie, settimane eucaristiche, quarantore, incontri per giovani, campi scuola…

Centralità della Parola

Il servizio di evangelizzazione itinerante attraverso le missioni popolari è sempre stato un dono soprattutto perché impegna le missionarie in un cammino di comunione con le comunità in cui sono chiamate a operare, di ascolto della realtà ecclesiale e sociale in fermento e in continuo cambiamento, di attenzione a offrire ciò che realmente la chiesa del dopo-concilio attende e ciò di cui la società del post-moderno ha bisogno. Si è trattato e si tratta di camminare con la gente, di farsi compagne di strada offrendo, nei modi più adatti, quella ricchezza di cui il mondo ha fame e sete, spesso senza averne consapevolezza.

La ricchezza che abbiamo sempre considerato indispensabile condividere con la gente è la Parola di Dio.

Anche negli anni ‘60-‘70, fino a metà degli anni ’80, quando spesso, da parte dei vari gruppi anche ecclesiali, ci si chiedeva di trattare problemi di carattere sociale, psicologico, politico, magari “usando marginalmente” la Parola di Dio per sostenere la propria ragione, da una parte e dall’altra, abbiamo sempre mantenuto fede alla centralità della Parola. Nella faticosa ed entusiasmante ricerca di metodi adatti, abbiamo sempre ricordato che è la povertà e la debolezza dell’annuncio che offre luce ai problemi umani, sociali ed ecclesiali, che tocca le coscienze e trasforma la vita, che converte i singoli e germina società nuove, che compone le contese e costruisce la pace.

Per molti anni

… protagonisti della missione erano le missionarie con p. Elegante o altri sacerdoti. Naturalmente la missione era preceduta da un tempo e da alcune iniziative di preparazione in collaborazione con i laici impegnati della parrocchia.

Con il passare del tempo, è diventato sempre più importante il coinvolgimento del consiglio pastorale e di altre persone disponibili, laici e religiose presenti in parrocchia. I tempi di preparazione si sono dilatati, a volte anche per due o tre anni. Iniziative di questo periodo erano la formulazione di un questionario per le famiglie o addirittura per singoli adulti e giovani; formulazione della preghiera per la missione; pellegrinaggi; ritiri; incontri formativi per gli animatori; divisione della parrocchia in zone; per ogni zona venivano incaricati uno o più animatori che consegnavano prima i questionari e poi il programma della missione; individuazione degli ambienti dove tenere i centri di ascolto serali, quasi sempre ambienti familiari, ma anche sale condominiali, uffici, autoscuola, retrobottega, capannoni industriali, garage, bar; preparazione delle liste delle famiglie da visitare per ogni zona.

Durante la missione, l’impegno maggiore delle missionarie consisteva nella visita alle famiglie, ogni missionaria in una zona; la sera la missionaria faceva la catechesi nel centro di ascolto dove si riunivano le famiglie, per tre sere di seguito; sempre a partire dall’ascolto della Parola di Dio, al prima sera si teneva la catechesi sul battesimo, la seconda sulla confessione; la terza sera, un sacerdote celebrava l’eucaristia nel centro di ascolto e la missionaria teneva la catechesi sull’eucaristia; si concludeva con un momento di festa e di condivisione.

A seconda della dimensione della parrocchia, la missione durava otto, undici o anche quindici giorni. La missione si apriva con la celebrazione del mandato alle missionarie e al missionario, spesso da parte del Vescovo, o del parroco. Naturalmente non mancavano incontri per coppie, per gruppi parrocchiali, per giovani, per bambini e ragazzi, per anziani; incontri vocazionali; celebrazioni per anziani e malati con l’unzione degli infermi; celebrazioni penitenziali; celebrazione e adorazione eucaristica quotidiana; adorazione notturna nell’ultima notte; processioni, via crucis, fiaccolate a seconda dei tempi liturgici. La missione si concludeva con l’assemblea di tutta la comunità, durante la quale il gruppo missionario relazionava sul lavoro svolto, offrendo anche suggerimenti e propositi; gli animatori presentavano la loro testimonianza e le loro proposte per il cammino futuro della comunità. Quindi la conclusione del Parroco.

Collaborazione con altri gruppi

Abbiamo sempre voluto essere attente ai mutamenti sociali, all’evolversi della sensibilità e delle esigenze sociali ed ecclesiali e anche alle esperienze di altri gruppi impegnati nella stessa attività delle missioni popolari.

Il numero delle missionarie impegnate in questo servizio non è mai stato molto grande, anche se hanno partecipato missionarie che vivono in fraternità e anche missionarie che vivono in famiglia. È stato quindi naturale chiedere la collaborazione di altri gruppi. E anche noi abbiamo partecipato a missioni organizzate da gruppi religiosi. Mi piace ricordare la collaborazione con le missionarie dell’Immacolata, con le missionarie Saveriane, con Passionisti, con i Domenicani, con i Sacramentini, con i Minori, con i Cappuccini.

In particolare pensiamo con profonda gratitudine alla collaborazione fraterna e costruttiva vissuta nelle missioni popolari con i Padri Dehoniani. Una vera esperienza di comunione, nella stima e nella fiducia reciproca, di condivisione della passione per l’annuncio dell’Amore di Dio, per l’avvento del Regno. In 50 anni, oltre a p. Albino Elegante, hanno partecipato alle missioni popolari della Compagnia Missionaria 34 p. Dehoniani dell’Italia Settendrionale e 11 dell’Italia Meridionale. Mi permetto un ricordo personale colmo di gratitudine: grazie all’evangelizzazione itinerante e grazie a p. Enrico Massetti, dehoniano della provincia dell’Italia Meridionale, ho incontrato la Compagnia Missionaria.

Quando le diocesi di Bologna e di Roma decisero di preparare l’anno santo del 2000 con le missioni nelle parrocchie, il nostro gruppo fu coinvolto nel lavoro di preparazione insieme con altri gruppi.

Queste collaborazioni si sono rivelate provvidenziali e arricchenti. Insieme abbiamo ascoltato le realtà ecclesiali alle quali eravamo inviati, ci siamo scambiati le esperienze e le competenze, abbiamo accolto suggerimenti e sollecitazioni reciproche, scoperto modalità diverse, imparato a lavorare insieme per il Regno.

Servizio più impegnativo

In questo percorso di riflessione, di collaborazione, di ricerca comune di una missione evangelizzatrice più rispondente alla realtà sociale ed ecclesiale, sempre di più è cresciuta la consapevolezza che la missione non può avere come protagonista il gruppo missionario e come destinataria la popolazione che abita nel territorio di una parrocchia. Già in passato il nostro essere missionarie laiche impegnate ad annunciare il Vangelo, anche nelle liturgie, era testimonianza viva della rivoluzione operata dal Concilio, soprattutto per quanto riguarda l’apostolato dei laici e la loro corresponsabilità nella vita della comunità ecclesiale, la loro missione profetica che scaturisce dal Battesimo.

In seguito abbiamo sentito sempre più urgente la necessità di coinvolgere nella missione i laici della parrocchia, non solo nelle iniziative di preparazione, ma nello stesso svolgimento, cioè nell’annuncio del Vangelo, nelle famiglie e nei centri di ascolto.

E qui il nostro servizio è diventato più impegnativo e anche più difficile.

Troppo spesso, potremmo dire oggi più di ieri, le comunità che chiedono la missione si aspettano che le missionarie vadano a convertire quelli che non vengono in chiesa; pensano che i cosiddetti credenti praticanti e gli operatori pastorali non abbiamo bisogno della missione, ma ne siano solo gli organizzatori; hanno grande difficoltà a sentirsi e a sentirsi ciò che sono: comunità missionarie. Per noi, invece, è diventato essenziale stimolare la parrocchia a riscoprire e assumere con rinnovato impegno la missione evangelizzatrice, a entrare in stato di missione permanente. Per questo è importantissimo il cammino formativo missionario per i laici della parrocchia, per le famiglie, per i giovani, per gli stessi operatori pastorali. Allora l’esperienza condivisa di evangelizzazione diventa un momento di crescita nella comunione e nell’apertura missionaria delle persone e della comunità.

Sentiamo che ci appartiene profondamente ciò che il Papa scrive nell’Evangelii Gaudium 120 e 121: In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cfr Mt 28,19). Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione… Certamente tutti noi siamo chiamati a crescere come evangelizzatori.

Mi piace ricordare un’esperienza straordinaria vissuta nel 2015, a S. Antonio Tortal (BL) diocesi di Vittorio Veneto, dove la missione (già sperimentata nel 2002), è stata voluta dai laici e loro stessi ne hanno assunto la responsabilità dello svolgimento, insieme con il gruppo missionario.

Grazie al cammino ecclesiale di alcuni gruppi e movimenti, già negli anni 90 abbiamo trovato la collaborazione di laici entusiasti di impegnarsi in questo servizio di evangelizzazione, non solo nella propria parrocchia, ma anche altrove. E anche alcuni familiares della Compagnia Missionaria, a seconda delle possibilità, si sono coinvolti con passione.

Così il gruppo missionario si è arricchito di una fisionomia molteplice: missionarie e familiares, sacerdoti dehoniani e religiosi di varie congregazioni, laici di varie realtà ecclesiali, anche in coppia.

Tra fedeltà e novità

Anche lo svolgimento della missione popolare ha preso una fisionomia diversa, pur mantenendo alcuni aspetti fondamentali.

Per missione popolare non si è più inteso la missione al popolo, ma un popolo in missione: protagonista non è più il gruppo missionario, ma la comunità parrocchiale con la collaborazione del gruppo missionario.

La missione si apre con il mandato ai missionari “esterni” e ai missionari della parrocchia, che sono l’espressione più avanzata della comunità missionaria.

Ciò che è restato fondamentale per noi è l’incontro con le persone e con le famiglie. Anche in questo aspetto ci conforta e motiva la parola del Papa: “Si tratta di portare il Vangelo alle persone con cui ciascuno ha a che fare, tanto ai più vicini quanto agli sconosciuti. È la predicazione informale che si può realizzare durante una conversazione ed è anche quella che attua un missionario quando visita una casa […]

In questa predicazione, sempre rispettosa e gentile, il primo momento consiste in un dialogo personale, in cui l’altra persona si esprime e condivide le sue gioie, le sue speranze, le preoccupazioni per i suoi cari e tante cose che riempiono il suo cuore. Solo dopo tale conversazione è possibile presentare la Parola, sia con la lettura di qualche passo della Scrittura o in modo narrativo, ma sempre ricordando l’annuncio fondamentale: l’amore personale di Dio che si è fatto uomo, ha dato sé stesso per noi e, vivente, offre la sua salvezza e la sua amicizia.” (E.G. 127-128).

Questo viene fatto dai laici della parrocchia con i missionari, a volte lo fanno anche senza la presenza dei missionari. Altra iniziativa che abbiamo sempre voluto mantenere sono i centri di ascolto del Vangelo, anche per piccoli gruppi di famiglie. Da molto tempo il nostro impegno è quello di preparare i laici della parrocchia per guidarli. Da molti anni, grazie all’incontro con i Padri di Rho, non proponiamo più le catechesi, ma la lectio divina. Anche nell’ultima missione, a Padova, nella Parrocchia del SS. Crocifisso, la lectio divina nei centri di ascolto è stata guidata anche da laici della parrocchia.

Esperienza che ridà slancio al cammino

Naturalmente, la programmazione della missione tiene sempre conto della situazione sociale culturale e ecclesiale e delle esigenze della popolazione. Ancora oggi sentiamo importante l’assemblea conclusiva, come momento in cui la comunità cristiana contempla l’esperienza vissuta, rende grazie al Signore, cerca, anche con l’aiuto del gruppo missionario, le vie di un cammino rinnovato e di una maggiore apertura missionaria.

Al termine della missione a S. Antonio Tortal, lo scorso anno, scrivevo:

“Una missione popolare non è un toccasana. Non risolve i problemi della comunità. Non si fa una volta per tutte. E non è vero che sia un fuoco di paglia. Soprattutto se non è affidata solo ai missionari, ma è realizzata nell’impegno condiviso tra missionari e laici della parrocchia. È un’esperienza ecclesiale che rinnova il cammino, ridà slancio, intensifica la vita di fede, impegna a una revisione e spinge a un rinnovamento. La quotidianità rischia di far appassire la fede e l’esperienza ecclesiale. O di stressarla. La missione è come gli esercizi spirituali. Il Papa per primo li vive ogni anno. Certo una missione non si fa una volta l’anno, ma ci sono comunità che sentono spesso il bisogno di ravvivarsi”.

Timori e gioie

Dopo il 2000, le richieste di missioni da parte delle parrocchie è molto diminuita. Contemporaneamente anche noi missionarie ci siamo orientate a un maggiore inserimento nel territorio e distribuite in località distanti.

Non sono mancate richieste diverse: non missioni popolari ma animazione di novene, tridui, esercizi spirituali parrocchiali, quarantore, accompagnamento e formazione di gruppi ecclesiali.

Ci sembra di cogliere una progressiva chiusura delle comunità parrocchiali, anche dove c’è una buona progettualità pastorale. Una pastorale ordinaria e troppo spesso tradizionale, povera di spinta missionaria, che risente della difficoltà a uscire verso realtà umane che sono sempre più lontane, indifferenti e sofferenti. Una pastorale di mantenimento, in difesa, più che in apertura e in uscita.

Nonostante il rinnovamento conciliare e il magistero dei pontefici, in particolare di papa Francesco e la sua testimonianza, in quest’alba del terzo millennio, a più di 50 anni dal Concilio, ci sembra di vedere una recrudescenza di clericalismo “clericale e laicale” che soffoca la spinta missionaria delle comunità ecclesiali. (cf E.G. 102)

In tutti questi anni, però, noi stesse abbiamo vissuto quella gioia di cui il Papa parla: Vedo con piacere come molte donne condividono responsabilità pastorali insieme con i sacerdoti, danno il loro contributo per l’accompagnamento di persone, di famiglie o di gruppi ed offrono nuovi apporti alla riflessione teologica. Ma c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa. (E.G. 103).

Uscire ancora

In questi anni, dunque, anche grazie proprio allo sguardo appassionato di papa Francesco, scopriamo la grande fame e sete di Dio e della sua Parola, presente anche in tanti che non la riconoscono; sentiamo l’urgenza di un rinnovato e continuo annuncio del Vangelo là dove sembra dilagare il vuoto di senso, la solitudine, la lontananza da Dio, non conosciuto come Amore.

Sentiamo soprattutto la necessità di svegliare la coscienza missionaria di noi battezzati, di crescere, insieme con le comunità cristiane, nella consapevolezza e nella responsabilità della dignità battesimale di noi laici e di sostenerne la corresponsabilità nella vita della chiesa.

Celebrare questo 50° per noi significa guardare in profondità l’oggi della storia per assumerla nello Spirito di comunione e di missione che ci è proprio. Significa interrogarci, con tutta la Compagnia Missionaria, con la Famiglia Dehoniana, con gli altri istituti e gruppi missionari, con le comunità cristiane e con i laici più sensibili all’urgenza dell’evangelizzazione, su quale sia la strada da percorrere, a quali novità di impegno e di servizio lo Spirito ci chiama.

Certamente vogliamo mantenerci disponibili alle comunità parrocchiali, ma forse ci è chiesto di guardare anche verso altre realtà umane e sociali che restano ai margini o sono estranee all’esperienza di fede e di comunione della chiesa.

Sentiamo rivolto personalmente e comunitariamente a noi l’invito pressante di papa Francesco di uscire verso le periferie esistenziali, sociali ed ecclesiali.

Ancora oggi risuona per la Chiesa la parola di Gesù: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Mc 16,15-18).

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