Intervista a Rita Bertuletti
Ciao
Rita! Raccontaci un po’ di te: potresti presentarti...fare memoria di alcuni
momenti importanti della tua vita? Quali ricordi positivi, momenti di fatica…?
Ciao a tutte e a tutti. Sono Rita
Bertuletti, una bergamasca residente in Bonate Sotto (BG) nella Regione
Lombardia. Sono l’ottava di nove fratelli, ma divenuta la prima in un arco di
tempo veloce poichè i miei sette fratelli/sorelle sono “volati alla casa del
Padre”. A dieci anni, circa, ho perso papà, già da tempo malato, e mi sono
trovata a “fare la grande” ancora troppo piccola, accanto alla mamma e Giovanni
mio fratello minore. Le mie giornate scorrevano su un filo rosso cadenzato come
segue: ore 6.00, del primo mattino, al pascolo con la mucca, ore 8.30 presente
nella scuola sino alle 12.30. Nel pomeriggio piccola operaia alle prese con una
macchina da maglieria. Alla sera condivisione di tempo e di giochi con i
ragazzi e ragazze del vicinato.
A quattordici anni sono stata assunta
nell’azienda “arti-grafiche” e vi sono rimasta sino a venti anni. Sempre sul
luogo di lavoro ricavavo tempo per studiare, aiutata dalle mie compagne, che si
improvvisavano “professoresse”, poichè nelle ore serali frequentavo la scuola
media. Avevo un sogno che mi inseguiva sin da piccola “fare l’insegnante”. In
me albergava il sentire di Don Milani, priore di Barbiana, “la cultura” come
l’arma più potente da passare ad ogni persona grande o piccola perchè potesse
esprimere, sempre e comunque, il suo pensiero coronato dai sentimenti propri.
Questo sogno prese “carne” verso gli anni ottanta.
La mia prima esperienza di insegnante avvenne
nella colonia di Selvino in un territorio montano bergamasco. In quella sede
stavo con ragazzi di dieci anni condividendo con loro giorno e notte: erano
persone esportate dal territorio milanese perchè figli e figlie della “nuda
strada” fatta e incarnata da bande di microcriminalità e di prostituzione. In
quel tessuto esistenziale mi sentivo e ci stavo benissimo… con loro e, grazie a
loro, sono “cresciuta” come donna in tutti gli aspetti… erano i miei maestri di
vita. In seguito ritornai a valle, poichè la colonia selvinese chiuse i
battenti, arricchendomi di svariate esperienze, tutte “generative di vita”.
Da quanto tempo conosci la Compagnia
Missionaria? La tua esperienza politico – sociale vissuta per alcuni anni nel
“comune” del tuo paese cosa ti ha insegnato?
Negli anni 80 conobbi la Compagnia Missionaria
e nell´ 84 feci il mio primo ingresso in essa. Negli anni 90 mi sentivo
inquieta vedendo gli approcci territoriali sociali e politici poco propensi a
realizzare il “bene comune”. Decisa sulla necessità di una cultura politica
frequentai la “scuola politica”, conobbi il pensiero politico di Giorgio La
Pira, feci mio il suo manifesto che recitava cosi “costruire la città dell’uomo
a misura d’uomo”. Mi candidai nelle amministrative del mio paese e venni
eletta: in quegli anni era impensabile trovare una donna nel consiglio
comunale, infatti fui l’unica beata e stimata tra una miriade di maschi. Nella
mia vita prendeva
Rita prima a destra(FOTO) |
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Che rapporto hai con le persone del territorio, con le varie realtà che ti circondano…quali sogni porti ancora nel cuore?
Le esperienze socio-politiche-culturali
sperimentate mi hanno introdotto in un vasto “mondo relazionale” costituito da
etnie-culture-tradizioni-fedi-vissuti-esistenziali-sociologici diversificati e
variopinti. Vivere del mondo non solo nel mondo, lasciarmi formare
dalla vita è la mia “nuova missione”. Il pensiero sociologico, filosofico e
non di Madeleine Delbrel, grande donna francese del nostro tempo, e del
sociologo Zygmunt Bauman mi aiutano ad abbracciare la novità dei tempi nuovi, a
stare dentro bene nelle situazioni, sentendo di condividere lo stesso destino
delle persone e della società contemporanea. Da loro imparo a lasciarmi
“provocare”, a sentire una istintiva simpatia verso i miei simili con la convinzione
che non c’è condizione umana che,
insieme alle insidie, non presenti delle opportunità.
La missione che mi attende quotidianamente è
quella di recuperare dalla “società liquida” nuove potenzialità umane
allargando, così, il regno della libertà umana. L’amore è affidato alle mie e
nostre cure, ha bisogno di un impegno costante, di essere ri-generato,
ri-creato e resuscitato ogni giorno. La costante e sempre nuova
scoperta-consapevolezza che Dio in Gesù cerca l’umano da umano e crede nella
nostra libertà, anche quando le nostre idealità si affievoliscono, innesca una
formidabile disposizione generatrice, che ha come direzione obbligata il
“volere-l’altro-come-altro”. Il mio futuro si gioca in questa nuova chiamata: “farmi donna della strada” per
annunciare, con creatività, passione e gioia che Gesù di Nazareth è risorto, è
vivo e… cammina con noi sulle strade della quotidianità.
Concludo con una stupenda
riflessione di Madeleine Delbrel, di come lei si lasciasse incontrare e abitare
da ogni sua giornata nel modo seguente: “ogni
mattina, è questa nostra giornata intera che riceviamo dalle mani di Dio. Dio ci dà una giornata da Lui stesso
preparata per noi. Non vi è nulla di troppo e nulla di “non abbastanza”, nulla
di indifferente e nulla di inutile. È un capolavoro di giornata che viene a
chiederci di essere vissuto. Noi la guardiamo come una pagina d’agenda, segnata
d’una cifra e di un mese. La trattiamo alla leggera, come un foglio di carta…
Se potessimo frugare il mondo e vedere questo giorno elaborarsi e nascere dal
fondo dei secoli, comprenderemmo il valore di un solo giorno umano. E se
avessimo un po’ di fede, sentiremmo il desiderio di inginocchiarci dinanzi alla
nostra giornata cristiana. Noi siamo “caricati” di energia senza proporzioni
con le misure del mondo: la fede che solleva le montagne, la speranza che nega
l’impossibile, la carità che fa bruciare la terra. Ogni minuto della giornata
permette al Cristo di vivere in noi in mezzo agli uomini e donne del nostro
tempo..”.
A cura di
Santina Pirovano