La contemplazione
del Cuore di Gesù, lo sguardo di fede, fugace ma intenso di desiderio, che
rivolgiamo di frequente alla sua immagine, lentamente ci conducono a farci
copia dei suoi sentimenti e della sua disponibilità.
Nella fedeltà
quotidiana all’impegno di preghiera, questa disponibilità si allarga e si
consolida. Al punto da renderci “adulti” in Cristo, testimoni limpidi ed
entusiasti delle disposizioni del suo cuore, particolarmente di quelle che sono
più efficaci di ammirazione e di grazia: l’amore misericordioso, la giustizia,
lo zelo, la volontà di pace….
E’ la nostra
missione: fare del Cuore di Cristo, il
cuore nostro e il cuore del mondo.
Qualunque sia il posto
dove viviamo, qualunque attività che rientra nei doveri della nostra
quotidianità, in famiglia, nel lavoro, nell’ambiente ecclesiale o sociale… noi
dobbiamo presentarci impregnati dello spirito del Cuore di Gesù e tutti,
indistintamente tutti, devono coglierne il fascino nella costanza della nostra
visione di fede, nell’apertura all’ottimismo e alla speranza, nella
disponibilità all’accoglienza, nella “caparbietà” serena a risolvere tutto
nella giustizia e nella carità.
La liturgia della Chiesa
ha scelto questa pagina come brano evangelico proprio della solennità del Sacro
Cuore dell’anno A.
Rileggiamola insieme:
“In
quel tempo Gesù disse: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra,
perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai
rivelate ai piccoli. Si, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato
dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno
conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Venite a me,
voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio
giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete
ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.
(Mat. 11, 25-30).
Indubbiamente il Vangelo
di Matteo ci pone di fronte a un brano molto originale, in cui meritano
attenzione per “le cose che sono state dette” e “come” sono dette. Ne rileviamo
in particolare, due:
- l’esclamazione
di giubilo e di benedizione al Padre per lo stile con cui Egli conduce il
cammino della redenzione del mondo;
- l’invito
a seguire il suo esempio di mitezza e di umiltà. E questo, nonostante che Egli
abbia appena affermato di essere maestro “assoluto” e “necessario” per
l’addentramento dell’uomo nella conoscenza del mistero di Dio.
Potremo concludere che,
prima dell’intelligenza, preme a Gesù il nostro cuore. E’ lì che Egli vuole,
soprattutto, collocare l’amore e la pace di Dio.
L’esclamazione
di giubilo di Gesù
Ci colpisce la confidenza con cui Gesù si
rivolge al Padre. Capovolge la mentalità e l’uso, fino allora seguiti dal
popolo Ebreo, che aveva relegato la grandezza e l’onnipotenza di Dio in un
mondo tutto suo, inaccessibile ai limiti umani. Al punto che il pio israelita
non si permetteva nemmeno di pronunciare il nome di Dio.
Gesù, con il suo esempio, abbatte le
barriere della inaccessibilità dell’uomo a Dio e ci insegna che Dio è il Padre
buono e misericordioso, sempre aperto all’accoglienza. Il Padre che soprattutto
ama e vuole essere amato. Il Padre a cui piace immensamente il nostro linguaggio e il nostro atteggiamento
filiale.
Del resto è Lui stesso che ci instrada su
questo rapporto di semplicità. Gesù lo benedice perché rivela le cose della
sapienza di Dio. I misteri del suo amore non sono appannaggio riservato ai
dotti, ai grandi della terra, ma dono di amore e di infinita benevolenza per i
piccoli.
Così i piccoli, nel criterio di Dio,
diventano il prototipo di coloro che Egli ama. E Gesù dice ai “grandi” che
devono convertirsi e farsi nello spirito come loro. Diversamente non troveranno
posto nel regno dei cieli…
Imparate da me!
“Imparate
da me che sono mite ed umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre
anime”. Con queste parole Gesù
si proclama “maestro di vita”. Maestro di tutti, perché tutti hanno incontrato
e incontrano sulla strada della vita il volto sfigurato della fatica e della
tribolazione, perché tutti fanno esperienza quotidiana della ingenita debolezza
che li spinge sotto la schiavitù del peccato e della morte (cfr. Rom. 5,12).
Gesù, come il Padre, vuole far giungere a tutti i tribolati il suo amore che
solleva e che salva.
Ma
è strana, per la mentalità umana, la strada che Egli sceglie per farsi nostro
sollievo: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Con due
aggettivi Gesù caratterizza il suo comportamento e ci assicura che, se lo
imiteremo, troveremo un profondo beneficio di spirito.
La mitezza: è il comportamento che dona un fascino straordinario alla
persona di Gesù. La sua bontà, la sua accoglienza, la sua disponibilità a
tutti, la capacità illimitata di comprendere, di perdonare, di aiutare, di
soccorrere ogni sorta di calamità…. Fa accorrere a lui le moltitudini persuase
che in lui “è Dio stesso che ha visitato il suo popolo” (Lc.7,16).
La via della mitezza è un obbligo
irrinunciabile per chi segue i passi di Gesù. Egli è stato molto esplicito nel
suo insegnamento: il nostro volto presenterà al mondo l’autenticità del suo
volto, solo se ci manterremo sulla linea della sua bontà…
La mitezza, per espandersi in tutte le sue esigenze ha bisogno assoluto di sbocciare
e mantenersi nel terreno dell’umiltà
. Per questo Gesù, pur dichiarandosi
guida necessaria a Dio, non trasborda mai nell’insofferenza dei limiti e delle
debolezze umane. Ne condivide volentieri il peso e dove è necessario si mostra
medico paziente e generoso che sa rimetterci fino… al sacrificio stesso della
vita, senza mai darsi l’aria di chi vive su un gradino superiore. Anzi!
La
sera dell’ultima Cena, racconta l’Evangelista Giovanni, nel mezzo del pasto
“Gesù si alzò da tavola, depose le vesti, si cinse di un asciugatoio
e, versata dell’acqua in un catino, cominciò a lavare i piedi dei discepoli”.
Il gesto di Gesù, sul piano sociale era un gesto rivoluzionario
che rovesciava i comportamenti abituali, i normali rapporti tra maestro e
discepoli, tra padrone e servi. Sul piano della fede era addirittura un gesto
sconvolgente, assolutamente impensabile: Dio che si inginocchiava davanti
all’uomo.
Certo l’atto compiuto da Gesù suscitò
meraviglia e gli apostoli sorpresi, si saranno domandati che cosa intendeva
significare la novità di quell’atteggiamento. Gesù stava per consegnare alla
sua Chiesa il testamento di umiltà e di
servizio che aveva contraddistinto tutti i momenti della sua vita e che, se
accolto e seguito, avrebbe inserito i suoi seguaci nello stile specifico di Dio
e, come Dio, li avrebbe fatti beati.
Il mio augurio per la solennità del Sacro Cuore
Oso auspicare che l’imitazione di Gesù “mite e umile di cuore” divenga la
nostra beatitudine e il modo semplice, trasparente con cui soprattutto vogliamo
esprimere la nostra donazione e il nostro servizio al carisma che lo Spirito
santo ha posto nelle mani della nostra Famiglia. Ci conduca a questa grazia
l'imminente Solennità della festa del Sacro Cuore di Gesù.
( dagli scritti di p. Albino Elegante -
Solennità del Sacro Cuore 1996)