Ricordo di Lucia Di Bonito, familiaris di Bologna
Febbraio 1984: Camilla e io animiamo la missione popolare a Poggetto di S. Pietro in Casale, “due passi” a nord-est di Pieve di Cento. In un incontro serale, mi trovo per la prima volta davanti ai volti sorridenti e comunicativi di due napoletani trapiantati in terra bolognese, Lucia e Mimmo, e ascolto con piacere gli interventi vivaci e carichi di fede di lei. È simpatia a prima vista, per me, ma per loro io non sono nuova. Mi dicono di avermi vista alla missione di Pieve di Cento, l’anno precedente. Anche in quell’occasione, pur non essendo della parrocchia, hanno partecipato e hanno conosciuto la missionaria Annamaria.
Scopro due persone innamorate
della vita. Non hanno figli e qualche anno prima hanno scelto di dare famiglia
e amore a due sorelline gemelle che vengono date loro in affido. Nel loro cuore
alberga il desiderio di arrivare all’adozione.
Novembre 1991: nuova missione a
Poggetto e ritrovo Lucia e Mimmo, ma stavolta portano il peso di una
sofferenza. Le due ragazzine sono state loro tolte, per incomprensioni con i
servizi sociali. Condividere con loro questo dolore e la speranza che coltivano
fa crescere e rende sempre più salda la nostra amicizia. Nel 1993, alcuni
amici, incontrati in altre missioni popolari in diocesi di Bologna, chiedono di
fare il percorso formativo per diventare familiares della Compagnia
Missionaria. Mi sembra che sia una proposta adatta anche per Lucia e Mimmo. Ne
parlo con loro che accettano con entusiasmo. L’amicizia si avvia a diventare
appartenenza alla stessa famiglia. Diventano familiares effettivi e cresce la
passione di Lucia per l’annuncio della Parola di Dio, che approfondisce sempre
di più con vari strumenti e corsi. E matura la disponibilità a partecipare alle
missioni popolari. La prima volta a Cittadella (PD), nel 1994. Un’esperienza
che per lei è un dono grande e entusiasmante. E anche per noi. Ormai ci lega
un’amicizia che sa di fraternità, di condivisione di un carisma e della stessa
passione per l’annuncio del Vangelo, di complicità e grande affetto. E
programmiamo anche la sua partecipazione alla missione di Viareggio, nel maggio
1995, invece non ci sarà, perché deve sottoporsi a un intervento per asportare
un tumore al seno. Quando vado a trovarla in ospedale, mi dice con un sorriso,
indicando l’immagine del Crocifisso dal cuore trafitto: “Sai? Adesso assomiglio
un po’ a Lui: ho il costato ferito come il Suo. E sono serena”. La situazione è
grave, ma Lucia affronta serenamente cicli e cicli di terapie con tutto ciò che
comportano… e un anno dopo, con gratitudine straripante, è alla missione di
Olmo e S. Luca (PD). Quindi in settembre è a Maserà (PD), in novembre a
Bologna, nelle parrocchie di S. Paolo Maggiore e di S. Girolamo. E a gennaio
1997 è a S. Antonio Abate, nella parrocchia del Buon Consiglio. Vent’anni fa.
C’è ancora chi la ricorda. Ed è naturale: non si dimentica uno scricciolo di
donna che avvicina le persone con un sorriso semplice e disarmante e parla di
Dio con un entusiasmo coinvolgente. Facilmente viene scambiata per una
ragazzina.
È l’ultima missione, perché poi
si inserisce nella scuola, per l’insegnamento della religione. Ancora di più in
questo lavoro Lucia esprime tutte le sue qualità, anche quelle inaspettate.
Colleghi, bambini, genitori, sono conquistati. E anche in curia diocesana
imparano a stimare la sua competenza, la sua passione, la sua fede, le sue
capacità didattiche. Si lancia a scrivere libri per la scuola… ed esplode anche
la sua vena poetica: nella poesia fiorisce tutta la profondità del cuore e
della mente, della vita di questa piccola grande donna.
Intanto le bambine, che
considerano sempre “figlie”, crescono e a diciotto anni decidono di tornare a
incontrare “mamma e papà”. Ormai sono grandi, autonome e non vanno a vivere con
loro, ma riprendono i rapporti, si incontrano spesso. Trovano lavoro, si
fidanzano, formano le loro famiglie e “mamma e papà” vivono lo gioie e le
preoccupazioni di tutti i genitori.
Ci sentiamo di tanto in tanto.
Da quando vivo a s. Antonio Abate le occasioni per incontrarci diminuiscono, ma
quando vado a Bologna qualche volta riusciamo a vederci, oppure ci troviamo a
qualche incontro di familiares. Nel 2007 viviamo insieme un indimenticabile
pellegrinaggio in Terra Santa.
Gennaio 2015. Mentre sono in
viaggio, in auto, ricevo una telefonata di Lucia: è fuori di sé dalla gioia. Il
31 dicembre, dopo aver partecipato con Mimmo alla celebrazione dei vespri con
Papa Francesco, in piazza S. Pietro riesce ad avvicinarsi alle transenne del
corridoio dove passa il Papa. Lei ha in mano un libretto delle sue poesie
rilegato artigianalmente e riesce, naturalmente, a farsi notare dal Papa. Lui
si avvicina, le pone la mano sulla testa, la benedice e lei le regala il suo
libro, che lui accetta sorpreso. “Sono sicura, mi dice, che mi abbia scambiato
per una bambina: avevo una giacca bianca e cuffia di lana bianca”. Piccola e
vivacissima: una bambina a sessant’anni… passati. E sogna di poterlo incontrare
ancora. Poi sento Mimmo: tanto è stato l’entusiasmo di lei di poter incontrare
il Papa che è fuggita via di corsa per infilarsi verso le transenne e lui l’ha
persa di vista. Si sono ritrovati in albergo. Anche lui è entusiasta di questa
esperienza.
Ci sentiamo ancora e sempre
ricorda con gioia questo incontro sorprendente, poi un giorno ricevo un suo sms
che è come un pugno nello stomaco: Lucia mi comunica che ha la leucemia, mentre
sta vivendo con gratitudine il ventesimo anniversario dalla sconfitta del
tumore. Le telefono: mi chiede di pregare, è preoccupata, ma fiduciosa, pronta
a ricominciare la lotta. Siamo in tanti ad accompagnarla e sostenerla con la
preghiera. Tutta la Compagnia Missionaria prega con lei e per lei e per Mimmo.
In novembre le sue condizioni diventano gravissime a causa di una polmonite, ma
pian piano riesce a riprendersi e si susseguono le terapie… Intanto nasce il
bambino di una delle “figlie” e questa gioia infinita, la festa del battesimo
le danno una forza straordinaria per continuare a combattere contro il male. In maggio sono a Bologna e con Luisa andiamo
a trovarla a casa. Un incontro bellissimo: sono tutti e due felici di essere a
casa, strafelici di essere nonni e contempliamo le foto del bambino. Ci
comunicano la loro carica di attesa e di speranza perché si prevede la
possibilità di un trapianto di midollo. Lucia ha intatta tutta la sua carica di
vitalità, racconta le tribolazioni vissute e parla delle terapie e fatiche che
dovrà ancora affrontare, ma sempre con il suo sorriso, manifesta tutta la sua
fede e la sua consapevolezza di essere nel Cuore di Dio, insieme con Mimmo, le
ragazze e le loro famiglie. È stata dal parrucchiere e ha proprio un aspetto
“ragazzino”. Ci lasciamo con un lungo abbraccio. Non sappiamo che è l’ultimo.
Continuiamo a sentirci al telefono fino a pochi giorni prima del trapianto… poi
all’improvviso mi giunge la notizia che è in coma, poi viene comunque praticato
il trapianto… ma non ci saranno più segnali di miglioramento.
Alla fine di settembre sono di
nuovo a Bologna e vado a trovarla in ospedale, in terapia intensiva, con Mimmo.
Intubata, respira a fatica. Incosciente? Chissà? Mimmo la chiama e le parla con
tenerezza, la accarezza, e lei socchiude gli occhi e quando lui si sposta
dall’altra parte del letto e le parla ancora, lei gira gli occhi da quella
parte. La chiamo e la accarezzo anch’io e lei socchiude ancora con fatica gli
occhi. Quando fu operata al seno mi disse che si sentiva somigliante al Signore
crocifisso. Ora ho in cuore le parole del profeta Isaia: “era come agnello condotto
al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua
bocca”. Ha vissuto d’amore, per amore e ora davvero è assimilata al sacrificio
di Cristo e credo che, pur in questo stato di semicoscienza, ne sia
consapevole. Io da una parte e Mimmo dall’altra, la prendiamo per le mani e
iniziamo a pregare il Padre nostro e lei ha un sussulto, come un forte rantolo
e quasi solleva la testa, con gli occhi semiaperti. Così quando iniziamo a
recitare l’Ave Maria. L’infermiere presente dice che forse è una reazione
inconscia al fastidio del tubo che ha in gola. Però, per tutto il tempo che
stiamo con lei, non ha più queste reazioni. A me sembra che sia come un
tentativo di parlare… per pregare con noi.
Porto in cuore questa immagine
di Lucia trasformata in olocausto.
Il 18 ottobre è entrata nella
vita, là dove non ci sono più né lutto né lacrime, ma solo gioia e luce. E,
secondo la sua volontà, nella sua chiesa di Poggetto, per il saluto finale la
sua famiglia e i tanti amici hanno partecipato a una celebrazione pasquale e
l’hanno salutata con il suono delle campane a festa, come il mattino della
risurrezione.
Con te, Lucia carissima, ringraziamo il Signore per il dono della tua vita e della tua luminosa e crocifissa fede.
Getzemani
So di dover affrontare
il trapianto
so già di dover soffrire.
Mi ritrovo a vivere
il tuo Getzemani,
combattere la paura
la difficoltà di non farcela,
mi ricordo di te e del tuo
profondo dolore,
quel dolore con il quale mi hai salvato.
Hai detto a tutti noi piccole
creature,
che ci sarai vicino
compagno delle nostre
sofferenze.
Così mio grande e amato Signore
ho te
e come te chiedo nel mio cuore di non dover bere il calice,
ma Signore non la mia volontà ,
ma la tua.
Sono certa che non sarò sola
a sostenermi
non ci sarà solo il Padre
ma anche Te mio Signore amato,
Solo affidandomi a te
riuscirò ad unire il mio
Getzemani al tuo
per i peccatori e per il bene di questo mondo
Lucia Di Bonito