25 giugno 2004
60 anni di sacerdozio di p. Elegante
Dice la Scrittura che il valore di una vita non si calcola dal numero degli anni, ma dai suoi frutti, dall’intensità con cui è vissuta. È vero che non c’è merito nel vivere a lungo, ma c’è nel vivere compiendo il bene. In p. Albino, una lunga vita e i buoni frutti stanno insieme e fanno sgorgare, dal suo e dal nostro cuore, gratitudine e gioia e speranza.
L’inizio di una lunga storia
60 anni di sacerdozio, compiuti il 25 giugno, sono una bella cifra; scritta in crema al limone su una deliziosa torta alla panna suscita una simpatica allegria e calorosi complimenti, ma rischierebbe di restare… vuota. Si riempie, invece, e suscita grata commozione, quando si va a guardare dentro: il contenuto di questi anni.
Anni pieni, anzitutto, della grazia e della misericordia di Dio. Quel magrissimo ragazzo ventiquattrenne, vestito in talare e cinto del cordone nero”dehoniano”, fotografato nel giorno dell’ordinazione sacerdotale, il 25 giugno 1944, sapeva di essere oggetto dell’amore di predilezione di Dio, che lo aveva chiamato, ancora bambino, alla vita consacrata e al sacerdozio per diffondere il regno del S. Cuore di Gesù nelle anime e nelle società. Dopo sessant’anni, l’anziano sacerdote che celebra l’eucaristia nella cappella della Compagnia Missionaria del S. Cuore a Bologna, rende lode e ringraziamento a Dio Amore per le sorprendenti manifestazioni e gli innumerevoli frutti che hanno dato volto e fecondità a quella grazia.
Dopo l’ordinazione, in quel lontano e dolorosamente memorabile 1944, il novello sacerdote, quasi inseguito dai furori della guerra, raggiunse la sua famiglia nel paese natale, a Caldogno (VI) e si sentì dire da sua madre che era diventato “trasparente”. Celebrò la sua prima messa al paese e vi restò per un anno, bloccato dall’interruzione della ferrovia bombardata. Chissà: forse la Provvidenza si servì di quella ferrovia interrotta per riconsegnare prolungatamente all’affetto della famiglia quel giovane che, per rispondere alla chiamata divina, aveva lasciato, ancora bambino, secondo l’uso di quel tempo, papà e mamma, fratello e sorella, piangendo calde lacrime per lunghe notti. Certamente, quando tornò tra i suoi confratelli, a Bologna, aveva perso la trasparenza… quella “fisica” causata dalla giovane fame quasi mai saziata, durante gli ultimi anni che gli studenti dehoniani avevano vissuto da sfollati a Castiglione dei Pepoli, sull’Appennino bolognese.
Trasparenza di Dio
Un’altra “trasparenza” p. Albino, che allora si chiamava p. Giuseppe (era uso, prima del Concilio Vaticano II, che i religiosi sostituissero al nome di battesimo il cosiddetto “nome di religione”; dopo il Concilio, molti hanno scelto di riprendere il nome di battesimo) si sforzò di non perdere, anzi certamente cercò di coltivare: la trasparenza dell’agire di Dio nella sua persona. La missione che le fu affidata dai superiori esigeva questa trasparenza in modo speciale. Fu nominato direttore nazionale dell’Apostolato della Riparazione, associazione composta di laici e sacerdoti che si impegnava a vivere, testimoniare e diffondere la spiritualità di amore e riparazione in comunione con il Cuore di Cristo, secondo l’insegnamento di p. Dehon. Proprio all’interno di questa associazione è maturata l’esigenza di una nuova forma di vita consacrata concretizzatasi nella Compagnia Missionaria del S. Cuore, fondata da p. Albino a Bologna nel Natale 1957.
Manifestare al mondo, con la parola e con la testimonianza, l’amore di Dio che si rivela in modo eminente nel Cuore trafitto di Cristo crocifisso e impegnare, per questo, la totalità della vita con la professione dei consigli evangelici di castità, povertà, obbedienza; diffondere e vivificare con l’annuncio e la testimonianza di questo amore ogni realtà umana, ogni ambiente dove uomini e donne vivono, lavorano, sperano, soffrono… perché ogni persona ritrovi se stessa in Cristo e realizzi la propria vita secondo il progetto di bene del Creatore: questo il sogno che Dio ha affidato a p. Albino e alle donne che hanno voluto, con lui, rispondere “Ecce venio, Ecce ancilla” ( Eccomi, io vengo, Eccomi sono la serva del Signore).
Il cammino, iniziato con tanto entusiasmo e tante speranze, ha richiesto ascolto e impegno, ricerca e fatica per comprendere i sentieri di Dio: vivere la piena consacrazione per una missione di evangelizzazione e promozione umana, ma restando laiche all’interno del popolo di Dio, facendosi compagne di cammino con i fedeli laici che, dal Concilio Vaticano II, andavano e vanno ancora scoprendo e assumendo responsabilmente la vocazione alla santità e la missione ecclesiale; vivere come laiche consacrate in gruppi di vita fraterna o da sole o nella famiglia di origine; incarnare la spiritualità di amore e di oblazione, di obbedienza e di servizio, di immolazione e di comunione, in una missione espressa nell’evangelizzazione diretta e nel lavoro professionale o casalingo, nel volontariato e nell’impegno socio-politico, nella missione ad gentes, accolta e voluta fin dai primi anni sotto la spinta del motto “guardare lontano”.
Famiglia in crescita
E mentre la Compagnia Missionaria, arricchitasi fin dai primi anni di consacrate portoghesi, nella seconda metà degli anni ’60 andava intraprendendo vie nuove, aprendosi alle esigenze ecclesiali del dopo-concilio, p. Albino doveva sempre più farsi attento al soffio sorprendente dello Spirito, che non lascia mai nulla parcheggiato nelle aree dello scontato e del ripetitivo: le missionarie studiavano teologia con gli studenti dehoniani, si preparavano a partire per il Mozambico, cominciavano ad impegnarsi nell’animazione del tempo libero con la gestione stagionale di una casa per ferie e con l’ITER, in diretta collaborazione con p. Albino offrivano alle parrocchie il servizio di evangelizzazione nella forma delle missioni popolari. Sempre con un unico scopo: offrire al mondo la testimonianza dell’amore di Dio, anche con i segni dell’accoglienza, della disponibilità, del sorriso, della condivisione, della festa…
Cominciava intanto a bussare alla porta un’altra realtà, che p. Albino accolse, coltivò, cercando di darle, nel volgere del tempo, una fisionomia sempre più chiara: i familiares, laici uomini e donne che assumono la spiritualità e partecipano alla missione della Compagnia Missionaria senza i voti di consacrazione.
Nell’apertura allo Spirito, nonostante gli ostacoli dei limiti e fragilità umane, nel dialogo a volte faticoso, nell’impegno a camminare con la Chiesa e a farsi compagni di strada dell’umanità, nell’accoglienza e condivisione di gioie, speranze, delusioni e tribolazioni, nell’offerta quotidiana della vita, la Compagnia Missionaria è cresciuta e si è diffusa ormai in quattro continenti, costringendo il fondatore e viaggiare molto, a imparare diverse lingue e… a prendere molta confidenza con computer e posta elettronica: degno figlio di p. Dehon che apprezzava molto e si serviva con gioia dei mezzi sempre nuovi che il progresso offriva tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. P. Elegante ormai ha intrapreso la via del XXI secolo e pare la percorra con una certa disinvoltura.
Gratitudine nella comunione
Tutta la Compagnia Missionaria ha festeggiato con gioia e gratitudine i sessant’anni di sacerdozio di p. Elegante. Un grosso album ha raccolto auguri e testimonianze scritti per l’occasione da missionarie e familiares dei vari gruppi sparsi nel mondo. Ma soprattutto ogni membro della famiglia era presente, anche se fisicamente lontano, alla celebrazione eucaristica tenutasi in via Guidotti a Bologna, sabato 26 giugno. Un alberello di ulivo rendeva in qualche modo visibile la presenza di tutti: ai rami erano attaccati biglietti con i nomi di ciascuno dei membri viventi e, sulla terra, erano appoggiati i nomi di quella parte di Compagnia Missionaria che ha già raggiunto la meta.
Una forte e commovente esperienza di comunione, e, nella gratitudine profonda, anche un momento di verifica e di riconferma della vocazione ad essere testimonianza luminosa, serena, coraggiosa dell’amore che Dio ha riversato in noi: questi, in sintesi, i sentimenti e il desiderio espressi da p. Albino durante la celebrazione, in riferimento a se stesso e ai membri della Compagnia Missionaria.
Qualche settimana prima, c’era stata un’anteprima della festa, a S. Antonio Abate, dove p. Elegante aveva incontrato un gruppo di giovani e, successivamente, familiares e missionarie; in due momenti si era dato spazio ai ricordi, alla testimonianza, alla preghiera, alla celebrazione eucaristica, alla festa condivisa, nella gioia e nella gratitudine a Dio Amore per i doni della sua grazia, ma anche a p. Albino per la generosità della risposta e a quanti – anzitutto i genitori Giovanni e Maria e tutti i suoi formatori – lo hanno educato alla fede e guidato sulle vie di Dio.