La lettera agli Ebrei attribuisce a Cristo, nel momento dell'incarnazione, le parole del salmo 40: «Eccomi, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà». Certamente non c'è modo migliore, per vivere il tempo quaresimale, che entrare in comunione con questa disposizione del Figlio verso il Padre.
Il nostro cammino di conversione non può che realizzarsi in questa progressiva adesione al progetto del Padre su di noi, come persone e come comunità cristiana, come missionarie e come familiares. E proprio in questo tempo quaresimale cade la festa dell'Annunciazione del Signore, cioè la festa dell'Incarnazione. Questo giorno, 25 marzo, è proprio quello in cui celebriamo l'«eccomi» di Cristo unito a quello di sua Madre. Possiamo dire che queste due risposte, mentre sono ambedue rivolte al Padre, sono anche reciproche; sono l'identica risposta di due persone che si incontrano. si accolgono, si consegnano irreversibilmente l'una all'altra. Il Figlio di Dio, per diventare fratello dell'umanità, per ricevere cittadinanza nel mondo, per farsi carne, ha bisogno di una madre, per essere in tutto uguale a noi. Maria, la fanciulla di Nazaret, promessa sposa a Giuseppe, della casa di Davide, per essere semplicemente ciò che è, donna e membro del popolo di Dio, per ottenere il senso della propria vita e la cittadinanza del Regno di Dio, ha bisogno di accogliere totalmente quel Dio che viene nella debolezza di un bambino, per ricondurre l'umanità alla vita piena, nella casa del Padre.
La catena rotta
Eccomi è una parola-chiave per comprendere tutta la Scrittura. È la parola dell'incontro, la risposta di chi scopre la presenza di Dio nella propria vita e non se ne sottrae, ma ne ascolta la voce, è l'obbediente e amorevole assenso di chi accoglie liberamente la sua Signoria. E’ la parola consueta - libera cosciente adorante - sulla bocca dei patriarchi, a cominciare da Abramo, e dei profeti, a cominciare da Samuele. È la parola che, anche quando non è esplicitamente espressa con le labbra, informa comunque gli atteggiamenti e le scelte difficili, anticonformiste e incomprensibili di uomini e donne, di Noè che costruisce l'arca, di Tobia che seppellisce i morti contro l'ordine del re, di Ester che rischia la sua vita per salvare il suo popolo, della madre dei Maccabei che incoraggia i suoi sette figli ad accettare la morte piuttosto che disobbedire alla legge di Dio. Sembrerebbe una lunga catena di «eccomi» che si susseguono in una storia di secoli, ma, a ben guardare, ci si accorge che sono solo spezzoni, che già all'inizio la catena è rotta: manca il primo anello e ne mancano, poi, tanti altri: sono maglie rotte che testimoniano le mancate risposte o gli aperti rifiuti di singoli personaggi e di un intero popolo, capace di costruirsi vitelli d'oro e idoli ciechi, sordi e senza respiro, da contrapporre al Dio vivente. Ma queste maglie rotte non sono che la conseguenza, il frutto, la ripetizione di quel primo anello mancante.
Dio in cerca dell’uomo
«Poi udirono il Signore che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l'uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: “Dove sei?”» (Gn. 3,8-9).
Il nascondersi dell'umanità, il sottrarsi all'incontro con Dio, suo creatore, non è che la manifestazione del rifiuto più radicale espresso nella scelta disobbediente del peccato. Una scelta che rompe, rifiutandola, la reciprocità con un «eccomi» iniziale, originario, che è proprio quello pronunciato dal Creatore fin dall'inizio. «E Dio disse: "Facciamo L'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui peschi del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”... Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gn. l, 26-28.31). «Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gn. 2,15-16). Ascoltando la Scrittura, ci si accorge come agli alterni rifiuti e accoglienze dell'umanità nei confronti di Dio, si affianca, instancabile inesauribile eterno, l'«eccomi» di Dio a coloro che ha creato a sua immagine, a quell'umanità che, nonostante tutto, sceglie e ama come sua sposa.
Un uomo e una donna
Nel giardino di Eden, due innocenti, un uomo e una donna, si erano resi colpevoli, rifiutando la risposta di amore obbediente. Ma il Dio eterno è Colui che non perde la speranza e sa attendere. Dopo tanti secoli, in una povera casa di Nazaret, un Uomo e una Donna, innocenti, a nome di una umanità peccatrice, riconsegnano a Lui il fedele e definitivo «sì», riparando la reciprocità ferita di un amore che finalmente è totalmente accolto e donato.
«Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”» (Lc.1,38). «Entrando nel mondo, Cristo dice: “...Eccomi, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”» (Eb. 10,5.7).
L'«eccomi» di Cristo e di Maria sono l'asse portante, l'espressione in cui si compendia la spiritualità di amore e di oblazione che la Compagnia Missionaria riceve dalla contemplazione di Cristo nel mistero del suo Cuore trafitto. E’ proprio il Crocifisso dal cuore trafitto l'espressione piena ed estrema della risposta d'amore obbediente, che aveva avuto inizio a Nazaret nell'«eccomi» del nuovo Adamo e della nuova Eva.
In loro la catena rotta è stata riparata. In loro l'umanità ha accolto finalmente l'eterno «eccomi» di Dio che raggiunge l'inattesa vetta dell'offerta sacrificale nella morte, e risponde a sua volta «eccomi» con confidente amore, nella consegna di sé. Pure ci accorgiamo inevitabilmente che, ancora oggi, con spaventosa superficialità e oscura sfrontatezza, da tante parti si continua ad opporre ingrato ed empio rifiuto alla Parola di Verità, di Amore, di Vita, di Misericordia salvifica di Dio Amore. E nessuno di noi è del tutto estraneo a questo rifiuto che è sordità e mutismo, menzogna, egoismo, odio, cecità e morte. Ma se accogliamo con decisione e libertà l'identità di cristiani, membra del Corpo di Cristo che è la Chiesa, in particolare se siamo stati chiamati a vivere la spiritualità e il carisma ereditati dall' esperienza spirituale di p. Dehon, sappiamo che la nostra vocazione e la nostra missione si realizzano nella partecipazione all'«eccomi» di Gesù e di Maria sua madre, con una adesione quotidiana al progetto del Padre.
Spirito di immolazione
«Con Cristo e assieme a tutta l'umanità, ci offriremo al Padre, in docilità allo Spirito, come oblazione viva, santa e gradita a Dio, nell'accoglienza umile e serena della sua volontà in qualunque forma si manifesti. Come Gesù e la Madonna ci manterremo aperte al “sì” e disponibili al “servizio” per amore» (Statuto CM 7). «La vita d'amore così intesa e vissuta farà di noi un complemento reale dell'immolazione di Cristo e ci renderà cooperatrici della sua opera di redenzione all'interno del mondo. Per questa finalità valorizzeremo tutta la nostra vita con le sue gioie e speranze, con il suo peso di lavoro, di fatica e di prova, in comunione con le sofferenze e la morte di Cristo» (St. CM l0). Il nostro “sì” deve essere lotta a tutto ciò che nel mondo, nella nostra società, nella nostra famiglia, nel nostro stesso cuore vorrebbe essere rifiuto o indifferenza al progetto di Amore e di Vita del Padre. Il nostro «eccomi», con quello di Maria, vuole essere comunione al sacrificio riparatore di Cristo: l'umanità e la creazione, ferite dal peccato, trovano in Lui guarigione e vita. «In queste parole: Ecce venio, Deus, ut faciam voluntatem tuam, e in queste: Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbun tuum, si trovano tutta la nostra vocazione, il nostro fine, il nostro dovere, le nostre promesse» (p. Dehon).