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Nozze a Cana di Galilea
Posted by Lucia Capriotti

Entro nel silenzio: del corpo (cerco una posizione in cui stare comoda, ma concentrata e ferma), della mente, del cuore, della bocca.

Prendo consapevolezza della presenza di Dio, che vuole parlarmi e invoco lo Spirito Santo.

Leggo attentamente il brano. Se siamo in gruppo una persona proclama la Parola: Gv 2,1-11

In silenzio rileggo, cercando di cogliere, anche sottolineando, le parole o frasi che attirano la mia attenzione, che suscitano un sentimento di commozione, di gioia, di timore, che provocano perplessità, incomprensione… Per cogliere il significato di alcune frasi o parole, è utile andare a leggere ciò che precede il brano che voglio meditare, o cercare in altri brani frasi simili. Si tratta di leggere la Bibbia con la Bibbia.

È molto utile entrare nell’episodio descritto, fare la composizione del luogo: immaginare il posto, la situazione, le persone, l’avvenimento che viene narrato, e porre me stessa all’interno del racconto, trovare il mio ruolo; posso identificarmi con uno dei personaggi presenti, comunque è importante coinvolgermi in ciò che leggo.

Medito. Se siamo in gruppo, una persona può suggerire alcuni spunti di meditazione.


vv. 1-2: Il terzo giorno vi fu una festa di nozze….

La narrazione dei fatti inizia al cap. 1,19. Contiamo la sequenza dei giorni e scopriamo che le nozze sono celebrate al sesto giorno della prima settimana di ministero di Gesù. La Genesi inizia con una “settimana”: il sesto giorno (venerdì) Dio crea l’uomo e la donna benedicendo la loro unione che è la piena immagine di Dio. Nel sesto giorno della “nuova” creazione (venerdì) inaugurata dalla missione salvifica di Gesù, l’evangelista ci offre una scena di nozze. Che senso hanno le nozze? Cosa dicono alla società e alla mia vita?

Come mai si dice che sono presenti Gesù e i discepoli e la Madre, ma non si dicono i nomi degli sposi, che sembrano quasi scomparire dall’orizzonte della scena? Noto anche che non si dice il nome della Madre.

v. 3: “Non hanno vino”

Nella Scrittura, il vino è segno di gioia. “Rallegra il cuore dell’uomo” (salmo 104). Indica l’ebbrezza dello Spirito: “Il mio calice è colmo di ebbrezza”(salmo 23). La gioia dello Spirito è evidente là dove si vive la comunione, l’amore, la fecondità. Vino e nozze si richiamano a vicenda. Mi chiedo se davvero nelle nostre feste c’è il vino della gioia vera. In Gv 15, Gesù dice che è lui a darci la pienezza della gioia. Quanta gioia vera c’è nell’amore umano, nelle nozze, così come sono intesi e vissuti nella nostra società? Conosco la gioia vera che viene da Dio o spesso anche nella mia vita manca il vino della gioia? Conosco il vino della gioia vera?

v. 4: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”

La Madre di Gesù si accorge che manca il vino e, stranamente, non si rivolge a chi ha organizzato il banchetto – lo sposo -, ma a Gesù. La risposta di Gesù, che per noi suona quasi irrispettosa, può persino irritarci. Se ho difficoltà a capire, significa che nasconde un significato profondo, il senso di tutto l’avvenimento. “Donna” è chiave di lettura di tutta la Scrittura che, dall’inizio alla fine, ci rivela quale rapporto intercorre tra Dio creatore e l’umanità: un rapporto sponsale, fin dall’inizio ferito dall’infedeltà della sposa, ma destinato alle nozze eterne dove la gioia raggiunge la pienezza, perché finalmente la sposa è resa dallo Sposo senza ruga né macchia, immacolata, pienamente fedele. Stiamo ascoltando e contemplando una rivelazione che darà senso a tutto il Vangelo.

Chiamando sua Madre “Donna”, Gesù ce la rivela come la vera “Sposa” fedele che attende il vino della gioia delle vere nozze, quelle che Gesù stesso è venuto a compiere con l’umanità salvata, di cui la Madre è primogenita. Così rivela se stesso come il vero “Sposo”, l’unico che ha il vino della vera gioia e del vero amore. Ma Gesù dice anche che non è ancora compiuta l’ora di quelle nozze.

v. 5: “Qualunque cosa vi dica, fatela”

La Madre, che è la Donna-Sposa, insegna ai servitori, a noi, il senso delle nozze che Dio compirà con l’umanità. Le nozze sono un’alleanza. La stessa celebrata sul Sinai da Dio con il suo popolo. Un’alleanza realizzata attraverso l’accoglienza della Parola di Dio. A Dio che parla il popolo risponde: “Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto”(Es 24,7).

Anche se ancora non è giunta l’ora, la Madre, Donna primizia dell’umanità-sposa, indica la strada. Quella che lei ha già percorso: “Ecco la serva del Signore. Avvenga per me quello che hai detto” (Lc 1,26).

vv. 6-7: Vi erano là sei anfore…

Contenevano circa 600 litri di acqua, che serviva alla purificazione rituale prima del pasto. La sposa che Dio ama ha bisogno di purificazione, ma ha solo acqua per farlo. E solo “sei” contenitori. Nella cultura ebraica il numero “sei” indica mancanza, insufficienza. Da sola l’umanità non può raggiungere la vera purificazione, la rigenerazione dell’amore vero. Può presentare allo sposo la sua povertà, la sua insufficienza. Gesù dice ai servi di riempirle di acqua…. Ma c’è bisogno di vino e non nelle anfore della purificazione! Ci sorprende l’obbedienza dei servitori. Sembra un comando assurdo, ma obbediscono, secondo l’indicazione della Madre.

vv. 8-10: …il vino buono…

E ancora obbediscono quando devono servire al direttore del banchetto… l’acqua che attingono dalle anfore piene. Ma costui si congratula con lo sposo – che non ci è dato conoscere – per questo vino buono, e sovrabbondante: 600 litri! La gioia scorre come un fiume, quando si realizza l’alleanza sponsale. Questa festa di nozze a Cana diventa la profezia di quelle nozze che si realizzeranno in un altro venerdì della storia, quando giungerà l’ora dello Sposo Gesù e la Donna-Sposa ci sarà consegnata come Madre. Là ci sarà il vero vino nuovo e buono che lo Sposo offrirà per sempre alla Sposa-Chiesa-Umanità. Sgorgherà dalla “settima” anfora, quella della pienezza dell’amore dello Sposo: il suo Cuore trafitto.

v. 11: …l’inizio dei segni…

Non abbiamo contemplato un miracolo, ma un “segno”, che parla di Dio e di noi, di me. Ascolto superficialmente la Parola? Vedo solo ciò che è esteriore? O ascolto in profondità? Cerco il senso, il significato? Cosa mi rivela questa Parola e questo segno? Cosa mi dice di Dio, di me, dell’umanità? Che risposta suscita dentro di me? Come “faccio” e “ascolto”? Comprendo e accolgo il rapporto con Dio come alleanza sponsale?

Se siamo in gruppo, dopo qualche momento di silenzio, è bene fare la condivisione, dove ciascuno parla e ascolta, senza discussione. È lo Spirito che parla in ognuno.

Infine prego o preghiamo a partire dalla Parola ascoltata.

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