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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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Fare comunione
Posted by Santina Pirovano

Il nostro Statuto al n. 73 dice: “Costruiremo la comunione solo se unite a Cristo e alla fonte inesauribile del suo cuore. Da qui scaturiscono le espressioni concrete della vita di comunione che sono: ascolto, accoglienza, comprensione, perdono, dialogo, corresponsabilità nei confronti di tutti gli uomini, ma in particolare di coloro con cui si svolge il nostro rapporto quotidiano”. E il RdV al n. 72 dice: “perdere tutto piuttosto che perdere la carità”, secondo la consegna del nostro Fondatore. Proponiamo una riflessione di p. Albino sul tema della “comunione” quale filo rosso della nostra storia e del nostro impegno quotidiano. Uno dei modi per incarnarlo oggi ci è suggerito da questa riflessione: “Credo che se confidiamo nella misericordia del Signore ed agiamo secondo il Suo Spirito troveremo la capacità di “fare il primo passo” per un incontro autentico con Dio, tra di noi e con gli altri”… (Vinculum n°1/2018, p. 3 – Lettera di Martina Cecini, Presidente della CM).

La denominazione che ci distingue nella Chiesa: “Compagnia Missionaria del Sacro Cuore” ( Statuto, n. 1) ci conduce a fare della nostra Famiglia una nuova Betania, un’oasi di affetto per Gesù, un corpo che vive di magnanima donazione a Lui e ai suoi ideali di salvezza. Approfondiamo il senso dei termini, cominciando dal primo: Compagnia.

La parola rende, con immediatezza, l’idea di una realtà compatta, che marcia allo stesso passo, che svolge un’attività unitaria, che si immerge in un unico sacrificio, che tende ad una medesima meta. E’ difficile pensare diversamente mantenendo questa denominazione. Mi pare allora che nessuno più di noi si trovi nella felice necessità di dare concretezza alla volontà di Gesù: “Prego anche per coloro che crederanno in me…affinché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me ed io in te; così anch’essi siano una cosa sola in noi. Io ho partecipato a loro la gloria che tu mi hai dato ( la divinità attraverso la filiazione divina) affinché essi siano una cosa sola come noi siamo uno, io in loro e tu in me affinché siano perfetti nell’unità e il mondo riconosca che tu mi hai mandato ed hai amato loro come hai amato me” ( Giov. 17, 20- 23).

“Fare comunione” con Dio, tra di noi e con tutti gli uomini, nostri fratelli (non solo ontologicamente per la presenza della grazia, ma anche psicologicamente per il nostro volontario apporto intellettivo ed affettivo) è il termine necessario della nostra vocazione.

Ma ogni processo di fusione postula che l’individualità e i pregi dei singoli elementi cadano per sublimarsi nelle nuove proprietà del tutto. Credo sia difficile ritenere nell’autentico spirito cristiano chi non è disposto al sacrificio di qualcosa, anzi di tutto quello che è. Cristo non ha alcuna ambiguità al riguardo ( cfr. Lc. 14, 26 e 33). Anche l’apostolo Paolo alza le sue catene come accorato richiamo “all’unità dello spirito nel vincolo della pace” (Efes. 4,3), “... usando umiltà, mansuetudine, magnanimità, sopportazione reciproca (Efes. 4,2)”... perché una è la fede, uno il battesimo, uno il corpo, uno lo spirito, una la speranza, uno il Dio e Padre di tutti che è sopra tutti; opera in tutti ed è in tutti (Efes. 4,5-6).

Quando cesseremo di dire: “Questo è mio” in tutte le direzioni dei nostri reali o presunti diritti, quel giorno varcheremo la soglia della felicità; saremo nella disposizione seria di “fare comunione”, mentre la grazia del battesimo diverrà operante in ciò che è fondamentale nel piano di Dio: il nostro assorbimento, inteso e voluto, in Dio e nei fratelli.

I mezzi per fare comunione

1) La preghiera, molta preghiera, umile, insistente, strettamente personale. Solo l’onnipotenza di Dio, infatti, può disporci al sacrificio continuato del nostro egoismo per volere e cercare ciò che unifica. Poi la preghiera, come sopra descritta, getta sempre il ponte di una filiale “comunione” con i fratelli.

2) La grazia, la nostra “comunione” per piacere a Dio deve essere soprannaturale. La sostanza ne è la grazia che attraverso Cristo, ci unisce in una sola vita con il Padre e tra di noi così “chi sta a Roma sa che gli Indi sono sue membra” (cfr. LG n. 13). Crescere nella grazia, cogliendo premurosamente le mille possibilità di ogni giorno, significa crescere nella intensità, nella efficacia e nella cattolicità della nostra “comunione”.

3) Lo Spirito Santo, se il nostro essere cristiano si impernia nello Spirito, allora “ conformiamoci allo Spirito” (Gal. 5,25 ). Lo Spirito è essenzialmente forza protesa a creare la “comunione” perché i suoi frutti sono “ la carità, la gioia, la pace, la benignità, la mitezza… “(Gal. 5,22-23). Le opere contrarie: “le risse, le gelosie, gli impeti d’ira, le rivalità, le fazioni, le invidie…” e le altre cose simili che rompono o incrinano la “comunione” con i fratelli, san Paolo le qualifica “opere della carne”, opere cioè di chi ancora non è maturato, di chi non è divenuto una piena realtà nuova in Cristo ( cfr Gal. 5,19).

4) Una grande considerazione per la Famiglia in cui ci ha raccolto la bontà del Signore. Qui non possiamo assolutamente essere delle unità giustapposte ove ciascuna pensa come vuole, si comporta come vuole, va dove vuole. La realtà cristiana dell’unità in Cristo per cui siamo un solo corpo, viviamo di una sola vita, ci prodighiamo per una sola salvezza, siamo in cammino verso una sola patria, il bel paradiso di Dio che ci attende…deve trovare qui la sua prima espressione. “Se siamo chiamati a cantare insieme nel cielo, perché non cominciamo già a cantare insieme sulla terra?” (Claudel). Così anche se abbiamo personalità, mansioni, attitudini e vedute umanamente diverse, nella carità di Dio “facciamo comunione”, vogliamo la “comunione”, ma non accademicamente. Sarebbe il più stupido dei formalismi. Bensì con lo stesso desiderio bruciante ed operativo di Gesù. Del resto questo fu l’ultimo dei suoi desideri, il testamento sacro della sua vita e del suo amore….(continua nel prossimo numero)

P. Albino Elegante s.c.j.

Bari, 26.9.1970
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