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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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Essere tutta di Dio
Posted by Santina Pirovano

INTERVISTA A TERESA POZO

Teresa missionaria cilena: per conoscerci un po’ di più presentati: la tua vita,  famiglia, la tua cultura, l’ambiente in cui sei cresciuta…
Mia mamma mi raccontava che aveva scelto per me il nome di Teresa, perché ero nata il 15 ottobre, giorno di santa Teresa D’Avila. Ho sempre pensato e ancora penso che questo gesto è stato molto bello, un primo segno di predilezione del Signore nei miei confronti. Sono nata e cresciuta in una famiglia semplice, molto cattolica, originari di Puente Alto ( cittadina vicina a Santiago , capitale del Cile). Mio papà lavorava come operaio in una fabbrica, mia mamma casalinga con tre figli: un fratello, io e una sorella. Mio fratello il maggiore, ora è deceduto. Io sono la seconda con una differenza di dieci anni da Sonia mia sorella minore. Ringrazio di cuore il Signore per aver ricevuto il dono della fede e questo lo devo in modo speciale a mia mamma per avermi trasmesso il suo amore alla Vergine, alla recita del rosario. Ricordo ancora con profonda devozione i pellegrinaggi che facevamo nel mese dedicato a Maria … Ho studiato a Puente Alto poi a Santiago all’Università Cattolica. Ho scelto la professione di infermiera per poter essere a “servizio”degli altri, anche perché ammiravo e ancora ammiro molto una zia, anche lei infermiera. Da tre anni sono pensionata. Ho dedicato questi ultimi anni ad assistere la mia mamma, morta il 20 ottobre 2017. Ringrazio molto il buon Dio per aver potuto accompagnarla da vicino in tutto questo tempo, fino alla sua partenza per il cielo.

Chiamata, discernimento, decisione: tre parole che guidano ogni vocazione, anche la tua
Sono tre parole che, senza rendermi conto, sono state presenti nella mia scelta. La prima inquietudine il Signore me l’aveva messa nel mio cuore, attraversodomande e interrogativi sul senso della vita, ecc. Queste, sono state la spinta, la porta per chiedere aiuto, per discernere quanto stavo vivendo e scoprire poi che era il Signore che stava “bussando alla porta del mio cuore”, con una chiamata speciale e concreta. Devo confessare che, al momento mi ero spaventata e cercavo di allontanare l’idea... poi, poco a poco mi sono arresa … In questo tempo mi sono state di aiuto le circostanze che stavo vivendo. Stavo studiando di infermiera e questa professione mi portava a contatto con tanta sofferenza, con la morte … Tutto questo mi aveva impressionato molto … in questo contesto ho capito che la vita era un dono di Dio e che anch’io dovevo donarla in qualche forma e dovevo vivere ogni giorno con profondo senso di responsabilità e di impegno … Come fare questo? Mi sembrò possibile solamente una forma: consacrarmi a Dio. Non capivo molto di quanto mi stava succedendo, però sentivo solamente una grande necessità di amare e di consacrarmi all’Amore.

Come è nata la tua vocazione?
Come ho già detto prima, stavo studiando e frequentando il Corsi di infermiera all’Università Cattolica di Santiago già da tre anni. Per raggiungere l’Università che era molto lontana da casa, dovevo fare lunghi viaggi in pullman e quindi alzarmi molto presto. Una mattina, si sedette accanto a me un giovane. Durante il viaggio osservai che, dopo qualche minuto prese un libretto nero dalla sua cartella e cominciò a leggere. Mi resi conto che stava pregando … in quel momento sentii una grande voglia di chiedergli cosa stava leggendo e lo feci (mi meravigliò questa mia curiosità perché di carattere sono molto timida). Lui mi rispose che stava pregando, che apparteneva a un movimento di giovani cattolici e se ero interessata a saperne di più, mi avrebbe spiegato meglio in un altro momento. Mi chiese quindi l’indirizzo di casa mia. A un certo punto del viaggio, mi resi conto che ero arrivata a destinazione, al posto di lavoro (ricordo ancora quel giorno: dovevo fare pratica in un consultorio) per cui scesi dal pullman in fretta. La giornata passò rapida per il molto lavoro che dovetti affrontare e la preoccupazione per lo studio. Mi dimenticai totalmente di questo incontro, però il giovane no. Arrivò a casa mia nel pomeriggio insieme a sua sorella per spiegarmi come fare per entrare a far parte di questi gruppi giovanili che frequentava. Lo considerai un vero apostolo! Ricordo ancora il suo sorriso ed entusiasmo nel parlarmi della fede, di Dio … io l’ascoltavo affascinata. Fu così che cominciai a frequentare i loro incontri. In questo ambiente di fede è nata la mia vocazione, in un gruppo di vita cristiana. In tutto questo ha avuto molta importanza anche la mia professione di infermiera. In mezzo a tanti malati sono riuscita a trovare la risposta di Dio alle mie inquietudini. Così passarono due anni, fin tanto che presi la decisione di consacrarmi in un Istituto dove rimasi per 8 anni. In seguito lasciai questo Istituto perché avevo capito che non era qui il mio posto e il Signore (così ho sentito e capito) mi portò direttamente a conoscere la Compagnia Missionaria, dove ora mi trovo e sono contenta. La cosa più bella è stato scoprire l’immenso amore di Dio per me, sua piccola figlia, piena di limiti, però molto amata. Questo amore si risvegliò in maniera molto forte in me e l’unica cosa che volevo era rispondere a Lui con la mia vita e imparare ad amare.

Perché nella Compagnia Missionaria?
Come ho raccontato uscita dal primo Istituto mi sono messa a lavorare come infermiera sempre con l’inquietudine dentro di me di voler incontrare la maniera e il posto giusto per vivere una vita tutta di Dio … non sapevo come e dove. Dopo circa un anno, con l’aiuto di una suora ho conosciuto Cecilia Benoit ( oggi fa parte anche lei della Compagnia Missionaria). Cecilia mi parlò in maniera molto semplice perché anche lei conosceva ben poco di questo Istituto. Sapeva però che in marzo (1987)sarebbe venuta in Cile la Presidente dell’ Istituto. Cecilia mi suggerì che nel frattempo, se mi interessava capire qualcosa di più, potevo partecipare al gruppo che stava nascendo in San Bernardo, cittadina vicino a Santiago. Tutto questo avvenne mi pare nel mese di novembre. La spiegazione che mi era stata data da Cecilia era molto vaga e direi anche poco attraente … però rimasi e cominciai a partecipare al gruppo (eravamo in cinque). La Presidente della Compagnia Missionaria in quel tempo era Marta Bartolozzi; l’incontro con lei è stato moto bello. Lei parlava solo italiano e noi castigliano, ma ci siamo capite ugualmente. Sicuramente lo Spirito Santo era vicino a noi, in abbondanza. Io credo e sono sicura che in realtà, devo la mia vocazione a Marta. La sua accoglienza, le sue parole, la sua capacità di valorizzare la mia storia personale, la sua fiducia in me, mi diedero le ali per azzardarmi a continuare la storia di amore che Dio in quel momento e ancora adesso sta scrivendo in me, nella CM. Insieme a questa straordinaria accoglienza, mi aveva attratto anche la spiritualità dell’Istituto e la sua presenza in mezzo al mondo. Sentivo chiaro che avevo incontrato il luogo per vivere la mia consacrazione appartenendo a Dio e ai fratelli in mezzo al mondo, nella mia famiglia, nella mia professione. Ringrazio ancora il Signore per questo meraviglioso invito che mi ha fatto e continua a farmi nella CM.

Hai lavorato professionalmente come infermiera: quali valori o aspetti più arricchenti hai vissuto?
Ho lavorato 30 anni in questa professione: due anni in ospedale e 28 anni nella Sanità pubblica nell’Università Cattolica. Ho sempre sentito che mi accompagnava la presenza di Maria Santissima. A Lei ho consacrato tutto il mio lavoro, le mie mani perché Maria lavorasse accanto a me. In sintesi: è stata un’esperienza molto ricca; l’ambiente è sempre stato rispettoso nelle scelte che facevo e con il tempo la mia presenza è stata colta come un valore per chi lavorava al mio fianco. La cosa che mi ha arricchito di più in questa professione è stato il contatto con le persone che si realizzava in situazioni di carenza e fragilità. Sono riuscita a costruire legami molto gratificanti con i miei ammalati e loro mi hanno dato la possibilità di servirli come fratelli in Cristo, specialmente i più bisognosi. Insieme abbiamo condiviso la nostra vita. Nel mio lavoro ho potuto vivere la mia consacrazione secondo la spiritualità CM. E questo avveniva attraverso piccoli gesti concreti della nostra vita diaria, dal semplice saluto all’attenzione personale per alcune terapie, all’educazione, accompagnamento ecc. Inoltre avevo la possibilità di pregare e offrire la vita dei miei ammalati e colleghi di lavoro a Dio, in forma permanente. In mezzo a tanto dolore sentivo la responsabilità di pregare e offrire per loro. Il mio lavoro infermieristico è stato svolto soprattutto in reparti dove si accoglievano persone soggette a dipendenze: psicologiche, psiquiatriche, droga e salute mentale. Ho partecipato e assunto la parte direttiva del Centro Medico negli ultimi 6 anni di lavoro. E’ stato molto faticoso, però con molta pazienza ho capito che era proprio lì, in mezzo agli ammalati e ai vari funzionari, che si faceva presente la misericordia di Dio.

Il viaggio di Papa Francesco in Cile e Perù dell’anno scorso … nonostante le varie sfide incontrate è stato definito “un viaggio della speranza e profezia”. Secondo te, quali segni di speranza, germogli di novità sono cresciuti, dopo questo avvenimento? La visita di un Papa è sempre un regalo e una speranza! Il suo motto è stato “Vi lascio la pace”. La sua presenza è stata molto positiva nonostante le polemiche sorte dovute alla situazione della Chiesa cilena in relazione agli abusi, tema che ancora non è sufficientemente affrontato da parte della gerarchia ecclesiastica. Però la polemica ha portato frutti, perché adesso si sta riflettendo direttamente con Papa Francesco il quale ha assunto in prima persona la situazione, per cercare di trovare la maniera migliore di sanare questo problema nella Chiesa, così da farla crescere … e poter diventare un luogo di speranza per tutti. Tutti i vescovi cileni sono stati convocati a Roma per incontrarsi con il Papa. Tutti hanno dato le dimissioni affinché il Papa potesse nominare con libertà il Vescovo di ogni diocesi. Di fronte alla dolorosa realtà degli abusi sessuali su minori, abusi di coscienza e di potere siamo chiamati - così scrive in una lettera Papa Francesco al popolo cileno - a lavorare per cambiare questa cultura dell’ abuso in una cultura del rispetto della vita e della dignità di ogni persona. Il Papa ha già accettato la rinuncia di cinque Vescovi, ed ha ricevuto a Roma tre dei principali laici che hanno subito questi abusi e in seguito ha ricevuto anche un gruppo di sacerdoti e altri laici. Due inviati del Papa sono tornati in Cile per continuare il compito di verificare i vari casi e ascoltare altre denuncie. In questo momento il Papa, la Chiesa accoglie, ascolta, ringrazia per la buona disposizione con la quale stiamo accompagnando questa situazione e allo stesso tempo continua ad informarci ed a renderci partecipe del delicato lavoro che sta facendo per trovare la soluzione migliore a questa situazione che tanto ci fa soffrire . La Chiesa popolo di Dio continua il suo pellegrinaggio con preoccupazione ma con tanta speranza e buona disposizione. Si prega molto per la nostra chiesa cilena in ogni parrocchia, comunità e famiglia. Amiamo la nostra Chiesa e vogliamo che i fratelli che si sono allontanati a causa di questo problema ritornino e possano incontrare una Chiesa Madre, aperta alla speranza, all’accoglienza, centrata nell’unica persona che è Cammino, Verità e Vita: Gesù. Il popolo continua pregando e rimanendo fedele a Gesù Cristo. Questi sono i principali segni di speranza: la presenza fedele del popolo e il lavoro della base che continua preoccupata per i giovani e le famiglie.

Nel mese di ottobre si vivranno due eventi in linea tra di loro: il Sinodo dei vescovi e la giornata missionaria mondiale. I temi che verranno affrontati rivolgeranno l’attenzione alla realtà giovanile. Nella tua cultura cilena come vedi il futuro dei giovani cileni?
Come in tutte le parti del mondo il lavoro con i giovani chiede molta energia. L’ambiente in cui vivono e i pochi valori che li circondano sono molti forti e influenzabili. In Cile, in particolare si continua riflettendo e lavorando. Speriamo che questo lavoro sia ogni volta più profondo e sia svolto con impegno per offrire ai giovani cammini nuovi di crescita personale e di crescita nella fede. Gli sforzi si fanno soprattutto nelle comunità locali però ci accorgiamo che ancora c’è bisogno di persone che aiutino, persone che abbiano apertura di cuore che sappiano accogliere e che preghino. Speriamo pure in un profondo rinnovamento nella gerarchia della nostra Chiesa, per rinnovarci anche in una autentica e attiva opzione della realtà giovanile.

Il tuo messaggio per i giovani …
Ho scoperto la mia vocazione quando ero giovane, avevo 21 o 22 anni. E’ importante avere il cuore aperto quando sentiamo interrogativi che ci rendono inquieti, che ci interpellano sul senso della vita, sul cammino che ci aspetta. Non dobbiamo avere paura, avere timore a concretizzare i sogni che abbiamo dentro nel nostro cuore. Chiediamo aiuto a Dio e Lui si prenderà carico di tutto il resto. La mia esperienza mi dice che è il Signore che chiama, in maniera forte e Lui rimane fedele a questa chiamata perché fatta con amore. E’ una chiamata che ci rende felici in qualunque posto Dio ci voglia. La chiamata può essere diversa (consacrazione, matrimonio …) però è sempre una chiamata verso la pienezza in Dio.
Concludo dicendo grazie a Dio per il dono della vita e della consacrazione nella Compagnia Missionaria.

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