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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
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Due facce
Posted by Russo Carmen

Per la prima volta noi giovani del gruppo “Amici di san Gerardo” di Sant’Antonio Abate (NA) ci siamo recati in terra di missione. Eravamo otto persone, tra ragazzi e ragazze, con un’accompagnatrice, la missionaria Lucia Capriotti, e per alcuni giorni abbiamo visitato la missione dehoniana di Scutari, in Albania, abbiamo fatto animazione con i bambini insieme ad altri ragazzi italiani grazie alla vigile guida di due giovani padri dehoniani meridionali, padre Giuseppe e padre Gianni, abbiamo scoperto le meraviglie e le contraddizioni di una terra vicina e lontana.
L’incertezza ha accompagnato le giornate precedenti alla mia esperienza missionaria. Ripetevo a me stessa di non avere il talento necessario per tale attività in una terra come l’Albania con gravi problemi economici, civili e sociali. Cosa fare in questo paese? Cosa donare a questo popolo martoriato da guerre civili e da secoli di dominazioni straniere? Io non ho doti particolari da donare, sono incapace di svolgere tanti lavori e forse non so nemmeno amare, ma Gesù ci ha insegnato che tutti gli uomini sanno amare, Cristo chiede di amarci reciprocamente come Lui ama noi, allora quale cosa migliore dell’amore da donare al prossimo? Così ho tentato di regalare sorrisi ed affetto ai tanti bambini conosciuti.
Già dal primo giorno in viaggio da Durazzo verso Scutari abbiamo potuto avere una prima visione dell’Albania, una terra per molti aspetti molto simile all’Italia ma in fondo profondamente diversa. Le prime cose che ci hanno colpito sono state le immense distese di campi incolti e le strade strette e disagiate lungo le quali circolavano interminabili file di mercedes. In una settimana di soggiorno abbiamo avuto diverse opportunità per scoprire le due facce dell’Albania, grazie ai racconti dei due padri e alle testimonianze delle persone incontrate, abbiamo constatato quanto nel Paese delle aquile siano presenti povertà e ricchezza. Non si pensi a una terra, a un popolo felice e soddisfatto, organizzato ed efficiente. Basta guardare gli uomini, impegnati nel lavaggio ossessivo di macchine più grandi dei loro sogni. Oppure in attesa che il tempo passi, seduti agli innumerevoli bar rigorosamente vietati a donne e bambini.
Il tempo in Albania è trascorso velocemente tra le ore passate a giocare con i bambini e la scoperta della terra albanese, dei suoi tesori, della sua cultura e delle sue tradizioni. La sera si andava a dormire stanchi in letti scomodi, ma con tanta gioia nel cuore per la serenità ricevuta durante la giornata lavorativa. Dai bambini ho appreso che è la semplicità l’ unica strada della felicità per noi uomini, ma forse già lo sapevo e temo purtroppo di dimenticarlo presto, presa dalle corse quotidiane e dai vari eventi che la vita ti mette davanti. In Italia abbiamo tanto benessere materiale e nonostante questo siamo insoddisfatti delle nostre vite, probabilmente perché non riusciamo ad apprezzare i tanti doni ricevuti dal Signore.
Non dimenticherò i sorrisi e i volti dei tanti ragazzi che percorrevano chilometri a piedi per partecipare ai laboratori da noi organizzati ma anche per andare a Messa la domenica. Ed è proprio osservando la gioia, la spontaneità nel recitare, danzare e giocare dei bambini si comprendono meglio le ragioni di una cultura con i suoi tempi, i suoi ritmi e le sue regole secolari. Con i miei compagni di viaggio ho pregato in chiese semplici e povere ornate da fiori appena raccolti nei campi o da vecchi fiori plastificati a testimoniare la povertà materiale e di spirito che un po’ richiamano San Francesco d’Assisi.
I bambini albanesi sono affettuosi e molto teneri. A loro non importa chi sei, se sei bello, bravo, simpatico, vecchio o giovane; loro ti fanno sentire il loro grazie solo per essere stato lì in mezzo a loro. Non sono tanti i bambini che parlano italiano, ma in un modo o nell’altro ci siamo capiti ugualmente: un sorriso ricambiato, una carezza, un semplice sguardo per dire al bimbo “mi sono accorta di te”, il tono della voce, il fatto di inchinarsi per parlare alla loro altezza.
Il tempo è volato in un lampo e così animatori, bambini, padri e suore ci siamo salutati dicendoci “Faleminderit!” perché quando si sta bene come si fa a non dirsi “grazie”? (Faleminderit in albanese vuol dire grazie) Come si fa a non dire grazie quando si è consapevoli di aver ricevuto tanto da questa fantastica avventura sull’altra sponda dell’Adriatico?
Cosa raccontarvi di più? E’ difficile mettere su carta le sensazioni che si provano nell’affrontare un’avventura così bella ed importante insieme a ragazzi che fino al giorno prima non si conoscevano e subito diventano dei grandi compagni di viaggio.
Non posso concludere senza prima rivolgere un FALEMINDERIT speciale, di cuore, a tutti coloro che ci hanno permesso di conoscere meglio l’Albania.


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