Entro
nel silenzio: del corpo
(cerco una posizione in cui stare comoda, ma concentrata e ferma), della mente,
del cuore, della bocca.
Leggo
attentamente il brano. Gv 4,5-30
Il
pozzo: per gli ebrei simbolo della Parola di Dio; luogo di incontro: al
pozzo Mosè incontra la futura sposa Zippora e Il servo di Abramo trova Rebecca
come sposa per Isacco.
Era
circa mezzogiorno…. “Dammi da bere”… “Se tu conoscessi il dono di Dio… acqua
viva”: l’ora del caldo, la stessa ora della crocifissione; anche sulla
croce Gesù chiederà da bere. È la sua sete (desiderio ardente e vitale) di
dissetare noi con la sua acqua: lo Spirito Santo.
Sei
mariti… nessun marito: gli idoli a cui consegniamo la vita sono
sempre insufficienti a dissetarci, a colmare la sete di amore e di vita (il
numero sei, per gli ebrei, dice una mancanza, insufficienza); il vero sposo che
colma il cuore umano è Gesù, che al pozzo ha atteso la donna di Samaria,
l’umanità peccatrice, eretica, adultera nei confronti dell’unico Sposo.
Dove
si adora Dio?... “Credimi, donna…”:
l’umanità di Gesù è il vero, nuovo e unico tempio in cui è possibile incontrare
Dio, lo Sposo. Gesù la chiama “donna”, che vuol dire “sposa”; nel Vangelo di
Giovanni Gesù chiama “donna” sua madre (la prima, vera, fedele sposa di Dio),
la samaritana e Maria di Magdala al sepolcro, (simbolo dell’umanità cercata
dallo sposo fino nella profondità della morte e ritrovata nella risurrezione).
I
discepoli si meravigliarono…: i maestri della Legge non insegnavano alle
donne e non parlavano con le donne in pubblico, e questa è una samaritana, cioè
eretica e nemica dei giudei.
La
donna lasciò la sua anfora… “Venite e vedere”… Andavano da lui: l’anfora
ormai non serve più, il suo cuore è dissetato e liberato dalla schiavitù degli
idoli, infatti non teme di raccontare la sua esperienza e riconoscere i suoi
errori; proprio dalla sua testimonianza, anche se alimentata da una fede ancora
in ricerca, altri sono attirati a Gesù. È peccatrice perdonata. È finalmente
sposa amata. È discepola-missionaria.
Mezzogiorno.
L’ora
della solitudine e dell’arsura, sotto il sole cocente.
C’è
un pozzo.
Non
proprio vicino,
ma
che io sappia è l’unico.
Con
la mia sete e la mia brocca vado in cerca
di
un’acqua che possa lenire la mia sete.
Sorprendente.
Tu,
straniero, mi chiedi da bere.
Quando
la gola arde, e anche il cuore,
quasi
sempre ti vedo straniero, Signore.
In
più assetato, anche tu,
in
un lungo mezzogiorno
lungo
da questo monte all’altro
dove
ti disseterò di aceto…
e
sarà notte.
“Se
tu conoscessi il dono di Dio…”
Credevo
di conoscerlo
su
questo monte, nella mia casa, nella mia fede
al
pozzo che io sono
ma
la sete…
che
acqua puoi darmi tu assetato?
E
io ho la brocca, io attingo, io cerco, io lotto.
E
sempre torno al pozzo, e sempre sete,
e
sempre solitudine e gola arsa e cuore vuoto.
Non
mi inganni anche tu, uomo,
promettendomi
un’altra acqua?
Quale
che non conosca?
E
perché serve un marito per avere l’acqua?
Ma
chi sei tu, profeta?
Come
sai delle cisterne screpolate
alle
quali ho creduto di saziarmi e mi hanno prosciugata?
Tu
solo, profeta straniero,
-
straniero per me è l’amore –
chiedi
l’acqua del mio pozzo
e
mi offri la tua sorgente…
e
cade la brocca dalle mie mani,
diventata
inutile la superba brocca ormai,
nel
cuore una fontana gorgoglia
che
non posso contenere.
Non
temo più di incrociare sguardi di uomini,
-mentre
alle spalle sento il sorriso del tuo cuore dissetato
dalla
mia sete saziata -,
sguardi
affamati e deridenti
o
sguardi sorpresi e sospettosi
come
quelli dei tuoi discepoli
forse
disturbati e un po’ gelosi che tu parli con una donna.
Comprenderanno
quando nel nuovo giardino
cercherai
la donna, un tempo anche lei straniera ora sposa,
per
colmarla della tua gioia nuova eterna
perché
la condivida,
-lei
dal cuore finalmente saziato
lei
degli apostoli apostola-,
con
i tuoi fratelli?
Ormai
saziata, io stessa sorgente,
liberata
dalla vergogna della mia sete umiliata,
corro
dai miei fratelli.
Conosco
la loro sete segreta.
“Ho
trovato uno che mi ha detto tutto quello che ho fatto”.
E
dunque non sei più straniero
tu
che conosci me donna
me
umanità assetata
venduta
a comprata dalla sete del cuore e del corpo
della
mente e dei sensi.
Non
sei più straniero
tu
che mi conosci senza fame e senza disprezzo,
assetato
di dissetarmi
non
padrone ma sposo,
saziato
da una volontà d’amore
che
è puro dono
che
non afferra ma libera
che
arderà ancora di sete
del
nostro aceto,
finché
sgorghi dal tuo cuore
la
sorgente che per sempre sempre di nuovo guarisce
con
un’onda che ristora e infiamma
tua
Madre e le donne
il
discepolo amato e quelli in fuga e raggiunti
e
me donna un tempo straniera
ora
sposa discepola-missionaria.