Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
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09 / 08 / 2024
Agosto 2024
Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico....
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09 / 08 / 2024
Agosto de 2024
Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique....
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Agosto de 2024
Edvige Terenghi, administradora central, visita los grupos en Mozambique...
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09 / 08 / 2024
19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
con cristo nel cuore del mondo al servizio del regno di dio
Prima
di condividere con tutta la Compagnia Missionaria, ho pensato di pregare con
voi la preghiera di Santa Teresa e della Vergine delle Origini.
“Vergine delle origini, madre della gioia,
vengo per stare davanti ai tuoi occhi buoni, ho bisogno della luce dei tuoi
occhi sereni e della speranza del tuo volto amabile. Ti ringrazio Maria, perché
sei sempre al mio fianco. Quando soffro, arriva il tuo sollievo, quando sono
felice, condividi la mia gioia. Vengo a cercare il tuo aiuto di Madre per me e
per tutti i fratelli e le sorelle del mondo intero".
Progetto per le donne e la loro famiglia nel distretto di Gurué (Zambézia)
Nel
febbraio 2000, quando Irene Ratti era presente in missione nella diocesi di
Gurué, sentì che era necessario creare un gruppo di donne, che si formassero a
vari livelli: nell'evangelizzazione, e in particolare nella promozione umana,
come mogli e madri, difendendo i propri diritti e garantendo la propria
autonomia e la propria sussistenza.
Nel
2001, Edvige Terenghi, essendo presente nella diocesi di Gurué, ha consolidato
questo gruppo di donne che Irene aveva avviato, dandogli il nome di: “Mulher Vida e Paz (MVP)” - “Donna Vita e Pace”; aiutando le
donne a scoprire, potenziare e armonizzare valori umani e soprannaturali
attraverso una educazione costante ispirata al testo di S. Giovanni che ha segnato la vita di queste missionarie
in riferimento all’esempio di Maria Maddalena, la prima discepola che ha visto
il Signore Risorto e da Lui è stata inviata ad annunciarlo ai fratelli: “Va’ dai miei fratelli e dì loro: Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio
mio e Dio vostro”. (Gv 20,17b).
Mulher
Vida e Paz
L'obiettivo
del gruppo era difendere le donne perché potessero ottenere la possibilità di
affermarsi nella vita quotidiana, nella società, nelle parrocchie, in uguaglianza e in pari opportunità rispetto al mondo maschile; combattere la
discriminazione contro le donne che soffrono di povertà, violenza domestica e
analfabetismo; favorire una solida formazione e promozione umana affinché possano collaborare in modo competente nelle
parrocchie, in famiglia e nelle loro comunità dove hanno già ricevuto validi
aiuti che le hanno fatte crescere molto.
Hanno
ritenuto importante promuovere la partecipazione delle donne alla vita
ecclesiale perché, in forza del Battesimo che ci rende tutti figli e figlie di
Dio, possano sentirsi chiamate e inviate
in missione come discepole ad annunciare e testimoniare la Parola. Promuovere
la dignità di ogni persona affinché non ci siano discriminazioni o
emarginazioni, difendere la promozione delle donne e accettare questa grande
sfida di essere donne coraggiose e serene, in difesa dei propri diritti, della
propria vita e della propria sussistenza in vista di un bene globale per tutti
i popoli.
Un nuovo progetto
Nel
2020 il gruppo ha avuto la fortuna di ricevere padre Nélio Luciano Baptista
Vieira, sacerdote del Sacro Cuore di Gesù, presidente del nuovo progetto da
poco iniziato per il centro educativo in Agricoltura del Gurué.
Padre
Nélio Luciano ha apprezzato in modo positivo il progetto delle donne e si è
mostrato disposto a collaborare ed aiutare per il suo ulteriore sviluppo:
rendere possibile la valorizzazione del potenziale umano, migliorare le
condizioni di vita delle donne e diminuire l'ondata di povertà che affligge e
devasta il distretto di Gurué.
Padre
Nélio Luciano tenendo conto della vita del gruppo di donne, ha già avviato
questo progetto noto per l'emancipazione delle donne nel distretto di Gurué. La
campagna ha avuto molto successo, anche se in un momento di grandi difficoltà
nel corso del 2020, siamo riuscite a rispettare gli obiettivi del progetto
almeno per questa prima fase.
Avevamo
definito tre fasi; nella prima fase abbiamo voluto costruire un primo modello
di “mandala” che servisse da esempio e funzionasse come la scuola di
machamba: si tratta di un modello di coltivazione agricola
dell'associazione ACEAG. A questo modello assoceremo due o tre famiglie che
aiuteremo a realizzare lo stesso modello di mandala per poter verificare la nostra proposta; nella seconda
fase, si vuole allargare negli anni il progetto a più di 50 donne con le loro
famiglie e realizzare l'infrastruttura di supporto per la produzione di galline
ovaiole, un pollaio e un asilo nido; terza fase, intendiamo avere l'autonomia
del progetto con l'introduzione dell'agro-business, dove ACEAG sarà responsabile
della logistica.
Nella
comunità della Compagnia Missionaria di Invinha è stata installata la scuola di
machamba, e sono state messe a
nostra disposizione le condizioni per alloggio e cibo per i sei tecnici che
saranno impegnati nell’organizzazione del lavoro nella mandala, nel monitoraggio della
produzione, nel supporto e assistenza alle famiglie coinvolte. Un aspetto
importante dell'arrivo alla scuola mandala;
quella casa ha permesso la costruzione di una serie di infrastrutture che
consentiranno loro di fornire un servizio migliore alle comunità circostanti,
ben oltre i progetti che stiamo promuovendo.
Al
fine di evitare conflitti di interesse tra ACEAG e la CM è stato firmato un
accordo che definisce le responsabilità delle parti, in particolare le
infrastrutture diventeranno di proprietà della CM, senza alcun compenso
all'associazione ACEAG. L’accordo è stato firmato per un periodo di tre anni.
Le
limitazioni imposte dal covid-19 ci impediscono di avanzare in altri campi
dell'ACEAG che erano stati progettati e previsti nel piano di attività 2020,
ovvero la diffusione delle encicliche di Papa Francesco. L'acquisizione delle
encicliche sociali di Papa Francesco e l'invito ad otto relatori internazionali
permetterebbero ai giovani di Gurué di riflettere sul cambiamento climatico, i
vantaggi di scommettere su un'ecologia integrale. La pandemia ha costretto a
rinviare tutte queste iniziative.
Come
accennato in precedenza, il progetto è ancora nella prima fase della sua
realizzazione. Chiediamo l’appoggio di tutta la Compagnia Missionaria,
familiares e amici della CM, confidiamo nelle vostre preghiere per la maggiore
gloria di Dio e la crescita della missione CM in Mozambico (Invinha - Gurué).
La casa della Compagnia Missionaria a Invinha e, in alto a sinistra,
la coltivazione secondo la struttura “mandala” (circolare, con al
centro il pollaio)
guardare lontano odv
Ormai è passato
più di un anno da quando l’associazione Guardare Lontano è stata trasferita
dall’Emilia Romagna alla Campania. Il decreto di iscrizione nel registro della
Campania ha la data del 23 ottobre 2019. C’è voluto un bel po’ di tempo per
“sistemarci”, dal punto di vista logistico e dal punto di vista amministrativo.
A questo punto ci sembra opportuno far conoscere a tutta la Compagnia
Missionaria e agli amici che ci seguono attraverso Vinculum la nuova
situazione.
Anzitutto
ringraziamo il Signore che ci ha aperto la strada del trasferimento, dal
momento che era diventato molto difficile continuare l’attività
dell’associazione a Bologna, a causa del ridotto numero di soci per realizzare
progetti sul territorio. La nostra associazione è nata soprattutto per
sostenere i progetti in Mozambico e in Guinea Bissau, ma lo Stato italiano
chiede che si realizzino progetti anche sul nostro territorio.
Dopo l’assemblea
straordinaria dei soci dell’aprile 2019, che ha deciso il trasferimento, è
iniziato un percorso burocratico estremamente impegnativo. Anzitutto si è
dovuto rinnovare il Consiglio Direttivo. Sono stati eletti: Lucia Capriotti,
Clemente Statzu, Rosa Todisco, Pio Santonicola, Maria Todisco. Lucia viene
eletta presidente e rappresentante legale, Clemente vicepresidente.
Tutto il
consiglio e qualche altra socia sono stati impegnati in questo percorso
burocratico, e anche nella nuova sistemazione logistica e amministrativa.
Secondo passo del
percorso è stata la modifica della ragione sociale dell’associazione: prima era
Guardare Lontano ONLUS (Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale), ora è
Guardare Lontano ODV (Organizzazione
Di Volontariato) secondo i criteri della nuova legge sul Terzo Settore. Sono
state fatte anche piccolissime modifiche allo Statuto. È sempre un’associazione
che non ha fini di lucro e quindi usufruisce di agevolazioni fiscali; anche i
benefattori possono usufruire di queste agevolazioni.
Come in qualunque
realtà, il cambiamento ha provocato una certa crisi, forse anzitutto perché
Lucia ha avuto bisogno di lunghi mesi per imparare (almeno un po’) a fare la
presidente con tutto il lavoro di amministrazione e di segreteria che comporta.
I
benefattori sono diminuiti in maniera consistente, crediamo per vari motivi:
nel 2019 non hanno ricevuto le informazioni e notizie che ricevevano
regolarmente; a Maputo (Mozambico) c’è stato il cambio di responsabilità nella
gestione della scuola Nossa Senhora das Vitorias tra Giannina e Julieta, che ha
dovuto anche assumere la responsabilità del progetto di sostegno a distanza per
un gruppo di alunni, con tutto il lavoro che questo comporta; la pandemia ha
creato problemi economici anche in Italia e alcuni benefattori non sono più in
grado di dare il contributo annuo per il sostegno a distanza dei bambini e ragazzi.
Una crisi, però,
è sempre anche feconda di vita nuova.
Nel 2020 siamo
passati da 34 soci a 51 e in questo nuovo anno abbiamo già ricevuto alcune
domande di ammissione di nuovi soci.
Continuiamo a
sostenere i progetti in Mozambico e in Guinea Bissau. Anche se sono diminuiti i
benefattori dei sostegni a distanza, ci sono benefattori che hanno offerto
contributi molto consistenti che ci hanno permesso di non diminuire il numero
dei bambini che ricevono il sostegno. Abbiamo ricevuto anche buoni contributi a
favore del progetto Fondo Scuola, per aiutare ragazze che frequentano le scuole
superiori o l’università.
Abbiamo anche
cercato di realizzare qualche progetto qui a S. Antonio Abate. In ottobre
scorso era in programma il progetto culturale-formativo “La corruzione nelle istituzioni pubbliche”: tre serate a cadenza
settimanale con l’intervento di esperti. Siamo riusciti a realizzare i primi
due incontri, nel teatro Dehon, adiacente al santuario Gesù Bambino, con la
partecipazione di circa 30 persone. Abbiamo dovuto poi rimandare il terzo
incontro a tempi meno rischiosi per il contagio.
È programmato da
tempo il progetto “Raccolta e
distribuzione di abiti usati”, sempre in ambienti adiacenti il santuario,
messi a disposizione dai p. Dehoniani. Anche questo, però, è stato rimandato a
causa del diffondersi del covid qui in città. Ora ci stiamo organizzando per
iniziare questo servizio appena possibile, solo su appuntamento.
Avevamo
in cuore anche di riprendere i corsi di formazione per il volontariato internazionale,
dal momento che ci sono giovani e adulti interessati, ma anche per questo
dobbiamo attendere tempi migliori.
In settembre
scorso, siamo riusciti a realizzare un incontro formativo per soci sulla
conoscenza dello Statuto e dei progetti in corso.
Su richiesta di
Irene Ratti, in novembre scorso è nato il progetto “AIUTO ALIMENTARE”, per
distribuire a famiglie in grave disagio economico, a Maputo, pacchi con generi
alimentari di prima necessità, per un valore complessivo di € 50,00 cadauno. Il
progetto ha voluto rispondere alla grave situazione provocata dalla pandemia,
che ha tolto risorse a molte famiglie. Le scuole sono state chiuse in marzo
2020 e dovevano riaprire in agosto, ma poi la riapertura è sempre stata
rimandata per il diffondersi del contagio. Mentre scriviamo (febbraio) ancora
sono chiuse. Si stanno solo facendo gli esami.
Nel Centro
Infantil Esperança (scuola d’infanzia privata diocesana) la cui responsabile è
Irene e nella Scuola Nossa Senhora das Vitorias (scuola secondaria della Compagnia
Missionaria) la cui responsabile è Julieta, molte famiglie che pagavano la
retta dei figli non hanno pagato in questi mesi di chiusura e quindi è
diventato più che mai necessario il contributo del sostegno a distanza offerto
dalla nostra associazione. È diventato
problematico anche pagare il personale scolastico. Molte famiglie, a causa
della disoccupazione provocata dalla pandemia, hanno bisogno di aiuto
alimentare.
C’è stata una
generosa risposta da parte di tanti benefattori a questo Progetto. Finora
abbiamo potuto aiutare una settantina di famiglie, comprese quelle di alcuni operatori
della scuola. Ci sarà bisogno di continuare, almeno finché la pandemia non darà
un po’ di tregua.
Per la scuola
diocesana São Paulo di Bissau, la cui responsabile è la
missionaria Antonieta, continua il progetto di sostegno a distanza per molti
alunni, ma c’è bisogno di nuovi benefattori. Anche per questa scuola esiste il problema di pagare i dipendenti, in
tempo di pandemia, a causa della prolungata chiusura.
A conclusione di
questa nuova presentazione dell’associazione GUARDARE LONTANO, desideriamo
invitare tutti – missionarie, familiares e amici - a sentirsi impegnati a
sostenere questa realtà nata 18 anni fa proprio per volontà di missionarie e
familiares. Insieme vogliamo ringraziare i tanti amici che si lasciano
coinvolgere nel nostro servizio, come soci, benefattori, volontari.
Davvero
l’associazione ci permette di allargare l’orizzonte umano e spirituale della
Compagnia Missionaria ed è una grande ricchezza. Per questo ci piacerebbe che
altre missionarie e altri familiares diventassero soci e, per quanto possibile,
anche benefattori e “inventori” di progetti, secondo i requisiti previsti dallo
Statuto.
Chi volesse
conoscere lo Statuto, può darci la sua mail e lo invieremo. Altrimenti dateci
l’indirizzo di residenza e lo invieremo cartaceo.
Per quanto
riguarda i PROGETTI in corso, eccoli di seguito:
ARMANDINHO: sostegno a distanza per bambini e bambine/
ragazze e ragazzi che frequentano la scuola d’infanzia Centro infantil
Esperança e la scuola secondaria Nossa Senhora das Vitorias, a Maputo
(Mozambico). Molti bambini della scuola d’infanzia vengono sostenuti anche
quando passano alla scuola elementare. La quota annuale è di € 200,00. Ogni anno vengono inviate ai
sostenitori notizie del bambino, del suo percorso scolastico e della sua
situazione familiare.
FONDO SCUOLA: sempre in Mozambico, a Nampula, questo
progetto sostiene ragazze che frequentano scuole superiori o università,
aiutandole ad affrontare le spese legate allo studio. Qualunque contributo è
bene accetto.
AIUTO ALIMENTARE: distribuzione di
generi alimentari di prima necessità (farina di mais, zucchero, olio, sapone,
sale) a famiglie in gravi difficoltà economiche a causa della disoccupazione
generata dalla pandemia. Qualunque contributo è una benedizione.
UN SORRISO PER S. PAOLO: sostegno a
distanza per bambine e bambini che frequentano la Scuola Diocesana São
Paulo, a Bissau (Guinea Bissau). La quota annuale è di € 150,00. Anche di questi bambini vengono inviate notizie
annualmente ai sostenitori.
Chi desidera
sostenere un bambino, telefoni o scriva una mail per avere il nome del ragazzo,
poi invierà il contributo.
Qualunque
contributo va inviato tramite bonifico sul conto corrente
GUARDARE LONTANO ODV
BANCA INTESA SAN PAOLO
IT92 O030 6902 4871 0000 0003 533
I benefattori
devono inviarci indirizzo di residenza e codice fiscale (e se possibile anche
mail) per la ricevuta che servirà per la detrazione fiscale.
Chi vuole
diventare socio, ci contatti per ricevere il modulo per la domanda di ammissione.
In seguito, verserà la quota associativa di € 25,00.
battezzati e inviati: la chiesa di cristo in missione nel mondo
Questo è stato il titolo del messaggio di Papa Francesco per la giornata
missionaria del 2019. “Celebrare questo mese ci aiuterà in primo luogo a
ritrovare il senso missionario della nostra adesione di fede a Gesù Cristo,
fede gratuitamente ricevuta come dono nel Battesimo. La nostra appartenenza filiale
a Dio non è mai un atto individuale ma sempre ecclesiale: dalla comunione con
Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo nasce una vita nuova insieme a tanti altri
fratelli e sorelle. E questa vita divina non è un prodotto da vendere – noi non
facciamo proselitismo – ma una ricchezza da donare, da comunicare, da
annunciare: ecco il senso della missione. Gratuitamente abbiamo ricevuto questo
dono e gratuitamente lo condividiamo (cfr Mt 10,8), senza escludere
nessuno. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi arrivando alla conoscenza
della verità e all’esperienza della sua misericordia grazie alla Chiesa,
sacramento universale della salvezza (cfr 1 Tm 2,4; 3,15; Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 48)….
…È un mandato che ci tocca da vicino: io sono sempre una missione; tu sei
sempre una missione; ogni battezzata e battezzato è una missione. Chi ama si
mette in movimento, è spinto fuori da sé stesso, è attratto e attrae, si dona
all’altro e tesse relazioni che generano vita. Nessuno è inutile e insignificante per l’amore
di Dio. Ciascuno di noi è una missione nel mondo perché frutto dell’amore di
Dio. Anche se mio padre e mia madre tradissero l’amore con la menzogna, l’odio
e l’infedeltà, Dio non si sottrae mai al dono della vita, destinando ogni suo
figlio, da sempre, alla sua vita divina ed eterna (cfr Ef 1,3-6).”
La prima volta sono andata in Mozambico anche perché in quel periodo si
parlava molto della responsabilità sociale. C’era chi in quel periodo
s’identificava col proletariato e lottava e ammazzava per l’uguaglianza delle
classi sociali. C’era chi gridava e manifestava per l’indipendenza e
l’autonomia dei popoli.
Il concilio come cristiani ci aveva sensibilizzati alla salvaguardia delle
culture locali e al rispetto dei nostri fratelli che erano stati e ancora
venivano defraudati di tutto, anche della propria identità culturale, da regimi
coloniali. Ed io che ero nata nel Nord del mondo sono cresciuta nella coscienza
cristiana che non serviva manifestare e attizzare odio, ma era necessario
mettersi dalla parte dei fratelli del Sud del mondo per collaborare con loro
allo sviluppo, alla presa di coscienza della propria identità e fianco a fianco
risalire la china insieme. Era il vento del concilio che ci aveva
sensibilizzati al rispetto delle persone, delle culture, delle loro identità,
anche se molto diverse dal “nostro mondo”. Così appena laureata sono partita
con la mia coscienza di battezzata, cristiana sessantottina, che voleva
contestare mettendosi dal lato degli
oppressi, scegliendo la missionarietà come scelta di vita e vocazione.
In questi anni ho fatto di tutto dall’alfabetizzazione
al lavoro pastorale, dal formatore di giustizia e pace a responsabile di
progetti a livello diocesano, da organizzatrice e insegnante di università a
capo cantiere e quasi muratore; sempre tra poveri e meno poveri, tra giovani e
meno giovani ma sempre al fianco e questa è sempre stata la caratteristica che
ha creato perplessità e meraviglia, reazioni e accoglienza.
Molte volte ho trovato espressioni di meraviglia quando dichiaravo la mia
nazionalità italiana. E qualcuno, cadendo dal pero, è arrivato a chiedermi come
mai non avessi la nazionalità mozambicana. C’è stato addirittura una volta un
giovane sacerdote mozambicano che mi ha dichiarato di non avere complessi con
me e che si sentiva trattato veramente come persona senza distinzione di razza.
Sembra strano, ma questo mi ha colpito profondamente facendomi pensare a quante
volte noi inviamo messaggi negativi inconfutabili, senza volerlo, se non
crediamo profondamente nell’uguaglianza e nel rispetto della persona umana.
Dopo quasi trent’anni di questa immersione totale a pieni polmoni ho dovuto fare un cambiamento rapido, non
programmato ma obbligato, per salute dal Mozambico all’Italia. Ho cambiato il
luogo, ma non l’essere. Sono missionaria perché battezzata. Sono missionaria
anche come scelta di vita.
In Mozambico mi
occupavo di giovani, di “giustizia e pace” a livello diocesano per cui anche o
soprattutto di prigioni, di università; venuta in Italia mi sono subito
affiancata al cappellano della Dozza di Bologna, (il grande carcere che
comprende il settore penitenziario, il giudiziario che ospita quelli che
sono in attesa di giudizio e i
definitivi, e in una struttura totalmente a parte ma dentro lo stesso alto recinto,
c’è anche il carcere femminile), e per ora vado tre volte a settimana.
La domenica si va per l’animazione delle messe: vengono celebrate ogni
domenica 5 messe ognuna in un settore differente. Io ho scelto di andare nella
chiesa grande dove molti volontari preferiscono non andare in quanto è molto
dispersiva, a volte impersonale e non aiuta la partecipazione anche perché
molti detenuti vengono per incontrarsi con altri conoscenti o parenti che sono
detenuti in altri bracci e lì possono incontrarsi e scambiare due chiacchiere.
Mi sono messa
nella posizione di catechista che, stando in mezzo a loro, insegna, facendo e
mostrando, come si partecipa e come si risponde.
Essendo la mia presenza costante, ho finito con l’essere uno dei punti di
riferimento. E proprio l’altro giorno mi è capitata una cosa inaspettata: la
messa non era ancora cominciata ed io stavo studiando quale poteva essere,
strategicamente, il posto più conveniente per sedermi.
I miei criteri
di scelta sono: individuare il gruppo più squinternato magari di musulmani
venuto lì solo per fare due chiacchiere o di stranieri che non conoscono la
lingua e non riescono neanche a seguire dal foglietto, mentre facevo queste
osservazioni mi sono seduta dietro tre signori italiani avanti in età che mi
rivolgono subito la parola salutandomi e chiedendomi come mai non fossi andata
la domenica precedente e dichiarandomi che si era notata la mia assenza. Primo
colpo inaspettato, poi così, quasi d’improvviso, mi chiedono: «Noi non abbiamo
la faccia da criminali vero?». Sembrava che volessero leggere nel mio cuore,
poi quasi facendo un loro profondo esame di coscienza continuano dicendo
letteralmente: «A volte sono le circostanze della vita che ti pongono in certe
situazioni», quasi ammettendo a se stessi di essere diventati criminali. Ho visto
in loro una ricerca di dignità perduta e un tentativo di capire se io li
consideravo criminali o no.
Mi sono trovata a farfugliare: chi sono io per giudicare? Sì, sì, capisco e
conosco bene certe situazioni… e ancora una volta mi sono sentita profondamente
turbata pensando alla fatica che fa la nostra società ad accogliere gli altri
come persone.
Un altro servizio che svolgo nel carcere è quello di incontrare quelli che
chiedono al cappellano il battesimo, la cresima o la preparazione al matrimonio
e facendo un primo colloquio cerco di capire le vere motivazioni. Poi,
dipendendo dalle disponibilità o dalle esigenze linguistiche, il cappellano
affida all’uno o all’altro catechista, la preparazione. Anche io ho avuto modo
di accompagnare vari al battesimo fino alla cresima. Faccio questo servizio
anche per gli agenti di polizia.
Attualmente vivo in una fraternità costituita da un nucleo di residenti e
altri che vivono nelle proprie case e vengono molto spesso per incontri,
scambio di esperienze e condivisione di vita. I residenti sono due padri
dehoniani, due di noi che apparteniamo alla Compagnia Missionaria del Sacro
Cuore e un signore che, lavorando da mattina a sera, molte volte condivide con
noi solo la cena. Noi residenti facciamo anche il servizio di accoglienza di
detenuti in permessi ad horas, che,
per poterne usufruire, devono avere un riferimento in città che si
responsabilizzi. Ho visto in questi incontri gli occhi lucidi e timidi di
uomini che dopo tredici o quindici anni di detenzione trovavano qualcuno che li
accoglieva in modo semplice, spontaneo e piano piano si scioglievano sentendosi
in famiglia, qualcuno lasciandosi andare a raccontare il suo passato fatto di
errori e di grandi cadute. Dopo si instaura un rapporto tale che diventa
veramente familiare fatto anche di scherzi e di condivisione di servizi.
Oggi, in modo particolare, la nostra società è chiamata a superare la
stigmatizzazione di chi ha commesso un errore poiché, invece di offrire l’aiuto
e le risorse adeguate per vivere una vita degna, ci si è abituati a scartare piuttosto che a
considerare gli sforzi che la persona compie per ricambiare l’amore di Dio
nella sua vita. Molte volte, uscita dal carcere, la persona si deve confrontare
con un mondo che le è estraneo, e che inoltre non la riconosce degna di
fiducia, giungendo persino a escluderla dalla possibilità di lavorare per
ottenere un sostentamento dignitoso.
Impedendo alle persone di recuperare il pieno esercizio della loro dignità,
queste restano nuovamente esposte ai pericoli che accompagnano la mancanza di
opportunità di sviluppo, in mezzo alla violenza e all’insicurezza.
In questo momento però col virus, tutto è stato sospeso, rimane solo il
rapporto epistolare. Fino a quando? Non lo sappiamo.
29 anni in missione
La “Fondazione Aldeia da Paz” – Collegio per bambini e
giovani - si trova nella frazione “Agua de Pena”, Concelho de Machixo, Madeira,
a 23 km di Funchal, Portogallo.
Nel
1990 il Vescovo di Funchal, D. Teodoro de Faria, invitò Gastão Fernandes,
Familiaris della CM, a dirigere la “Liga dos Amigos”, a raccogliere fondi per
costruire la “Fondazione Aldeia da Paz”, un progetto di assistenza a giovani e
a famiglie di Madeira che vivevano nella precarietà. Celestina, missionaria, ed
io João Carlos, familiaris CM, facevamo parte della Direzione.
Il
31.7.1994 hanno cominciato ad entrare nell’”Aldeia da Paz” i primi ragazzi dai
5 ai 12 anni. L’obiettivo del progetto è quello di garantire la loro
educazione, così da rendere sicura la continuità degli studi oppure dare la
possibilità di imparare una professione, così da poter vivere con una certa
indipendenza la loro vita. Quando questi ragazzi raggiungono i 18 anni possono
continuare a studiare oppure ritornano alle loro famiglie. La “Liga dos amigos”
ha continuato a coordinare il progetto che si inaugurò nel 2000. Quando il Sig.
Gastão morì, io ho continuato a far parte della Direzione e ad aiutare il
progetto. L’11.01.2019 il vescovo di Funchal, D. Antonio Carrilho, mi ha
invitato ad assumere, come Presidente, la Direzione del progetto.
La Casa ha la capacità di ospitare 36 giovani; al momento
il progetto è stato programmato per 18 giovani solo maschi. Per accompagnare
questi ragazzi, è stata costituita una equipe specializzata e preparata per
questo lavoro. I giovani presenti frequentano la scuola pubblica come qualsiasi
altro giovane e si stanno così preparando per ottenere un futuro migliore. La
Direzione dell’“Aldeia da Paz” è responsabile di tutta l’organizzazione
amministrativa, del materiale necessario e delle risorse umane. E’ anche
responsabile per la parte finanziaria: l’80% proviene dalla Previdenza sociale
e l’altro 20% da varie donazioni.
Questo Progetto ha molte potenzialità. La casa
è situata in un terreno con 47.000 m2. Oltre il Convitto per i giovani c’è anche la
Casa Comunitaria per ospitare 12 persone, che sta aspettando di essere
occupata. Stiamo riflettendo e studiando come utilizzare il terreno a
disposizione per progetti di agricoltura e altro…
Ho
accettato questo compito con spirito di missione e servizio con il proposito di
essere “un umile lavoratore nella vigna
del Signore”. Chiedo a tutta la CM di pregare affinché questo progetto
offra un luogo dove i giovani si preparano al loro futuro e la comunità possa
partecipare con semplice spirito di servizio.
il sorriso di dio
Mi chiamo Rosy. Attualmente vivo a Conegliano
Veneto in provincia di Treviso. Da anni faccio parte della Croce Rossa e sono
nel percorso formativo per diventare missionaria CM. Il mio percorso di vita, a
volte molto ripido, mi ha sempre portato a guardare oltre. C’è un incontro che
costantemente ha risuonato in me, quello con don Tonino Bello e ciò che lui
diceva: “C’è sempre un asciugatoio che manca, una brocca che è vuota d’acqua,
un catino che non si trova”. Sono parole che in un certo senso hanno guidato le
scelte del mio vivere. Ecco l’entrare a far parte della Croce Rossa,
inizialmente nel settore emergenza, per poi operare anche nel sociale, ad
incontrare i più poveri.
Un primo progetto a cui ho
partecipato (Punto Caldo) era rivolto ai Senza Fissa Dimora, coloro che sono
chiamati “il rifiuto della società”. Proprio così: rifiuto della società.
Usciamo tre volte a settimana per portare vivande calde, viveri e ciò di cui
hanno bisogno, in luoghi da loro raggiungibili e non sempre in situazioni
semplici. Ho toccato con mano che esiste una realtà diversa da quella che molte
volte si vede attraverso i mass media e non solo, una realtà spesso nascosta.
Molte volte mi sono chiesta cosa facessero durante le loro giornate, il perché
sono finiti in quella situazione, qual è il loro passato…. Più mi ponevo
domande è più mi rendevo conto che c’era ancora “una brocca da riempire”. Ho capito che in strada non si muore
di fame, qualcosa in un modo o nell’altro la si recupera, ma si muore di
solitudine, di indifferenza… In quegli incontri dovevo essere io a portare
aiuto….ma ero io a ricevere… tutto ciò di cui il mio cuore aveva bisogno per
nutrirsi. Ma non solo. Molte volte mi sono resa conto di avere difficoltà ad
accettare il fatto che oggi esistano situazioni del genere.
Ma a cosa serve chiederselo? Non basta per
risollevare queste persone dalla sofferenza.
La risposta è stata: si può fare ancora qualcosa.
Ma cosa? E soprattutto in un territorio dove le
istituzioni sono completamente assenti, non interessate a queste problematiche
umane, dove queste persone pur essendo un numero elevato non esistono e sono
viste come una malattia… Sono tante le porte trovate chiuse.
Ho cominciato a riflettere su ciò con un piccolo
gruppo del quale oggi sono responsabile. Abbiamo iniziato a sognare alla grande
con l’idea di realizzare un dormitorio. Progetto, contatti e altro per renderci
conto che i costi erano elevatissimi, che avevamo bisogno di una struttura
adeguata e che nessuno poteva darci una mano. Troppo rischioso per il territorio
che si è sempre tirato indietro. Abbiamo continuato a lavorare pensando a
qualcosa di diverso e alla fine il nostro progetto è diventato “Progetto
docce”. Forse un po’ poco per aiutarli
ma è una piccola goccia nell’oceano. Abbiamo scelto un modo diverso, forse non
comune, ma con la certezza di poter ridare non solo dignità alle persone ma
soprattutto di offrire uno spazio per creare un rapporto umano, una relazione,
fatta di ascolto, condivisione, per farli sentire importanti. Ecco lo scopo:
far spalancare la porta della solitudine, dar voce ai loro bisogni e provare a
guardare con i loro occhi.
La mia vita burrascosa mi ha portato sempre a
credere nella “provvidenza”, soprattutto quando si lavora per il bene comune. Il
mio percorso mi porta a conoscere una nuova realtà lavorativa in una casa di
riposo: dalla disabilità alla fragilità dell’anziano. Una realtà che cammina
con l’uomo, accanto all’uomo. Sappiamo bene che non sempre è così…soprattutto
nella società odierna. Ho trovato in essa dei dirigenti capaci di ascolto,
capaci di guardare le necessità del territorio, che mi offrono la possibilità
di poter usufruire di alcuni locali della casa di riposo. Ed ecco che la provvidenza si fa presente…
Ciò che stavamo cercando ci viene gratuitamente
dato…
Questo ci ha permesso di poter dar vita a questa
realtà. Essendo l’inizio e soprattutto senza tante risorse disponibili,
incontriamo settimanalmente questi nostri amici… Condividono con noi le loro
storie di vita, i loro sogni spesso infranti, le loro speranze…. Sì, speranze
perché sono queste che sostengono il cammino di ognuno di noi. Sono consapevole
che è molto poco ciò che facciamo e che c’è tanto ancora da fare, ma so che il
grande amore che ci mettiamo rende ciò straordinario: è straordinario vederli
contenti, vedere che si fidano e in un certo senso si affidano a noi……E’
semplicemente straordinario vedere il sorriso di Dio sui loro volti.
fatica e entusiasmo
“Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi
miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”(Mt.25,40)
Per
raggiungere il villaggio di Pasang Surut ( isola di Sumatra) si deve scegliere
tra due possibilità: percorrendo il fiume con un barcone oppure a piedi per
terra ferma naturalmente ambedue i percorsi con diversi disagi. Con il tempo
delle piogge poi, la strada rimane fangosa e scivolosa per cui non rimane
che scegliere il percorso via fiume.
E’ una località situata sulle rive del fiume,
gli abitanti quasi tutti contadini, coltivano il riso, base del loro alimento
quotidiano , dalla palma di cocco l’olio e anche la gomma da un altro albero In
questo posto c’è una parrocchia affidata ai Padri dehoniani e una comunità di
suore “Charitas”, indonesiane, che gestiscono una clinica. Ho conosciuto questo
posto per la prima volta nel 2005 quando
con Antonia e p. Sugino SCJ siamo venuti per una giornata di animazione
missionaria.
Venerdì 6 febbraio ci sono ritornata per
svolgere un programma lavoro nelle
scuole, insieme ad una mia collega Margaretha e a p. Fridho SCJ. supervisore delle
strutture scolastiche. Partiamo da Palembang ben preparate e pronte ad
accogliere i vari disagi del cammino, ma anche con tanta fiducia ed entusiasmo.
Con noi viaggia una ragazzina di 14 anni, molto bella , dal viso dolce. Il
nostro compito è quello di accompagnarla dalle suore e lasciarla con loro. Conosco
la sua storia attraverso i giornali che hanno parlato del suo caso e da notizie
che mi vengono date durante il cammino.
La
presenza di questa ragazza seduta in macchina accanto a noi,mi obbliga a
pensare per tutto il viaggio al valore della vita, alla famiglia, al mondo in
cui viviamo. Una giovane vita la sua, già tanto provata , offesa, sfruttata..Di
famiglia cattolica, la ragazza ha sperimentato in diversi momenti della sua
vita la violenza e la precarietà della sua propria famiglia. Non accolta dal
padre e dalla madre viene affidata al nonno che la inserisce nell’ambiente della prostituzione…La ragazza scappa di casa e per un tempo
vive insieme ad altre persone povere, sotto un ponte della sua città. Le
persone che inizialmente cercano di proteggerla, in breve si rivelano pure loro
sfruttatori e la vendono ad altri …Passa così da un’esperienza all’altra vivendo nella più triste realtà di giochi
proibiti e in ambienti inadatti alla sua
età e destinati a rubarle il dono più grande: la vita.
Finalmente
incontra una persona che la prende a cuore e la incoraggia ad andare dalla
polizia. Da qui nasce finalmente un cammino di recupero e accompagnamento attraverso l’inserimento in un progetto organizzativo,
che ha lo scopo di aiutare bambini con
seri problemi familiari. Una giovane vita con un percorso segnato dalla croce…
a solo 14 anni!!!
Con
questi pensieri che vanno e vengono nella mia testa, non mi sono resa conto del
tempo trascorso in viaggio e così siamo arrivati a Pasang Surut.
P.
Edi e p. Sukadi SCJ ci accolgono nella casa parrocchiale. Dopo cena veniamo ospitate
dalle suore “Charitas”. Ci accoglie un ambiente molto semplice e fraterno che
ci fa provare la pace e la gioia di stare insieme. Un clima sereno che sembra lenire e sanare le
ferite provate e sentite in me
ripercorrendo il percorso di vita di questa giovane. Veramente l’accoglienza, la bontà e il
rispetto per gli altri ti rendono più comprensiva e più buona!
Il
giorno dopo nella cappella delle suore alle ore 5.30, Padre Fridho SCJ celebra l’ eucaristia e in seguito dopo colazione
incominciamo a svolgere il nostro programma scolastico. Avendo il pomeriggio
libero siamo andati a pescare. E’ stato molto bello vedere sorridere questa
ragazza, contenta di poter partecipare a tutto questo con tanta semplicità,
gioia e serenità. Insieme, abbiamo poi preparato la cena e
gustato il nostro pesce, cucinato molte bene. Veramente buono!!!.
Alle Ore 19.00 ci siamo
incontrate ancora in parrocchia per terminare il nostro lavoro di
programmazione verso le ore 23.00, stanca,
con tanto sonno…ma felice di tutto. Il mattino dopo alle ore 7 pronti per il
rientro a Palembang.
La
ragazza rimarrà qui per cominciare il suo percorso verso una nuova vita. Nel
mio cuore provo un sentimento di “ perdita” nel lasciare non solo Pasang Surut,
ma soprattutto questa ragazza che ha vissuto con noi questa esperienza di due
giorni. Decidiamo di lasciare alle suore un aiuto economico per sostenerle in questo percorso. Compiamo
questo gesto non come un obbligo ;vogliamo solamente che sia piccolo contributo
che faccia sentire la nostra voglia di condivisione e di vicinanza. Un piccolo
gesto che aiuterà a far germogliare
qualcosa di grande e di positivo per la vita di questa ragazza.
Considero importante aver condiviso con voi
questa esperienza. So di aver donato un po’ del mio tempo a voi che mi
leggerete, di avervi aperto il cuore in questo momento in cui ho vissuto questa
forte esperienza. I problemi e le difficoltà se condivise con gli altri ,si
vivono e si affrontano meglio. Grazie!