Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
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09 / 08 / 2024
19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
per rendere migliore la mia vita
Intervista ad Antonia Theresia, missionaria indonesiana
Presentati: di dove sei, la tua famiglia, il tuo lavoro ecc...
Mi chiamo
Antonia. Sono indonesiana, originaria dell’isola di Lembata, a Est dell’isola di Flores. Sono cresciuta in una famiglia semplice, formata
da papà Ignasius
Labi e mamma Martha Gelole e nove figli. Papà, mamma e
quattro fratelli sono già tornati alla casa del Padre Celeste. Attualmente vivo a Palembang (Isola di
Sumatra) con mia sorella, di nome Bene e
altre due
ragazze di Lembata. Siamo come una famiglia. Svolgo il
mio lavoro quotidiano nella casa dove abitiamo, in equipe con queste persone. È
un lavoro che accoglie e accompagna bambini piccoli (tipo scuola materna) nella
loro crescita e sviluppo, attraverso l’assistenza giornaliera svolgendo diverse
attività: leggere, scrivere, giocare e imparare a vivere insieme. Riusciamo ad
accompagnare questi bimbi usando un tipo di pedagogia - terapia che dà
attenzione anche a casi più problematici, più lenti
nell’apprendimento come alcuni bambini
autistici. La nostra casa che li accoglie l’abbiamo denominata “Casa di
“Betania”: apprendimento e studio. Inoltre, il lunedì e giovedì accompagniamo
coppie di varie religioni che hanno bisogno di consulenza.
Il tuo incontro
con la Compagnia Missionaria e in seguito la tua scelta … come è avvenuta,
quali motivazioni ti hanno stimolato a scegliere questa nuova avventura …
Questa domanda mi porta indietro
nel tempo, un ritorno al passato della mia vita per ripensare l’inizio della
mia scelta missionaria a come ho conosciuto la
CM. Il primo contatto l’ho avuto attraverso padre H. Wardjito scj
che allora era membro del consiglio generale SCJ a
Roma. A questo primo incontro lui mi consegnò solamente un pezzo di carta con scritto il nome dell'Istituto
Compagnia Missionaria, il nome di Francesca Righi allora Presidente e
l'indirizzo di Bologna.
Successivamente ci siamo contattate via e-mail con Francesca la quale, aiutata da p. Wardjito per la
traduzione della lingua, ha iniziato ad introdurci con alcune notizie più
precise. Abbiamo poi cominciato ufficialmente in cinque il cammino formativo
nella CM. In questi primi passi Mudji
(che era stata la prima a conoscere l’istituto), ci aiutava attraverso alcuni incontri a cui
partecipavamo tutte. Dopo la morte di Francesca (nel gennaio del 2006), il
nostro cammino formativo è continuato con l’aiuto di
Santina. La motivazione che mi ha spinto a
scegliere la CM in quel
tempo e che ancora continua oggi, rimane
la stessa; fare una scelta che mi aiutasse a “rendere migliore la mia vita di donazione a Dio,
perché lui è buono". Ero certa che questo cammino nella CM, con la
spiritualità e stile che mi veniva presentato, mi avrebbe aiutata a servire, ad
amare e dare il meglio di me stessa. Se la meta è chiara tutto il resto che si fa viene svolto per la gloria di Dio. Oggi attraverso il lavoro che svolgo con i
bambini e l’incontro con la mia gente nella vita quotidiana cerco sempre di tenere presente la motivazione iniziale e di vivere tutto nello
spirito del Sacro Cuore. È una risposta che viene costantemente purificata
attraverso anche cose semplici come ci insegna il nostro statuto: svolgere il
proprio lavoro con serenità, attente all’accoglienza, alla condivisione, alla
gratitudine, valorizzando i momenti di sofferenza, di fatica, senza giudicare e
sentirsi amata, ... ecc. Sono ben consapevole dei miei molti limiti e
alle volte mi chiedo se in questi anni sono cresciuta in questi aspetti o no.
Non mi do nessuna risposta, lascio che siano gli altri che vivono con me e mi
conoscono a giudicare! So che ogni giorno mi impegno, con i miei limiti,
a svolgere costantemente ogni piccola
cosa con grande amore.
Oggi come è
cambiata la tua vita? Lavoro, parrocchia, la tua presenza nella realtà sociale dove vivi …
La mia vita
attuale è con questa famiglia che ho già
presentato: la “Casa di Betania”. Inizio la mia giornata quotidiana con la
messa mattutina, alle volte online o a volte in
presenza nella chiesa del mio quartiere, poi continuo con le
lodi,
leggo e rifletto la Parola di Dio e mi preparo così ad accogliere l'arrivo dei
bambini. Riservo questi momenti di preghiera per me stessa perché so che mi
daranno sostegno ed un aiuto efficace per tutta la giornata.
Nella mia
parrocchia sono ministra dell’Eucaristia e ogni domenica dopo la messa
porto la santa comunione agli anziani ed
ai malati e prego un po’ con loro. Svolgo anche altre attività: leggo la
parola di Dio nella liturgia domenicale ed accompagno i genitori
che vogliono battezzare i loro figli. In casa abbiamo altri momenti di
preghiera che viviamo insieme, seguendo alle volte quanto ci viene segnalato
dalla parrocchia: novene, rosario e varie proposte che viviamo insieme come gruppo. Ogni giovedì partecipiamo all’adorazione
eucaristica online che viene trasmessa da una casa di ritiro qui a Palembang.
A volte
partecipiamo ad altre attività spirituali: seminari o altro programmate nell'arcidiocesi di Palembang o in altre
diocesi. Preghiamo online insieme con le sorelle CM ogni sabato
sera, ritiro mensile ed esercizi spirituali annuali.
I rapporti con
la comunità dove abito sono buoni e si collabora bene; l’ambiente è semplice e
così pure gli abitanti. Insieme condividiamo diverse attività sociali, cose
semplici che però aiutano a conoscerci
sempre di più e a creare un clima fraterno. C'è una collaborazione reciproca
dove anche con noi di “Casa Betania” partecipiamo: la pulizia
dell'ambiente, raccolta di viveri in aiuto a famiglie più bisognose ecc.
Come è vissuta, capita, accettata la presenza
degli Istituti Secolari nella realtà indonesiana in cui vivi? Quali speranze
vedi per il futuro?
Siamo in mezzo al mondo..., cerchiamo di
vivere una vita secolare in mezzo al mondo con lo spirito del Cuore di Dio: in famiglia, con il lavoro, l'incontro con le persone, le attività
sociali , con la comunità dove ciascuna si trova. Nell’ambiente in cui viviamo
la presenza degli Istituti secolari è un po' difficile da accettare e capire,
perché l'Indonesia è abituata a vedere persone consacrate con una divisa e in
comunità. Nella chiesa indonesiana la presenza degli Istituti secolari è riconosciuta a livello giuridico, si sa che
esistono, però è poco capita per lo stile di come si presenta o si vive. Va
anche notato che l'Indonesia con tante isole ha una cultura diversificata e
questa vita di consacrazione è fortemente influenzata dalla cultura locale. Per esempio, nell’isola di Flores è difficile che venga
accettata una presenza di I.S. eppure è l’isola più cattolica dell’Indonesia.
Qui hanno messo le radici un buon numero
di Istituti religiosi oltre ad
avere vocazioni in continua crescita,
tutti però con abiti particolari o divise. C’è stato un I.S. che ha cercato di stabilirsi in quest’isola ma
all’inizio ha incontrato parecchie
difficoltà per non avere una divisa. Alcuni anni fa anche noi come CM abbiamo
voluto conoscere questa realtà da vicino e siamo andate a Flores. Non sono
mancati momenti di incontro sia con i giovani che con persone impegnate nella
chiesa. Ci siamo presentate ed abbiamo spiegato la realtà degli I.S. Dall’espressione di
meraviglia mista a perplessità di chi ascoltava, si è capito subito che stavamo comunicando
loro qualcosa di molto nuovo riguardo a una vita di consacrazione nella Chiesa.
Credo fosse la prima volta che sentissero parlare di istituto secolare. Questo
non ha impedito ai presenti, parroco e giovani, di farci molte domande, sia sui
voti che sul nostro modo di essere testimoni in mezzo alla gente, nel nostro
quotidiano, sul lavoro, come e dove
vivono le missionarie indonesiane … noi abbiamo risposto con semplicità e
chiarezza. Anche il Vescovo locale che ci ha accolte; Monsignor Hubertus Leteng, ci ha ascoltato
con attenzione e disponibilità. Anche lui però ha avuto un’espressione di
meraviglia ed era un po’ sorpreso che
non avessimo alcun segno esteriore o un distintivo che ci definisse
“consacrate”, anche se di un istituto secolare! Per lui, per la cultura locale,
non è ammissibile appartenere ad una congregazione o ad un istituto senza avere
una divisa, un segno che ci distingua
dalla gente comune. In questo ambiente mancavano esempi concreti di vita consacrata secolare.
Era una novità forse troppo audace per
la chiesa locale … La mia speranza è che l’Istituto secolare sia sempre più
accettato in Indonesia con le sue caratteristiche e anche l’Istituto secolare
deve essere aperto ad accettare la cultura locale. Questo esempio che ho fatto
è solamente per capire una delle difficoltà che sentiamo in Indonesia. È solo una condivisione
che ho voluto fare e questo non
significa che la CM debba essere così come loro dicono!!! Noi CM indonesiana dobbiamo essere convinte che la
nostra “identità” di IS è valida ed efficace. Piano piano la nostra
testimonianza, esperienza e convinzione darà il suo risultato. Personalmente
credo che essendo noi le prime della CM dobbiamo sentire la responsabilità e
presentare l’Istituto ovunque, direttamente o indirettamente … e lasciare che i tempi maturino.
Stiamo vivendo un periodo difficile, fragile
a causa dell’epidemia, delle guerre in atto. Quale messaggio vorresti
comunicare ai giovani e ai nostri lettori?
· Mantenere
vivace la nostra fede e lo spirito di vita nonostante le
difficoltà che ogni realtà incontra sul suo cammino.
· Investire tutta
la nostra capacità e tempo per cercare di capire, comprendere, le varie situazioni che succedono nel mondo.
Essere persone che trasmettono ottimismo, con gli stessi sentimenti di Gesù e con l’aiuto della preghiera, del
sacrificio e della carità.
esodo
Raccontaci un po’ la storia
della tua vita: la tua famiglia … l’ambiente dove hai vissuto … i tuoi progetti
ecc.
Mi chiamo Rosa, e da sedici anni sono nella Compagnia Missionaria ... Sono nata 59
anni fa in una famiglia semplice e lavoratrice, nella città di Resistencia,
capitale della provincia del Chaco, una delle provincie del nord dell’Argentina.
Mio papà faceva il Capo cantiere edile e lavorava nel Ministero delle Opere
pubbliche della Provincia. Mia mamma, ora in pensione, era docente. Sono la
prima figlia di tre fratelli. Attualmente vivo con mia mamma e con mio fratello
e la sua famiglia. I miei ricordi dell’infanzia sono felici, era un tempo dove
c’era anche la presenza della mia nonna paterna. Trascorrevo i miei giorni tra
giochi e studio con altri bimbi vicini, amici, compagni di scuola e cugini ...
Senza dubbio, il fatto di avere saputo che i miei genitori mi avevano battezzato
dopo tre giorni dalla nascita ha significato per me un regalo del Signore.
La conoscenza di Gesù cominciò
formalmente con la partecipazione al catechismo, quando già avevo nove anni.
Ringrazio Dio per questi due punti luminosi della mia vita: la catechesi e la
cresima. Conoscere Gesù attraverso il Vangelo, la sua Parola è stata
un’esperienza straordinaria e appassionante che mi ha portato a cercare sempre
di più una maggior conoscenza e intimità con Lui. La sete che Gesù aveva
svegliato dentro di me mi diede l’impulso di partecipare ai gruppi dei giovani
della Parrocchia. Alternavo le mie attività parrocchiali con le giornate di
studio nella scuola secondaria (Liceo) e più tardi all’università.
La
tua vocazione: come è nata? Che cosa ti ha spinto a scegliere la Compagnia
Missionaria?
La chiamata per diventare
“missionaria” è stata presente nella mia vita fin da giovane perché nella mia
parrocchia c’erano i Sacerdoti Missionari Redentoristi che organizzavano piccole missioni di
evangelizzazione nel quartiere e nelle aree più lontane. Una volta finita
l’università, ho anche partecipato, alle missioni rurali con un gruppo
missionario della diocesi. Le missioni mi hanno sempre creato un certo timore,
ma sentivo anche un certo impulso interiore che mi spingeva a partecipare con
molte aspettative e allegria ...
Appena mi sono laureata in
biochimica, ho cominciato a lavorare intensamente nella mia professione ...
Ricordo che una amica mi invitò a partecipare a un ritiro spirituale
organizzato dai Padri Gesuiti, ritiro che era conosciuto come “Esercizi
spirituali di Sant’ Ignazio”. Questo ritiro è stato molto importante per la mia
vita, come si suole dire qui da noi, “ha segnato un prima e un dopo...”
Prima di sentire la chiamata di
Dio che cominciò con l’accompagnamento spirituale, frequentavo la chiesa come una semplice fedele laica aperta al
matrimonio o a una vita sola come faceva ogni donna. Quando Dio mi ha
confermato la chiamata e mi ha dato questa certezza ho cominciato a guardare
alla mia vita e mi sono resa conto che molte cose Lui aveva fatto per me,
preparando questo cammino.
In questa tappa il Signore
cominciò a lavorare in me attraverso delle persone, fatti, eventi, esercizi
spirituali e soprattutto un accompagnamento spirituale privilegiato per arrivare
poi alla Consacrazione a Dio. Qualcosa di impensato, fuori dai miei progetti,
succedeva che ... con il passare del
tempo, si andava confermando questo discernimento vocazionale e Dio mi stava
portando per questo cammino come viene descritto nel libro dell’esodo del
popolo ebreo.
... Finalmente arrivai alla Compagnia
Missionaria del Sacro Cuore con una grande aspettativa e illusione ...
Nella misura in cui partecipavo
e conoscevo l’Istituto andavo convincendomi che era questo il posto che Dio
aveva scelto per me. Il Sacerdote Gesuita che mi aveva accompagnato
spiritualmente e l’Abbadessa delle Clarisse di Resistenza, furono le persone
più significative che mi aiutarono come fedeli strumenti di Dio in questo
cammino vocazionale. Parlando di discernimento vocazionale devo confermare
che è uno strumento della Chiesa che mi
ha molto aiutato a scegliere il cammino esatto per me.
Uno sguardo alla tua vita
attuale
La mia vita attuale si svolge
in famiglia, nella Compagnia Missionaria e più di tutto nel mio lavoro. Nella
parrocchia ho un piccolo impegno alla celebrazione della Messa. Ho un ritmo di vita abbastanza intenso. In casa
ho la mamma anziana che con i suoi 88 anni di vita sacrificata e donata alla famiglia, con la sua presenza
riempie il mio cuore. Il mio lavoro da me gestito (nel mio laboratorio che è
ubicato vicino alla mia casa), mi permette di rimanere con lei quando ha
bisogno; svolgo il mio modesto servizio nel campo sanitario. Data la crisi
economica del paese siamo, in un certo senso, obbligati a lavorare di più per
poter sussistere…
Durante la pandemia come gruppo CM ci siamo sentite aiutate dallo
Spirito Santo per poter mantenere i nostri programmi di incontri e per non
spezzare i momenti di comunione che ci legano tra noi. È stato molto importante
poterci riunire in forma virtuale, una volta al mese con le nostre sorelle del
Cile, recitare anche il rosario una volta alla settimana, usare cioè questi
mezzi tecnologici con creatività, per poter condividere questo tempo incerto
dovuto alla pandemia ci ha fortificate nella comunione e come Famiglia CM.
La
Sede Centrale CM di Bologna! Qualche
hanno fa hai avuto modo di tornare alle nostre “radici” e conoscere questa
realtà. Le tue impressioni?
Ricordo con molto affetto il
primo viaggio in Italia, per partecipare all’Incontro delle “giovani
consacrate” nell’anno 2012. È stato meraviglioso poter conoscere le nostre radici
e poter condividere con le sorelle di altri paesi … sentire così viva l’azione
dello Spirito Santo che ci permetteva di comunicare tra di noi … nonostante le
lingue diverse ed anche conoscere di persona P. Albino nostro fondatore … è
stato tutto un gran regalo di Gesù attraverso la Compagnia Missionaria.
In
questo tempo così incerto di pandemia e
di guerra quali sono le sfide che ti sembrano più importanti?
In questo tempo in cui sembra
che stiamo uscendo dalla pandemia, tra le tante sfide importanti che si
presentano vedo: la necessità di creare un clima e iniziative che ci aiutino
a ritornare alla normalità, poter ancora
presenziare di persona ai vari eventi, poter progettare di nuovo ritiri,
incontri, viaggi … la necessità di
affrontare il futuro, con coraggio e speranza, anche se l’ombra dell’epidemia
e isolamento è sempre presente …
In ogni modo, penso che la
nostra Madre Chiesa ci guiderà nei passi che dovremo dare. A livello di
Istituti c’è stato un passo importante: si è già ritornati a programmare e
organizzare la Conferenza degli istituti Secolari Argentina, incentivando la
formazione delle varie comunità secolari per ogni regione. È un grande sogno
che ha il suo processo…
I tuoi sogni futuri…
Il mio sogno futuro e la mia
preghiera di ogni giorno, è quello di poter essere fedele al progetto di Dio su
di me … conto sulla sua Parola … Esodo: “Io
manderò un angelo davanti a te, perché ti protegga nel cammino e ti conduca
fino al posto, che ti ho preparato” (Es. 23,20).
per un francobollo
Abito sull’appendice del Lago
di Como, a Novate Mezzola, e dalla mia casa vedo il lago. Vista che mi
riconcilia la mente. Sono in pensione da due anni, dopo quasi quarant’anni di
insegnamento nella scuola, ma anche dopo tante esperienze lavorative iniziate a
tredici anni e mezzo, appena finita la terza media. Ho sempre lavorato e
studiato, forse per ambizione, forse spinta da una ricerca di senso che mi accompagna da bambina.
Ero a un
corso di esercizi spirituali nel 1990, quando in una pausa tra una meditazione
e l’altra mi avvicina una signora. Mi chiede di accompagnarla in paese a
comprare dei francobolli. Ero proprio stanca, volevo dire di no. Ma sì, un
piccolo atto di carità non sta mai male, mi sembrava così disorientata,
bisognosa di chiacchierare un po’. Era Rosanna Testa, la nostra missionaria. E
così per un francobollo ho conosciuto la Compagnia Missionaria del Sacro Cuore.
Per poco nascevo in Argentina!
I giovani
del mio paese che si sposavano dopo la guerra avevano una preoccupazione: i
loro figli avrebbero dovuto avere un avvenire migliore, soprattutto non
dovevano morire per le polveri della miniera. Arbus, il paese dove sono nata,
viveva soprattutto del lavoro della miniera di Ingurtosu e Montevecchio, così
quando i miei genitori si sono sposati hanno subito fatto domanda per emigrare
in Argentina. Mio papà era il più piccolo dei figli, e mia nonna aveva già
perso una figlia da bambina (che era la gemella di mio papà) e un figlio in
guerra, in marina. È mia mamma che mi raccontava come mia nonna si fosse
attaccata al rosario, e, un’Ave Maria dopo l’altra, è riuscita a far chiudere
le frontiere argentine all’immigrazione. Così nel 1952 sono nata in Sardegna,
ad Arbus in una casa costruita ancora di mattoni crudi. Ma a sette mesi ero già
sul traghetto, migrante, non in
America, ma nell’Italia settentrionale, a Parma.
A Parma risalgono i miei primi ricordi, e la prima
consapevolezza della fede. Certo una
“fede bambina”, ma che ricordo come esperienza profonda e radicata
affettivamente. Sopra al letto dei miei genitori c’era un’immagine del Sacro Cuore
in rilievo, con una mano che sporgeva e dove mia madre mi faceva trovare al
mattino una ciambella di pastafrolla. Poi un crocifisso di metallo, che quando
avevo la febbre mi teneva compagnia (povero Gesù, gli avevo spezzato le gambe
facendolo cadere), poi il Gesù deposto,
non so in quale chiesa che mia mamma frequentava. Lì un ricordo nitido, i piedi
di Gesù: «Mammina, posso portare le mie
scarpette rosse a Gesù?».
Non so come
possono essere letti questi episodi da chi ha esperienza di vita spirituale, ma
per me segna la continuità di una fede
affettiva che è andata maturando in tutta la mia vita. Forse il dono di un seme di senape!
Mia sorella
Rosanna è nata a Parma, e questa volta era lei in fasce, a fare il viaggio di
ritorno sul traghetto! Mio papà si era ammalato, il clima umido della Val
Padana comprometteva la sua salute. Quindi ritorno in Sardegna, profughi di
ritorno! E tutto da ricominciare. Nella vita dei miei genitori ci sono stati
undici traslochi. Una continua migrazione interna. I primi spostamenti
rappresentavano un miglioramento: da una vecchia casa nel centro storico di
Cagliari, fino a un bell’appartamento in una piazza prestigiosa dove i miei avevano
un laboratorio di sartoria che aveva una clientela numerosa. Poi il declino,
crisi economica, ritorno al paese, niente lavoro e emigrazione a Milano, prima solo io e mia mamma, dopo qualche anno
anche mio papà e i miei fratelli (intanto erano nati mio fratello Antonio e mia
sorella Daniela).
A Milano io
e la mia famiglia abbiamo condiviso la condizione degli immigrati del Sud.
Sorvolo il racconto. Nella metà degli anni ’60 bisognava superare diffidenza,
pregiudizi, emarginazione…, attraversare l’esperienza della disoccupazione,
della ricerca del lavoro adattandosi a quello che si trovava.
Da bambina
avevo un forte desiderio di studiare. A rivedere oggi la storia di quegli anni
non so davvero dove abbia trovato la forza e la caparbietà di oppormi agli avvenimenti:
avevo cominciato a lavorare a tredici anni e mezzo, poi dopo un anno mi sono
iscritta al liceo classico e ho sempre continuato a lavorare e studiare.
L’esperienza
del ’68 aveva mosso le acque, abbattuto barriere sociali, ma il grande fermento
di idee, di bisogno di rinnovamento comportava per chi era adolescente un forte
disorientamento. Quegli anni erano un vaso
di Pandora scoperchiato: tutti i beni e tutti i mali circolavano liberi.
Il buio della fede
Certamente
l’esperienza vissuta in famiglia mi aveva reso sensibile alle istanze di
giustizia sociale. Non avevo mai sentito parlare di dottrina sociale della
Chiesa. Quel mondo “religioso” che vivevo, fatto solo di precetti, non dava più
risposte alle mie domande esistenziali. La religione
mi sembrava un retaggio culturale da cui liberarsi. Ma da questa crisi si è
sviluppata la profonda ricerca di senso:
un cammino, il mio, che non ha percorso vie
ma sentieri! La passione politica
vissuta dalla contestazione giovanile mi ha affascinato ma non travolto. Troppe
incoerenze di vita, incongruenze di pensiero. Quindi l’incontro con l’Oriente,
la ricerca a partire dall’interiorità.
Venite e gustate quanto è buono
il Signore… Il Signore si fa trovare da chi lo cerca con cuore sincero
Avevo tra i
17 e 18 anni quando il mio pensiero era animato dall’idea che se c’è qualche
cosa di veramente VERO, BUONO, AUTENTICO l’uomo può farne esperienza. I
versetti dei salmi mi davano una conferma. È possibile INCONTRARE DIO? Farne
esperienza?
Ho cominciato a occuparmi di religioni, interessata soprattutto ai testi sacri, Bibbia compresa.
Per questo quando ho dovuto scegliere la facoltà ho optato per Lettere antiche, pensavo che la parola, più che la filosofia, portasse
alla rivelazione profonda dell’uomo. Rivelazione che dovevo cercare nelle
lingue dei testi sacri. Avevo anche iniziato a studiare ebraico e sanscrito, ma
poi ho dovuto abbandonare questi studi per motivi di salute: come i più mi devo
accontentare delle traduzioni.
Durante un
corso di meditazione buddista, tenuto
in una casa di Esercizi spirituali, mi ritiravo nella cappella, dove mi
sembrava di concentrarmi meglio. E nella cappella il coro delle due suore
francescane che pregavano ha attraversato il mio cuore: …ETERNA è LA SUA
MISERICORDIA …ETERNA è LA SUA MISERICORDIA …ETERNA è LA SUA MISERICORDIA …
I miei
occhi si riempivano di lacrime, un lavacro
di lacrime. Uscita dalla cappella sapevo che volevo la Chiesa.
Da quel giorno sono passati
circa vent’anni prima di incontrare la Compagnia Missionaria, ma quando ne ho
letto lo Statuto, mi sono riconosciuta.
La vocazione
Quando è
nata allora la “vocazione”? Ho ricordato quei momenti della mia prima infanzia
che sento significativi nella mia identità di fede. Credo che in me vocazione sia stata, ed è, un anelito
all’Assoluto, al Tutto: questo anelito era un faro,
luce che mi ha guidato all’incontro col Cristo nella Chiesa. Incontro capace di
fare sintesi della passione per Dio e della passione per l’uomo. E l’ingresso
nella Compagnia Missionaria ha segnato l’inizio di una nuova consapevolezza: la
missione è cantare la misericordia di
Dio¸ non quanto io sono brava, ma quanto è buono con me il Signore.
… per ricapitolare in Cristo
tutte le cose
In
questa luce ha riacquistato significato tutta la mia storia: gli studi, fatti
nella fatica del
lavoro, la nascita di mia figlia, dei miei nipoti, la
professione come insegnante nella scuola. E oggi, nel tempo della pensione, mi
faccio incontrare dagli eventi: non ho più resistenza alla fatica, mi rendo
disponibile a mantenermi accogliente a ciò che mi raggiunge da vicino per
vivere nella solidarietà e condivisione di ciò che sono.
I sogni per il futuro e il mio
messaggio per i giovani di oggi
I miei sogni
per il futuro coincidono col messaggio che vorrei passare ai giovani: conservare la capacità di sognare, di
desiderare cose grandi. La speranza non è vana, ci fa intravedere orizzonti
di Bene anche dove sembra prevalere il male. Ogni bene possibile è una tessera
di quel grande mosaico che è il Regno di Dio. Non siamo soli, siamo Corpo di Cristo in forza dello Spirito Santo!
una storia d'amore
Questa storia è iniziata a Chorense-Terras
de Bouro-Braga-Portugal, quando António
Ferreira ha chiesto a Maria Angelina
Gonçalves di sposarlo. Lei, anche se aveva in cuore il sogno di farsi
suora, ha capito che il piano di Dio era un altro e ha accettato. E cosi sono
diventati i miei genitori!
Sono nata in una notte fredda del 24 gennaio del
1946, nel piccolo paese di Saim – Chorense, la prima di otto figli. Una “bella
bambina”, come mi diceva chi mi ha conosciuta da piccolina, che nel pomeriggio
del 10 gennaio di 1948, ha preso l’iniziativa di giocare con le ceneri del
focolare e,….svegliate le braci, ha preso fuoco al vestitino… E cosi, la storia
ha cambiato direzione: accolta da parenti di mia
mamma (cugini ), che hanno voluto
curarmi, la mia crescita si è svolta a Braga, dove loro abitavano. È da loro
che ho ricevuto tutto quello di cui avevo bisogno per sopravvivere fisicamente,
ma anche tutta l’educazione umana e spirituale. Dopo i miei genitori, questi
parenti (tre sorelle e un fratello), sono le colonne della mia vita. Oltre alla
preparazione intellettuale, mi hanno avviato all’ iniziazione cristiana.
Braga è una città bimillenaria, di cultura romana e cristiana. E questo
ha influito nella mia personalità. I corsi Commerciali, che ho frequentato,
sono stati la base per aprire i miei orizzonti umani e spirituali.
Famiglia Gonçalves Ferreira 1970
La vocazione
Spronata dalla testimonianza di bontà di questa famiglia che mi aveva
accolto, mi sono aperta alle necessità del mondo, concretamente ai più deboli:
i bambini, gli anziani, i lontani da Dio. Cosi, mi ricordo che ero ancora
piccola (5 o 6 anni), quando presi una decisione: “Quando sarò grande, avrò
cura dei bambini abbandonati!”. E le circostanze mi portavano a fare piccoli
servizi a persone anziane e ad ascoltarli, ma anche ascoltare persone che
avevano problemi familiari. E mi dicevo: ”Ma non so che cosa dire loro! Perché
mi raccontano i loro problemi se io sono piccola e non so rispondere
niente?...”. E guardando le immagini dei
santi, mi dicevo: “Voglio essere come loro! Se loro sono diventati santi,
anch’io potrò esserlo!”. E cosi, sono cresciuta sognando progetti. E tutto
quanto studiavo, anche le cose più difficili (Economia Politica, Diritto
Commerciale, Contabilità soprattutto...), era indirizzato a comunicare agli
altri. E così è nato il sogno di essere insegnante per aiutare
i giovani. E mi sono trovata a sognare di vivere questo progetto con un
gruppo di ragazze che pensassero come me, cioè
insegnare e aiutare i giovani.
Allo stesso tempo, sentivo dentro di me il sogno di vivere come le suore
(a Braga c’erano tanti Istituti Religiosi…), ma non volevo vivere chiusa in un
convento e avere un abito come loro; volevo passare sconosciuta nel mondo e che
nessuno sapesse dei miei sogni. E cosi sono cresciuta a Braga fino ai 17
anni.
Dopo avere vissuto due anni a Porto per studiare nell’Istituto Superiore
di Contabilità, mi sono trasferita a Lisbona
per continuarli gli studi. È in questo periodo – 1965/1967 – che ascoltando le
notizie alla radio, soprattutto di omicidi nelle famiglie, che sento gli
appelli alla donazione di me stessa a Dio e ai fratelli. Non era più sufficiente
essere insegnante o fare opere (orfanatrofi, ecc.) per aiutare i più deboli…
Qui è entrato il pensiero dell’ Oblazione a Dio per i fratelli: cosi lo ha
definito il mio confessore, Padre Paolo Riolfo, SCJ. E mi ha presentato la
COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE, che era a Bologna. E cosi per me è
diventato chiaro: essere nel mondo senza essere del mondo. Un Istituto Secolare.
In seguito, Padre Giulio Gritti scj, mi ha confermato: questa è la tua
vocazione. Avevo 20 anni. E mi sono
preparata per andare in Italia, all’inizio del 1967, anche affrontando
l’opinione contraria della mia Famiglia….
La Compagnia Missionaria, invece, ha deciso di venire in Portogallo… È
cosi che, nel 13 ottobre del 1967, la CM dà inizio a un gruppo a Porto e io
sono accolta il 22 dello stesso mese da Padre Albino Elegante, il Fondatore.
Era la Giornata Mondiale delle Missioni.
Ho iniziato la formazione per vivere la consacrazione:
è Teresa Carvalho, come responsabile di gruppo, ad aiutarmi a fare i primi
passi. L’anno seguente (1968) arriva dall’Italia Marta Bartolozzi, come responsabile
di formazione. E cosi, con il suo aiuto e del gruppo e di tutta la CM, rinforzata dallo Spirito Santo, arrivo al momento della emissione dei voti:
29 settembre 1972.
Concretamente, come vivo la mia Vocazione?
Dopo l’emissione dei voti, ho continuato la formazione con la
riflessione, la preghiera e lo studio. E svolgo anche attività professionali (Insegnamento di Religione e Morale, Segretaria nel
Seminario Maggiore) e di Apostolato (catechismo in parrocchia, incontri per
adolescenti e giovani).
Anche la CM sogna e decide progetti per rispondere agli appelli di Dio
nei fratelli. Dopo il Mozambico, si fanno passi
per l’America Latina: Brasile, Argentina, Cile, e io mi offro per fare parte di
un gruppo. In seguito, mi viene chiesto di fare parte del gruppo CM in
partenza per il Brasile. Dico il mio SI. È un SI nel buio, ma lo dico
consapevole che la cosa più importante che andrei a fare, non sarebbero state
le attività professionali e di apostolato, ma il vivere l’Oblazione in ogni
momento. E cosi siamo arrivate a San Paolo, il 19 settembre 1980! Le prime:
Santina, Edvige e io.
La Parrocchia dei Padre Dehoniani, a San Paolo, dove ci siamo state
inserite, mi ha chiesto subito di entrare nelle attività di apostolato nelle
scuole e nelle Comunità Ecclesiali di Base. Era il 1980! In questo anno, anche
se il Brasile viveva già un certo clima di democrazia, la paura della dittatura
era ancora presente. E i più poveri, oltre all’ estrema povertà materiale,
vivevano nell’ analfabetismo e nell’ oppressione, soprattutto nelle zone
rurali. E cosi le “Favelas”, nelle grandi città come San Paolo, crescevano
sempre più. Di tutte le necessità che mi furono presentate, la più forte era questa: le scuole statali non seguivano i
bambini poveri, li lasciavano da parte e, per questo, non progredivano. Come
conseguire una professione degna senza un diploma scolastico?
Per rispondere a questa domanda, nella Comunità di Base dove mi trovavo
ad aiutare, è quindi nata la decisione di organizzare una Pre-Scuola per i
bambini più poveri della “favela”, aperta anche ad altri che erano nella stessa
situazione. Una Pre-scuola che preparasse i bambini con il minimo per
affrontare la scuola elementare statale: leggere, scrivere, matematica,
conoscenze dell’ambiente, ecc. Con un supplemento alimentare naturale (con
tutte le qualità di nutrienti necessari), per 3 anni, i bambini imparavano bene
e crescevano sani! In seguito, anche i loro genitori chiesero di avere la
stessa preparazione per progredire nel loro lavoro. E cosi, alla sera anche gli
adulti venivano alla scuola.
Oltre a questa attività professionale, mi è stato chiesto un aiuto anche
per il catechismo (bambini e adulti) e incontri di formazione biblica e
vocazionale.
Come CM, la vita di gruppo, missionarie e familiares, ha rinforzato
sempre la mia consacrazione. Anche a livello di Istituti
Secolari, mi è stato chiesto di fare parte del Consiglio della
Conferenza Nazionale, come Segretaria, e poi a livello Regionale di San Paolo,
anche come segretaria. Questi impegni mi hanno permesso di avere una visione
generale della vita consacrata secolare nel Brasile e nel mondo, di essere a
contatto, anche personale, con membri di vari Istituti. Mi sono sentita di fare
parte di una grande Famiglia.
Sono stati 20 anni (19 settembre 1980-18 dicembre 2000) di donazione
nella Oblazione. Intuivo, prima di partire, che la mia vita in Brasile non
sarebbe stata tanto importante nel fare attività, ma vivere ogni momento in
spirito di Amore e Oblazione... E cosi è stato!... Ed è stato cosi per la Compagnia Missionaria in Brasile: ogni membro del gruppo
(io, Santina Pirovano, Edvige Terenghi, Antonia dell’Orto, Giuseppina Martucci,
Luciana Battistello) ha fatto questo cammino
di offerta quotidiana.
Questa è stata la nostra risposta all’appello del popolo brasiliano, in tanti
modi diversi secondo le attitudini di ciascuna… E continua ancora dopo quarant’anni, perché le relazioni che
si sono costruite continuano vive tramite i mezzi informatici.
Quest’anno, la CM ringrazia il Signore perché, quaranta anni fa, ha iniziato a
dare vita alla missione con il Popolo del Brasile.
E noi, di questo gruppo, ringraziamo il Signore che ci ha chiamato a
vivere questa missione! Missione sempre viva nel nostro cuore perché gli
appelli continuano, anche se non siamo più presenti fisicamente!
La mia vocazione oggi
Ora, dal 1 febbraio 2004, io sono a Lisbona
inserita nella pastorale della Chiesa Locale, ma il mio cuore è del mondo e nel
mondo: “Si cerca cuori uguali al Suo…”,
diceva Padre Leon Dehon, cuori come il Cuore di Cristo che è stato trafitto per
tutta l’umanità! Faccio questo cammino con il mio gruppo CM di Porto e il gruppo
familiares CM di Lisbona.
E ringrazio il Signore che, tramite la mia famiglia, la Chiesa, la CM,
il mondo, continua a scrivere in me questa STORIA
DI AMORE, per vivere l’Oblazione a Dio per i fratelli, secondo lo Statuto
della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore.
questo è il mio posto
Intervista a Giannina Cereda
Uno sguardo alla tua vita: presentati … la tua famiglia … le
tue prime esperienze … l’ambiente dove hai vissuto … il tuo lavoro … ecc.
Mi chiamo Giannina Cereda di anni 80 di cui 55 nella CM.
Sono nata a Concorezzo (Mi). La mia
famiglia composta di mamma e papa e otto fratelli, io sono la quarta.
Situazione familiare semplice e umile, solo il papà lavorava in una ditta dove
si faceva l’olio non commestibile. In quel tempo non avevamo la possibilità di studiare, finita la quinta
classe si cercava un lavoro.
Io sono entrata in una fabbrica di tessitura a 13 anni. Ho
imparato a far funzionare le macchine che facevano l’elastico e il grogrè; ne avevo 50 da guardare, sono rimasta 14 anni. Era un lavoro semplice
ma che esigeva molta attenzione. Facevo i turni dalle ore 6 alle 14, e dalle 14 alle 22.
Frequentavo la parrocchia, l’oratorio, la catechesi e
attività varie. Alla domenica avevo la responsabilità della Buona Stampa, si
andava nelle famiglie a portare le riviste o i giornali, quelli che le famiglie
avevano già prenotato. Avevo formato un gruppo di giovani che mi aiutavano dopo
la messa a fare questo lavoro. Anch’io andavo, suonavo i campanelli mi
accoglievano e alcune volte mi offrivano qualche cosa, e intanto si
chiacchierava e si dialogava, ci
confidavano qualche loro preoccupazione, difficoltà del momento e cosi via. Era
bello quando ti confidavano i loro problemi dopo li vedevi sorridere e ti
ringraziavano. Poi mi riunivo con le
giovani per sentire se avevano incontrato qualche difficoltà.
Come è nata la tua vocazione:
come è nata? Perché nella Compagnia Missionaria? La tua partenza per il
Mozambico e rientro in Italia …
Il desiderio di una consacrazione la vivevo dentro di me da
molto tempo , ma era un segreto mio. Avevo un gruppo di amiche con le quali lavoravo sia nella parrocchia che
all’oratorio. Partecipavamo agli incontri di formazione dell’Azione cattolica e
tutti gli anni nel tempo delle vacanze si frequentava un corso di Esercizi
Spirituali. Alcune di queste amiche presero la loro decisione e chi da una
parte e chi dall’altra entravano in convento e si realizzavano. La mia non
decisione era che non volevo la divisa e il velo. Dopo un certo tempo andai a trovarle nelle
loro case e a vederle tutte contente e gioiose chiedevo se era vero quello che
vedevo. Mi invitarono a fare questa
esperienza, avevano capito che ero interessata a questa vita ma non sapevano la
mia difficoltà. Dopo queste visite dicevo sempre di no, non è questo il mio
posto.
Una domenica mentre stavo
facendo il lavoro della buona stampa, si sono presentate due signorine che mi
invitavano ad andare con loro nelle famiglie per far conoscere la loro
rivista. Mentre andavamo da una casa e
all’altra si dialogava per una conoscenza reciproca. Ci siamo presentate e loro
erano due missionarie che abitavano a Bologna. Da li è nata una certa curiosità
nel sapere che cosa facevano. Siamo state assieme fino a mezzogiorno, prima di
lasciarci mi hanno invitata a Bologna, per saperne di più. Subito ho detto di
no, perché per me Bologna sembrava alla fine del mondo. Ma dentro di me era
nato qualcosa. Abbiamo incominciato a
scriverci ed ho dialogato con il mio direttore spirituale. Poi è arrivato il giorno nel quale mi sono
decisa a prendere il treno e ad andare a Bologna. Ricordo che quando sono arrivata sul cancello della casa ed ancora non
conoscevo niente, mi sono detta, questo è il mio posto. Li ho sentito la voce
del Signore che mi dava forza e serenità. Non è stato facile comunicarlo anche
alla mia famiglia che sarei andata a Bologna in un Istituto Secolare. Ancora
non si conosceva chi erano che cosa facevano … un po’ alla volta si sono
convinti e, prima di decidere il posto ho portato l miei genitori a Bologna per
vedere il luogo. Anche loro, dopo aver parlato con i responsabili mi hanno
detto “è questo quello che hai scelto, vai” e da lì ho cominciato la mia preparazione.
Da quando ho conosciuto le missionarie e la mia partenza
definitiva per Bologna è passato un anno. Entrata nella Compagnia Missionaria
ho ripreso in mano i libri dopo 13 anni … poi ho fatto un Corso di Economia
Domestica e Cucina. Nel frattempo, lavoravo in casa, in segreteria per la
spedizione del nostro giornalino.
Portavo nel mio cuore il desiderio di fare un’esperienza in
missione. Passavano gli anni e l’Africa era sempre lontana. Poi mi sono
convinta che anche stando in casa compiendo le attività giornaliere ero
missionaria ugualmente. Un bel giorno, parlando con la Presidente, ho detto.
“Quest’anno compio 50 anni o parto ora o non ci vado più”. Lei mi ha guardata e
mi ha detto: “Scrivi la domanda”. Così è stato.
La mia partenza per il Mozambico è avvenuta il 6 maggio
1990. Sono arrivata a Maputo (la capitale) quando c’era ancora la guerra;
girando per la città si vedevano molti negozi ma tutti vuoti. Tante persone
anziane che chiedevano qualche cosa, in particolare, da mangiare.
Quando si arriva in missione normalmente si impiega un po’
di tempo per conoscere l’ambiente ed il contesto di vita. Dopo ho iniziato a
lavorare nella Caritas Parrocchiale “Nossa Senhora das Vitorias” facendo
visita agli ammalati ed alle famiglie assieme ad altri collaboratori. Dopo sono stata invitata ad
un incontro della Caritas Diocesana dove
mi hanno fatto tre proposte: lavorare con gli ammalati, con le famiglie povere
e con i ragazzi di strada. Con la Caritas Parrocchiale abbiamo deciso di
dedicarci ai ragazzi di strada.
La prima cosa che abbiamo preparato nel giardino della
parrocchia sono state due grandi stufe di argilla per preparare un pasto al
giorno per questi ragazzi. I collaboratori che conoscevano la situazione di
povertà hanno individuato i ragazzi da accogliere. Si è iniziato con circa 80
ragazzi che pian piano sono diventati un centinaio e più. Questa distribuzione
era fatta dal lunedì al venerdì perché il sabato e la domenica gli ambienti
erano occupati dalle persone che frequentavano la catechesi e la preparazione
delle celebrazioni domenicali. Questa attività è durata per alcuni anni.
Insieme agli altri collaboratori si è pensato di offrire ai ragazzi che
frequentavano la mensa, dei corsi di alfabetizzazione e scolarizzazione dalla
sesta all’ottava classe. Con la fine della guerra molte famiglie e ragazzi sono
potuti rientrare nelle loro terre di origine e non c’era più l’esigenza di
continuare la mensa ma era diventata più urgente una preparazione culturale.
Il luogo dove svolgevamo queste attività iniziava a diventare
piccolo e stretto per cui si è cercato un terreno per costruire una Scuola Comunitaria. Si è iniziata la
costruzione nel 1995 e, con l’aiuto della Provvidenza e di tante persone
generose si è riuscite a inaugurare la Scuola nel 1997 ed iniziare le lezioni
dalla sesta alla nona. In seguito si è arrivate fino alla dodicesima classe (il
nostro Liceo). Si sono utilizzati gli spazi della scuola anche per corsi di
Inglese e computer.
Si sono messe a disposizione della parrocchia nei fine
settimana le sale per catechesi, incontri formativi e per le riunioni del
Consiglio Pastorale ecc.
Dopo quasi trent’anni di Africa sono ritornata in Italia. Mi
hanno richiamata per collaborare a fare assistenza ad una missionaria anziana
con problemi di memoria e per collaborare nel lavoro a Monguelfo.
Quando si ritorna dalle missioni dopo tanti anni, è
difficile trovare un inserimento nel nuovo ambiente, se poi c’è l’età avanzata
e qualche problema di salute … Io ho dato la mia disponibilità a Dio e alla CM
ma è limitata perché sto sentendo che le mie forze sono diminuite con qualche
acciacco in più.
Attualmente quali sono le sfide
che ti sembrano più importanti per la tua vita e per la vita della CM? Dove
vedi fragilità e dove potenzialità?
In questo periodo sento fortemente il desiderio di una
formazione permanente umana e spirituale che alimenti la mia e la nostra
vita. La preghiera rimane sempre un
punto importante. Rimane la nostalgia per le liturgie africane e il desiderio di
continuare a coltivare alcune relazioni con le persone.
Vedo la fragilità nel partecipare agli incontri o nel
coltivare relazioni in questo periodo della pandemia che limita molto.
Le potenzialità le vedo nella vivacità dei gruppi CM nei
vari Paesi del Sud del Mondo e nella Organizzazione di Volontariato Guardare
Lontano che sta aiutando tante situazioni di persone in difficoltà.
Parliamo molto di comunione e
missione. Come declineresti concretamente questi aspetti importanti per noi
membri CM.
Non è facile vivere concretamente la nostra comunione per
vari motivi ma siamo chiamate anche dal nostro Statuto a continuare a costruire
e ricostruire con il perdono reciproco la comunione perché la missione parte
per primo dalla comunione tra di noi. E’ importante mantenere la fiducia e la
speranza che solo con la comunione in Dio e, come dice Papa Francesco, se
crediamo che siamo continuamente perdonati (misericordiati), siamo chiamate ad
essere misericordiose tra di noi.
Chiesa in uscita e periferie
esistenziali … pandemia …: come possiamo declinare concretamente i suggerimenti
che ci vengono dal Magistero di Papa Francesco?
La mia vita missionaria in
Africa – Mozambico, a Maputo è stata contrassegnata da un servizio alle persone
delle periferie esistenziali ed a una chiesa uscita e questo è stato un grande
dono per me e per noi della CM. La continuità di quel servizio è passato ora
nelle mani delle mozambicane che danno continuità a ciò che abbiamo iniziato.
Dove trovi la forza per
continuare questa tua missione?
Nella preghiera. Il nostro Statuto al n. 64 dice che: “la
preghiera è un dialogo di amore con Dio … e resta un mistero vitale che ci
interpella”. Il n. 67 dice che: “anche se siamo immerse in una intensa attività
dobbiamo saper trovare spazi di preghiera che ci aiutano a rimanere in comunione
con Cristo”.
Nella comunione. E’ un altro valore da vivere assieme per
essere portatrici di solidarietà, condivisione in mezzo ai fratelli e alle
sorelle.
Voglio dire il mio grazie al Signore per la chiamata alla
vita di consacrazione nella CM.
una vita... un cammino
Intervista a Albina Pinho
Bina
puoi presentarti , raccontaci la tua vita..la tua storia?
Sono nata
nel mese di marzo del 1956, in un piccolo paesino chiamato Santo Tirso del
comune di Porto (Portogallo) in
una famiglia con sette figli.
Mi sento
benedetta per essere nata in una famiglia umile, semplice e cristiana, molto
impegnata nel lavoro e nelle cose più semplici della vita quotidiana. Il lavoro
nei campi era l’occupazione giornaliera de miei genitori e dei fratelli
maggiori. Da qui veniva il sostegno per la casa e per tutto quanto era
necessario per vivere. Dopo aver terminato il quarto anno di scuola elementare
chiesi ai miei genitori di imparare a cucire. Loro mi diedero il permesso e così
cominciai un percorso di vita diverso da quello dei miei fratelli e da quanto
era normale svolgere in quel tempo. Eravamo negli anni sessanta. Sono stata
educata in una famiglia cattolica praticante e i miei genitori, pur avendo
tanto lavoro, accettavano con molta disponibilità di collaborare alle attività
della parrocchia. Avevo diciotto anni quando, avendo ormai un po’di
preparazione nell’ambito del cucito, riuscii a trovare lavoro in un fabbrica di
confezioni, vicino a casa mia. Questo mi diede la possibilità di apprendere
altre cose e di entrare meglio in questo campo ormai già industrializzato. Dopo
sei anni cambiai di nuovo inserendomi in un'altra industria dove mi affidarono
la responsabilità di insegnare il lavoro a sessanta donne. Questo fu un incarico
molto serio e impegnativo perché dovetti
affrontare diverse sfide come: difendere le mie colleghe quando i responsabili
del settore esigevano una forte produzione e il poco tempo a disposizione non
lo consentiva, richiedere un salario giusto, uguale per tutti, pagare onestamente le ore straordinarie, ecc.
Sono stati due anni di grande impegno e fatica, soprattutto per chi come me,
non aveva grande esperienza del mercato di lavoro, ma è stato anche un tempo in
cui ho conosciuto meglio come i lavoratori venivano sfruttati, soprattutto in
questo settore che
aveva come unico obiettivo il lucro. Dopo due anni mi sono licenziata e rimasi
a casa per cinque mesi. Ripresi poi il lavoro in un laboratorio di alta moda,
lavorando per venti anni. Questo ambiente è stato molto importante per me
perché ho imparato molte cose nuove. Inoltre, in poco tempo da laboratorio si
trasformò in fabbrica sviluppandosi sempre più. L’obiettivo era quello di
entrare nel mercato internazionale con il miglior prodotto nel campo classico.
Tutto questo si è riusciti a realizzarlo
attraverso una equipe, collaborando e aiutandosi in maniera molto positiva. Il mio lavoro
consisteva nel realizzare modelli per
presentarli poi come collezioni. Un lavoro che esigeva molto, però sono sempre
riuscita a dare risposte giuste
attraverso l’esperienza che avevo e anche perfezionando quanto già sapevo; mi
piaceva molto! Anche il clima tra noi era molto buono sia nelle relazioni con le colleghe sia con chi ci
guidava. La responsabilità cresceva ma mi dicevo: responsabilità ed impegno stanno bene insieme! E’ stato un
periodo intenso e ho trovato tempo anche
per studiare un po’alla sera dopo il lavoro.
Dopo venti anni presi la decisione di
continuare a lavorare in proprio rimanendo a casa mia, anche perché mio padre
cominciava ad avere problemi di salute e di età.
In
seguito hai scelto la CM. Come ha reagito la tua famiglia?
Questa avventura così svariata e allo
stesso tempo impegnativa mi portò a riflettere sulla mia vita: cosa fare, cosa scegliere?
A livello vocazionale sentivo l’esigenza di una scelta diversa dalle solite:
matrimonio, il convento, non avevo chiaro cosa scegliere. In quel periodo della mia vita avevo trascorso alcuni
anni senza svolgere attività nella parrocchia. Ripresi quindi i contatti: mi
inserii nel coro e
nella catechesi dove conobbi Laura, missionaria
del gruppo di Porto. Un
giorno, mi invitò a casa della Compagnia Missionaria dove conobbi Lucia Correia
e Teresa Castro. Subito dal primo
contatto con loro mi sono sentita a mio agio, come fossi a casa mia. Nonostante
questa impressione e in seguito pur frequentandole non capivo bene ancora cosa
fosse la CM, l’Istituto secolare…Ricordo che ci volle del tempo prima di
scoprire che, forse era questo il luogo che cercavo per la mia vita futura. In
seguito, ho cominciato a partecipare ai
loro ritiri, a capire di più la loro realtà soprattutto cosa voleva dire laica
consacrata dentro il mondo, tutte cose a me nuove. Il tempo passava e questo
accresceva in me la volontà di donarmi a una vita di servizio nella chiesa e
nel mondo. Capivo che questo era quanto cercavo. Dio mi veniva incontro come un
Padre provvidente, presentandomi diversi cammini. Nel frattempo, scoprivo anche
alcuni segni che rafforzavano la mia decisione: la devozione al Sacro Cuore di
Gesù che mia mamma aveva trasmesso a tutta la nostra famiglia, il gruppo della
CM che mi faceva sentire in casa, lo stile di vita sobrio che vivevano, sapere che c’erano missionarie anche in
Africa. Questo era il sogno che avevo fin da piccola e che ancora desideravo
realizzare.
La vita è piena di sfide, una dovevo assolutamente affrontare:
comunicare alla mia famiglia la decisione che stavo per prendere. Non fu
facile, soprattutto far capire loro che la mia scelta non era il convento,
ma un modo nuovo di vivere la
consacrazione nel mondo. Sono stati momenti di prova che il Signore ha permesso
e mi hanno aiutato ad assumere meglio la mia vocazione. Man mano che il tempo
passava, la mia famiglia comprese meglio e accettò serenamente questa mia
scelta di vivere in famiglia la mia consacrazione. E questo mi diede coraggio
per continuare il cammino.
Quando
hai cominciato la tua avventura in Africa: Guinea Bissau…Mozambico…
La chiamata di partire per la missione è
stata sempre presente nel mio cuore. Nel 1989, la CM mi fece la proposta di
partire per il Mozambico. Un sogno che come dicevo, avevo fin da bambina! La
mia prima reazione fu quella di ringraziare il Signore, esultavo di gioia! Però
mi chiedevo: come farò a comunicarlo alla mia famiglia? Ma Dio aveva preparato
per me un progetto ben diverso. Passò solamente un mese dalla proposta, quando
il Signore chiamò nel suo regno la mia mamma. Allora la mia vita cambiò
direzione perché dovetti rinunciare per aiutare mio padre e mio fratello che
aveva appena diciotto anni. Così la porta appena aperta si era chiusa e rimase dentro di me la
sofferenza di aspettare altri ventidue anni prima di partire! La mia vita
cambiò e all’improvviso diventò complicata: gestire la casa, il lavoro
professionale, la parrocchia, il gruppo…E dentro di me la domanda: come superare questa perdita della mamma?
In questo periodo ci sono stati anche
momenti di crescita spirituale, di impegno, donazione, gratuità, spirito di
servizio…tutto era diventato un atto di continua donazione. Il salmo 23 diventò il mio sostegno diario; nelle
parole incontravo la forza per ricominciare ogni giorno: “Il Signore è il mio pastore
niente mi manca…”.
L’età
di mio padre avanzava e la sua salute cominciava a diventare fragile, precaria,
aveva bisogno di assistenza, di attenzione. Fu allora che lasciai il
lavoro e questo mi permise di
accompagnarlo da vicino fino agli ultimi anni della sua vita.
La prima esperienza missionaria
risale al 2009: quarantacinque giorni in
Guinea Bissau La mia famiglia che conosceva bene i miei sogni, mi sostituì nei
lavori di casa in questo periodo per darmi la possibilità di fare questa
piccola esperienza. Nel 2010 trascorsi trenta giorni in Mozambico. In questo
stesso anno morì mio padre, 21 anni dopo la morte di mia mamma.
Nel 2011 inizia la mia presenza più
prolungata in Africa.
Dopo aver dialogato con i miei fratelli (
Luigi il più giovane non era ancora
sposato), tutti furono d’accordo per collaborare in quanto fosse necessario pur
di aiutarmi a realizzare il mio sogno. Ringrazio
Dio per il dono della mia famiglia la quale dopo aver capito la mia scelta di
vita è stata sempre al mio fianco per
appoggiarmi.
Destino: Guinea Bissau: Sono partita con
una stretta al cuore perché lasciavo dietro di me cinquantacinque anni di vita
tessuta da piccoli ritagli, uniti tra loro, che davano un colore nuovo al mio
essere consacrata nella CM al servizio della chiesa e del mondo. Anni di
crescita umana e spirituale, dove ho imparato a contemplare la bellezza della
cose semplici della vita, recuperare la felicità e la speranza, valori che ho sempre
sentito dentro di me.
E’ così il 25 luglio 2011 arrivo in terra africana, precisamente in Guinea
Bissau e questa volta per un tempo più lungo. Ricordo che un’aria calda mi ha
avvolto al momento in cui scendevo
dall’aereo e mi ha fatto prendere subito coscienza che non solo il clima era ben diverso del mio abituale, ma anche la
cultura, gli usi e i costumi sarebbero
stati diversi dall’Europa. L’accoglienza che mi fecero le missionarie del
gruppo della Guinea ( composto da Teresa Castro, Antonieta e Ivone consacrate e
da Nhamo in formazione) facilitò il mio inserimento nel gruppo. Era anche la
mia prima esperienza in un gruppo di vita fraterna ( la mia scelta nella CM è
di vita in famiglia). Mi sono sentita subito a casa, mi adattai molto bene, non
ebbi problemi di salute. Considerai tutto una grande grazia che il Signore mi
concedeva e un segno per la mia permanenza e continuità in questa terra. Mi
presentavo con un unico progetto: essere a servizio del gruppo in tutto quanto
avesse bisogno, totalmente disponibile.
E così avvenne: collaboravo nella gestione della casa e nella segreteria della “Scuola di S. Paolo”.
In
Guinea Bissau ho trovato un paese molto povero, mancava di tutto, ma un popolo molto solidale che non dimenticherò mai.
La natura incantevole, gli uccelli bellissimi che venivano a dissetarsi nel
giardino della nostra casa, con il loro cinguettio mi aiutavano a lodare il
Creatore per le Sue creature. Ci tengo a sottolineare che anche la relazione con gli alunni della
scuola, i professori ed educatori è stata un’esperienza gratificante. Nella
comunità cristiana collaboravo nella catechesi, liturgia…nella celebrazione
domenicale che avveniva nel cortile.
In poco tempo ho capito la sofferenza di
questo popolo, le difficoltà che incontrava a vivere con tante precarietà.
L’aspetto che più mi colpiva ed era molto carente riguardava la poca efficienza nel campo della salute;
anche l’Ospedale centrale non aveva a disposizione mezzi o strutture per dare
più sicurezza e assistenza alla gente.
Tuttavia, anche per questa esperienza sono
grata al Dio della mia vita, per tutto
quanto mi ha dato da vivere in questa bellissima terra, per la sua Bontà,
Tenerezza e Misericordia.
Sono stati sei anni ricchi di avvenimenti belli e meno belli, (come ogni vita ,dove ci sono rose e
anche spine) che mi hanno aiutato a
vedere la vita in altra forma a dare valore alle piccole cose, soprattutto a
capire che non è necessario possedere molto per essere felici e sentirsi
realizzati. Ci vuole solamente un cuore per amare e lasciarsi amare come ha
fatto Gesù.
Alla fine del 2017, dopo sei anni di Guinea
Bissau, sono rientrata in Portogallo.
Nel 2018 e dopo aver trascorso un po’ di
tempo con la mia famiglia, mi sono messa ancora disponibile per la CM: in Africa oppure dove fosse più necessario. Mi fu
proposto Invinha, in Mozambico…
Com’è
il tuo lavoro, la missione che svolgi oggi?
Ho accettato la proposta di andare ad
Invinha - Guruè, nord del Mozambico ed è qui che ora mi ritrovo a scrivere un
po’ di storia della mia vita e a ricostruire il percorso dei cammini fatti fino
ad oggi.
Sono arrivata il giorno 14 di maggio del
2018, in un luogo di grande bellezza naturale. Un posto poco abitato, un
ambiente calmo con un panorama spettacolare, circondato da una cordigliera di montagne…e dove soprattutto lo sguardo aiutato dalla
meraviglia e dalla contemplazione, può
andare anche oltre! Le varie tonalità del verde della vegetazione e la pianura
delle piantagioni di té incantano!
Il mio impegno in casa: non so bene come
definirlo: con l’aiuto di Dalaina e Isabel, svolgiamo i lavori di casa, dei
campi ( machamba), faccio un po’ di tutto, collaborando con le altre. Con noi
vivono 11 ragazze che stanno facendo un cammino di discernimento. A noi
consacrate è affidato il compito e la responsabilità di creare un ambiente
familiare e formativo, facendo conoscere, attraverso la nostra vita, la nostra
vocazione missionaria di consacrate al servizio della chiesa e del mondo.
In questo ambiente africano, la
consacrazione secolare non è ben capita dalle persone che ci conoscono, ma per
quanto dipende da noi cerchiamo ogni occasione per chiarire lo stile della
nostra vita, di camminare con questo popolo semplice e sofferente, quasi
dimenticato e abbandonato alla sua sorte.
Lodo il Signore, che sempre mi accompagna
con la sua forza e la luce del suo Spirito. Ho la certezza che è Lui che
conduce la mia vita, e a Lui va la mia gratitudine per dire come Maria il mio
SI’, continuando con la mia fedeltà il progetto della mia vita.
Una vita…un cammino…