Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
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09 / 08 / 2024
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Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico....
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Agosto de 2024
Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique....
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09 / 08 / 2024
19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
intervista a dolores e franco
- Raccontateci
un po’ della vostra vita: come vi siete conosciuti…cosa fate…la vostra
famiglia… l’essere genitori oggi. Narrateci un po’ di storia della vostra vita
di coppia e in coppia...
Siamo
sposati da 36 anni e ci conosciamo da 38 . Ci siamo incontrati in viale Gambaro
nella Casa del Missionario per caso, io (Dolores) frequentavo il gruppo già da
qualche tempo e io (Franco) ero andato li su richiesta di mio cugino che andava
a trovare un amico conosciuto in marina
durante il militare. Era un incontro di un gruppo di persone di Genova che si
vedevano periodicamente con una missionaria che arrivava da Bologna. Ci siamo
sposati dopo due anni, nel 79. Avevamo 24 anni... tanti sogni tante idee tante
speranze. Sognavamo di partire per un paese del terzo mondo, abbiamo cercato la
strada e dopo due anni siamo partiti come volontari di una organizzazione non
governativa per una zona indigena del Venezuela. Prima di partire abbiamo fatto
un corso a Verona di due mesi dove abbiamo imparato qualcosa dello Spagnolo ed alcune nozioni sulla Storia
dell'America Latina, la Cultura, la Chiesa, la Società e la politica.
Questa
esperienza è stata molto importante per la nostra vita di coppia. In Venezuela
abbiamo fatto due esperienze bellissime: Con gli indios cercando di condividere
giorno per giorno esperienze, conoscenze, vita, con una cultura molto lontana
dalla nostra. Il secondo periodo lo abbiamo vissuto in un territorio dove la
gente, molto povera, viveva della coltivazione di vecchie piantagioni di caffè.
Qui abbiamo vissuto veramente come a casa. Io Dolores, lavoravo con le donne utilizzando la medicina naturale e
coltivando un orto comunitario. Io Franco lavoravo con i giovani in un progetto
di apicoltura. Aspettavamo Emanuele, il nostro primogenito e questo ci faceva
ancora più dentro la realtà di coraggio, di voglia di riscatto, di indipendenza
del popolo latinoamericano.
Siamo
tornati in Italia tre anni dopo; Emanuele aveva 6 mesi. L'impatto con la realtà
italiana: società, economia, Chiesa è stato molto duro. Ci siamo presto resi
conto che avevamo vissuto un tempo privilegiato: avevamo visto all'opera
l'azione dello Spirito Santo ed ora eravamo ripiombati nel vuoto della Società
e della Chiesa italiana.
Una
testimonianza per tutte: in Venezuela avevamo incontrato delle Piccole Sorelle
del Vangelo ispirate alla spiritualità di Charles de Foucauld, era un piccolo gruppo che viveva in una
cittadina vicino a Caracas in una zona popolare e si mantenevano, come tutte le
donne del posto, facendo servizio come domestiche nelle case dei ricchi della
zona, una sorella ci ha raccontato che tra i tanti lavori le è capitato di fare
servizio in un istituto di suore, per un po' è riuscita a nascondere la sua
identità ma poi alcune suore più giovani l'hanno riconosciuta; ha dovuto
licenziarsi e si rammaricava di non essere riuscita a far capire alle suore
l'importanza: non di essere dalla parte dei poveri ma di essere realmente
poveri... Questo accadeva trenta anni prima dell'era di Papa Francesco ma, del
resto, già un altro ci aveva provato, senza successo, 2000 anni prima.
Ci siamo
buttati nella vita italiana: lavoro, asilo per Emanuele, è nata Raffaella unica Settentrionale della
famiglia. In tutto questo percorso, per noi molto difficile, un grande aiuto ci
è giunto dalla Compagnia Missionaria dove siamo entrati formalmente dopo la
nascita di Raffaella nonostante frequentassimo comunque sempre tutti gli
incontri. Abbiamo cercato di testimoniare la nostra fede nella quotidianità
della vita. Come genitori abbiamo pensato che fosse importante che i figli
crescessero, liberi e consapevoli, questo significa che abbiamo sempre cercato
di spiegare il perché delle cose e l'importanza di pensare con la propria
testa, oggi possiamo dire che sono dei bravi ragazzi non fanno esattamente
quello che abbiamo fatto noi, non seguono la C M, non sono assidui
frequentatori della chiesa, non sono neanche tanto impegnati politicamente,
lavorano e questo oggi è molto e sono responsabili. Abbiamo la coscienza
tranquilla di aver fatto tutto il possibile per una loro crescita equilibrata e
serena.
- Il vostro incontro con la
Compagnia Missionaria. Come e’ avvenuto, quali motivazioni vi hanno stimolato a
scegliere questa nuova avventura… C’e’ stato un incontro, un contatto che
ricordate con particolare affetto e che ha inciso e continua ad essere importante per la vostra decisone ?
La
nostra partecipazione alla Compagnia Missionaria è stata stimolata dalla
possibilità di incontro e di dialogo con le persone, in particolare ci ha
colpito in modo positivo la personalità di Giuseppina Martucci e di Padre
Albino che incontravamo con regolarità una volta al mese. Per me Dolores quello che mi ha colpito di Giuseppina è il
sentirmi accolta e capita, ad esempio la prima volta che ci siamo incontrate,
nel salutarci Giuseppina mi ha detto: “che strano mi sembra di conoscerti da
sempre” ed io le ho risposto che anche per me era la stressa cosa. Gli incontri
con padre Albino sono stati fondamentali per la nostra crescita, anche se a
volte non condividevamo tutto il suo pensiero e la nostra posizione era un po'
come quella di figli che, pur non essendo sempre d'accordo col Padre, non ne mettono mai in discussione l'autorevolezza.
A Lui dobbiamo la scoperta che Dio è amore e questo è un calore che ci ha
avvolto e ci avvolge ancora diventando “energia” essenziale nel nostro vivere
il quotidiano.
- Papa Francesco parla di
“Chiesa in uscita” e di “periferie esistenziali”. Secondo voi come possiamo
declinare concretamente queste stimolazioni con una presenza nel territorio,
nella parrocchia, nelle realtà sociali,
insomma, in che modo possiamo stare in mezzo alla gente del nostro tempo?
L'ostacolo
fondamentale che preclude ogni via di comprensione tra gli uomini di chiesa e
le persone comuni che bene o male cercano di portare avanti la loro esistenza è
il clericalismo in tutte le sue forme sia in quelle conclamate ed evidenti di
coloro che ostentano l'abito, sia in quelle striscianti di chi comunque si pone
su un gradino di superiorità morale e spirituale e chiude ogni possibilità di
dialogo e di comprensione. Gli uomini sono amati da Dio in quanto uomini non
perché abbiano una particolare capacità o predisposizione, la Chiesa ha perso
la capacità di annunciare questa verità fondamentale, che è il senso
dell'incarnazione. Il messaggio che oggi passa nel mondo è quello di una Chiesa
recinto che chiama a raccolta gli uomini affinché entrino nei suoi confini e si
comportino in modo da sostenere il recinto, in contrapposizione con altri che sono negativi e da combattere. Non basta
uscire ed andare occorre uscire ed andare incontro agli altri senza timore di
venirne contaminati e trasformati. Per fare questo occorre riflettere molto
sulla figura di Gesù sul carattere liberante del Suo messaggio, sul senso autentico della buna
notizia di un Dio che Ama e non condanna. Le persone crescono se acquisiscono
consapevolezza di sé, importanza del loro
ruolo, anche se è marginale, e credono nella possibilità di essere liberi di
fronte alle scelte della loro vita e fiduciosi in un Padre che li ama, questo è
il senso della misericordia di Dio.
- Il
recente sinodo sulla famiglia, l’annuncio del giubileo sulla misericordia…sono
eventi – prospettive “nuove” che la
chiesa ci fa vivere e che dovrebbero
incidere e far crescere la nostra vita cristiana ed ecclesiale. Quali cammini
di conversione individuate e credete incisivi? Da dove si deve cominciare?
Il
recente Sinodo sulla famiglia alla fine non ha dato delle risposte certe, forse
non le poteva dare, chi nella Chiesa è ancorato ad una visione di una famiglia
tradizionale, non è disposto a comprendere le ragioni di chi si trova in una
situazione di divisione e di dolore.
Chi
invece ha come fondamento della Verità della fede la misericordia è in parte
confortato dalla possibilità di attingere alla grande misericordia di Dio anche
nelle situazioni familiari più degradate. Siamo all'inizio dell'anno della
Misericordia, secondo noi questo anno sarà fruttuoso se porterà una riflessione
ed una conversione all'interno della vita ecclesiale, una conversione dei cuori
e della vita pratica dei credenti.
- Quale messaggio vorreste
comunicare ai nostri lettori?
Vorremmo
comunicare un messaggio di fiducia e di speranza sulle parole che Gesù rivolge
a chi lo ascolta “Coraggio Io ho già vinto il mondo” Non dice: “coraggio vinceremo” ma ho vinto e lo dice
dalla croce, dal massimo della sconfitta. Questo è un messaggio che fa appello
alla nostra fede e mette a nudo tutte le nostre paure e certezze, qui ci viene
chiesto di fidarci di Lui dal punto più basso della sua esistenza. Vorremmo
concludere con l'espressione di don Luigi Verdi, altra persona importante nella
nostra vita: “ E' questo il tempo di non sprecare più fatica per il recupero di
un cristianesimo bigotto, polemico e triste, è questo il tempo di tornare ad un
cristianesimo che abbia lo sguardo dei piccoli e dei poveri, un cristianesimo
che nasca dalla follia, dalla fame, dall'innamoramento, che porti con sé la
seduzione della verità tenera e della bellezza. La verità è fatta per gente che
cammina pensosa, spesso solitaria, che porta sempre nel cuore le stigmate o le
ferite della sua vita, perché non c'è nessuna verità e nessuna bellezza a poco
prezzo.” ( L. Verdi, La Chiesa della tenerezza).
piccola grande donna
Ricordo di Lucia Di Bonito, familiaris di Bologna
Febbraio 1984: Camilla e io
animiamo la missione popolare a Poggetto di S. Pietro in Casale, “due passi” a
nord-est di Pieve di Cento. In un incontro serale, mi trovo per la prima volta
davanti ai volti sorridenti e comunicativi di due napoletani trapiantati in
terra bolognese, Lucia e Mimmo, e ascolto con piacere gli interventi vivaci e
carichi di fede di lei. È simpatia a prima vista, per me, ma per loro io non
sono nuova. Mi dicono di avermi vista alla missione di Pieve di Cento, l’anno
precedente. Anche in quell’occasione, pur non essendo della parrocchia, hanno
partecipato e hanno conosciuto la missionaria Annamaria.
Scopro due persone innamorate
della vita. Non hanno figli e qualche anno prima hanno scelto di dare famiglia
e amore a due sorelline gemelle che vengono date loro in affido. Nel loro cuore
alberga il desiderio di arrivare all’adozione.
Novembre 1991: nuova missione a
Poggetto e ritrovo Lucia e Mimmo, ma stavolta portano il peso di una
sofferenza. Le due ragazzine sono state loro tolte, per incomprensioni con i
servizi sociali. Condividere con loro questo dolore e la speranza che coltivano
fa crescere e rende sempre più salda la nostra amicizia. Nel 1993, alcuni
amici, incontrati in altre missioni popolari in diocesi di Bologna, chiedono di
fare il percorso formativo per diventare familiares della Compagnia
Missionaria. Mi sembra che sia una proposta adatta anche per Lucia e Mimmo. Ne
parlo con loro che accettano con entusiasmo. L’amicizia si avvia a diventare
appartenenza alla stessa famiglia. Diventano familiares effettivi e cresce la
passione di Lucia per l’annuncio della Parola di Dio, che approfondisce sempre
di più con vari strumenti e corsi. E matura la disponibilità a partecipare alle
missioni popolari. La prima volta a Cittadella (PD), nel 1994. Un’esperienza
che per lei è un dono grande e entusiasmante. E anche per noi. Ormai ci lega
un’amicizia che sa di fraternità, di condivisione di un carisma e della stessa
passione per l’annuncio del Vangelo, di complicità e grande affetto. E
programmiamo anche la sua partecipazione alla missione di Viareggio, nel maggio
1995, invece non ci sarà, perché deve sottoporsi a un intervento per asportare
un tumore al seno. Quando vado a trovarla in ospedale, mi dice con un sorriso,
indicando l’immagine del Crocifisso dal cuore trafitto: “Sai? Adesso assomiglio
un po’ a Lui: ho il costato ferito come il Suo. E sono serena”. La situazione è
grave, ma Lucia affronta serenamente cicli e cicli di terapie con tutto ciò che
comportano… e un anno dopo, con gratitudine straripante, è alla missione di
Olmo e S. Luca (PD). Quindi in settembre è a Maserà (PD), in novembre a
Bologna, nelle parrocchie di S. Paolo Maggiore e di S. Girolamo. E a gennaio
1997 è a S. Antonio Abate, nella parrocchia del Buon Consiglio. Vent’anni fa.
C’è ancora chi la ricorda. Ed è naturale: non si dimentica uno scricciolo di
donna che avvicina le persone con un sorriso semplice e disarmante e parla di
Dio con un entusiasmo coinvolgente. Facilmente viene scambiata per una
ragazzina.
È l’ultima missione, perché poi
si inserisce nella scuola, per l’insegnamento della religione. Ancora di più in
questo lavoro Lucia esprime tutte le sue qualità, anche quelle inaspettate.
Colleghi, bambini, genitori, sono conquistati. E anche in curia diocesana
imparano a stimare la sua competenza, la sua passione, la sua fede, le sue
capacità didattiche. Si lancia a scrivere libri per la scuola… ed esplode anche
la sua vena poetica: nella poesia fiorisce tutta la profondità del cuore e
della mente, della vita di questa piccola grande donna.
Intanto le bambine, che
considerano sempre “figlie”, crescono e a diciotto anni decidono di tornare a
incontrare “mamma e papà”. Ormai sono grandi, autonome e non vanno a vivere con
loro, ma riprendono i rapporti, si incontrano spesso. Trovano lavoro, si
fidanzano, formano le loro famiglie e “mamma e papà” vivono lo gioie e le
preoccupazioni di tutti i genitori.
Ci sentiamo di tanto in tanto.
Da quando vivo a s. Antonio Abate le occasioni per incontrarci diminuiscono, ma
quando vado a Bologna qualche volta riusciamo a vederci, oppure ci troviamo a
qualche incontro di familiares. Nel 2007 viviamo insieme un indimenticabile
pellegrinaggio in Terra Santa.
Gennaio 2015. Mentre sono in
viaggio, in auto, ricevo una telefonata di Lucia: è fuori di sé dalla gioia. Il
31 dicembre, dopo aver partecipato con Mimmo alla celebrazione dei vespri con
Papa Francesco, in piazza S. Pietro riesce ad avvicinarsi alle transenne del
corridoio dove passa il Papa. Lei ha in mano un libretto delle sue poesie
rilegato artigianalmente e riesce, naturalmente, a farsi notare dal Papa. Lui
si avvicina, le pone la mano sulla testa, la benedice e lei le regala il suo
libro, che lui accetta sorpreso. “Sono sicura, mi dice, che mi abbia scambiato
per una bambina: avevo una giacca bianca e cuffia di lana bianca”. Piccola e
vivacissima: una bambina a sessant’anni… passati. E sogna di poterlo incontrare
ancora. Poi sento Mimmo: tanto è stato l’entusiasmo di lei di poter incontrare
il Papa che è fuggita via di corsa per infilarsi verso le transenne e lui l’ha
persa di vista. Si sono ritrovati in albergo. Anche lui è entusiasta di questa
esperienza.
Ci sentiamo ancora e sempre
ricorda con gioia questo incontro sorprendente, poi un giorno ricevo un suo sms
che è come un pugno nello stomaco: Lucia mi comunica che ha la leucemia, mentre
sta vivendo con gratitudine il ventesimo anniversario dalla sconfitta del
tumore. Le telefono: mi chiede di pregare, è preoccupata, ma fiduciosa, pronta
a ricominciare la lotta. Siamo in tanti ad accompagnarla e sostenerla con la
preghiera. Tutta la Compagnia Missionaria prega con lei e per lei e per Mimmo.
In novembre le sue condizioni diventano gravissime a causa di una polmonite, ma
pian piano riesce a riprendersi e si susseguono le terapie… Intanto nasce il
bambino di una delle “figlie” e questa gioia infinita, la festa del battesimo
le danno una forza straordinaria per continuare a combattere contro il male. In maggio sono a Bologna e con Luisa andiamo
a trovarla a casa. Un incontro bellissimo: sono tutti e due felici di essere a
casa, strafelici di essere nonni e contempliamo le foto del bambino. Ci
comunicano la loro carica di attesa e di speranza perché si prevede la
possibilità di un trapianto di midollo. Lucia ha intatta tutta la sua carica di
vitalità, racconta le tribolazioni vissute e parla delle terapie e fatiche che
dovrà ancora affrontare, ma sempre con il suo sorriso, manifesta tutta la sua
fede e la sua consapevolezza di essere nel Cuore di Dio, insieme con Mimmo, le
ragazze e le loro famiglie. È stata dal parrucchiere e ha proprio un aspetto
“ragazzino”. Ci lasciamo con un lungo abbraccio. Non sappiamo che è l’ultimo.
Continuiamo a sentirci al telefono fino a pochi giorni prima del trapianto… poi
all’improvviso mi giunge la notizia che è in coma, poi viene comunque praticato
il trapianto… ma non ci saranno più segnali di miglioramento.
Alla fine di settembre sono di
nuovo a Bologna e vado a trovarla in ospedale, in terapia intensiva, con Mimmo.
Intubata, respira a fatica. Incosciente? Chissà? Mimmo la chiama e le parla con
tenerezza, la accarezza, e lei socchiude gli occhi e quando lui si sposta
dall’altra parte del letto e le parla ancora, lei gira gli occhi da quella
parte. La chiamo e la accarezzo anch’io e lei socchiude ancora con fatica gli
occhi. Quando fu operata al seno mi disse che si sentiva somigliante al Signore
crocifisso. Ora ho in cuore le parole del profeta Isaia: “era come agnello condotto
al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua
bocca”. Ha vissuto d’amore, per amore e ora davvero è assimilata al sacrificio
di Cristo e credo che, pur in questo stato di semicoscienza, ne sia
consapevole. Io da una parte e Mimmo dall’altra, la prendiamo per le mani e
iniziamo a pregare il Padre nostro e lei ha un sussulto, come un forte rantolo
e quasi solleva la testa, con gli occhi semiaperti. Così quando iniziamo a
recitare l’Ave Maria. L’infermiere presente dice che forse è una reazione
inconscia al fastidio del tubo che ha in gola. Però, per tutto il tempo che
stiamo con lei, non ha più queste reazioni. A me sembra che sia come un
tentativo di parlare… per pregare con noi.
Porto in cuore questa immagine
di Lucia trasformata in olocausto.
Il 18 ottobre è entrata nella
vita, là dove non ci sono più né lutto né lacrime, ma solo gioia e luce. E,
secondo la sua volontà, nella sua chiesa di Poggetto, per il saluto finale la
sua famiglia e i tanti amici hanno partecipato a una celebrazione pasquale e
l’hanno salutata con il suono delle campane a festa, come il mattino della
risurrezione.
Con te, Lucia carissima,
ringraziamo il Signore per il dono della tua vita e della tua luminosa e
crocifissa fede.
____________________
Getzemani
So di dover affrontare
il trapianto
so già di dover soffrire.
Mi ritrovo a vivere
il tuo Getzemani,
combattere la paura
la difficoltà di non farcela,
mi ricordo di te e del tuo
profondo dolore,
quel dolore con il quale mi hai salvato.
Hai detto a tutti noi piccole
creature,
che ci sarai vicino
compagno delle nostre
sofferenze.
Così mio grande e amato Signore
ho te
e come te chiedo nel mio cuore di non dover bere il calice,
ma Signore non la mia volontà ,
ma la tua.
Sono certa che non sarò sola
a sostenermi
non ci sarà solo il Padre
ma anche Te mio Signore amato,
Solo affidandomi a te
riuscirò ad unire il mio
Getzemani al tuo
per i peccatori e per il bene di questo mondo
Lucia Di Bonito
preparazione all'assemblea 2015 (1)
Relazione è soddisfare il
bisogno essenziale della persona
LA SAMARITANA (prima parte) Gv 4,5-15
Ascolto della parola (Lectio)
Giunse pertanto ad una città della Samarìa chiamata Sicàr vicina
al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era il pozzo di
Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo.Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samarìa ad
attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti eranoandati in città a far provvista di cibi.Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi
da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono
buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di
Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere! “, tu stessa gliene avresti
chiestoed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore,
tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque
quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci
diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?» Rispose
Gesù: “chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua
che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi l’acqua che io gli darò diventerà in
lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la
donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire
qui ad attingere acqua».
Riflessioni
sulla Parola (Meditatio)
I personaggi principali in questo passo del Vangelo di Giovanni sono
Gesù e la donna Samaritana. Il vero dialogo avviene tra loro. II resto (i
discepoli, i compaesani...) ...
L’incontro sembra casuale; è l’incontro di due bisogni
elementari: la sete e l’acqua.
Per la donna l’acqua del pozzo. Per Gesù l’acqua della
rivelazione di Dio, che si fa dono nello Spirito. II Salvatore del mondo si fa
bisognoso come gli altri uomini, per avere la possibilità di incontrarli nelle
loro stesse necessità e dar loro il dono della Grazia. È la meraviglia di un
Dio che chiede per dare.
Le domande della Samaritana e le risposte di Gesù, sembrano
andare ciascuna per conto proprio: l’acqua del pozzo e l’acqua “che zampilla
per la vita eterna”. Gesù ci dona, ci comunica la vita stessa di Dio, la Grazia
santificante, dono soprannaturale, che ci rende figli del Padre, partecipi della
sua stessa natura e fratelli tra noi. II Padre che è la vita, il figlio che è
la Verità, lo Spirito che è l’Amore abitano in noi. I sacramenti, la preghiera,
il mistero della Chiesa, corpo mistico di Cristo, la comunione fraterna.., sono
realtà che sgorgano da queste “acque di vita eterna”: la Grazia.
Forse abbiamo perso un poco questa dimensione fondamentale, essenziale
della vita cristiana e della Chiesa. Siamo più preoccupati dell’acqua del
pozzo: le nostre efficienze, le nostre strutture, il consenso, cose che
possediamo, che costruiamo, la concorrenza con gli altri, il prestigio...
C’è il rischio di svuotare il Messaggio cristiano
dell’essenziale. Se curassimo di più la nostra spiritualità, la vita interiore,
come si diceva una volta, diventeremmo anche per i fratelli una fonte di speranza
e di luce.
Verifica
e confronto
Siamo più preoccupati dell’acqua del pozzo o dell’acqua che diventa fonte zampillante?
La
Parola si fa preghiera (Contemplatio)
Salmo 62
O Dio, tu sei il mio Dio,all’aurora Ti cerco,di Te ha sete l’anima miaa Te anela la mia carnecome terra deserta, arida, senz’acqua.Così nel Santuario Ti ho cercato,per contemplare la Tua potenza e la Tua gloria.Poiché la tua grazia vale più della vita,le mia labbra diranno la Tua lode.Ti benedirò finché io viva,nel Tuo nome alzerò le mie mani,mi sazierò
come a lauto convito,e con voci di gioia Ti loderà la mia bocca.Nel mio giaciglio di Te mi ricordopenso a Te nelle veglie notturne,Tu sei stato il mio aiuto,esulto di gioia all’ombra delle Tue ali.A Te si stringe l’anima mia.La forza della Tua destra mi sostiene.
preparazione all'assemblea 2015 (2)
Relazione è la verità da scoprire
LA SAMARITANA (seconda parte) Gv 4,16-26
Ascolto della parola (Lectio)
Le disse: « Va’ a chiamare tuo marito
e poi ritorna qui». Rispose la donna: «Non ho
marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene “non ho marito”; infatti hai avuto
cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replicò la
donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio
sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna
adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo
monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non
conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai
Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in
spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli
che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So
che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà
ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo».
Riflessioni sulla Parola (Meditatio)
“Vedo che sei un profeta”.
È un vedere sorpreso, stupito, che fa pensare. Gesù è entrato,
con delicatezza e rispetto, nella esperienza personale della donna. E la
Samaritana ne approfitta per chiarirsi un problema: “dove incontrare Dio”. È la
domanda essenziale per ogni uomo. Il luogo dell’adorazione, dell’incontro è lo
spazio dello Spirito e della Verità. Adorare significa il modo di porsi davanti
a Dio nella preghiera e nella vita. È l’atteggiamento di chi riconosce il
primato di Dio, Padre, in tutto. E il Padre “cerca” cioè desidera con passione,
quasi lottando, tali adoratori. Come intendere “in Spirito e Verità”, che è
certamente una delle più alte rivelazioni del quarto evangelo? Lo Spirito è la
forza attiva, è l’Amore, è lo Spirito Santo, che solleva l’uomo dalla sua impotenza, per collocarlo nello spazio
dell’incontro con il Padre. Questo spazio è la Verità.
E la verità è il progetto di salvezza di Dio, che si è svelato
nella “Parola fatta carne”. La Verità è Gesù. Lui è il Tempio in cui Dio
incontra l’uomo e in cui l’uomo si immerge in Dio, Padre, Figlio e Spirito.
“Credimi, donna”. “Sono io che ti parlo”. Forse ci siamo troppo
abituati a Gesù, da non considerarlo più come attuale, contemporaneo. II
rapporto con Lui, spesso diventa una pratica da compiere, un affare da
sbrigare, un dovere, un rito, una cerimonia.
La Verità è Qualcuno: Gesù.
Allora è una novità da scoprire e da
incontrare sempre; è dono, ricerca, attesa, luce, ombra, comunione,
vita, speranza, perdono, gioia.
Verifica e confronto
La nostra vita cristiana è una
pratica, un dovere, una ritualità o una novità - Gesù - da scoprire e da incontrare sempre?
La Parola si fa preghiera (Contemplatio)
O Cristo,in Te, uomo perfetto,ricevono una rispostai nostri molti problemi ed aspirazioni,ma Tu accogli le nostre attese.Perché sei Figlio di Dio.In te, o Cristo, inviato dal Padre,il Dio che cerchiamo a tentoni,è il Dio che ci viene incontro.Tu sei la rivelazionepiena, perfetta e definitiva di Dio per noi,Dio in persona.In Te il Dio lontanodiventa il Dio vicino,il Dio con noi, il Dio uno di noi,compagno di viaggio.O Cristo noi ti ripetiamo con fede:Tu sei il Messia,il Figlio del Dio vivente.
noi familiares
Il giorno 14 del mese di marzo, io Emilio Elefante unitamente a mia moglie Rosa Russo, dopo tre anni di cammino per la formazione spirituale nella contemplazione di Cristo nel mistero del suo Cuore Trafitto, siamo diventati Familiares effettivi della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore. Con noi altre due coppie: Benedetto Afeltra e Lucia Muoio, Aniello Catapano e Consiglia D’Antuono.
Sinceramente ci sentivamo emozionati nell’aver raggiunto un traguardo così importante della nostra vita cristiana.
In mattinata c’è stato l’incontro di preghiera con i Familiares di Sant’Antonio Abate e quelli di San Giorgio a Cremano: padre Antonio Carapellese ci ha illustrato la riconciliazione con Dio.
Il pranzo si è consumato nei locali messi a disposizione delle Suore dei Sacri Cuori, con noi nuovi Familiares c’era buona parte dei Familiares di Sant’Antonio Abate, nonché con le missionarie Bianca e Luisa.
Nel pomeriggio, nella Parrocchia del Buon Buonconsiglio, è stata celebrata da padre Antonio la Santa Messa.
Accostandoci all’altare, abbiamo provato la stessa sensazione come quella avvenuta nella stessa Parrocchia nel giorno del nostro matrimonio, nel lontano 12.06.1980, dove sentivamo in mezzo a noi la presenza di Dio.
Il momento forte lo abbiamo sentito quando il sacerdote ci ha fatto la domanda “ Che cosa desiderate?” E noi abbiamo subito dato la risposta che tanto desideravamo: “”diventare Familiares effettivi della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore! ! !”
Subito dopo la cerimonia, ci siamo recati nuovamente nei locali delle Suore per festeggiare l’evento e gioire insieme agli altri Familiares di S. Antonio Abate con il taglio della torta gentilmente offerto da Pia Del Sorbo e con i dolci amorevolmente fatti con le proprie mani e offerti da Lucia Santarpia.
Un grazie di cuore a chi ci ha fatto incamminare in questa esperienza e particolarmente a Pia Del Sorbo, quale responsabile del gruppo, che con il suo insegnamento ci ha illustrato il cammino da intraprendere nella formazione umana e cristiana.
Un grazie ancora a Clemente Stazu e sua moglie Rosa De Conte; a Giuseppe De Gregorio con la moglie Anna Amabile; a Gennaro Mercurio con la moglie Lucia Santarpia e a Domenico De Riso; anche loro hanno dato il loro contributo ai nostri incontri di preghiera e di formazione per illustrarci la spiritualità della Compagnia Missionaria del S. Cuore di Gesù.
i familiares
La Compagnia Missionaria del S. Cuore ha appena fatto i primi passi del suo cammino, quando lo Spirito di Dio le suggerisce di aprire le porte per accogliere quanti desiderano condividerne l'indirizzo spirituale, anche se non possono donarsi alla vita di consacrazione, nel senso tradizionale inteso dalla Chiesa. A fianco delle Missionarie, nascono i Familiares (inizio 1966). Il nome sta a significare che sono parte della stessa Famiglia: la Compagnia Missionaria del S. Cuore. Anche se la volontà di Dio li ha posti a vivere la propria esistenza su strada diversa, essi sentono di potere, come le Missionarie, fare del Cuore di Gesù il centro della propria attenzione di fede, per viverne i sentimenti di amore e farsi collaboratori e testimoni del suo Regno.
"Chi può diventare Familiaris della Compagnia Missionaria?" - si domandava p. Albino Elegante guardando al nuovo germoglio che stava per sbocciare - e rispondeva: "chiunque abbia la volontà di stringersi in comunione di aspirazioni, di spiritualità, di lavoro . . . con la Compagnia Missionaria. Non vi é dunque alcuna difficoltà di età, di condizioni di vita, di lavoro. A casa propria, nel proprio impiego, sposati o no, uomini o donne
. . . tutti possono essere Familiares della Compagnia Missionaria. Si tratta, in definitiva, di una cosa semplice: darci la mano per camminare insieme, per aiutarci a salire e conquistare il mondo al Cuore di Gesù".
Nelle file della Famiglia Dehoniana
Nei giorni 3-9 settembre 1990 i rappresentanti dei gruppi che vivono la spiritualità dei Sacerdoti del S. Cuore, si sono riuniti a Roma, per celebrare il 1° Convegno Internazionale "Laici Dehoniani". Erano presenti, per l'occasione, i Sacerdoti del S. Cuore, la Compagnia Missionaria, i Gruppi e i Movimenti laicali che si ispirano nella loro struttura, nel loro stile di vita e di attività, al pensiero di P. Dehon, alle modalità specifiche con cui egli ha servito il proprio ideale di fede.
I partecipanti hanno voluto raggrupparsi sotto una denominazione comune:"La Famiglia Dehoniana", dove, nella piena autonomia di organizzazione e di opere, si propongono di aiutarsi reciprocamente per mantenere viva e rendere sempre più efficace di santità e di salvezza il dono della loro vocazione.
Narrano i biografi che sul letto di morte, stendono la mano verso un'immagine del S. Cuore, con voce chiara P. Dehon disse: "Per Lui sono vissuto e per Lui muoio".
Queste furono le sue ultime parole, il testamento spirtuale che egli porge a noi, perché anche noi realizziamo, nell'amore e nell'offerta, lo stesso atteggiamento di fede e di grazia.