Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
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Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
rispondere all'amore infinito di dio
Omelia nella prima emissione
dei voti di (Rosy) Anna Pati
20 settembre 2020
Che cosa stiamo facendo? Che cosa sta
facendo Rosy oggi, qui, davanti a tutti? Fa una cosa semplicissima, non straordinaria, una cosa che dovremmo fare
tutti: rispondere all’amore infinito di Dio. Che cos’è la vita cristiana se non
la risposta a questo amore incredibile smisurato. Non riusciremo mai a
comprendere perché Dio ci ami così tanto!
Rosy oggi risponde, dice il suo sì a questo
amore. Ma per fare questo bisogna essere persone speciali? Si certo, per chi la
conosce, per chi gli vuole bene Rosy è speciale, ma non bisogna avere chissà
quali poteri, chissà quali qualità. Anzi, il Signore ci prende così come siamo.
La nostra risposta è dire sì con tutta la nostra umanità, con quello che siamo.
Innanzitutto, le parti belle di te, ma anche le tue fragilità e le tue
debolezze. È bello pensare che il Signore prende tutto di te, non scarta niente
di te, non scarta niente della nostra vita. perché tutto di noi ci riporta e ci
riconduce al suo amore.
San Paolo, come abbiamo ascoltato nella
seconda lettura, si sente indegno perché c’è qualcosa che lo tormenta. Allora
davanti al Signore gli fa una richiesta: togli da me questa debolezza, questa
fragilità, questa spina, perché per me è insopportabile, perché mi fa sentire
continuamente indegno. Invece il Signore gli risponde: ti basta la mia
grazia, come se Dio gli dicesse: io comincio proprio ad amarti da questa
parte che tu rifiuti. Questa è la dichiarazione di quanto Dio ci ami. Ti basta
la mia grazia per dirci ti basto io, sono sufficiente io, ti basta questo mio
immenso amore.
Noi guardiamo invece sempre le cose che non
vanno. Dio ha un modo diverso di guardarci. Lasciamoci guardare così e lasciati
guardare così, ogni giorno, da questo immenso amore, da questa tenerezza
sconfinata. Se tu guardi quel volto che
ti ama, quel volto ti restituisce il tuo vero volto, ti dà una nuova identità,
quella che spesso noi non vediamo, perché assorbiti solo dalle cose che non
vanno dentro di noi o dentro gli altri. Siamo sempre e comunque preziosi ai suoi occhi.
È bello guardarci attraverso gli occhi di
Dio. Questo innamorato che ci fa belli. Allora quello che consideriamo
debolezza diventa la nostra forza, diventa quel punto dove poter sollevare la
nostra esistenza. Il Signore parte da lì,
come una leva. In questo modo il Signore ci vuole sempre spiazzare, lo fa anche
oggi. Come nella parabola del vangelo il padrone spiazza tutti quegli operai,
quelli della prima ora ma anche quelli dell’ultima ora. Li paga tutti allo
stesso modo. E noi che ragioniamo con altri criteri, noi che ragioniamo sempre
con i criteri della giustizia che spesso s’impantana in percorsi puramente
umani. Il Signore ci offre un altro modo di vedere la vita, la vita degli
altri, la nostra vita. Dice il vangelo: sei invidioso perché io sono buono?
Oggi ci lasciamo spiazzare da questa scelta
di Rosy, ma ci lasciamo anche spiazzare da questa
realtà, da questo amore: Dio è buono! Noi oggi vogliamo parlare di questo, constatiamo questo. C’è una
spiritualità che tu hai abbracciato, ed è la spiritualità del Sacro Cuore di
Gesù, che noi come dehoniani e voi come Compagnia Missionaria condividiamo,
abbiamo le stesse radici. Partiamo da lì, da quel cuore. Si manifesta così
l’amore di Dio: dal cuore, così come tante volte è il cuore umano che racconta
all’altro quanto gli vuole bene.
Tutto il vangelo, come
questa pagina, ci racconta l’amore del Padre che è stato reso visibile,
concreto, tangibile attraverso Gesù. Ma c’è un’immagine ancora più concreta che
ci racconta questo amore. Un’immagine cara alla nostra spiritualità: è il cuore di Gesù trafitto dalla lancia proprio lì sulla
croce. Gesù viene trafitto da uno strumento di guerra e da quel cuore esce
sangue e acqua, sgorga continuamente amore, anche qui, oggi. Riversa su ognuno
di noi ciò di cui abbiamo veramente bisogno: Lui! È un cuore che rimane
trafitto, cioè amante, che riversa su ognuno di noi ciò di cui abbiamo
bisogno. Un cuore trafitto che si prende
a carico tutti i trafitti, tutte le persone che anche in questo momento stanno
soffrendo. È un cuore che vuole guarire. C’è una parola dentro la nostra
spiritualità che a volte è incomprensibile perché nella lingua italiana ha altri significati. Questa
parola è riparazione. Qual è il lavoro di Dio? È proprio questo: riparare il
cuore di tante persone. Allora riparare vuol dire unire, dare speranza, dare
futuro, dare vita, dare perdono. Riparare è annunciare che non c’è la parola fine, è
dare speranza, come succede
nel vangelo a quell’operaio dell’ultima ora che oramai non aspettava più
nessuno per prenderlo a lavorare nella vigna. Invece il Signore dice a
quell’uomo: vieni anche tu, c’è posto anche per te, c’è sempre una possibilità.
Stupendo questo Dio, ben diverso dal considerare solo un Dio giusto. Il nostro Dio va oltre la nostra giustizia.
E noi cosa siamo chiamati a fare, noi
dehoniani e voi della Compagnia Missionaria? Ricordare questo cuore trafitto,
questo cuore che ama, questo cuore che ripara. Lo fa riparando innanzitutto
noi. Per poter riparare un cuore ferito dobbiamo sentire che anche noi
siamo stati riparati, che abbiamo continuo bisogno di essere riparati. Anche
noi siamo feriti e siamo stati feriti nel cuore… e anche nei polmoni, come ci
insegni tu Rosy.
C’è una frase di padre Dehon, nostro
fondatore, che tu Rosy mi hai ricordato e che mi era sfuggita: “più che
riparatore io mi sono sentito sempre da riparare!”. Noi rimaniamo sempre
uomini e donne da riparare. È questo che ci mette in movimento, è questo che ci
fa camminare: sentire che abbiamo sempre bisogno di essere riparati e che c’è
sempre un di più dove muoversi. Grazie a questo Gesù che ci spinge sempre di
più verso l’alto, l’altro. Come possiamo guarire, come possiamo andare incontro
alle persone, sentire le loro ferite se non ci sentiamo anche noi bisognosi di
questo. La nostra ferita diventa grazia, diventa dono, diventa risorsa, diventa
opportunità. Questo è ciò che fa il nostro Dio.
Il
tuo sì oggi fa bene a tutti, fa bene a me, a quelli che hanno fatto una scelta
di vita, a noi dehoniani a voi della Compagnia Missionaria, ma anche a tutti
qui dentro che sono sposati. A chi sta chiedendo solo di vivere, perché la vita
è già una scelta enorme e stupenda. Il tuo sì ci dice di amare la nostra
scelta, la rinnova, perché ci aiuta a capire il motivo di quel sì detto a una
persona, a quell’Istituto, a quella Congregazione, alla Chiesa. Perché può
succedere, anche se non è scritto nel Vangelo, che seppure chiamati a lavorare
nella vigna poi ci assopiamo, diamo tutto per scontato, persone comprese. Oggi
anche noi, con il tuo sì, rinnoviamo il nostro sì.
Essere qui oggi ci
fa bene. Fa bene alla Compagnia missionaria, fa bene a noi dehoniani, fa bene a
questa comunità dove tu ti sei inserita, fa bene alla Chiesa, a questa diocesi,
come ci ha ricordato all’inizio della celebrazione il nostro vescovo.
E ora parti,
sentiti rassicurata dal fatto che ti ricorderemo. Ci prendiamo il compito di
portarti nelle nostre preghiere, come spero ci ricordiamo sempre degli altri.
Anche noi abbiano bisogno della tua presenza. Porterai il tuo carisma, il tuo
modo di essere dentro questa comunità.
Questo nostro mondo
ha bisogno che tu racconti attraverso il tuo amore il Suo amore.
P. Silvano
Volpato scj
l'eccomi di rosy
Anna
Pati – ma tutti la chiamano Rosy – domenica 20 settembre, nella chiesa
parrocchiale di Bibano, ha emesso i suoi primi voti nella Compagnia missionaria
del Sacro Cuore, un istituto secolare fondato a Bologna dal padre dehoniano
Albino Elegante. Quella domenica mattina per le comunità di Bibano, Godega e
Pianzano è stata celebrata un’unica messa alle 10: il parroco, don Mattiuz, ha
voluto così dare rilievo a questo evento. È stata presieduta da p. Silvano
Volpato scj, che è già stato in servizio nella comunità dehoniana di Conegliano
ed ha seguito personalmente il percorso di discernimento di Rosy. Di origini
pugliesi, da diverso tempo Rosy ha lasciato la sua terra e vive al nord: prima
in Lombardia e poi in Veneto. Da settembre si è inserita nel contesto della
parrocchia di Bibano, dove dà il suo contributo nella catechesi parrocchiale:
la si vede sfrecciare in moto, arrivare per tempo alla messa domenicale e
proclamare la Parola di Dio o suonare la chitarra per l’animazione della
liturgia.
Rosy, che
lavoro fai?
«Dopo
diversi anni di lavoro con i bambini nell’ambito della disabilità e nello sport
paralimpico come allenatrice di nuoto, attualmente lavoro come operatrice
sociosanitaria in una casa di riposo per anziani del Coneglianese: in un primo
tempo, mi sono occupata dell’accompagnamento al “fine vita”, mentre adesso
lavoro come operatrice in reparto e mi occupo dei bisogni primari di cui gli
anziani necessitano».
Perché
la scelta della consacrazione?
«Mi
è difficile spiegare. Mi lascio guidare da un brano del vangelo di Giovanni
che, con altri, ha accompagnato questo percorso: “Chi cercate? Rabbì dove
abiti? Venite e vedete” (cfr. Gv 1, 35- 42). Sono poche righe, ma
mi fanno pensare, soprattutto in questo periodo, al cammino che il Signore ha
fatto con me, portandomi attraverso strade davvero impensabili all’incontro con
lui. Essere una consacrata non è merito mio e non si regge sulle mie capacità o
su doni speciali… È lui che mi attira e mi dona un cuore capace di ascolto».
Una
scelta maturata nel tempo …
«Rileggendo
il vangelo di Giovanni, mi rendo conto di come gli incontri con Gesù sono
immersi in una realtà – la mia – già cominciata: sono conseguenza di azioni già
compiute, di scelte già fatte e non sempre scelte giuste. A volte, come i
discepoli, anch’io sono rimasta a debita distanza, guardando ma senza
incontrare».
Hai
conosciuto, anche tu, momenti difficili?
«Ho
vissuto crisi e sensi di vuoto che non si riescono a riempire semplicemente con
ciò che si conosce e si vive. Ma proprio qui Gesù, volgendomi lo sguardo, mi ha
rivolto la domanda: “Che cosa cerchi? Qual è il senso della vita che sta
vivendo? Queste domande, in un momento difficile della giovinezza, in cui nulla
sembrava avere senso, mi hanno aperto il cuore, mi hanno fatto scoprire il
desiderio di vivere in pienezza, di conoscere questo Gesù che in quel momento
mi sembrava così distante e invece mi stava amando come nessuno aveva fatto
mai».
E
poi ci sono gli incontri, le esperienze della vita …
«Guardando al mio cammino
sono state tante le esperienze e i cammini che mi hanno aiutato a maturare e a
far crescere una vita interiore e spirituale. Penso alla parrocchia, ai gruppi,
alla figura del vescovo Tonino Bello, al volontariato con i bambini…
Quest’ultima esperienza, in particolare, è stata per me una vera e propria
“scuola di vita” dove ho maturato quella spiritualità che ha acceso il
desiderio di appartenere a lui con una vita vissuta nella semplicità del
quotidiano. Davvero è stata un’esperienza forte che, unita ad altre, mi ha
educato alla consapevolezza di essere chiamata a scoprire a cosa serve la vita,
a saper discernere a cosa si è chiamati, con uno sguardo ampio e pieno di
possibilità vocazionali, a cercare di rispondere con la propria vita e con ciò
che si è ... Queste esperienze – ma anche le tante persone che Gesù mi ha messo
sulla strada – mi hanno insegnato a pregare la Parola, a pregare con la
semplicità delle mie giornate, a trasformare le piccole cose e i piccoli gesti
della mia quotidianità in preghiera…».
Perché
proprio la Compagnia Missionaria del Sacro Cuore?
«Ho
incontrato la Compagnia Missionaria un po’ per caso, dopo altre esperienze,
grazie al mio padre spirituale. Mi ha colpito lo stile di vita, la capacità di
vivere le relazioni personali e con il Signore, in una dimensione di attenzione
all’altro, chiunque sia, ma anche dentro alla realtà parrocchiale, nella
Chiesa. Posso dire che quel “vieni e vedi” del vangelo di Giovanni, cioè
quell’incontro che Gesù aveva fissato e che mi è restato impresso, è stato per
me capire con chiarezza ciò che avrei voluto nella mia vita e che oggi
significa entrare nella Compagnia Missionaria, accogliendo quello stile di vita
che mi permette di vivere una relazione con lui, in un’ottica di servizio, di
gratuità e di appartenenza».
E
dopo il 20 settembre, che cosa succede?
«Cambia
il modo di vedere le cose. Accetto la sfida della vita dietro a Lui e questo
per me significa che non sono sola, ma ogni momento del mio vivere, ogni cosa
che accade nella mia giornata, diviene per me una scuola per imparare ad
ascoltare, ad amare ed agire come Lui. Non solo quando le cose vanno bene, ma
soprattutto nella fatica. Ciò significa accogliere quel “ti basta la mia
grazia… la mia forza è nella tua debolezza” di cui parla san Paolo. Guardando
avanti, scopri che stai camminando dietro a un Maestro di nome Gesù, che ti
ripete, fissando su di te il suo sguardo pieno di amore: “Vieni e seguimi”.
Sono convinta che il Signore quando chiama non toglie nulla ma dona davvero
tutto…».
Intervista a cura di Alessio Magoga
ricordo di beatrice mazzieri
Beatrice donna riservata
Il 13 marzo
2020 è deceduta Beatrice Mazzieri, missionaria italiana. Ha fatto parte del gruppo
di vita in famiglia di Bologna per molti anni.
Bea, come la chiamavamo affettuosamente, non ha avuto una vita facile e, da
parte mia, l’ho conosciuta quando viveva con suo fratello nell’appartamento di
Via Guidotti, 65 (proprietà della CM). Erano in affitto ed anno trascorso un
buon periodo vicino a noi. Lavoravano tutti e due ed entrambi erano molto
discreti. Il fratello è deceduto molto tempo fa. Beatrice ha continuato a
vivere vicino a noi per vari anni da sola e, nel periodo del pensionamento si
dedicava al volontariato collaborando con il Quadrifoglio, organizzazione che
si interessava del recupero delle persone drogate.
Dopo vari anni, è andata a vivere al Pallavicini, struttura diocesana, dove
ci sono vari alloggi per persone che hanno una pensione insufficiente per
pagare l’affitto e lì ha vissuto fino ad alcuni anni fa facendo volontariato
nel diurno per anziani gestito dalla diocesi e che si trovava a pochi passi
dalla sua nuova abitazione.
Negli anni del mio servizio CM a Bologna sono stata spesse volte a trovarla
e conoscevo anche la vicina con la quale c’era un buon rapporto di
collaborazione e solidarietà. In questi ultimi 6 anni è sempre stata poco bene
di salute con la necessità negli ultimi 3-4 anni di essere coadiuvata dalla
vicina per prendere le medicine perché cominciava a perdere la memoria. Non
potendo più lasciarla in casa da sola,
un cugino al quale ha affidato la gestione dei suoi beni, ha deciso che era
bene affidarla ad una casa di riposo
Nel 2018 è stata ricoverata nella casa di riposo gestita dalla “Comunità in
cammino” che si trova vicino a noi e dove attualmente si trova anche la nostra
Cesarina. In questo ultimo periodo è stata ricoverata all’Ospedale Maggiore di
Bologna dove è deceduta. Purtroppo in questa situazione difficile dovuta a
Covin 19 ci ha costrette a rimanere assolutamente in casa con tutte le
restrizioni del caso, non siamo potute starle vicine come avremmo voluto. E’ stata importante la presenza di
Edvige e Giannina al funerale che ringraziamo di cuore.
Da parte mia la ricordo come una cara sorella con la
quale ho potuto condividere sia la sua situazione di fragilità, il suo sentire
e la preghiera. Ho colto la sua fede nella presenza di Gesù nel suo cuore come
compagno fedele. Il suo sorriso quando ne parlava mi è rimasto nel cuore come
un ricordo prezioso. Questo suo mondo intimo non traspariva normalmente ma le
sue amiche di tavolo sapevo che apprezzavano la sua persona ed anche il
personale della struttura dove si trovava. Manifestava anche un grande
dispiacere per non poter vivere nella sua casa e questo era un suo cruccio
molto grande. Credo che il suo carattere riservato ed il non poter vivere in un ambiente a lei più congeniale le
creavano una grande sofferenza.
Abbiamo fiducia che il Signore ha continuato a sostenerla con la sua
vicinanza anche negli ultimi giorni della sua vita e confidiamo a Lui che è
Vita Eterna la nostra Beatrice.
Martina Cecini
Grazie, Beatrice
Ho conosciuto Beatrice nel
periodo del mio volontariato nella comunità del Quadrifoglio ad Ozzano
Emilia. agli inizi degli anni ‘ 80 - ed
è stata la prima missionaria, dopo mia sorella Giuseppina naturalmente – con
cui io abbia stretto una bella e forte
amicizia. Dall’inizio mi hanno colpito le sue qualità umane, quelle espressioni di “abituale serenità, semplicità
e dolcezza” (di cui parla il nostro Statuto (n°48)). Ho imparato poi nel tempo a conoscerla più
in profondità . Beatrice aveva una
grande maturità umana e una forte
fede: sapeva farsi attenta e accogliente con discrezione ed umiltà. Sapeva
trasmettere fiducia incondizionata. Con lei ti sentivi subito accolta con simpatia
Furono queste qualità umane ad
orientarmi verso di lei quando ad Ozzano
Emilia maturai il desiderio di ricevere il sacramento della confermazione (non
ero ancora cresimata ) e avevo un serio cammino da fare . La scelsi come
madrina. Beatrice mi mostrava con la sua vita la gioia e la bellezza del vivere le piccole cose della
quotidianità, lavoro, famiglia, amicizia come i luoghi propri della
consacrazione secolare. Inoltre la sentivo anche molto vicina nella condivisione di alcuni valori come la
solidarietà con i fratelli più poveri o più disagiati.
I nostri incontri formativi
erano davvero molto particolari. I nostri dialoghi erano condivisioni di vita
e… condivisioni della buona cucina emiliana di cui lei era davvero ottima
cuoca. Non posso dimenticare le
domeniche dei nostri incontri formativi quando non mancava di prepararmi dei
pranzi particolari. Era un modo molto semplice e concreto di trasmettermi
affetto Con un’attenzione premurosa e
intelligente si rendeva conto che venivo abbastanza stanca dal servizio in
comunità e avevo bisogno di amicizia
semplice e di riposo . Altri momenti che ricordo con gioia sono state le occasioni
in cui - io e la mia famiglia - abbiamo avuto la gioia di averla nostra
ospite al sud. Era molto legata a mia sorella Giuseppina, a mia
mamma, mia sorella, ai miei nipoti.
Grazie, Bea, per quanto mi hai
donato. Resterai sempre nel mio cuore.
Marinella
Martucci
mozambico italia
“Noi missionarie, scelte da Dio, vogliamo
scegliere Dio come pienezza delle aspirazioni della nostra vita”(Est. Nº 2).
Cosa vuol dire scegliere Dio come pieneza
delle propria vita?
Essere di Dio per me ha voluto dire
accettare di fare le esperienze più impensate nei momenti meno previsti – Dare
nella propria vita delle sterzate improvvise per entrare in strade sterrate o
in autostrada a secondo del momento.
Vi racconto la penultima sterzata per
giungere a quest’ultima.
Nel 2010 ero in piena attività progettuale
della commissione di giustizia e pace dell’Archidiocesi di Nampula – Progetto
di formazione per i giudici dei Tribunali Comunitari e monitoraggio del
rispetto minimo dei diritti umani nei carceri situati nel territorio della
archidiocesi, ma un grave incidente stradale che mi lasciava schiacciata tra
l’automobile e la parete, fece in modo che rimanessi immobile in un letto a
Nampula e di li continuare a lavorare facendo riunioni con i miei collaboratori
e poi altri tre mesi in Italia per la riabilitazione . Tornata in Mozambico con
difficoltà di deambulazione riprendo il progetto e il lavoro della commissione
giustizia e pace a livello diocesano, intanto a livello di gruppo va avanti la
riflessione di aprire un’altra casa a causa dello sviluppo che la CM sta avendo
nel centro-nord. Andare Martina con un gruppo a Quelimane? E’ l’ipotesi più
viabile già che abbiamo una casa vuota di nostra proprietà in questa città; ma,
guidate da Dio, la riflessione del gruppo prende un’altra piega. Sollecitate
dal vescovo e da alcuni sacerdoti diocesani del Gurue, il gruppo sceglie di
costruire una casa ad hoc a Invinha e a questo punto già non è Martina, ma è
Mariolina che deve andare... La strada si spiana improvvisamente.
Compriamo il terreno dalla Diocesi,
Mariolina lascia Nampula e va al Gurue dove a causa del terreno disconnesso
deve chiedere l’ausilio ad un bastone già che camminando ancora come un robot,
le è facile prendere delle cadute. Undici ragazze sono pronte prima che la casa
sia pronta. Cosa facciamo? Proposta: per quest’anno aspettate nelle vostre
case. Risposta: Mariolina noi siamo abituate – anche nelle nostre case viviamo
come possiamo – vogliamo vivere con te comunque sia – e allora via, poche
chiacchiere, si comincia. Ospiti in una casetta della diocesi, ammassate in due
stanze ci prendiamo in giro dicendo che stiamo facendo il servizio militare. Le
ragazze si alzano alle tre di notte per fare la doccia a turno nell’unico bagno
della casetta. Sarebbe da scrivere un
libro ma tutte insieme ci diamo forza e in quei mesi abbiamo fatto un’unica
assenza a scuola a causa della batteria del fuoristrada che di colpo una
mattina ha deciso di salutarci. Normalmente alle sei del mattino senza fiatare
eravamo tutte pronte per partire per Invinha, situata a 18 chilometri, loro per
la scuola ed io per dirigere i lavori di costruzione.
Bene andiamo avanti, a Pasqua ci
trasferiamo nella casa che è ancora un rustico, ma per lo meno ha le pareti, il
tetto, le finestre con le sole grate di ferro e le uscite con le porte per così, poter dormire tranquille. Continua
il servizio militare, ma con tante risate e tanta gioia. Personalmente comincio
a notare nel mio corpo un segnale chiaro negativo... comunico tutto al gruppo
delle consacrate ma, riempiendomi di limone vado avanti. Assemblea CM: viene
scelta Martina... Momento di panico, di confusione, non capisco più nulla. Ci
siamo stirate moltissimo, molte ragazze tra Nampula e Gurue poche missionarie
ed ora anche Martina viene meno. Io devo venire in Italia, sono cosciente della
mia autodiagnosi: Tumore al seno che poi si rivela non dei migliori –
operazione, terapia, permanenza in Italia per un anno. Non voglio fare solo
questo: chiedo a P. Marcello se posso andare con lui a conoscere la realtà
carceraria italiana. Chiusa questa fase sono di ritorno al Gurue. Anche
l’Università Cattolica del Mozambico vuole la mia collaborazione. Mi inserisco
anche lì come insegnante e come membro amministratrice e dell’equipe di
direzione. La vita continua. Unico problema ogni anno devo tornare in Italia
per controllare se il tumore accetta di chiudere la porta e andarsene
completamente. Settembre 2017 ritorno in Italia con la valigia vuota,
programmata a riempirla al ritorno – Ci servono molte cose. I controlli vanno
bene a luglio 2018 dovrò tornare per l’ultimo controllo e chiudere il processo
sanitario. Sto preparando il rientro, ma dico al medico di base di sentire
della fitte alle spalle, cose che mi porto già dal Mozambico. Radiografia
urgente... Stoppata – Macchie ai polmoni. Per qualcuno è già chiaro ma i medici
chiedono di conoscere esattamente la natura di questo macchie – noduli –
vogliono conoscere il nome, il cognome e anche il codice fiscale dei miei
noduli polmonari... Biopsie, radiografie, tac, pet… chi più ne ha più ne metta…
dopo sette mesi arriviamo all’intervento chirurgico che tanto ho temuto e
tentato di evitare: con la taglia e cuci mi prendono il pezzo del polmone col
nodulo da analizzare. Ora è chiaro, in gergo popolare sono metastasi partite
dal seno e passate ai polmoni. Niente di tragico, la scienza oggi ha terapie sperimentali
che danno dei grandi risultati – Unico problema: bisogna trattarla come
malattia cronica. Per me è chiarissimo, devo girare pagina. In Mozambico non
sono convinti, continuano a pregare, mi vogliono di ritorno all’Università. Per
me c’è già qualcosa che brucia nel cuore. Personalmente stavo già accompagnando
il sogno della fraternità con i vari intoppi e peripezie e mi ero detta; se non
riesco a tornare in Mozambico mi piacerebbe inserirmi in questo progetto. Così
quando la situazione per me è stata chiara ho chiesto al Consiglio di aderire
come elemento CM a questa proposta che come CC stava già accompagnando
dall’inizio.
Ora sto vivendo un’esperienza di
rinnovamento. Sento che il Signore mi aspettava all’angolo. Era il momento di
riprendere a vivere in profondità dando più peso all’essere che al fare. Vivere
nella novità di vita mostrando l’allegria di vivere la fraternità nella nuova
forma qual è la mia consacrazione – Vivere tra fratelli che non hanno problemi
a mostrarsi per quello che si è: fragilità alla ricerca di autenticità. Vivo
una condivisione attenta e sincera, nell’ accoglienza per quello che si è, ma
provocandoci a migliorare ogni giorno, a vivere nell’accoglienza di Dio, nella
novità dell’essere.
E’ possibile vivere da fratelli? Si. E’
possibile vivere volendo il vero bene dell’altro? Si. Ciascuno mette in comune
le capacità che ha, le forze che ha, il tempo che ha, la sensibilità che ha
mettendosi allo scoperto sicuri comunque di essere accolti con amore e
comprensione prolungamento dell’amore di Dio, tanto da poter dire noi e gli
altri, come è bello che i fratelli stiano insieme.
Comunque anche qui non sto con
le mani in mano; oltre la vita normale di fraternità mi sono inserita nel
carcere e cerco di essere presente in ogni momento importante nel carcere e
nell’accoglienza dei detenuti in casa. Nella parrocchia sta aumentando sempre
più l’inserimento e oltre le liturgie quotidiane mi è stato affidato un
gruppetto di 7 giovani donne del Bangladesh perché apprendano l’italiano. E’
un’esperienza bella, mi fa sentire ancora cittadina del mondo; per cui per tre
volte la settimana immersione totale nel gruppo di gioventù internazionale che
gradatamente sta apprendendo ad aver fiducia in se stessa e nel frattempo si
apre alla relazione interpersonale e alla conoscenza reciproca. Rimaniamo
aperte alle novità di Dio e accogliamo quello che viene dalle sue mani.
l'esperienza del roveto
Festa dell’ ECCOMI nel Sud-Italia, 24 marzo
Il 24
marzo scorso, la Compagnia Missionaria del Sud-Italia, insieme con tanti amici,
ha ricordato l’ECCOMI di Gesù e di Maria
a Dio, dal quale prende vita il nostro ECCOMI.
Abbiamo
vissuto l’incontro nella parrocchia di Gesù Buon Pastore di Castellammare di
Stabia.
Il
parroco don Antonio Santarpia, con dolcezza e accoglienza di padre, ci ha fatto
sentire il suo calore e affetto, come se fossimo di famiglia.
Il clima familiare ci ha
predisposto ad aprire il nostro cuore e ad accogliere la Parola che, con tanta
delicatezza, il nostro caro p. Antonio Carapellese ci ha sminuzzato, aiutandoci
a cogliere, attraverso l’ECCOMI di Mosè, aspetti significativi in essa custoditi.
L’esperienza
del “roveto ardente”, nel farci cogliere la premura, la sollecitudine,
l’ardore, la passione del Dio che salva, allo stesso tempo ci ha spinti a
metterci in discussione sul nostro lasciarci coinvolgere in questo progetto di
salvezza, che il Signore compie in nostro favore. Ci ha presentato la figura di
Mosè e come la sua fiducia nel Signore ha stravolto, positivamente, la sua
vita. E noi?
Abbiamo
poi partecipato all’Eucaristia della comunità del luogo dove ci trovavamo. È
stato bello condividere il pane eucaristico con tanti fratelli e sentirsi una
grande famiglia.
Quindi
la pausa pranzo in cui abbiamo condiviso quello che avevamo portato, con gioia
e in fraternità. Nel pomeriggio abbiamo fatto un momento di condivisione sul
passo dell’Esodo che avevamo meditato e sulle sollecitazioni di p. Antonio, e
molti hanno dato il loro contributo arricchente. Abbiamo ringraziato il Signore
per quanto vissuto in questa giornata e anche per i tanti doni che elargisce a
ognuno ogni giorno.
a cuore aperto
Festa dell’ ECCOMI a Brugherio (MB), 6 aprile
L’Eccomi comincia
nelle nostre case: la preparazione, le partenze, gli arrivi. Ma è subito
famiglia quando arriviamo, il venerdì sera, felici di rivederci tutte insieme
dopo quasi un anno. Siamo accolte da Lucia Maistro, Orielda e Cecilia.
Graziella è un po’ più curva, ma sempre attiva in cucina a preparare il cibo
per la festa. Lucia Capriotti, Luisa e l’amica Rosetta ci portano il respiro e
la generosità del gruppo di S. Antonio Abate. Maria Grazia è accompagnata da
una nuova amica, Vilma, che viene dal Perù, e subito si ambienta nella nostra
casa che “ha allargato i paletti della tenda” per farci posto. Naturalmente il
dopo-cena è tempo di ascolto e condivisione, che va in profondità. E pensavo,
quando ci lasciamo guardare, nel dialogo fraterno, il cuore si apre a rivelare il mistero
della persona. Così Dio, rivelandosi ha
aperto il suo cuore, dove contempliamo il suo mistero. Ha aperto il suo cuore per non chiuderlo più! E
veramente si vede, anche nei gesti del quotidiano, questo vivere a cuore aperto che ci fa missionarie.
Il sabato mattina, finalmente ci siamo tutte: Franca
Gherardi e Rita arrivano in mattinata. Stiamo preparandoci all’accoglienza
degli Amici. L’appuntamento è per le 14.30. Arrivano, alla spicciolata, e
rivediamo volti noti, qualcuno nuovo, e subito si vive la cordialità
dell’incontro. Nella cucina dell’Oratorio intanto si completano i vassoi per la
merenda: ognuno ha portato qualcosa da condividere per far festa. Nell’attesa
che inizi la meditazione di Lucia C., ci scambiamo ricordi, ci presentiamo,
ripercorriamo la vita CM rileggendo, sui cartelloni che sono stati preparati,
la nostra storia. Ci siamo tutti, non
molti: la data scelta coincide con molte attività programmate dalla Parrocchia,
e ciò ha imposto una scelta a tanti amici che hanno dovuto rinunciare a questo
incontro.
E’ il tempo dell’Ascolto.
Dopo le parole di accoglienza di Orielda, Lucia C. ci fa camminare, sui
sentieri della Parola, per scoprire quell’ECCOMI di Dio e dell’uomo. Il tema: L’Eccomi di Maria nel quotidiano. Alla
conclusione ho ringraziato Lucia perché, le ho detto, ci hai portato un po’ qui, un po’ lì, restando qui: sembrerebbe un
enigma. Ma Lucia ci ha fatto sentire quell’Eccomi
per te pronunciato da Dio nella Creazione, ripetuto nella Alleanza, e
infine riflesso, come in uno specchio, da Maria: DONNA, UMANITA’.
Era davvero un invito a una
festa nuziale: la commozione profonda di essere presenti a questa unione sponsale tra Dio e l’umanità che
in Maria trova il suo compimento,
grazie al suo Eccomi. E l’Eccomi di Cristo ha preso carne. Lucia ci ha fatto cogliere questo grande respiro
della vita dell’uomo, amato da Dio,
dall’Eden, a Nazareth, a Brugherio: per vivere da UMANITA’ che dice SI’ a Dio
che l’invita: Rallegrati, donna! Xaire, Maria!
E ora è il tempo della condivisione e della festa. Si
comunicano le risonanze, il cuore si allarga ad accogliere l’oggi nella sua concretezza, là dove
siamo, attenti a discernere e ascoltare quella voce del Dio AMORE, quella voce
del Pastore bello, che è
inconfondibile: Eccomi, sono qui per te! Rallegrati!
Ed ECCOMI per vivere la festa: la bella e buona merenda
preparata da tante mani. l’ascolto reciproco si srotola tra dolcetti e
salatini, ECCOCI, insieme, a Brugherio, nel rallegrarsi di Maria, nella
Speranza dell’umanità, Donna in dialogo con Dio.
Grazie Lucia, Grazie Orielda e Lucia Maistro. Grazie P.
Albino per questa Famiglia che hai generato nella fede!