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COMPAGNIA MISSIONARIA
DEL SACRO CUORE
una vita nel cuore del mondo al servizio del Regno...
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Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
 La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto 2024
    Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique.... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    Agosto de 2024
    Edvige Terenghi, administradora central, visita los grupos en Mozambique... Continua
  • 09 / 08 / 2024
    19 ottobre 2024
    Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online... Continua
rispondere all'amore infinito di dio
 
Omelia nella prima emissione dei voti di (Rosy) Anna Pati   20 settembre 2020 Che cosa stiamo facendo? Che cosa sta facendo Rosy oggi, qui, davanti a tutti? Fa una cosa semplicissima, non straordinaria, una cosa che dovremmo fare tutti: rispondere all’amore infinito di Dio. Che cos’è la vita cristiana se non la risposta a questo amore incredibile smisurato. Non riusciremo mai a comprendere perché Dio ci ami così tanto! Rosy oggi risponde, dice il suo sì a questo amore. Ma per fare questo bisogna essere persone speciali? Si certo, per chi la conosce, per chi gli vuole bene Rosy è speciale, ma non bisogna avere chissà quali poteri, chissà quali qualità. Anzi, il Signore ci prende così come siamo. La nostra risposta è dire sì con tutta la nostra umanità, con quello che siamo. Innanzitutto, le parti belle di te, ma anche le tue fragilità e le tue debolezze. È bello pensare che il Signore prende tutto di te, non scarta niente di te, non scarta niente della nostra vita. perché tutto di noi ci riporta e ci riconduce al suo amore. San Paolo, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, si sente indegno perché c’è qualcosa che lo tormenta. Allora davanti al Signore gli fa una richiesta: togli da me questa debolezza, questa fragilità, questa spina, perché per me è insopportabile, perché mi fa sentire continuamente indegno. Invece il Signore gli risponde: ti basta la mia grazia, come se Dio gli dicesse: io comincio proprio ad amarti da questa parte che tu rifiuti. Questa è la dichiarazione di quanto Dio ci ami. Ti basta la mia grazia per dirci ti basto io, sono sufficiente io, ti basta questo mio immenso amore. Noi guardiamo invece sempre le cose che non vanno. Dio ha un modo diverso di guardarci. Lasciamoci guardare così e lasciati guardare così, ogni giorno, da questo immenso amore, da questa tenerezza sconfinata. Se tu guardi quel volto che ti ama, quel volto ti restituisce il tuo vero volto, ti dà una nuova identità, quella che spesso noi non vediamo, perché assorbiti solo dalle cose che non vanno dentro di noi o dentro gli altri. Siamo sempre e comunque preziosi ai suoi occhi. È bello guardarci attraverso gli occhi di Dio. Questo innamorato che ci fa belli. Allora quello che consideriamo debolezza diventa la nostra forza, diventa quel punto dove poter sollevare la nostra esistenza. Il Signore parte da lì, come una leva. In questo modo il Signore ci vuole sempre spiazzare, lo fa anche oggi. Come nella parabola del vangelo il padrone spiazza tutti quegli operai, quelli della prima ora ma anche quelli dell’ultima ora. Li paga tutti allo stesso modo. E noi che ragioniamo con altri criteri, noi che ragioniamo sempre con i criteri della giustizia che spesso s’impantana in percorsi puramente umani. Il Signore ci offre un altro modo di vedere la vita, la vita degli altri, la nostra vita. Dice il vangelo: sei invidioso perché io sono buono? Oggi ci lasciamo spiazzare da questa scelta di Rosy, ma ci lasciamo anche spiazzare da questa realtà, da questo amore: Dio è buono! Noi oggi vogliamo parlare di questo, constatiamo questo. C’è una spiritualità che tu hai abbracciato, ed è la spiritualità del Sacro Cuore di Gesù, che noi come dehoniani e voi come Compagnia Missionaria condividiamo, abbiamo le stesse radici. Partiamo da lì, da quel cuore. Si manifesta così l’amore di Dio: dal cuore, così come tante volte è il cuore umano che racconta all’altro quanto gli vuole bene. Tutto il vangelo, come questa pagina, ci racconta l’amore del Padre che è stato reso visibile, concreto, tangibile attraverso Gesù. Ma c’è un’immagine ancora più concreta che ci racconta questo amore. Un’immagine cara alla nostra spiritualità: è il cuore di Gesù trafitto dalla lancia proprio lì sulla croce. Gesù viene trafitto da uno strumento di guerra e da quel cuore esce sangue e acqua, sgorga continuamente amore, anche qui, oggi. Riversa su ognuno di noi ciò di cui abbiamo veramente bisogno: Lui! È un cuore che rimane trafitto, cioè amante, che riversa su ognuno di noi ciò di cui abbiamo bisogno. Un cuore trafitto che si prende a carico tutti i trafitti, tutte le persone che anche in questo momento stanno soffrendo. È un cuore che vuole guarire. C’è una parola dentro la nostra spiritualità che a volte è incomprensibile perché nella lingua italiana ha altri significati. Questa parola è riparazione. Qual è il lavoro di Dio? È proprio questo: riparare il cuore di tante persone. Allora riparare vuol dire unire, dare speranza, dare futuro, dare vita, dare perdono. Riparare è annunciare che non c’è la parola fine, è dare speranza, come succede nel vangelo a quell’operaio dell’ultima ora che oramai non aspettava più nessuno per prenderlo a lavorare nella vigna. Invece il Signore dice a quell’uomo: vieni anche tu, c’è posto anche per te, c’è sempre una possibilità. Stupendo questo Dio, ben diverso dal considerare solo un Dio giusto. Il nostro Dio va oltre la nostra giustizia. E noi cosa siamo chiamati a fare, noi dehoniani e voi della Compagnia Missionaria? Ricordare questo cuore trafitto, questo cuore che ama, questo cuore che ripara. Lo fa riparando innanzitutto noi. Per poter riparare un cuore ferito dobbiamo sentire che anche noi siamo stati riparati, che abbiamo continuo bisogno di essere riparati. Anche noi siamo feriti e siamo stati feriti nel cuore… e anche nei polmoni, come ci insegni tu Rosy. C’è una frase di padre Dehon, nostro fondatore, che tu Rosy mi hai ricordato e che mi era sfuggita: “più che riparatore io mi sono sentito sempre da riparare!”. Noi rimaniamo sempre uomini e donne da riparare. È questo che ci mette in movimento, è questo che ci fa camminare: sentire che abbiamo sempre bisogno di essere riparati e che c’è sempre un di più dove muoversi. Grazie a questo Gesù che ci spinge sempre di più verso l’alto, l’altro. Come possiamo guarire, come possiamo andare incontro alle persone, sentire le loro ferite se non ci sentiamo anche noi bisognosi di questo. La nostra ferita diventa grazia, diventa dono, diventa risorsa, diventa opportunità. Questo è ciò che fa il nostro Dio. Il tuo sì oggi fa bene a tutti, fa bene a me, a quelli che hanno fatto una scelta di vita, a noi dehoniani a voi della Compagnia Missionaria, ma anche a tutti qui dentro che sono sposati. A chi sta chiedendo solo di vivere, perché la vita è già una scelta enorme e stupenda. Il tuo sì ci dice di amare la nostra scelta, la rinnova, perché ci aiuta a capire il motivo di quel sì detto a una persona, a quell’Istituto, a quella Congregazione, alla Chiesa. Perché può succedere, anche se non è scritto nel Vangelo, che seppure chiamati a lavorare nella vigna poi ci assopiamo, diamo tutto per scontato, persone comprese. Oggi anche noi, con il tuo sì, rinnoviamo il nostro sì. Essere qui oggi ci fa bene. Fa bene alla Compagnia missionaria, fa bene a noi dehoniani, fa bene a questa comunità dove tu ti sei inserita, fa bene alla Chiesa, a questa diocesi, come ci ha ricordato all’inizio della celebrazione il nostro vescovo. E ora parti, sentiti rassicurata dal fatto che ti ricorderemo. Ci prendiamo il compito di portarti nelle nostre preghiere, come spero ci ricordiamo sempre degli altri. Anche noi abbiano bisogno della tua presenza. Porterai il tuo carisma, il tuo modo di essere dentro questa comunità. Questo nostro mondo ha bisogno che tu racconti attraverso il tuo amore il Suo amore. P. Silvano Volpato scj
l'eccomi di rosy
 
Anna Pati – ma tutti la chiamano Rosy – domenica 20 settembre, nella chiesa parrocchiale di Bibano, ha emesso i suoi primi voti nella Compagnia missionaria del Sacro Cuore, un istituto secolare fondato a Bologna dal padre dehoniano Albino Elegante. Quella domenica mattina per le comunità di Bibano, Godega e Pianzano è stata celebrata un’unica messa alle 10: il parroco, don Mattiuz, ha voluto così dare rilievo a questo evento. È stata presieduta da p. Silvano Volpato scj, che è già stato in servizio nella comunità dehoniana di Conegliano ed ha seguito personalmente il percorso di discernimento di Rosy. Di origini pugliesi, da diverso tempo Rosy ha lasciato la sua terra e vive al nord: prima in Lombardia e poi in Veneto. Da settembre si è inserita nel contesto della parrocchia di Bibano, dove dà il suo contributo nella catechesi parrocchiale: la si vede sfrecciare in moto, arrivare per tempo alla messa domenicale e proclamare la Parola di Dio o suonare la chitarra per l’animazione della liturgia. Rosy, che lavoro fai? «Dopo diversi anni di lavoro con i bambini nell’ambito della disabilità e nello sport paralimpico come allenatrice di nuoto, attualmente lavoro come operatrice sociosanitaria in una casa di riposo per anziani del Coneglianese: in un primo tempo, mi sono occupata dell’accompagnamento al “fine vita”, mentre adesso lavoro come operatrice in reparto e mi occupo dei bisogni primari di cui gli anziani necessitano». Perché la scelta della consacrazione? «Mi è difficile spiegare. Mi lascio guidare da un brano del vangelo di Giovanni che, con altri, ha accompagnato questo percorso: “Chi cercate? Rabbì dove abiti? Venite e vedete” (cfr. Gv 1, 35- 42). Sono poche righe, ma mi fanno pensare, soprattutto in questo periodo, al cammino che il Signore ha fatto con me, portandomi attraverso strade davvero impensabili all’incontro con lui. Essere una consacrata non è merito mio e non si regge sulle mie capacità o su doni speciali… È lui che mi attira e mi dona un cuore capace di ascolto». Una scelta maturata nel tempo … «Rileggendo il vangelo di Giovanni, mi rendo conto di come gli incontri con Gesù sono immersi in una realtà – la mia – già cominciata: sono conseguenza di azioni già compiute, di scelte già fatte e non sempre scelte giuste. A volte, come i discepoli, anch’io sono rimasta a debita distanza, guardando ma senza incontrare». Hai conosciuto, anche tu, momenti difficili? «Ho vissuto crisi e sensi di vuoto che non si riescono a riempire semplicemente con ciò che si conosce e si vive. Ma proprio qui Gesù, volgendomi lo sguardo, mi ha rivolto la domanda: “Che cosa cerchi? Qual è il senso della vita che sta vivendo? Queste domande, in un momento difficile della giovinezza, in cui nulla sembrava avere senso, mi hanno aperto il cuore, mi hanno fatto scoprire il desiderio di vivere in pienezza, di conoscere questo Gesù che in quel momento mi sembrava così distante e invece mi stava amando come nessuno aveva fatto mai». E poi ci sono gli incontri, le esperienze della vita … «Guardando al mio cammino sono state tante le esperienze e i cammini che mi hanno aiutato a maturare e a far crescere una vita interiore e spirituale. Penso alla parrocchia, ai gruppi, alla figura del vescovo Tonino Bello, al volontariato con i bambini… Quest’ultima esperienza, in particolare, è stata per me una vera e propria “scuola di vita” dove ho maturato quella spiritualità che ha acceso il desiderio di appartenere a lui con una vita vissuta nella semplicità del quotidiano. Davvero è stata un’esperienza forte che, unita ad altre, mi ha educato alla consapevolezza di essere chiamata a scoprire a cosa serve la vita, a saper discernere a cosa si è chiamati, con uno sguardo ampio e pieno di possibilità vocazionali, a cercare di rispondere con la propria vita e con ciò che si è ... Queste esperienze – ma anche le tante persone che Gesù mi ha messo sulla strada – mi hanno insegnato a pregare la Parola, a pregare con la semplicità delle mie giornate, a trasformare le piccole cose e i piccoli gesti della mia quotidianità in preghiera…». Perché proprio la Compagnia Missionaria del Sacro Cuore? «Ho incontrato la Compagnia Missionaria un po’ per caso, dopo altre esperienze, grazie al mio padre spirituale. Mi ha colpito lo stile di vita, la capacità di vivere le relazioni personali e con il Signore, in una dimensione di attenzione all’altro, chiunque sia, ma anche dentro alla realtà parrocchiale, nella Chiesa. Posso dire che quel “vieni e vedi” del vangelo di Giovanni, cioè quell’incontro che Gesù aveva fissato e che mi è restato impresso, è stato per me capire con chiarezza ciò che avrei voluto nella mia vita e che oggi significa entrare nella Compagnia Missionaria, accogliendo quello stile di vita che mi permette di vivere una relazione con lui, in un’ottica di servizio, di gratuità e di appartenenza». E dopo il 20 settembre, che cosa succede? «Cambia il modo di vedere le cose. Accetto la sfida della vita dietro a Lui e questo per me significa che non sono sola, ma ogni momento del mio vivere, ogni cosa che accade nella mia giornata, diviene per me una scuola per imparare ad ascoltare, ad amare ed agire come Lui. Non solo quando le cose vanno bene, ma soprattutto nella fatica. Ciò significa accogliere quel “ti basta la mia grazia… la mia forza è nella tua debolezza” di cui parla san Paolo. Guardando avanti, scopri che stai camminando dietro a un Maestro di nome Gesù, che ti ripete, fissando su di te il suo sguardo pieno di amore: “Vieni e seguimi”. Sono convinta che il Signore quando chiama non toglie nulla ma dona davvero tutto…». Intervista a cura di Alessio Magoga
ricordo di beatrice mazzieri
 
Beatrice donna riservata Il 13 marzo 2020 è deceduta Beatrice Mazzieri, missionaria italiana. Ha fatto parte del gruppo di vita in famiglia di Bologna per molti anni. Bea, come la chiamavamo affettuosamente, non ha avuto una vita facile e, da parte mia, l’ho conosciuta quando viveva con suo fratello nell’appartamento di Via Guidotti, 65 (proprietà della CM). Erano in affitto ed anno trascorso un buon periodo vicino a noi. Lavoravano tutti e due ed entrambi erano molto discreti. Il fratello è deceduto molto tempo fa. Beatrice ha continuato a vivere vicino a noi per vari anni da sola e, nel periodo del pensionamento si dedicava al volontariato collaborando con il Quadrifoglio, organizzazione che si interessava del recupero delle persone drogate. Dopo vari anni, è andata a vivere al Pallavicini, struttura diocesana, dove ci sono vari alloggi per persone che hanno una pensione insufficiente per pagare l’affitto e lì ha vissuto fino ad alcuni anni fa facendo volontariato nel diurno per anziani gestito dalla diocesi e che si trovava a pochi passi dalla sua nuova abitazione. Negli anni del mio servizio CM a Bologna sono stata spesse volte a trovarla e conoscevo anche la vicina con la quale c’era un buon rapporto di collaborazione e solidarietà. In questi ultimi 6 anni è sempre stata poco bene di salute con la necessità negli ultimi 3-4 anni di essere coadiuvata dalla vicina per prendere le medicine perché cominciava a perdere la memoria. Non potendo più lasciarla in casa da sola, un cugino al quale ha affidato la gestione dei suoi beni, ha deciso che era bene affidarla ad una casa di riposo Nel 2018 è stata ricoverata nella casa di riposo gestita dalla “Comunità in cammino” che si trova vicino a noi e dove attualmente si trova anche la nostra Cesarina. In questo ultimo periodo è stata ricoverata all’Ospedale Maggiore di Bologna dove è deceduta. Purtroppo in questa situazione difficile dovuta a Covin 19 ci ha costrette a rimanere assolutamente in casa con tutte le restrizioni del caso, non siamo potute starle vicine come avremmo voluto. E’ stata importante la presenza di Edvige e Giannina al funerale che ringraziamo di cuore. Da parte mia la ricordo come una cara sorella con la quale ho potuto condividere sia la sua situazione di fragilità, il suo sentire e la preghiera. Ho colto la sua fede nella presenza di Gesù nel suo cuore come compagno fedele. Il suo sorriso quando ne parlava mi è rimasto nel cuore come un ricordo prezioso. Questo suo mondo intimo non traspariva normalmente ma le sue amiche di tavolo sapevo che apprezzavano la sua persona ed anche il personale della struttura dove si trovava. Manifestava anche un grande dispiacere per non poter vivere nella sua casa e questo era un suo cruccio molto grande. Credo che il suo carattere riservato ed il non poter vivere in un ambiente a lei più congeniale le creavano una grande sofferenza. Abbiamo fiducia che il Signore ha continuato a sostenerla con la sua vicinanza anche negli ultimi giorni della sua vita e confidiamo a Lui che è Vita Eterna la nostra Beatrice. Martina Cecini Grazie, Beatrice Ho conosciuto Beatrice nel periodo del mio volontariato nella comunità del Quadrifoglio ad Ozzano Emilia. agli inizi degli anni ‘ 80 - ed è stata la prima missionaria, dopo mia sorella Giuseppina naturalmente – con cui io abbia stretto una bella e forte amicizia. Dall’inizio mi hanno colpito le sue qualità umane, quelle espressioni di “abituale serenità, semplicità e dolcezza” (di cui parla il nostro Statuto (n°48)). Ho imparato poi nel tempo a conoscerla più in profondità . Beatrice aveva una grande maturità umana e una forte fede: sapeva farsi attenta e accogliente con discrezione ed umiltà. Sapeva trasmettere fiducia incondizionata. Con lei ti sentivi subito accolta con simpatia Furono queste qualità umane ad orientarmi verso di lei quando ad Ozzano Emilia maturai il desiderio di ricevere il sacramento della confermazione (non ero ancora cresimata ) e avevo un serio cammino da fare . La scelsi come madrina. Beatrice mi mostrava con la sua vita la gioia e la bellezza del vivere le piccole cose della quotidianità, lavoro, famiglia, amicizia come i luoghi propri della consacrazione secolare. Inoltre la sentivo anche molto vicina nella condivisione di alcuni valori come la solidarietà con i fratelli più poveri o più disagiati. I nostri incontri formativi erano davvero molto particolari. I nostri dialoghi erano condivisioni di vita e… condivisioni della buona cucina emiliana di cui lei era davvero ottima cuoca. Non posso dimenticare le domeniche dei nostri incontri formativi quando non mancava di prepararmi dei pranzi particolari. Era un modo molto semplice e concreto di trasmettermi affetto Con un’attenzione premurosa e intelligente si rendeva conto che venivo abbastanza stanca dal servizio in comunità e avevo bisogno di amicizia semplice e di riposo . Altri momenti che ricordo con gioia sono state le occasioni in cui - io e la mia famiglia - abbiamo avuto la gioia di averla nostra ospite al sud. Era molto legata a mia sorella Giuseppina, a mia mamma, mia sorella, ai miei nipoti. Grazie, Bea, per quanto mi hai donato. Resterai sempre nel mio cuore. Marinella Martucci
mozambico italia
 
“Noi missionarie, scelte da Dio, vogliamo scegliere Dio come pienezza delle aspirazioni della nostra vita”(Est. Nº 2). Cosa vuol dire scegliere Dio come pieneza delle propria vita? Essere di Dio per me ha voluto dire accettare di fare le esperienze più impensate nei momenti meno previsti – Dare nella propria vita delle sterzate improvvise per entrare in strade sterrate o in autostrada a secondo del momento. Vi racconto la penultima sterzata per giungere a quest’ultima. Nel 2010 ero in piena attività progettuale della commissione di giustizia e pace dell’Archidiocesi di Nampula – Progetto di formazione per i giudici dei Tribunali Comunitari e monitoraggio del rispetto minimo dei diritti umani nei carceri situati nel territorio della archidiocesi, ma un grave incidente stradale che mi lasciava schiacciata tra l’automobile e la parete, fece in modo che rimanessi immobile in un letto a Nampula e di li continuare a lavorare facendo riunioni con i miei collaboratori e poi altri tre mesi in Italia per la riabilitazione . Tornata in Mozambico con difficoltà di deambulazione riprendo il progetto e il lavoro della commissione giustizia e pace a livello diocesano, intanto a livello di gruppo va avanti la riflessione di aprire un’altra casa a causa dello sviluppo che la CM sta avendo nel centro-nord. Andare Martina con un gruppo a Quelimane? E’ l’ipotesi più viabile già che abbiamo una casa vuota di nostra proprietà in questa città; ma, guidate da Dio, la riflessione del gruppo prende un’altra piega. Sollecitate dal vescovo e da alcuni sacerdoti diocesani del Gurue, il gruppo sceglie di costruire una casa ad hoc a Invinha e a questo punto già non è Martina, ma è Mariolina che deve andare... La strada si spiana improvvisamente. Compriamo il terreno dalla Diocesi, Mariolina lascia Nampula e va al Gurue dove a causa del terreno disconnesso deve chiedere l’ausilio ad un bastone già che camminando ancora come un robot, le è facile prendere delle cadute. Undici ragazze sono pronte prima che la casa sia pronta. Cosa facciamo? Proposta: per quest’anno aspettate nelle vostre case. Risposta: Mariolina noi siamo abituate – anche nelle nostre case viviamo come possiamo – vogliamo vivere con te comunque sia – e allora via, poche chiacchiere, si comincia. Ospiti in una casetta della diocesi, ammassate in due stanze ci prendiamo in giro dicendo che stiamo facendo il servizio militare. Le ragazze si alzano alle tre di notte per fare la doccia a turno nell’unico bagno della casetta. Sarebbe da scrivere un libro ma tutte insieme ci diamo forza e in quei mesi abbiamo fatto un’unica assenza a scuola a causa della batteria del fuoristrada che di colpo una mattina ha deciso di salutarci. Normalmente alle sei del mattino senza fiatare eravamo tutte pronte per partire per Invinha, situata a 18 chilometri, loro per la scuola ed io per dirigere i lavori di costruzione. Bene andiamo avanti, a Pasqua ci trasferiamo nella casa che è ancora un rustico, ma per lo meno ha le pareti, il tetto, le finestre con le sole grate di ferro e le uscite con le porte per così, poter dormire tranquille. Continua il servizio militare, ma con tante risate e tanta gioia. Personalmente comincio a notare nel mio corpo un segnale chiaro negativo... comunico tutto al gruppo delle consacrate ma, riempiendomi di limone vado avanti. Assemblea CM: viene scelta Martina... Momento di panico, di confusione, non capisco più nulla. Ci siamo stirate moltissimo, molte ragazze tra Nampula e Gurue poche missionarie ed ora anche Martina viene meno. Io devo venire in Italia, sono cosciente della mia autodiagnosi: Tumore al seno che poi si rivela non dei migliori – operazione, terapia, permanenza in Italia per un anno. Non voglio fare solo questo: chiedo a P. Marcello se posso andare con lui a conoscere la realtà carceraria italiana. Chiusa questa fase sono di ritorno al Gurue. Anche l’Università Cattolica del Mozambico vuole la mia collaborazione. Mi inserisco anche lì come insegnante e come membro amministratrice e dell’equipe di direzione. La vita continua. Unico problema ogni anno devo tornare in Italia per controllare se il tumore accetta di chiudere la porta e andarsene completamente. Settembre 2017 ritorno in Italia con la valigia vuota, programmata a riempirla al ritorno – Ci servono molte cose. I controlli vanno bene a luglio 2018 dovrò tornare per l’ultimo controllo e chiudere il processo sanitario. Sto preparando il rientro, ma dico al medico di base di sentire della fitte alle spalle, cose che mi porto già dal Mozambico. Radiografia urgente... Stoppata – Macchie ai polmoni. Per qualcuno è già chiaro ma i medici chiedono di conoscere esattamente la natura di questo macchie – noduli – vogliono conoscere il nome, il cognome e anche il codice fiscale dei miei noduli polmonari... Biopsie, radiografie, tac, pet… chi più ne ha più ne metta… dopo sette mesi arriviamo all’intervento chirurgico che tanto ho temuto e tentato di evitare: con la taglia e cuci mi prendono il pezzo del polmone col nodulo da analizzare. Ora è chiaro, in gergo popolare sono metastasi partite dal seno e passate ai polmoni. Niente di tragico, la scienza oggi ha terapie sperimentali che danno dei grandi risultati – Unico problema: bisogna trattarla come malattia cronica. Per me è chiarissimo, devo girare pagina. In Mozambico non sono convinti, continuano a pregare, mi vogliono di ritorno all’Università. Per me c’è già qualcosa che brucia nel cuore. Personalmente stavo già accompagnando il sogno della fraternità con i vari intoppi e peripezie e mi ero detta; se non riesco a tornare in Mozambico mi piacerebbe inserirmi in questo progetto. Così quando la situazione per me è stata chiara ho chiesto al Consiglio di aderire come elemento CM a questa proposta che come CC stava già accompagnando dall’inizio. Ora sto vivendo un’esperienza di rinnovamento. Sento che il Signore mi aspettava all’angolo. Era il momento di riprendere a vivere in profondità dando più peso all’essere che al fare. Vivere nella novità di vita mostrando l’allegria di vivere la fraternità nella nuova forma qual è la mia consacrazione – Vivere tra fratelli che non hanno problemi a mostrarsi per quello che si è: fragilità alla ricerca di autenticità. Vivo una condivisione attenta e sincera, nell’ accoglienza per quello che si è, ma provocandoci a migliorare ogni giorno, a vivere nell’accoglienza di Dio, nella novità dell’essere. E’ possibile vivere da fratelli? Si. E’ possibile vivere volendo il vero bene dell’altro? Si. Ciascuno mette in comune le capacità che ha, le forze che ha, il tempo che ha, la sensibilità che ha mettendosi allo scoperto sicuri comunque di essere accolti con amore e comprensione prolungamento dell’amore di Dio, tanto da poter dire noi e gli altri, come è bello che i fratelli stiano insieme. Comunque anche qui non sto con le mani in mano; oltre la vita normale di fraternità mi sono inserita nel carcere e cerco di essere presente in ogni momento importante nel carcere e nell’accoglienza dei detenuti in casa. Nella parrocchia sta aumentando sempre più l’inserimento e oltre le liturgie quotidiane mi è stato affidato un gruppetto di 7 giovani donne del Bangladesh perché apprendano l’italiano. E’ un’esperienza bella, mi fa sentire ancora cittadina del mondo; per cui per tre volte la settimana immersione totale nel gruppo di gioventù internazionale che gradatamente sta apprendendo ad aver fiducia in se stessa e nel frattempo si apre alla relazione interpersonale e alla conoscenza reciproca. Rimaniamo aperte alle novità di Dio e accogliamo quello che viene dalle sue mani.
l'esperienza del roveto
 
Festa dell’ ECCOMI nel Sud-Italia, 24 marzo Il 24 marzo scorso, la Compagnia Missionaria del Sud-Italia, insieme con tanti amici, ha ricordato l’ECCOMI  di Gesù e di Maria a Dio, dal quale prende vita il nostro ECCOMI. Abbiamo vissuto l’incontro nella parrocchia di Gesù Buon Pastore di Castellammare di Stabia. Il parroco don Antonio Santarpia, con dolcezza e accoglienza di padre, ci ha fatto sentire il suo calore e affetto, come se fossimo di famiglia. Il clima familiare ci ha predisposto ad aprire il nostro cuore e ad accogliere la Parola che, con tanta delicatezza, il nostro caro p. Antonio Carapellese ci ha sminuzzato, aiutandoci a cogliere, attraverso l’ECCOMI di Mosè, aspetti significativi in essa custoditi. L’esperienza del “roveto ardente”, nel farci cogliere la premura, la sollecitudine, l’ardore, la passione del Dio che salva, allo stesso tempo ci ha spinti a metterci in discussione sul nostro lasciarci coinvolgere in questo progetto di salvezza, che il Signore compie in nostro favore. Ci ha presentato la figura di Mosè e come la sua fiducia nel Signore ha stravolto, positivamente, la sua vita. E noi? Abbiamo poi partecipato all’Eucaristia della comunità del luogo dove ci trovavamo. È stato bello condividere il pane eucaristico con tanti fratelli e sentirsi una grande famiglia. Quindi la pausa pranzo in cui abbiamo condiviso quello che avevamo portato, con gioia e in fraternità. Nel pomeriggio abbiamo fatto un momento di condivisione sul passo dell’Esodo che avevamo meditato e sulle sollecitazioni di p. Antonio, e molti hanno dato il loro contributo arricchente. Abbiamo ringraziato il Signore per quanto vissuto in questa giornata e anche per i tanti doni che elargisce a ognuno ogni giorno.
a cuore aperto
 
Festa dell’ ECCOMI a Brugherio (MB), 6 aprile L’Eccomi comincia nelle nostre case: la preparazione, le partenze, gli arrivi. Ma è subito famiglia quando arriviamo, il venerdì sera, felici di rivederci tutte insieme dopo quasi un anno. Siamo accolte da Lucia Maistro, Orielda e Cecilia. Graziella è un po’ più curva, ma sempre attiva in cucina a preparare il cibo per la festa. Lucia Capriotti, Luisa e l’amica Rosetta ci portano il respiro e la generosità del gruppo di S. Antonio Abate. Maria Grazia è accompagnata da una nuova amica, Vilma, che viene dal Perù, e subito si ambienta nella nostra casa che “ha allargato i paletti della tenda” per farci posto. Naturalmente il dopo-cena è tempo di ascolto e condivisione, che va in profondità. E pensavo, quando ci lasciamo guardare, nel dialogo fraterno, il cuore si apre a rivelare il mistero della persona. Così Dio, rivelandosi ha aperto il suo cuore, dove contempliamo il suo mistero. Ha aperto il suo cuore per non chiuderlo più! E veramente si vede, anche nei gesti del quotidiano, questo vivere a cuore aperto che ci fa missionarie. Il sabato mattina, finalmente ci siamo tutte: Franca Gherardi e Rita arrivano in mattinata. Stiamo preparandoci all’accoglienza degli Amici. L’appuntamento è per le 14.30. Arrivano, alla spicciolata, e rivediamo volti noti, qualcuno nuovo, e subito si vive la cordialità dell’incontro. Nella cucina dell’Oratorio intanto si completano i vassoi per la merenda: ognuno ha portato qualcosa da condividere per far festa. Nell’attesa che inizi la meditazione di Lucia C., ci scambiamo ricordi, ci presentiamo, ripercorriamo la vita CM rileggendo, sui cartelloni che sono stati preparati, la nostra storia. Ci siamo tutti, non molti: la data scelta coincide con molte attività programmate dalla Parrocchia, e ciò ha imposto una scelta a tanti amici che hanno dovuto rinunciare a questo incontro. E’ il tempo dell’Ascolto. Dopo le parole di accoglienza di Orielda, Lucia C. ci fa camminare, sui sentieri della Parola, per scoprire quell’ECCOMI di Dio e dell’uomo. Il tema: L’Eccomi di Maria nel quotidiano. Alla conclusione ho ringraziato Lucia perché, le ho detto, ci hai portato un po’ qui, un po’ lì, restando qui: sembrerebbe un enigma. Ma Lucia ci ha fatto sentire quell’Eccomi per te pronunciato da Dio nella Creazione, ripetuto nella Alleanza, e infine riflesso, come in uno specchio, da Maria: DONNA, UMANITA’. Era davvero un invito a una festa nuziale: la commozione profonda di essere presenti a questa unione sponsale tra Dio e l’umanità che in Maria trova il suo compimento, grazie al suo Eccomi. E l’Eccomi di Cristo ha preso carne. Lucia ci ha fatto cogliere questo grande respiro della vita dell’uomo, amato da Dio, dall’Eden, a Nazareth, a Brugherio: per vivere da UMANITA’ che dice SI’ a Dio che l’invita: Rallegrati, donna! Xaire, Maria! E ora è il tempo della condivisione e della festa. Si comunicano le risonanze, il cuore si allarga ad accogliere l’oggi nella sua concretezza, là dove siamo, attenti a discernere e ascoltare quella voce del Dio AMORE, quella voce del Pastore bello, che è inconfondibile: Eccomi, sono qui per te! Rallegrati! Ed ECCOMI per vivere la festa: la bella e buona merenda preparata da tante mani. l’ascolto reciproco si srotola tra dolcetti e salatini, ECCOCI, insieme, a Brugherio, nel rallegrarsi di Maria, nella Speranza dell’umanità, Donna in dialogo con Dio. Grazie Lucia, Grazie Orielda e Lucia Maistro. Grazie P. Albino per questa Famiglia che hai generato nella fede!
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COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE
Via A. Guidotti 53, 40134 - Bologna - Italia - Telefono: +39 051 64 46 472

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