Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
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09 / 08 / 2024
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Agosto de 2024
Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique....
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Edvige Terenghi, administradora central, visita los grupos en Mozambique...
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09 / 08 / 2024
19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
“la tua parola è lampada ai miei passi e luce alla mia strada ” (sal 118)
La Parola del Signore raccoglie in sé ogni espressione della nostra
vita e sa condurci per mano nell’attraversare ogni sua fase. Anche se il tema
dell’anzianità e dell’invecchiare non siano al centro della Parola di Dio, è
possibile trovare in essa delle sottolineature interessanti per il nostro
cammino spirituale.
Un primo aspetto importante, che troviamo
nell’Antico testamento, è il richiamo alla fecondità: Abramo e Sara sono molto
avanzati negli anni quando nasce Isacco, il figlio della promessa e della
benedizione (Gen21,5). Una lunga vecchiaia è il segno della fedeltà di Dio alle
sue promesse: «Poi Abramo morì dopo una felice vecchiaia, vecchio e sazio di
giorni e fu riunito ai suoi antenati» (Gen25,8). Così anche Isacco (Gen35,29) e
Giuseppe che morì all’età di centodieci anni (Gen50,26). Potremmo dire che in
età avanzata Dio si rivela, Mosè riceve la rivelazione del Nome di Dio e la
missione di liberare il suo popolo quando è già anziano. Il Signore Dio gli era
molto vicino e gli parlava come si parla ad un amico (Es33,11). La Parola dice
che Mosè era «molto più mansueto di ogni uomo che è sulla terra» (Nm12,3). Come
a confermare che Dio, per operare la salvezza, si serve non dei forti e di
coloro che godono di prestigio, ma degli umili e piccoli, di quel popolo umile
e povero che lo cerca con fiducia (Sof2,2; 1Co 1,26-31).
Troviamo nei libri sapienziali un altro aspetto
quello del tempo della fatica interiore e della tristezza ... gli anni in
cui dovrai dire: «Non ci provo alcun gusto» (Qo12,1-8).
Ma più spesso ci offrono il ritratto dell’anziano
invecchiato bene, segnato cioè dalla saggezza e dal timore del Signore: «Nella
giovinezza non hai raccolto; come potresti procurarti qualcosa nella vecchiaia?
Come s'addice il giudicare ai capelli bianchi, e agli anziani intendersi di
consigli! Come s'addice la sapienza ai vecchi, il discernimento e il consiglio
alle persone eminenti! Corona dei vecchi è un'esperienza molteplice, loro vanto
il timore del Signore» (Sir 25,3-6).
Nel nuovo Testamento Gesù, Maestro di sapienza,
ci insegna come affrontare le paure e le preoccupazioni che si accentuano col
passare degli anni, in particolare la paura del futuro che, insieme alla
tentazione pericolosa dell’accumulare ricchezze e cibo, si può curare solo con
l’abbandono fiducioso nella Provvidenza (Lc 12, 12-21.22-31; Mt 6,25-34).
Dopo aver affidato la sua Chiesa a Pietro, Gesù
gli annuncia che, quando sarà vecchio, sarà condotto ad una morte violenta per
il suo Nome: «In verità in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la
veste da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue
mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi» (Gv21,18).
Gesù indica come si svilupperà la crescita di
Pietro, che è un po’ anche la nostra: si passerà dal tempo della decisione in
prima persona alla stagione in cui si dovrà cedere l’iniziativa e «lasciarsi
fare».
Arrendersi - accettare - lasciar perdere -
abbandonare - distaccarsi sono i verbi che impariamo e/o dovremo imparare a
coniugare col passare degli anni. È un cammino impegnativo. È un po’ come una
spogliazione progressiva che, se vissuta nella prospettiva dell’amore del
Signore che non viene meno, che rimane affidabile sempre, poco per volta porta
ad assomigliargli nei suoi passaggi di vita più difficili fino al culmine della
crocifissione.
«Egli deve crescere, io diminuire» (Gv3,30)
Questa prospettiva pasquale che potrebbe comportare progressiva riduzione
dell’attività, con il rischio di disabilità, di crescente solitudine, di paura
e di arrabbiature soffocate, a pensarci bene ci ripugna profondamente, perché
ci avvicina al mistero della sofferenza, il più arduo della nostra esistenza,
che nessuno riesce a comprendere e accettare, se non nella fede e nella
contemplazione del mistero di Dio.
Il ruolo fondamentale
della preghiera
Non dobbiamo scoraggiarci: esiste un cammino che
ci consente, poco alla volta, di vivere la vita quotidiana in un atteggiamento
contemplativo. In questo contesto, anche la preghiera segue la dinamica della
nostra crescita personale. Partiamo dalla preghiera vocale, passiamo alla preghiera
discorsiva, arriviamo a quella affettiva, per approdare alla preghiera
contemplativa che viene chiamata anche preghiera del cuore. Essa è come una
sosta silenziosa ai piedi del Maestro, nella quale ci esponiamo senza maschere,
nella nostra realtà più profonda Ma dobbiamo perseverare nel dedicare al
Signore il tempo destinato alla preghiera. La contemplazione non è solo un
atteggiamento da agire, diventa stile di vita, diventa una dimensione di essa e
ne determina la qualità.
Lo «stare» cambia la qualità della vita e ci dà
la possibilità di vivere il presente e nel presente. Produce in noi la capacità
di stupirci e di godere delle creature di Dio.
La dimensione contemplativa, in questo nuovo
tempo della vita, dove diminuiscono gli impegni, in particolare quello
lavorativo, ci può portare ad un nuovo «agire», caratteristico di questa età,
più pacato e più profondo, più attento alle persone, più disponibile ad offrire
una compagnia. Ci aiuta a perseverare nell’attesa vigilante del ritorno del
Signore. La preghiera contemplativa si consolida nel corso degli anni,
ricordiamo qui la famosa espressione del santo Curato d’Ars che descriveva la
sua preghiera come un incontro silenzioso con Dio: «Io lo guardo ed Egli mi
guarda» Nella contemplazione scopriamo di essere preziose agli occhi del
Signore, così come possiamo pregare nel salmo 131: «Io sono tranquillo e
sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è
l'anima mia».
Certamente siamo poco abituate ad usare la parola
«contemplazione», ci sembra molto impegnativa, quasi una dimensione non
raggiungibile, ma non dobbiamo lasciarci intimorire. Essa è un obiettivo per
tutti i cristiani, purtroppo non è favorita dalla cultura attuale, centrata
sull’efficienza e assopita nella distrazione.
Nella nuova situazione, il tempo per la preghiera
non manca, ma potrebbe essere carente il metodo e la costanza, potremmo correre
il rischio della mediocrità se durante lo scorrere degli anni non avremo curato
la nostra vita spirituale con l’ascolto della Parola, la vita dei sacramenti
(penso che dovremmo riprendere la valenza, ad esempio, del sacramento della
riconciliazione), la riflessione e un’offerta al Signore delle nostre fatiche.
Le prove dell’anzianità possono richiamarci alla necessità di crescere nel
nostro abbandono nel Signore.
La centralità della formazione
“Nella vecchiaia - dice un proverbio africano -
ci si riscalda con la legna che si è raccolta durante la giovinezza”. Per
questo possiamo dire che la riflessione di oggi è davvero per tutte.
Infatti, se nel momento dell’invecchiamento non riusciamo ad accettare
questa nuova situazione con le sue implicazioni, forse non siamo mai state
richiamate da giovani a riconoscere ed accogliere i nostri limiti, a sentire
che non tutto è possibile, che non ha senso coltivare dei complessi, o meglio
dei deliri di onnipotenza. Forse, non siamo state educate a camminare secondo
le possibilità, a spendere del tempo gratuitamente, a contemplare la bellezza
senza volerla possedere, a voler bene a sé e agli altri. Forse abbiamo sempre
vissuto con l’acceleratore al massimo per riuscire a percorrere in fretta tutte
le strade, con l’unico obiettivo di poter governare e possedere il controllo di
tutto.
Ma tutto non si può possedere e/o governare. Gli
atteggiamenti che ci portano alla fiducia, a credere in noi e negli altri,
sono, da una parte, iscritti nel carattere della persona e, dall’altra, possono
essere il frutto di una formazione iniziale e, sicuramente, di una formazione
permanente che faccia leva sulla gratuità e sulla dimensione contemplativa
dell’esistenza, grazie alle quali la persona continua a crescere.
Dovremmo continuare ad essere sollecitate, dalla
formazione permanente, a sviluppare curiosità intellettuale e cura della nostra
preparazione professionale. Chi arriva alla stagione dell’invecchiamento senza
aver coltivato l’abitudine alla lettura e allo studio e senza interessi
culturali, senza un’attenzione ai bisogni del contesto e senza un hobby
costruttivo, farà molta fatica a far passare il tempo e a riempire le lunghe
giornate non più ritmate dagli orari lavorativi.
La lettura di qualche testo di teologia, o di esegesi biblica, di
qualche buon romanzo, di qualche bel giallo, di qualche buona rivista di
aggiornamento, potrà non solo renderci umanamente vive e all’altezza dei nostri
nuovi impegni, ma anche tenere viva ed esercitata la nostra mente in un momento
di notevole cambiamento, dove il fermarsi potrebbe significare non solo perdere
irrimediabilmente i neuroni necessari per il buon funzionamento del cervello,
ma anche spegnere la lampada della saggezza, rendere vana l’esperienza e
ridurre la conoscenza di sé.
La comunità è il
luogo privilegiato della formazione
Vorrei che non dessimo per scontata questa cosa,
cioè l’importanza di essere, per tutta la vita, formate dalla comunità. Non vi
è un periodo temporalmente definito nel quale ci si forma, ma abbiamo la prima
formazione e la formazione permanente, cioè formazione per sempre.
Sappiamo che la formazione è importante per ogni
età della vita. Allora la questione è non solo riaffermare questo principio
fondamentale, ma anche cercare «come» poter fare questo. Come tradurre nella
vita di ciascuna e della comunità questa consapevolezza, oggi, nelle diverse
situazioni.
Piccola conclusione
Tutto questo ci colloca nella prospettiva che fa
ritenere, appunto, che anche la stagione dell’invecchiamento può continuare ad
essere feconda e, con il salmista, sapere che «anche nella vecchiaia
porteremo frutti e saremo ancora rigogliose», capaci ancora di «fiorire
negli atri del nostro Dio», sempre pronte ad «annunziare quanto è retto
il Signore» (Salmo 92,14-16).
“nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi” (sal 92,15)
Premessa
In premessa a questa
riflessione vorrei prendere a riferimento quanto emerso dalla ricerca
sull’Invecchiamento Attivo, realizzata l’anno scorso dalla CIIS.
Penso che partire
dall’ascolto sia sempre positivo per favorire una maggiore concretezza
nell’affrontare le questioni.
A livello generale, le
risposte fanno emergere la necessità di non dare per scontato il tema
dell’invecchiamento attivo e di mantenere alta l’attenzione a questo
riguardo, soprattutto perché in esso si «riassumono»
diversi aspetti di senso e di significato del vivere, in particolare del vivere
una vocazione di consacrazione secolare.
Ovviamente, rinvio alla
lettura della ricerca, facendo riferimento alle fasce di età specifiche: 55-60
anni; 6170; 71-80; oltre gli 80 anni. Qui riprendo solo qualche
considerazione.
a) I
dati relativi agli impegni extra professionali evidenziano come prevalente l’impegno in ambito ecclesiale.
Che cosa significa? Vi è
da rimettere al centro la secolarità? Si pone una questione in ordine al
discernimento circa la modalità specifica di essere presenti nel mondo?
Certamente, anche nel
vivere l’impegno ecclesiale vi è una connotazione data dalla secolarità, a
partire sia dagli impegni stessi sia dalle modalità con cui si affrontano.
Vi è un discernimento
circa quale impegno ecclesiale sia prioritario per i membri degli Istituti
Secolari? Vi è qualche impegno da privilegiare?
In ogni caso, sarebbe
importante mettere a tema la questione a partire dai bisogni del tempo che
possono richiedere una presenza, ad esempio, nel campo della formazione della
coscienza e quindi una catechesi che risponda a questa esigenza; oppure vi è un
modo di essere ministro straordinario della comunione che allarghi l’ascolto
alla vita delle persone anziane e/o ammalate.
b) Per
quanto riguarda gli impegni di carattere sociale emerge come grandemente rilevante
il volontariato. Forse, sarebbe importante mettere a tema un approfondimento al
riguardo, sempre nella prospettiva della nostra specificità. Cioè vi sono
urgenze prioritarie a cui rispondere e che chiedono una maggiore presenza di
chi è impegnato in una vocazione come la nostra?
Vi sono aspetti da
prendere in considerazione circa la modalità con cui si esplica l’impegno nel
volontariato? Vi è una specificità per chi vive nella secolarità consacrata o
attenzioni ai bisogni da mettere a tema?
Vi è la necessità di
puntare sulla formazione? Quale formazione? Le diverse forme di
volontariato fanno
crescere anche nella dimensione collaborativa? Vi è qualche aspetto
su cui riflettere al
riguardo?
In sostanza, se il
volontariato vede una consistente partecipazione dei membri degli Istituti
secolari (sempre tenendo conto che gli impegni sociali, in totale,
rappresentano solo il 27% degli impegni extraprofessionali), forse varrebbe la
pena investire con uno sguardo lungimirante sia rispetto al discernimento delle
priorità di presenza sia rispetto alla formazione, con particolare riferimento
alle motivazioni e alle competenze.
c) La
scarsa presenza negli impegni di carattere culturale e politico/amministrativo merita
una riflessione approfondita per tentare di capirne le motivazioni. Certo ogni
valutazione richiede una giusta prudenza, poiché siamo in presenza di una
restituzione di questionari intorno all’8% del totale dei membri, ma questo
vale anche per gli altri settori; quindi si può dire che viene rilevata una
linea di tendenza che, quantomeno, andrebbe indagata ulteriormente.
Ci si potrebbe chiedere da
che cosa può essere determinata questa situazione: provenienza dei membri che
ne determina gli interessi? Frantumazione del contesto sociale che spinge ad un
forte individualismo? Carenza di ambiti associativi che orientino all’impegno
culturale e politico/amministrativo? Clericalizzazione del laicato? Scarsa
sensibilità degli IS nel discernimento di potenziali presenze in questi ambiti?
Considerazione negativa
della politica e scarsa rilevanza data alla cultura da parte degli Istituti?
Ovviamente, le considerazioni precedenti vanno poi calate nelle diverse fasce
di età per coglierne le differenze. In particolare la fascia più giovane appare
quella più sbilanciata verso l’impegno ecclesiale e, all’interno di questo,
verso l’impegno in Istituto: ciò significa che su di essa si riversano
completamente le esigenze di conduzione delle comunità? È troppo difficile
tenere insieme impegno nel mondo e accompagnamento dell’Istituto? Sarebbe
azzardato trarre conclusioni o esprimere giudizi, qui si vuole solo far
emergere la necessità di una riflessione che, tra l’altro, chiamerebbe in causa
la specificità della vocazione secolare anche nella proposta di questo percorso
alle generazioni più giovani.
d) Dalle
risposte relative agli aiuti ricevuti, circa la preparazione all’invecchiamento attivo, e quelli necessari, da
una parte, emerge che la preparazione è consistita e consiste, sostanzialmente,
in un cammino personale (preghiera, riflessione, esperienze positive nella quotidianità),
e, dall’altra, una chiara domanda di essere maggiormente aiutati a riferirsi al
carisma, ad approfondire il tema e ad aggiornarsi al riguardo, a parlarne in
comunità, ad essere educati ad un uso sapiente del tempo a disposizione, ad
essere accompagnati nel cammino personale.
Come si può notare le
attese sono molteplici e sono anche espresse, nel corso dell’analisi, in ordine
di priorità. Si apre uno spazio di
lavoro sia per gli Istituti sia per la CIIS, in particolare per quei temi
trasversali agli Istituti stessi, quali ad esempio, l’aggiornamento e
l’approfondimento circa l’invecchiamento attivo e l’educazione all’uso sapiente
del tempo.
e) La richiesta di essere
aiutati a riferirsi al carisma chiederebbe, forse, un
approfondimento a parte: intanto la domanda è diversificata nelle diverse
fasce, più accentuata in quelle di età più alta. Che cosa significa? Il tema
era più richiamato nel passato? Si confonde la necessaria attualizzazione,
attraverso la custodia di ciò che è essenziale, con una sorta di rimozione
dell’intuizione originaria perché poco approfondita? Come si può attualizzare
il carisma se non si conoscono le origini collocate nel tempo, ma le cui
costanti restano universali? Come leggere le costanti universali di un carisma?
f) Le risposte relative agli
aiuti necessari e ai suggerimenti offerti per camminare nell’invecchiamento attivo sono
da tenere insieme per una lettura articolata dei dati.
Si può osservare che la
domanda più alta è quella educativa
(che comprende anche la formazione, ma che non è solo formazione). Si tratta,
quindi, di offrire «itinerari di vita» e non solo programmi formativi. Cioè, sembra di
cogliere che l’attesa più consistente sia quella di rinverdire il cammino, di
trovare il senso della vita sempre, in ogni età, di mantenere viva la
vocazione.
Di fatto, dalle risposte ricevute, è scaturita un’interessante
riflessione e, sostanzialmente, è maturata la consapevolezza che esse possano
rappresentare uno spaccato utile per il cammino di tutte, in ogni stagione
della vita.
Quindi, la
prospettiva in cui collocare la riflessione di oggi deve essere quella di
accompagnare il cammino di tutte e di ciascuna, convinte che la vocazione è per
la vita e non per un determinato periodo di essa. La vocazione viene prima
della intensità del fare: la vocazione è per la pienezza dell’essere.
Certamente, la pienezza richiede sempre l’attento e vigile discernimento per
non cadere, dietro ad una diminuzione di impegni, in una sorta di pigrizia
spirituale che fa indietreggiare davanti alle possibili chiamate che il Signore
ci va presentando.
Quindi lo spirito che deve
condurci deve essere quello della ricerca della volontà del Signore circa il
cammino. Egli deve continuare a “darci forma”, infatti non si interrompe la
sequela, semplicemente essa può assumere contorni diversi, può interpellare
nuove disponibilità. Sicuramente il Signore è per la nostra gioia e per la
nostra vita: non permetterà che il nostro cuore si chiuda alla novità del
Vangelo.
Sappiamo bene che La
vita professionale dà forma al tempo di vita di ciascuno, ha delle ricadute sulle relazioni che si hanno e ne crea delle altre
determinanti (con i colleghi, con chi ha responsabilità nei luoghi di
lavoro, ecc.).
Le relazioni quotidiane
costruite nel tempo di lavoro, dopo averlo lasciato, poco alla volta vengono
meno, ciò può far avvertire un impoverimento: è una situazione delicata,
diventa importante non cedere al ripiegamento.
A questa mutazione di rapporti ci si deve preparare, anche se, quando essa
arriva, non mancherà la fatica, dobbiamo, comunque, rimetterci nelle mani del
Signore.
Affidarci a Lui ci consente, poco per volta, di custodire e
ricreare relazioni gratuite e vere, negli spazi nuovi che Egli aprirà davanti a
noi….
Probabilmente sarà
importante riprendere in mano la nostra vita per non considerarla “derubata” di
ciò che l’alimentava, per ridefinirla, nella consapevolezza che i doni che il
Signore ci ha fatto, in molti anni, non vengono meno.
Durante l’attività
lavorativa si è costruito un patrimonio di conoscenze, di esperienza, di
impegno sociale, di dedizione nell’apostolato.
Il lavoro, spesso, è anche il luogo principale del nostro
apostolato.
Quindi, quando cessa il
lavoro in quali ambiti orientarci?
Quali criteri per
discernere gli ambiti di impegno nel tempo del pensionamento?
Di quali aiuti abbiamo
bisogno?
Quali atteggiamenti
possono aiutarci nella ricerca?
Smettere di lavorare comporta il riprendere in considerazione
l’utilizzo del tempo,
non più scandito da orari previsti a prescindere da noi, chiede di rimetterci
in gioco, nonostante la sensazione di smarrimento che può colorare le nostre
giornate che diventano così diverse e tutte da rimodulare.
È come prendere
improvvisamente atto che il tempo è passato in fretta e che si apre una fase
nuova, tutta da reimpostare. Ci può prendere un senso di solitudine.
Nel frattempo, anche il corpo invecchia. Questo
aspetto non va trascurato ed è bene prenderne consapevolezza. Viviamo in un tempo che nega gli effetti
dell’età: così come è allontanato il pensiero della morte, probabilmente si
allontanano anche i cambiamenti che l’età che avanza provoca sul nostro
corpo. Aiutiamoci ad invecchiare con il
cuore “abitato e sereno”.
La preghiera, la riflessione personale, l’ascolto della Parola
diventano fondamentali per ritornare alle origini e ridire, con molta
semplicità, al Signore della nostra vita: “Gesù
aiutami a ridirti il mio sì, a rinnovare la mia offerta, conducimi Tu per le
strade nuove che vorrai, sia fatta la tua volontà oggi e sempre”.
Alcune
sottolineature
· Diciamo
subito che è del tutto normale sentire la paura d’invecchiare. Essa si
rafforza, nella nostra società, anche attraverso le forme della pubblicità che
privilegiano, sempre e comunque, il giovane, il bello e chi non presenta
limiti. Questo continuo rimuovere la realtà costringe molti anziani a chiudersi
in se stessi e a dimenticare l’esperienza e la saggezza “imparata” dalla vita.
Altrettanto normale e necessario avvertire e accettare in modo cosciente e
libero il distacco dell’uscita dal lavoro o al termine della giovinezza, oppure
dovuto alla morte di familiari e colleghi, ecc.
· Sembra
che oggi vi sia una maggiore consapevolezza dell’importanza di prepararsi a
questa fase della vita e non solo caderci dentro all’improvviso. È necessario
preparare questa tappa. L’invecchiamento comporta dei problemi biologici e
fisiologici, psicologici e spirituali che possono creare difficoltà: nascono
dentro domande ineludibili: Chi sono io? Che senso ha la mia vita? Come ho
passato gli anni che ho vissuto? Come posso vivere bene i prossimi, ultimi
anni?
· Come
ogni crisi esistenziale, anche questa, per essere vissuta e non subita, chiede
un rinnovamento del cuore, un affinamento interiore. Questo vale per tutti, a
nessuno è dato il permesso di vivere questa fase della vita in tono minore, di
diventare mediocri. Ma noi dovremmo avere ragioni profonde per viverla senza
ripiegamenti.
· E
bene conoscere alcuni sentimenti come, ad esempio, Il senso di inutilità:
conclusa la fase attiva, si corre il rischio di sentirsi inutile, di lasciarsi
prendere da una sorta di apatia, con la conseguenza di perdere la propria
autostima e lasciandosi un po’ andare.
· Si
avverte anche una pesante solitudine: non tanto quella solitudine costitutiva e
inevitabile, in particolare di fronte a decisioni difficili, ma quella
solitudine che isola, che impedisce di dialogare con il proprio mondo “che non
è più quello di una volta”. Questo isolamento viene dalla mancanza di attività,
dal trovarsi soli per lunghe ore della giornata. Allora nel cuore nasce una
domanda seria e pericolosa: “Servo ancora a qualcosa a qualcuno?” oppure: “C’è ancora qualcuno cui io
interesso?”. La paura della non autosufficienza, della malattia, dell’abbandono,
della dipendenza, e soprattutto della morte.
Alcuni
suggerimenti
Per
reagire a questi aspetti negativi dell’invecchiamento è necessario darsi delle
nuove motivazioni valide per la propria esistenza. Si tratta di un cammino che
dovrebbe essere stato avviato già nelle fasi precedenti della vita, ma che in
ogni modo deve essere sviluppato. Alcuni
suggerimenti:
a) Mettere
le radici della propria esistenza in valori duraturi e non effimeri (successo
negli affari, carriera, bellezza, prestanza fisica, capacità di lavoro ecc.)
non legati solo al fare, all’avere, al potere, ecc., ma all’essere della
persona, perché solo questo permane quando il resto viene meno.
b) Trovare
pur dentro i propri limiti oggettivi e soggettivi un ruolo o un impegno
significativo per sé e, possibilmente, utile gli altri. Pur tenendo conto dei
nostri bisogni dobbiamo cercare di toglierci dal centro per rivolgerci agli
altri mettendo al loro servizio la maturità e la saggezza in cui si può
crescere fino alla fine.
c) Mantenere,
per quanto possibile, la propria autosufficienza, ossia la capacità di
autoregolarsi, di essere autonomi nelle decisioni (cioè non crearsi delle
dipendenze) e nelle risposte ai propri bisogni, di saper organizzare il proprio
tempo libero. L’atteggiamento corretto è quello di non sciupare il tempo.
d) Promuovere
la duttilità mentale, cioè un nuovo modo di usare e offrire le proprie
conoscenze e l’esperienza accumulata nel corso della vita precedente,
mantenendo nello stesso tempo su di esse una prospettiva distaccata. Questa
distanza, voluta e coltivata, porta alla flessibilità mentale, ad accettare il
diverso, a relativizzare le idee e le sensibilità personali, a non
assolutizzare i propri desideri, il proprio punto di vista, i sogni e le
speranze, le paure e le ansie, liberandosi da un modo di pensare prefabbricato
che alla fine impedisce di accettare e ascoltare gli altri. La realtà di ogni
giorno non si divide in “bianco o nero”, chiaramente distinti, ma presenta
piuttosto delle ampie zone di “grigio” che lasciano sconcertato chi vuole
chiarire tutto sulla base di una rigida logica matematica.
e) Rinnovare
le relazioni personali per sfuggire al rischio dell’isolamento: i frutti, che
dipendono molto anche dall’impegno messo in campo in età giovane/adulta,
possono essere quelli di una maggiore intimità con le persone e con il Signore.
Forse dovremmo ricordarci di più che l’obiettivo non è quello di cercare a
tutti i costi una vita di relazioni come quella della prima età adulta, ma di
elaborare e potenziare la comunicazione e la comunione, compatibili con la
nuova situazione: ricercando nuove forme di reciprocità, che permettono di
sviluppare una rete di amicizie attraverso le quali esprimere la preoccupazione
per il bene degli altri, ai quali ci si avvicina con fiducia e sincera
attenzione. Dovrebbe nascere un nuovo tipo di relazione interpersonale segnato
dalla tenerezza,
all’accoglienza e dalla
compagnia e, in una parola, dalla gratuità.
f) Passare
dalla rapidità e tempestività d’azione, proprie della giovinezza, alla
ponderatezza dell’età matura, senza scadere nell’inerzia o nella passività. Ma
questa disposizione d’animo non si acquisisce una volta per tutte, in un
istante. Dobbiamo vincere la tentazione
di un atteggiamento giovanilistico e fuori tempo per proporci nuovi ideali e
obiettivi possibili e in armonia con la nuova situazione. Sapere, per esempio,
consigliare una persona più giovane invece di voler tenere ancora tutto
saldamente nelle proprie mani; accettare volentieri un ruolo in seconda fila
invece di pretendere di essere sempre in primo piano, davanti agli altri. Non è
facile accontentarsi di fare il secondo specialmente per chi è stato in
posizione di autorità. Ma solo se sappiamo accettare questi ruoli secondari,
permetteremo agli altri di emergere e di affermarsi. Tirarsi da parte è quindi
un atto di amore verso gli altri.
g) Superare
l’eccessiva preoccupazione di sé per giungere all’attenzione, alla compassione
e alla saggezza. Anzitutto superare l’esagerata preoccupazione per il proprio
benessere, (conosciamo l’eccessiva importanza che la nostra cultura attribuisce
al corpo e all’apparire sempre giovani), per valorizzare l’interiorità e quegli
elementi essenziali che fanno di noi persone di carattere e di bellezza
interiore. Cercare di allargare il proprio perimetro che, a causa
dell’esperienza passata, spesso coincide con il lavoro. È il momento di espandere
i propri interessi. Possiamo trovare una diversa (e forse più ampia)
realizzazione di noi stesse, assumendo servizi di volontariato nel campo della
cultura, del servizio civile, della politica o del sociale.
h) La
terza età può essere infine la stagione opportuna per sviluppare aspetti della
propria personalità non sviluppati nel corso degli anni attivi. Allargare gli
spazi interiori della nostra persona per includervi la morte. Dobbiamo aiutarci
e farci aiutare a considerare e accettare la realtà della morte, come la
“perdita” del nostro io individuale e separato per entrare in una vita senza
confini né di tempo né di spazio e in una comunione con l’umanità intera. Non è
certo un passaggio facile ed ancor meno spontaneo. Esso richiede di passare per
una vera “notte oscura” andando al di là della sola preoccupazione per la
propria sopravvivenza.
webinar = evento online
La formazione
degli Istituti Secolari in Asia
L'ACSI (Associazione Istituti Secolari in Asia)
il 17 gennaio 2021 ha promosso una giornata di formazione online. L’ACSI
attualmente è ancora guidata da Lili Fernandes (Indiana) in qualità di
Presidente insieme al suo consiglio composto: dalla Sig. Maria Concepcion Gonzales Servitium Christi, Sig. Kim Hyun
Sook Secular Institute of Mary, Ms. Agustina Susanti Compagnia Missionaria del
Sacro Cuore e il Sig. Anthony Fernandes della Christ King Institute Seculare.
È stata la prima volta che si è tenuto un
incontro per riflettere e discutere sul tema della “formazione” negli Istituti secolari
in Asia. I partecipanti al webinar erano 68 di 24 Istituti Secolari Asiatici:
India, Vietnam, Taiwan, Indonesia, Filippine, Corea del Sud ecc. I moderatori
di questo webinar: Antony Fernandes e Frederik Perez, membri di Fils de Notre
Dame de Vie hanno facilitato e portato a termine con successo questo
avvenimento. Della Compagnia Missionaria erano presenti
oltre a Susi come consigliera, Mudji e Ludo.
Il webinar è iniziato con la preghiera basata
sull'enciclica “Fratelli Tutti”. In
apertura Lili Fernandes Presidente dell’ACSI ha salutato i partecipanti. Nel
suo intervento, ha sottolineato che, il fatto di riunire tutti noi in queste
evento e soprattutto durante la pandemia del Covid 19, è da considerare una
straordinaria benedizione. È seguita la lettura del messaggio della Sig.
Jolanta Spilarewicz, Presidente della Conferenza Mondiale degli Istituti
Secolari (CMIS), presente al Webinar.
Tre i relatori, Pater Miguel Garcia SSS,
assistente I.S. Servitium Christi delle Filippine, che ha presentato l’aspetto
giuridico - canonico soprattutto citando i numeri 712-724, il signor Robin D, Sauza e Lissy A.
Pater Gracia gli aspetti del cammino formativo, relativi alla persona umana,
formazione morale e spirituale, professionale e apostolica. Hanno fatto un’ampia
presentazione sulla formazione che deve costituire la base di un impegno in
prima linea, per dare una testimonianza evangelica nel mondo.
Il “cambiamento” del formatore è stato il tema
presentato dal signor Robin D, Sauza membro del Christ the King Secular
Institute in India. Ha condiviso diversi motivi per cui "non vuole essere
un semplice formatore". Dalla sua esperienza come formatore nel suo
Istituto, ha detto che oggi il volto del
formatore nell'Istituto è cambiato, come è cambiato o deve cambiare il metodo.
Il formatore deve essere qualcuno che vive la sua vita in spirito di servizio e
lo manifesta a tutti coloro che segue. Essere vicino alle persone come colui
che serve, che lava i piedi degli altri fratelli. Ha anche spiegato che un
formatore deve essere anche libero dal suo ego; camminare accanto al candidato
in punta di piedi, deve avere conoscenza, comprensione e sensibilità della
cultura e della storia dei candidati in formazione.
Alla fine della sua esposizione ha concluso che lui non vuole “fare” il
formatore. Vuole invece “dare” con la
testimonianza della sua vita un messaggio di saggezza: cioè l’importante è
chiedersi cosa voglio dalla vita? Se Dio mi chiama a fare qualcosa, incluso
diventare un formatore, devo aprirmi allo Spirito Santo e dire SI. Ha concluso
la sua conversazione con una preghiera: “Signore,
solo con il tuo aiuto, sarò il
migliore formatore e potrò svolgere con autorità quanto mi chiedi per eseguire
i tuoi insegnamenti. Possa Dio benedirci
in questo incarico”.
L’affiancamento
personale ai candidati e soci in formazione è stato il tema svolto da Lissy A.
K, dell'Istituto delle Maids of the Poor, dando importanza al mentoring, cioè
affiancare le candidate e Juniores in formazione per aiutarle a crescere. Ha
sottolineato quanto sia importante in questo aspetto fare leva e lavorare con
la Grazia perché possa riempire questo lavoro. Ha citato Papa Francesco: "La formazione è un’opera artigianale,
non poliziesca… dobbiamo formare i cuori…” (“Svegliate il mondo” - Colloquio
di Papa Francesco con i Superiori Generali 2014).
Accompagnare tutto, comprendere la volontà e il
cuore di una persona, custodire la sua volontà, la forza e coscienza: questa è
la preoccupazione che deve scaturire da un cuore fraterno che si preoccupa di
aiutare. I formatori proteggeranno il bene che la persona possiede dentro di
sé: spirituale, emotivo, intellettuale, la consapevolezza, l’apertura sociale,
l’aspetto fisico e finanziario… Devono far emergere la loro capacità di
equilibrare adeguatamente l'assistenza e il rispetto / apprezzamento… con piena
empatia.
La dimensione della relazione con gli altri è
stato l’aspetto più focalizzato e importante che ha presentato Lissy: "Per
accompagnare gli altri, bisogna saper toccare i loro cuori con gioia, e buon
umore, che nasce dall'apertura e dalla benedizione di Dio. Questa è una
dimensione importante nella formazione verso una Consacrazione negli Istituti
Secolari. Deve essere una formazione basata nella fede, una formazione che
comprenda anche l'economia
socioculturale, politica e prospettive psicologiche.
Questo incontro webinar è stato molto positivo
per noi CM in Indonesia, soprattutto per quanto riguarda il nostro cammino
futuro e il suo sviluppo. La nostra presenza oltre a farci conoscere ad altri
Istituti, è stata molta ricca di interazione comunicativa e condivisione, di esperienze
diverse, che ci possono aiutare a crescere meglio come CM in Indonesia.
L’Assemblea si è conclusa con questi interrogativi che ciascuno potrà
continuare a riflettere personalmente e proporre alle nostre realtà di
Istituto… e perché no, inviare il risultato anche all’ACSI.
1.
Quali sono le 3 idee principali che hai acquistato durante la sessione e
ritieni importanti tenere presente, nella formazione per formatori di Istituti
secolari?
2.
Dopo aver ascoltato queste conversazioni indica 2 aspetti da concretizzare
attraverso la tua volontà / speranza.
3.
Suggerisci l’argomento che potremmo svolgere in futuro.
cercare insieme cammini possibili
Convegno
Internazionale della Vita Consacrata
Ho
partecipato a Roma, dal 3 al 6 maggio, al convegno
internazionale “Consecratio
et consecratio per evangelica consilia… riflessioni, questioni aperte, cammini
possibili” organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita
consacrata e le Società di vita apostolica, presso la Pontificia Università
Antonianum.
A partire da un’attenta e critica lettura
dell’effettiva realtà presente oggi nella Chiesa il Dicastero ha avviato una
riflessione sui diversi significati che vengono attribuiti alle espressioni
“consacrazione” e “vita consacrata”. Il desiderio era quello di coinvolgere i
membri delle diverse forme di vita consacrata, delle associazioni di laici e
dei movimenti nella riflessione intorno ad alcune quaestiones
individuate in un Seminario sulla stessa tematica, che ha visto la
partecipazione di teologi, canonisti ed altri esperti.
“Rappresentiamo un popolo numeroso nella Chiesa e cerchiamo insieme di
permettere che il vino nuovo di Gesù rinnovi gli otri della vita consacrata,
affinché sperimentiamo la gioia del Vangelo e aiutiamo il Signore a donarlo a
tanti altri che si avvicinano a noi. Se da una parte la Chiesa ci assicura che
tutte le forme di consacrazione vera sono un dono dello Spirito Santo per la
vita di tutto il corpo ecclesiale, dall’altra abbiamo bisogno di criteri
autentici per discernere quello che sta succedendo”, così il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione, ha
accolto più di 600 partecipanti, giunti da tutto il mondo. “Nelle circostanze attuali, prendere coscienza più chiara della
consacrazione battesimale che ci ha generati figli di Dio e costituiti fratelli
e sorelle nella passione, morte e resurrezione del Signore – ha continuato
il cardinale -, ci potrà anche aiutare a
capire meglio il senso della consacrazione in maniere diverse ma complementari all’interno
del popolo di Dio”.
La prima relazione è stata quella della teologa suor Nuria Calduch, che ha
offerto una visione d’insieme sulla consacrazione sottolineando le dimensioni
profetica e sapienziale della vita consacrata. Si è poi soffermata sui passaggi
del Vangelo nei quali si riflettono le dimensioni essenziali della vita
consacrata: consacrazione, vocazione e vita in comune. Subito dopo,
l’intervento a due voci di mons. José Rodríguez Carballo, arcivescovo
segretario e suor Carmen Ros Nortes, sottosegretario, ha offerto una sintesi
del cammino percorso finora e tracciato gli obiettivi del convegno. “La consacrazione – ha affermato Mons.
Carballo – non è statica, non è un atto
escludente, ma un processo integratore di differenze. Dietro ogni espressione
utilizzata per definire la vita consacrata c’è una ricchezza teologica e
carismatica da non perdere. Se la vita consacrata è un mosaico di carismi,
questi non possono essere definiti, ma ‘raccontati’, ‘narrati'”. Suor Ros
Nortes, ha sottolineato l’importanza di portare avanti nuove riflessioni, “per non rimanere fermi a schemi vecchi o
inappropriati, ma per comprendere meglio qual è il nostro oggi come consacrati
nella Chiesa e nel mondo”.
Papa Francesco, in udienza all’aula Nervi, ai Partecipanti al Convegno internazionale degli Istituti di Vita Consacrata - maggio 2018, ha indicato i criteri autentici che guidano nel discernimento: … “Mi sono domandato: quali sono le cose che lo Spirito vuole si
mantengano forti nella vita consacrata? … Queste sono colonne che rimangono,
che sono permanenti nella vita consacrata: la preghiera, la povertà
e la pazienza.
… La preghiera è tornare sempre alla prima chiamata … ritornare a
quella Persona che mi ha chiamato … è tornare dal Signore che mi ha invitato a
esserGli vicino. Tornare da Lui che mi ha guardato negli occhi e mi ha detto:
“Vieni. Lascia tutto e vieni”. … E la preghiera è quello che fa che io lavori
per quel Signore, non per i
miei interessi o per l’istituzione nella quale lavoro. … La preghiera, nella
vita consacrata, è l’aria che ci fa respirare quella chiamata, rinnovare quella
chiamata. … Non si può vivere la vita consacrata, non si può discernere ciò che
sta accadendo senza parlare con il Signore.
… La povertà è la madre, è il muro di contenimento della vita consacrata. … Senza
povertà non c’è fecondità nella vita consacrata. Ed è “muro”, ti difende. Ti
difende dallo spirito della mondanità … il diavolo entra dalle tasche. …
Povertà secondo le regole, le costituzioni di ogni congregazione. … Ci sono tre
scalini per passare dalla consacrazione religiosa alla mondanità religiosa. …
Primo: i soldi, cioè la mancanza di povertà. Secondo: la vanità, che va
dall’estremo di farsi “pavone” a piccole cose di vanità. E terzo: la superbia,
l’orgoglio. E da lì, tutti i vizi.
… La pazienza. … Entrare in pazienza è un atteggiamento di ogni consacrazione, che va
dalle piccole cose della vita comunitaria o della vita di consacrazione, che
ognuno ha, in questa varietà che fa lo Spirito Santo … Dalle piccole cose,
dalle piccole tolleranze, dai piccoli gesti di sorriso quando ho voglia di dire
delle parolacce …, fino al sacrificio di sé stessi, della vita. … E anche
pazienza davanti ai problemi comuni della vita consacrata: pensiamo alla
scarsità di vocazioni. … Manca la pazienza e finiamo con l’“ars bene moriendi”. Posso domandarmi:
… accade nel mio cuore? La mia pazienza è finita e vado avanti sopravvivendo?
Senza pazienza non si può essere magnanimi, non si può seguire il Signore: ci
stanchiamo. Lo seguiamo fino a un certo punto e alla prima o alla seconda
prova, ciao. … Questa “ars bene
moriendi”, è l’eutanasia spirituale di un cuore consacrato che non ce la
fa più, non ha il coraggio di seguire il Signore. E non chiama …
… State attenti su queste tre “p”: la preghiera, la povertà e la pazienza.
State attenti. E credo che piaceranno al Signore scelte – mi permetto la parola
che non mi piace – scelte radicali
in questo senso. Siano personali, siano comunitarie. Ma scommettere su questo.
… E vi auguro fecondità. Mai si sa
per quali vie passa la mia fecondità, ma se tu preghi, se sei povero, se sei
paziente, stai sicuro che sarai fecondo”.
L’incontro è continuato in tempi di confronto tra tutti i partecipanti e in
lavori specifici per le distinte realtà Ordo virginum, Istituti religiosi, Società di vita
apostolica, Istituti secolari, Nuovi istituti e nuove forme, Associazioni e
Movimenti. I lavori di gruppo sono stati uno spazio importante di incontro tra
le persone e la condivisione di riflessioni ed esperienze sulla
consacrazione, sul carisma, sulla fraternità e missione. Spazio di confronto dove riconoscere gli elementi comuni di sequela Christi, lo
specifico di ogni realtà, la necessità di avviare cammini di rinnovamento per
una cultura della formazione permanente, di integrazione tra culture differenti
e avviare processi di dialogo tra le radici di fondazione e l’oggi.
A
conclusione di questi tre giorni, il cardinale João Braz de Aviz, ha indicato che: “Dobbiamo continuare a camminare insieme, in
modo sinodale, perché lo Spirito Santo parla solo dove c’è armonia di vita
fraterna”. La riflessione sul tema della “consacrazione”, iniziata in
questi giorni, deve essere ulteriormente sviluppata, prima di tutto dalla
prospettiva teologica, tenendo conto degli insegnamenti del Vaticano II e del
Magistero; tutto questo è fatto meglio in comunione con altri Dicasteri. Da
parte sua, mons. José Rodríguez Carballo, Arcivescovo Segretario, ha affermato:
“La consacrazione è una realtà dinamica, in
itinere… È una identità in relazione, perché il carisma ha un aspetto
relazionale. Possiamo essere l’aurora della Chiesa – come ieri
ci ha detto il Papa – se camminiamo
insieme, in comunione con la Chiesa e in comunione con il mondo”.
Sono stati
giorni intensi ma belli, si è respirato un’aria nuova… il desiderio di un
rinnovamento che sappiamo essere difficile perché passa per la vita di
ciascuno, ma che si è visto nei modi di condurre, nelle riflessioni aperte,
nell’accoglienza della diversità e nel creare fraternità.
in formazione... sempre!
A partire dal 23 al 29 luglio
2018, abbiamo avuto l’incontro delle Responsabili di formazione, nel “Colégio
do Sardão”, a Vila Nova di Gaia, Porto, Portogallo.
Nel
pomeriggio inoltrato del 23, siamo arrivate “da mille strade diverse” al luogo dell’incontro e il 24 abbiamo
iniziato i lavori con la presentazione personale, in modo creativo, usando la
dinamica della “tela di ragno”. Lì, in cerchio, ci siamo messe a lanciare il
gomitolo l’una all’altra, gesto semplice che stava a significare un’unione, una
comunione e l’appartenenza alla CM e che ha contribuito anche a tessere legami
di conoscenza, di accoglienza reciproca, fatti di ascolto, di attenzione…
Hanno preso
parte al nostro incontro: la Presidente Martina Cecini, la Vice-presidente
Serafina Ribeiro e le responsabili della formazione: Teresa Pozo del Cile,
Antonieta N’Dequi della Guinea-Bissau, Justina Carneiro del Portogallo, Santina
Pirovano dell’Italia e Lucy Ekawati dell’Indonesia, che ha partecipato a questo
incontro come invitata. Per vari motivi Irma Pedrotti dell’Argentina e Orielda
Tomasi dell’Italia non hanno partecipato personalmente all’incontro, ma hanno,
nel contempo, fatto arrivare le relazioni sulla propria realtà formativa.
Martina,
nella sua introduzione, ha presentato un breve
riassunto sul percorso storico degli incontri delle formatrici fino al
2015.
Abbiamo
dedicato il primo giorno di lavoro alla lettura delle relazioni di formazione,
giá preparate prima, fatta da ciascuna Responsabile. Il dialogo che ne é
seguito ci ha aiutato a conoscere di più e meglio: le giovani in formazione, il
contesto formativo dei 4 continenti (Africa, Asia, America Latina ed Europa), i
vantaggi della pianificazione e programmazione degli incontri, l’importanza del
gruppo che cura la formazione, l’imparzialità e la fraternità tra tutte le missionarie, dalle più esperte
alle più nuove…
Nei giorni
25 e 26, al mattino, è venuto a lavorare con noi padre João de Deus, che ci ha
presentato il tema dell’Affettività, suddiviso in due parti: l’Affettività e la conoscenza; Affettività e relazione; Affettività e comunione. Ha alternato ciascuna conferenza
con dinamiche di gruppo e plenarie. I contenuti delle sue relazioni, ci sono
stati presentati con competenza e rigore scientifico e spiegati attraverso la
sua personale testimonianza e la sua esperienza come psicologo. A questa parte
dell’incontro hanno partecipato anche due missionarie del gruppo di Porto:
Margarida da Silva Vieira e Teresa Castro. Nelle celebrazioni eucaristiche di questi
due giorni Padre João ha cercato nelle sue omelie di collegare e fare sintesi
tra i contenuti presentati e la Parola di Dio.
Personalmente
mi sono sentita interpellata a visitare, aver cura con impegno e tenerezza di
questa vigna della mia affettività perché sia ogni volta di più un canale di
comunione e di amore gratuito: Agape. Sì, l’affettività è un dono ed un impegno
che compete a ciascuna, per conoscere, aver cura, accogliere, contemplare,
purificare, manifestare…perché sia manifestazione di perdono, di compassione,
di tenerezza, di affetto, di bontà, di libertà…
Il 26 pomeriggio abbiamo proseguito i lavori tra di noi.
Justina ci ha presentato i vantaggi della pianificazione e programmazione degli
incontri di formazione, nel senso di realizzare le finalità in ogni tappa della
formazione stessa. Ha sottolineato anche la necessità di essere flessibili
davanti a situazioni che eventualmente sorgessero in modo imprevisto. Ha
aggiunto anche la necessità di scambiarci tra di noi il materiale della formazione.
Mi è stato
chiesto d fare un piccolo accenno sui giovani, partendo dalla mia personale
esperienza di lavoro con loro a livello sia professionale che pastorale, e la
presentazione di alcuni passi dei discorsi dei papi Giovanni Paolo II,
Benedetto XVI e Francesco. Abbiamo riflettuto sulla necessità di imparare a
condurre i giovani con serietà; a far loro proposte coraggiose; a credere in se
stessi, a dir loro che solo Gesù è e sarà sempre la risposta ai grandi
desideri… Abbiamo visto l’importanza di sensibilizzare le persone degli
ambienti in cui siamo inserite per accompagnare la XV ASSEMBLEA GENERALE
ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI – a tema “i giovani, la fede ed il
discernimento vocazionale” in programma dal 3 al 28 ottobre 2018.
Ci siamo interrogate
sul valore della verifica e del confronto con le responsabili di gruppo, in
particolare su ciò che si riferisce al discernimento e alle opzioni relative al
progetto comunitario e personale: “il fratello aiutato dal fratello è come una
città fortificata”. Ci si sono presentate talvolta situazioni di missionarie
che incontrano difficoltà nel conciliare l’assistenza ai loro familiari malati
e la partecipazione alle iniziative della CM. Questo argomento deve essere
presentato con chiarezza nella formazione di base e deve essere verificato,
caso per caso con la responsabile, per il bene della stessa missionaria e per
aiutarla nella sua effettiva partecipazione alla vita del gruppo di
appartenenza…
Martina ci
ha parlato di inculturazione della formazione nei diversi contesti culturali,
sociali ed ecclesiali e Anna Maria Berta ci ha presentato uno studio esaustivo
sul voto di povertà nelle diverse versioni dello Statuto, fino all’attuale. Ha
dato spazio anche al tema del testamento, all’aspetto economico ed
amministrativo.
Nei nostri incontri, la Liturgia è stata
preparata e celebrata in spagnolo, italiano e portoghese.
Il 28 siamo andate a Fatima a
rendere grazie a Maria e ad affidarle la nostra missione. Una coppia di amici,
Fernanda ed Enrico, si sono messi a nostra disposizione con le loro auto ed
hanno trascorso con noi la giornata. È stato un gesto di gratuità, di amicizia
che ci ha consentito di stare insieme, pregare, conoscerci meglio e stringere
legami di comunione…Mai dimenticheremo ciò che hanno fatto per noi.
La mattina del 29 abbiamo concluso i lavori e,
la sera, insieme con Fernanda ed Enrico, siamo andati alla parrocchia di
Carvalhosa, alla messa celebrata da padre Pedro, dehoniano.
Il Collegio
dove abbiamo fatto gli incontri era magnifico: silenzio, fiori, tanti fiori, un
giardino, un boschetto… e l’accoglienza di Sr. Gorete e di Margarida è stata
eccellente, ci siamo sentite veramente a casa. Abbiamo vissuto tanti piccoli
gesti fatti di affetto, di condivisione di sogni e di difficoltà, di sorrisi,
di ascolto attento, di offerta di ricordini che ciascuna ha portato dalla sua
terra, di complicità nella missione, del già e non ancora, nel nostro processo
di crescita e nella fatica di “darci alla luce”, di rinascere e di crescere.
Siamo partite in diaspora, con
la missione di continuare ad avere cura della nostra formazione – “darci alla luce”, rinascere,
crescere…SEMPRE; di servirci degli strumenti che abbiamo ricevuto e che ci
possono aiutare a vivere la nostra affettività con un’energia che umanizza, che
genera comunione, fraternità; di trasmettere ai nostri gruppi i doni che
abbiamo ricevuto e di migliorare il nostro servizio di formatrici…
Ciò che comunico dice molto di ciò che è stato
trattato e che abbiamo vissuto; lascio spazio aperto alla possibilità di
provocare un dialogo con le altre partecipanti, che potrà essere molto fecondo,
informativo e formativo.
tempo di incontro
Se mi dovessero chiedere come
è andato l’incontro delle Responsabili di Formazione 2018, mi viene
spontaneamente una risposta molto semplice, che è però molto significativa:
tempo di incontro. Si ci siamo incontrate nuovamente tutte insieme ed abbiamo
condiviso e sfruttato al meglio il tempo che avevamo a disposizione. Anzi ancora
di più, abbiamo lavorato portando nel nostro cuore questa responsabilità
dell’incontro, dell’essere “noi”, della comunione nella formazione delle
persone nei distinti paesi e continenti. Il nostro essere missione e comunione
è stato il terreno del nostro incontro.
Così è stato il tema svolto
dell’ “Affettività” presentato da padre Joao de Deus Costa Jorge, diocesano e
l’attenzione delicata delle suore Dorotee del Collegio Sardão eravamo ospitate.
Anche il nostro pellegrinaggio al Santuario di Fatima insieme a una coppia
amica e la speciale partecipazione di Teresa Gonçalves ed Elvira che ci hanno
raggiunto da Lisbona ... tutto ci ha parlato di incontro.
Per ultimo, l’incontro gioioso
e la partecipazione alla prima messa di un sacerdote dehoniano p. Pedro Gomes,
amico delle missionarie portoghesi. Un vero incontro con Gesù e la comunità,
per far crescere in noi la Vita e vita in abbondanza.
Bello ed emozionante è stato
anche l’arrivo a Porto dove abbiamo potuto conoscere la nuova casa della CM,
qui siamo state ospitate sia all’arrivo che alla partenza. Ringrazio in
particolare Lucia Correia e Teresa Castro, insieme anche ad Antonietta per la
calorosa accoglienza. Casa di incontro, terra di incontro, cuori di incontro...
tutto questo per dire che è la manifestazione del dono della comunione nelle
piccole e grandi cose e nelle esperienze vissute. Tempo di incontro per “Vivere
la comunione e la missione con un cuore accogliente e misericordioso”.