Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
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09 / 08 / 2024
Agosto 2024
Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico....
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Agosto de 2024
Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique....
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Edvige Terenghi, administradora central, visita los grupos en Mozambique...
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09 / 08 / 2024
19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
trasparenza e libertà
Intervista a Maria da Gloria Neto
Uno
sguardo alla tua vita: presentati... la tua famiglia… le tue prime
esperienze... l’ambiente portoghese dove hai vissuto… il tuo primo lavoro…ecc.
Sono nata in un piccolo
paese di campagna, nel comune di Santo Tirso appartenente alla città di Porto
(Portogallo). Sono cresciuta in una famiglia abbastanza povera, che riusciva ad
alimentarsi, curarsi e vestirsi attraverso il piccolo salario di mio papà, però
questo ci aiutava a vivere. Ero la più grande dei miei fratelli perciò dovevo
aiutarli e inoltre dovevo anche aiutare nei lavori di casa. Ho imparato a
leggere e scrivere le prime parole in una piccolissima scuola di paese, seguita
da un’eccellente e giovane maestra. Dopo avere terminato le scuole elementari,
sono entrata immediatamente, con appena dodici anni, nel mondo del lavoro. Ho
ripreso a studiare solamente quindici anni dopo! Come già detto, con appena
dodici anni ho cominciato a lavorare in una fabbrica dove si confezionavano
camicie da uomo. Il mio compito era quello di chiudere i bottoni alle camicie.
Un lavoro molto facile e adatto ad una bambina, ma che procurava ferite alle
dita. Nonostante questo era un tipo di lavoro che mi piaceva molto. Mi sentivo
bene. Ero orgogliosa di potere in questa maniera aiutare la mia famiglia. Mi
faceva provare il gusto della condivisione. Il mio primo salario era di
“diciassette scudi e cinquanta centesimi” che oggi in euro corrisponderebbero
a otto centesimi!
Tutto questo mi faceva
sentire felice perché facevo parte del mondo del lavoro, il mondo degli adulti.
Mi ha aiutato a crescere nella maturità umana e a sentirmi responsabile di
tutto quello che facevo.
La tua
vocazione: come è nata? Perché nella Compagnia Missionaria? Ricordi persone
significative o fatti che ti hanno aiutata a fare questa scelta?
La mia vocazione è nata in maniera molto
delicata, soave...avevo appena quattordici anni, ero molto giovane, quando ho
cominciato a partecipare alle attività nella mia parrocchia come catechista e a
leggere la parola di Dio..
Ho sempre avuto una buona vita di preghiera,
mi piaceva leggere e meditare la Parola di Dio. Con frequenza mi ritrovavo a
riflettere e a interrogarmi su quale poteva essere il cammino della mia vita.
Nonostante questi interrogativi, ho avuto e vissuto la mia gioventù come
qualsiasi
giovane del mio tempo, innamorandomi,
partecipando a feste, lavorando...
A un certo momento mi è capitato di leggere
con “occhi nuovi”il secondo capitolo del Vangelo di Giovanni: “Le nozze di
Cana”dove Maria rivolgendosi ai discepoli di suo Figlio raccomanda loro di:”fare quello che Lui gli dirà”. In quel
momento anch’io feci a me stessa in maniera più incisiva la stessa domanda :
che cosa Gesù mi sta dicendo? Che cosa vuole da me?
Pensai di farmi suora Benedettina di
clausura, ma molto presto scoprii che non era lì che il Signore mi chiamava. Il
mio posto era quello di rimanere nel mondo. Sì volevo qualcosa di simile, ma
ancora non sapevo dove e come.
Un
giorno, il mio parroco Padre Mario, professore nella scuola media a Paços de
Ferreira (collega di Serafina) invitò la missionaria CM a fare un incontro con alcune ragazze catechiste della
parrocchia. Serafina accettò, eravamo in poche: solo quattro ragazze. Dopo
questo incontro si programmò una “tre
giorni” nella casa della Compagnia Missionaria di Rua Miguel Bombarda a
Porto. A questo incontro partecipai io e Justina, anche lei ora missionaria
della CM. E’ stato in questo incontro che per la prima volta ho conosciuto la
Compagnia Missionaria. Pur non avendo capito bene cosa voleva dire Istituto
Secolare e vocazione secolare l’esperienza rimase nel mio cuore. Dopo circa
quattro anni, cercando dentro di me di chiarire cosa fare della mia vita, mi
arrivò un altro invito aspettato da tempo: partecipare ad un ritiro organizzato
dalla Compagnia Missionaria. Era quello che aspettavo! Ricordo che questo
incontro aveva la finalità di rivedere lo Statuto dell’Istituto: partecipai in
silenzio. Però è stato un momento molto importante perché fu proprio in questo
incontro che capii che questo era il luogo dove volevo e desideravo realizzare
la mia vita.
La Compagnia Missionaria fin dal primo
momento in cui l’ho conosciuta mi ha lasciata libera di vedere, sentire,
provare se veramente questo era il posto che desideravo, e libera anche di non
continuare, nel caso capissi che questa scelta non era per me. E’ stata proprio
questa trasparenza e libertà che mi ha permesso di comprendere veramente che
era qui il mio posto! Dei tanti Istituti che ho conosciuto credo che la mia
carissima Compagnia Missionaria sia l’Istituto che ti lascia libera nel
prendere decisioni. Per questo l’amo!
A un
certo punto hai deciso di partire per il Mozambico: perché? Racconta… Il
ritorno… E’ stato faticoso l’inserimento? Paure, dubbi, gioie…?
Ho sempre desiderato partire per l’Africa,
precisamente per il Mozambico. Non so esattamente spiegare il perché; era un
qualcosa di profondo che sbocciava nel mio cuore. Sentivo dentro di me il
desiderio di condividere il Vangelo con altri fratelli nella fede. Dopo gli
anni di formazione sono partita con gioia. Non sapevo ciò che mi aspettava, ma
avevo la certezza che avrei incontrato qualcosa di nuovo che mi avrebbe dato
cento volte di più di quanto potevo offrire.
La separazione dalla famiglia è stata una
vera sofferenza, però il desiderio di partire, superava tutto. E’ stato
veramente un vero dolore per i miei genitori e mi mettevano in discussione
dicendo: perché tu e non altre? Io non rispondevo loro, rimanevo in silenzio.
Lasciavo il posto a Dio.
La Compagnia Missionaria in Mozambico mi
accolse con una grande tenerezza, mi sentii subito in casa, nel mio paese.
Ricordo con gioia il modo con cui sono stata accolta dal gruppo di Maputo
allora composto da: Anna Maria, Giannina, Elvira, Isabel, Emilia e Alice.
Dopo ho condiviso il mio cammino con Edvige,
una gioia offertami da Dio, una persona che mi ha molto aiutato, perché in
seguito abbiamo vissuto insieme. Anche Gina, Santana, Mariolina e Irene, sono
state altre gioie per il mio cammino...e tante altre.
Il Mozambico è stato una terra di calore
umano, di vita, amore e passione. Un tempo fecondo in tutti i sensi. Il mio
inserimento è stato molto semplice e naturale. Non ho avuto grande difficoltà,
sono stata abbastanza serena. La maggior difficoltà l’ho sentita quando da
Quelimane abbiamo dovuto
trasferirci al Gurue, ma è stata una difficoltà passeggera. E’ stato un tempo
d’oro. In Mozambico ho lavorato la maggior parte del tempo in una scuola dei
padri dehoniani al Gurue, e in attività parrocchiali. Ambedue spazi di crescita
umana e spirituale, come pure la permanenza di un anno in Quelimane, città che
è rimasta nel mio cuore.
Sono poi rientrata in Portogallo dopo tre
anni per problemi di salute. Pur piacendomi il clima questo però, non era
favorevole per la mia bronchite.
La tua
vita oggi: lavoro... inserimento nell’ambiente, nella parrocchia. Come vivi il
tuo quotidiano, la tua appartenenza a un Istituto Secolare?
Attualmente la mia vita ha questa
impostazione.
La mia professione è quella di cuciniera in
un Centro Sociale della parrocchia di Sanfins de Ferreira che si trova a un
chilometro da casa, per cui posso fare ogni giorno una bella camminata a piedi.
E’ un centro diurno che accoglie persone
anziane e gestisce anche un asilo nido per bambini da zero a tre anni e dà un sostegno a casi domiciliari. In tutto sono circa un centinaio di
persone che vengono assistite. Lavoro in queste attività da dieci anni.
Condivido questo lavoro con sedici colleghe tutte sposate.
In parrocchia collaboro nella pastorale con
l’annuncio della Parola di Dio, attraverso la catechesi agli adolescenti e
giovani, visito gli ammalati, leggo la parola di Dio nelle varie liturgie e
cerco di essere una testimonianza viva con la mia vita.
Vivo con la mia famiglia formata da mia madre
che ha 78 anni, un fratello di 47 anni e un giovane nipote. Partecipo
pienamente della vita famigliare in tutte le varie situazioni diarie: piccoli
gesti, condivisione dei problemi di malattia, momenti di allegria, difficoltà e sofferenze. Di tutto faccio una
preghiera continua. Tutto quello che faccio è vita della Compagnia Missionaria,
perché io sono Compagnia Missionaria e questa è la mia vita.
Cerco di rispondere alle necessità
dell’Istituto con quello che ho e posso, sia nella gioia che nella sofferenza.
Sento che la CM è il centro della mia vita, è stato per mezzo di questa
famiglia che mi sono avvicinata di più a Dio. Molto di quanto sono oggi lo devo
alla Compagnia Missionaria. Sento che la mia vita scorre con serenità e pace,
dono il tempo necessario a ogni cosa, senza dimenticare in tutto questo di
trovare anche il tempo per un meritato riposo.
Dove
trovi la forza per continuare questa tua missione?
La forza sgorga dalla Contemplazione del
Cuore trafitto di Gesù, dalla Compagnia Missionaria, dalla vita sacramentale,
dalla preghiera e amicizia.
Anche
la tua vita è un intreccio di avventure … con una parola come la definiresti?
OFFERTA
per grazia di dio
Intervista a Lidia Ferreira
Uno sguardo ampio, reale, sincero, fanno da guida a questa
testimonianza di Lidia, missionaria portoghese che racconta in maniera semplice
aspetti della sua vita con concretezza, si sofferma sul passato riscoprendo
quei valori umani e spirituali che l’hanno guidata e... guarda meravigliata
alla sua vita attuale, ancora attiva e
vivace nonostante l’anzianità che avanza.
Sono Lidia, faccio parte del
Gruppo CM di Porto (Portogallo), sono di vita in famiglia e vivo con un
fratello. Sono nata nella prima metà del secolo scorso, sono già ottantenne e,
per questo, posso dire che sono dell’ “Antico Testamento”. E’ un cammino lungo
non vi pare? Avrei tante cose da raccontare della mia vita... una parte la
lascio per raccontarvela una prossima volta. “Felice il popolo che il Signore
ha scelto come sua eredità” –
E’ il ritornello del salmo responsoriale della messa di oggi, e che prendo in
considerazione per fare le seguenti riflessioni.
Dalla mia famiglia non ho
ricevuto nessuna eredità economica; mi è stato donato invece una eredità
grandissima di valori: umani, morali, sociali, spirituali. Mi sono stati
trasmessi senza moralismi ma con esempi e attitudine di vita, come: donare,
condividere, aiutare senza distinzione, chiunque fosse e avesse bisogno, di
giorno o di notte, in estate o in inverno. Fin da bambina sono stata educata e
abituata a questi gesti, a dare quanto potevo, assumere impegni, essere fedele
alla parola data essere competente nel mio lavoro, rispettare gli altri...
“Per grazia di Dio sono quello
che sono” 1Cor,
15 – dalla messa di oggi.
La mia
famiglia era veramente cristiana, non solo in parrocchia, ma soprattutto con la
vita. Sempre presente nell’ambiente parrocchiale, per preparare l’altare, per
aiutare nel catechismo, nella partecipazione ad organizzazioni varie come:
l’Apostolato della preghiera, la Congregazione mariana, la Conferenza di San
Vincenzo, assistenza a poveri e ammalati, … Io vivevo e crescevo in questo
ambiente. Da giovane sono entrata nell’Azione Cattolica dove ho potuto approfondire
la mia fede ed essere così più cosciente di quanto stavo vivendo...Ho assunto
impegni anche a livello diocesano.
Il mio primo impegno di lavoro
è stato quello di insegnante delle elementari. In quel periodo mio papà era
abbastanza malato ed eravamo in cinque fratelli. Mia sorella maggiore lavorava
nel negozio di merceria di uno zio ma non guadagnava nulla. Io sono stata la
prima a cominciare a studiare, però dovevo aiutare finanziariamente la mia
famiglia a vivere. Ricordo che nel secondo anno di lavoro ho cominciato a fare
un po’ di tutto: insegnavo e davo anche ripetizioni, al pomeriggio lavoravo
part-time in un ufficio...Più tardi, ho lasciato l’insegnamento per lavorare in
un Organismo dello Stato che a quei tempi era legato alla Presidenza della Repubblica. Alla sera però riuscivo a dare lezioni perché
avevo già ottenuto il baccalaureato in Storia studiando nel tempo libero.
Ricordo che a livello politico erano tempi difficili... Nonostante questo,
riuscivo anche a fare promozione umana a diverse persone, senza per questo
essere retribuita economicamente... Di questa esperienza conservo buoni
ricordi. Più tardi mi sono inserita ancora nell’insegnamento pubblico, ho
assunto impegni massimi a livello di responsabilità scolastica... ho insegnato
al seminario “P. Dehon”, ho aiutato nella impostazione del segretariato della
Liturgia, dove tuttora collaboro. Avevo diverse responsabilità in parrocchia e
dovevo occuparmi anche dei lavori di casa. Quando rimasi senza i miei genitori
dovetti cambiare casa il che, mi aggiunse altre responsabilità dato che mio
fratello era stato dimesso da poco dal sanatorio e ancora non poteva lavorare.
La tua vocazione: come è nata?
Fin dai tempi dell’Azione
Cattolica mi sentivo attratta per una vita di donazione a Dio. Quando potevo
partecipavo a Corsi di formazione umana – spirituale, a settimane di
spiritualità organizzate dai Padri Carmelitani scalzi. A un certo punto, le
attività in parrocchia non mi stavano aiutando, sentivo che continuando così
avrei potuto commettere un errore nella mia vita. Decisi allora di trascorrere
un giorno al convento dei padri Carmelitani. Così ci sono andata, senza portare nulla con me; volevo
solo capire cosa Dio voleva da me. Ritornai a casa cosciente che dovevo integrarmi in un gruppo,
senza lasciare la parrocchia. Decisi quindi di parlare con il mio Direttore
spirituale, P. Fernando Ribeiro, SCJ. Lui mi presentò diversi gruppi da me già
conosciuti, ma che nel mio cuore li rifiutavo perché non mi convincevano... Finalmente mi parlò anche di un gruppo: la
Compagnia Missionaria del S. Cuore, di cui non avevo sentito parlare né
conoscevo personalmente, ma accettai ugualmente... forse questa decisione era
opera dello Spirito Santo.
Come ho già detto prima la mia
famiglia apparteneva all’Apostolato della preghiera, legata alla spiritualità
del Cuore di Gesù. Ricordo che in casa avevamo un grande quadro e un piccolo
oratorio con la sua immagine che ancora si conserva.
La tua vita attuale?
In Parrocchia sono responsabile
di un gruppo che appoggia i missionari dehoniani e collaboro nel segretariato
Diocesano della Liturgia. Dopo l’incidente che ho avuto non posso fare altro
perché le difficoltà vanno aumentando, oltre all’età che avanza. Ogni giorno
cerco di mettere in pratica l’eredità che ho ricevuto e dare la mia
testimonianza di persona cristiana... In questa mia forma di vita cerco di
concretizzare, anche se con i miei limiti, deficienze e sbagli, il nostro
Statuto e Regolamento di vita. Trovo la forza per continuare la mia missione
nella preghiera, nella frequenza ai sacramenti, nella Liturgia delle ore, negli
incontri mensili dell’Istituto... Sento che la mia vita ha delle fondamenta:
Dio...Fede o meglio: io credo veramente che la mia vita è condotta dallo
SPIRITO SANTO.
pellegrinaggio... o semplicemente un viaggio?
La nostra vita è costellata di date che tracciano il cammino
della nostra storia personale. Alcune di queste passano inosservate, altre
hanno il potere di segnare profondamente il nostro vissuto, richiamano
l’attenzione e provocano interrogativi, anche dopo diversi anni, per rivedere
con spirito critico e gioioso il percorso fatto. E’ come un cammino interiore
che conduce nel profondo dove piano piano rivedi la tua vita passata presente e
futura. È allora che nasce spontaneamente un GRAZIE a Dio, alla vita, al mondo
e riprendi il tuo pellegrinare con più slancio, entusiasmo e gratitudine. Quest’anno (2018) Leonia, Luisa ed io abbiamo ricordato il
nostro cinquantesimo di consacrazione. Una data che pur trovandoci lontane e in
luoghi diversi, ci ha fatto sentire unite, in comunione, anche se per motivi
diversi, ciascuna l’ha vissuto a modo suo. Da tempo riflettevo su questo evento
e il solo pensiero mi poneva l’interrogativo di capire: come, quando e dove
poter celebrare il mio ringraziamento a Dio e alla vita. Quando ci sono queste
ricorrenze è proprio in questo modo che si risponde: il primo pensiero che
emerge è quello della gratitudine per tutto quanto si è ricevuto, ci è stato
donato. Viene spontaneo pregare come il salmista: “Che cosa renderò al Signore per
tutti i benefici che mi ha fatto?” (Salmo 116). La risposta a questi
interrogativi è maturata lentamente e in questo modo: fare un viaggio in
America Latina, precisamente in Argentina e Cile, luoghi dove molti anni fa è
iniziata la CM. Volevo vivere questo cinquantesimo quasi fosse una sorta di
pellegrinaggio, per rivisitare luoghi, persone, racconti e sogni che hanno
costituito parte della mia vita. In sintesi: “fare memoria” per lodare il
Signore. Così è iniziato il mio pellegrinaggio
– viaggio, aperta a raccogliere, ricordare, ascoltare, rivivere, spigolare
insieme il passato, ma anche scoprire con sapienza e meraviglia i nuovi germogli
del presente, attraverso la condivisione vissuta nella comunione, semplicità e
fraternità. E questa è stata la caratteristica del mio viaggio in Argentina e
Cile. Spigolando
qua e làIl 6 ottobre 2018 parto da Bologna con “Air France” via
Parigi con destinazione Buenos Aires – Resistencia (Chaco) Argentina. Un lungo
volo ma tranquillo, senza tanti problemi. Arrivata all’aeroporto di Resistencia
ho incontrato Graciela e la sorella Mirta che mi stavano aspettando. I giorni
trascorsi a Resistencia mi hanno dato la possibilità di condividere un po’ di
vita con Graciela, la mamma e la sua famiglia, con Rosa, Ana Maria Benegas,
Silvia, Andrea, familiares e amici. Ana Maria, dopo alcuni giorni, si è resa
disponibile per portarmi in macchina fino a General San Martin, per salutare p.
Guillermo Exner SCJ e la comunità dei padri dehoniani. Qui rivedo “vecchi”
compagni di teologia e si fa memoria insieme… Incontro il gruppo di familiares
e amici animato dall’entusiasmo di Noemi… La celebrazione eucaristica celebrata
da p. Guillermo dà ampio respiro alla preghiera dei fedeli: p. Albino e la CM,
i 50 anni della mia consacrazione, la chiesa universale... c’è anche un ricordo
per tutti i presenti. Una preghiera particolare viene espressa per Rosanna e
Annalisa, riconoscendo che la loro missione e testimonianza a Pampa dell’Indio
hanno creato un terreno fertile per la crescita della CM in Argentina. Peccato,
che per mancanza di tempo non abbia potuto andare anche a Pampa dell’Indio…
Comunque l’accoglienza, l’ambiente, il clima di semplicità e allegria mi hanno
fatto sentire a casa, in casa, La benedizione solenne e l’accoglienza
affettuosa di p. Guillermo mi ha ricordato la presenza vicina di p. Albino… E
sale a Dio il nostro grazie. Al termine dell’Eucaristia si programma un piccolo
incontro con tutti i partecipanti: lì ci siamo presentati e abbiamo condiviso
il motivo della nostra scelta alla CM. Storie diverse, segnate da date che si
intrecciano e fanno emergere oltre alla storia di ciascuna anche la storia
della CM. Un percorso semplice costellato da vicende personali, tutte
significative e importanti perché portano l’impronta della mano dello Spirito
che chiama dove e come lui vuole. A poca distanza dalla città di Resistencia c’è una località
chiamata “Tirol”. La famiglia di Graciela ha una casetta che ha ristrutturato e
resa abitabile per trascorrere i fine settimana. Un piccolo paradiso, lontano
dalla città e dal frastuono. Con le missionarie abbiamo trascorso una domenica
e naturalmente non poteva mancare un bel “asado”, la famosa grigliata
argentina, preparato da Ana Maria Benegas, cuoca improvvisata e specializzata.
Una giornata di festa, di allegria e comunione. Abbiamo trovato spazio anche
per un incontro – intervista, per ascoltarci e scoprire ancora una volta i
prodigi che il Signore ha operato nella nostra vita. Osservo i volti che ho
davanti e ascolto questa porzione della CM argentina, e mi sorprende, mi
meraviglia la loro capacità di ”guardare lontano” e di… sognare. Dopo alcuni giorni riprendo il viaggio in pullman con
destinazione Santa Fé. Ripenso all’incontro di ieri a Resistencia, quando con
Andrea siamo andate a salutare p. Virginio Bressanelli, Vescovo emerito SCJ,
amico della CM. Mi ha colpito la sua fede, semplicità, apertura, soprattutto il
suo ricordo di missionarie da lui conosciute e il suo interesse per le varie
realtà della CM. Ci siamo lasciati con la promessa di ricordarci nella
preghiera. Questo tipo di incontri fanno crescere nella fede e aprono il cuore
alla speranza… A Santa Fè mi aspettano Kuky, Lety, Marta e alcune amiche.
Piccolo germoglio della CM, dove con tanta fede, preghiera e semplicità riesce
a crescere a far trasparire e comunicare una grande disponibilità
all’accoglienza. Grazie di cuore! Riprendo il viaggio di nuovo in pullman fino a Carlos Paz –
Cordoba. Irma mi aspetta all’autostazione. Sarò ospite nella casa di Susana una
delle prime familiaris dell’Argentina. E’ nella pace e tranquillità di questa
casa, dove si respira “preghiera e gratuità”, che continuo a scrivere i miei
appunti di viaggio… La domenica con alcuni padri dehoniani, amici e
simpatizzanti familiares ci troviamo a casa di Alicia, amica della CM, per
vivere insieme un momento di preghiera e di adorazione silenziosa, ricordando
anche il mio cinquantesimo. Non potrà mancare anche in questa circostanza il
famoso “asado”. Gracias! Domenica
21 ottobre: dall’Argentina al Cile!L’aereo sta sorvolando la Cordigliera delle Ande la catena
montuosa che segna il confine naturale che separa l’Argentina dal Cile…Un annuncio
del pilota attira l’attenzione di tutti i passeggeri: “stiamo passando sopra la più grande e lunga catena montuosa del mondo”. E’ il momento in
cui i passeggeri anche i più assopiti si svegliano e, velocemente, chi possiede
il cellulare lo posiziona all’oblò per scattare l’immancabile foto storica alle
montagne imbiancate di neve. Uno spettacolo da sogno! All’aeroporto di Santiago del Cile mi aspettano Teresa Pozo
e Roxana nostra amica. Insieme andiamo a San Bernardo cittadina poco lontana da
Santiago. E qui mi fermerò nella casa abitata da Margarita ed Ely, fino al mio
ritorno in Italia. Anche la permanenza a S. Bernardo è stata molto semplice,
serena e positiva. E’ un luogo famigliare perché l’ho percorso in lungo e in
largo per vari anni, quando venivo per la formazione. Ogni via ha un ricordo,
un volto, un sogno. Con Margarita ci siamo divertite a cercare e rivisitare le
case, dove abbiamo trascorso i primi anni della presenza CM in Cile. Per
ritrovarle abbiamo camminato come fosse un pellegrinaggio… L’attuale casa è la
quinta che ci ospita e ci accoglie… Sempre con Margarita visitiamo anche “Casa
Davi”, una modesta struttura per ragazze madri dove Cesarina aveva fatto
volontariato negli anni della sua presenza in Cile. Il ricordo di Cesarina è
ancora vivo e presente anche attraverso una sua foto esposta alla parete, con
altre persone che hanno contribuito al mantenimento di quest’opera. Al
mattino Ely, al ritorno dalla Messa, mi portava il giornale; un gesto attento e
cordiale, perché potessi aggiornarmi un po’sulle notizie del paese e del mondo.
Tra i vari commenti una frase attira la mia attenzione .“Un pais sin memoria està condenado a ser un pais sin historia”.
Nella piccola biblioteca della sala dove mi trovo il mio sguardo si sofferma
sul libro della nostra storia CM: “60
anni di storia sulle strade del mondo”
preparato da Lùcia Correia. Rifletto su quanto sia importante la memoria per la
storia passata, soprattutto per il suo futuro. Il futuro non esiste se si perde
la memoria del passato, perché il futuro ha bisogno della memoria. Credo che
questo primo libro della storia CM (anche se deve essere completato in diverse
parti) sia un piccolo segno di garanzia per noi, per il nostro passato, ma
soprattutto per il nostro futuro...Partecipo all’incontro mensile del gruppo dei familiares.
Rivedo volti conosciuti come quello di Luisa Rubio sempre allegra e disponibile
ed altri volti per me nuovi. Germogli che crescono e perseverano nella fatica,
nella fede, nella comunione tra di loro e con la chiesa, quella cilena, che in
questo momento così delicato prega e soffre in silenzio… Ho trascorso gli
ultimi giorni a Puente Alto, cittadina dove vive Teresa Pozo. Giornate semplici
vissute con la sua famiglia e amici in un clima di festa, di amicizia e di fraternità.
A tutte la mia gratitudine per la disponibilità e testimonianza! Ritornare in America Latina dopo 13 anni ha significato
rivisitare in parte il percorso della mia vita, scoprire gesti e speranze
nuove, limiti, sogni… vedere cambiamenti in me e negli altri, nelle persone e
luoghi visitati. Camminando per il centro di S. Bernardo, si possono ascoltare
diverse musiche. Ogni negozio propone la sua per attirare l’attenzione di chi
sta passando. Ascolto e canticchio un canto latinoamericano da me conosciuto,
che in questo momento riassume non solo i miei sentimenti, ma anche i
cambiamenti che ho scoperto, che fanno parte della dinamica storica: “Cambia
todo cambia… cambia lo superficial cambia también lo profundo, cambia el modo
de pensar, cambia todo en este mundo…”. Cambia ciò che è superficiale, anche ciò che è
profondo. Cambia il modo di pensare cambia tutto in questo mondo. Ma non cambia il mio amore per
quanto lontano mi trovi, né il ricordo né il dolore della mia terra della mia
gente… “Cambia, todo
cambia, cambia todo cambia…”. Rileggo questi
appunti, incontro parole che si ripetono: accoglienza, fraternità,
disponibilità, semplicità, allegria, comunione, condivisione, preghiera… le
voglio lasciare così, perché costituiscono parte di uno stile di vita CM… che è
cresciuta su queste fondamenta e vuole continuare a crescere. E’ la storia che
continua… E allora mi viene spontaneo dire ancora: Grazie a Dio, a Colui che mi ha chiamata a
questa missione, “grazie alla vita che mi ha dato tanto mi ha dato il
passo dei miei piedi stanchi, con loro ho attraversato città pozze di fango, lunghe spiagge vuote, valli e poi
alte montagne e la tua casa e la tua strada e il tuo cortile… Gracias a la
vida…”. Qualcuno dirà:
e il Brasile? Per ora lo porto nel
cuore… continuare a sognare non è proibito!Arrivo
all’aeroporto di Bologna il 3 novembre, stanca ma con la gioia nel cuore. Trovo
Paola che mi aspetta. Un grazie anche per questo gesto di attenzione e
fraternità!
essere tutta di dio
INTERVISTA A TERESA POZO
Teresa
missionaria cilena: per conoscerci un po’ di più presentati: la tua vita, famiglia, la tua cultura, l’ambiente in cui
sei cresciuta…Mia mamma mi raccontava che
aveva scelto per me il nome di Teresa, perché ero nata il 15 ottobre, giorno di
santa Teresa D’Avila. Ho sempre pensato e ancora penso che questo gesto è stato
molto bello, un primo segno di predilezione del Signore nei miei confronti.
Sono nata e cresciuta in una famiglia semplice, molto cattolica, originari di
Puente Alto ( cittadina vicina a Santiago , capitale del Cile). Mio papà
lavorava come operaio in una fabbrica, mia mamma casalinga con tre figli: un fratello, io e
una sorella. Mio fratello il maggiore, ora è deceduto. Io sono la seconda con
una differenza di dieci anni da Sonia mia sorella minore. Ringrazio di cuore il
Signore per aver ricevuto il dono della fede e questo lo devo in modo speciale
a mia mamma per avermi trasmesso il suo amore alla Vergine, alla recita del
rosario. Ricordo ancora con profonda devozione i pellegrinaggi che facevamo nel
mese dedicato a Maria … Ho studiato a Puente Alto poi a Santiago all’Università
Cattolica. Ho scelto la professione di infermiera per poter essere a
“servizio”degli altri, anche perché ammiravo e ancora ammiro molto una zia,
anche lei infermiera. Da tre anni sono
pensionata. Ho dedicato questi ultimi anni ad assistere la mia mamma, morta il
20 ottobre 2017. Ringrazio molto il buon Dio per aver potuto accompagnarla da
vicino in tutto questo tempo, fino alla sua partenza per il cielo. Chiamata,
discernimento, decisione: tre parole che guidano ogni vocazione, anche la tuaSono tre parole che, senza
rendermi conto, sono state presenti nella mia scelta. La prima inquietudine il
Signore me l’aveva messa nel mio cuore, attraversodomande e interrogativi sul
senso della vita, ecc. Queste, sono state la spinta, la porta per chiedere
aiuto, per discernere quanto stavo vivendo e scoprire poi che era il Signore che stava “bussando alla porta del mio cuore”, con una chiamata
speciale e concreta. Devo confessare che, al momento mi ero spaventata e
cercavo di allontanare l’idea... poi, poco a poco mi sono arresa … In questo
tempo mi sono state di aiuto le circostanze che stavo vivendo. Stavo studiando
di infermiera e questa professione mi portava a contatto con tanta sofferenza,
con la morte … Tutto questo mi aveva impressionato molto … in questo contesto
ho capito che la vita era un dono di Dio e che anch’io dovevo donarla in
qualche forma e dovevo vivere ogni giorno con profondo senso di responsabilità
e di impegno … Come fare questo? Mi sembrò possibile solamente una forma:
consacrarmi a Dio. Non capivo molto di quanto mi stava succedendo, però sentivo
solamente una grande necessità di amare e di consacrarmi all’Amore. Come è
nata la tua vocazione?Come ho già detto prima, stavo
studiando e frequentando il Corsi di infermiera all’Università Cattolica di
Santiago già da tre anni. Per raggiungere l’Università che era molto lontana da casa, dovevo fare
lunghi viaggi in pullman e quindi alzarmi molto presto. Una mattina, si sedette
accanto a me un giovane. Durante il viaggio osservai che, dopo qualche minuto
prese un libretto nero dalla sua cartella e cominciò a leggere. Mi resi conto
che stava pregando … in quel momento sentii una grande voglia di
chiedergli cosa stava leggendo e lo feci
(mi meravigliò questa mia curiosità perché di carattere sono molto timida). Lui
mi rispose che stava pregando, che apparteneva a un movimento di giovani
cattolici e se ero interessata a saperne di più, mi avrebbe spiegato
meglio in un altro momento. Mi chiese
quindi l’indirizzo di casa mia. A un certo punto del viaggio, mi resi conto che
ero arrivata a destinazione, al posto di lavoro (ricordo ancora quel giorno: dovevo fare pratica in un
consultorio) per cui scesi dal pullman in fretta. La giornata passò rapida per
il molto lavoro che dovetti affrontare e la preoccupazione per lo studio. Mi
dimenticai totalmente di questo incontro, però il giovane no. Arrivò a casa mia
nel pomeriggio insieme a sua sorella per spiegarmi come fare per entrare a far
parte di questi gruppi giovanili che frequentava. Lo considerai un vero apostolo! Ricordo ancora il suo
sorriso ed entusiasmo nel parlarmi della fede, di Dio … io l’ascoltavo
affascinata. Fu così che cominciai a
frequentare i loro incontri. In questo ambiente di fede è nata la mia
vocazione, in un gruppo di vita cristiana. In tutto questo ha avuto molta
importanza anche la mia professione di infermiera. In mezzo a tanti malati sono riuscita a trovare la risposta di Dio
alle mie inquietudini. Così passarono due anni, fin tanto che presi la
decisione di consacrarmi in un Istituto dove rimasi per 8 anni. In seguito
lasciai questo Istituto perché avevo capito che non era
qui il mio posto e il Signore (così ho sentito e capito) mi portò direttamente
a conoscere la Compagnia Missionaria, dove ora mi trovo e sono contenta. La
cosa più bella è stato scoprire l’immenso amore di Dio per me, sua piccola
figlia, piena di limiti, però molto amata. Questo amore si risvegliò in maniera
molto forte in me e l’unica cosa che volevo era rispondere a Lui con la mia
vita e imparare ad amare. Perché nella Compagnia Missionaria?Come ho raccontato uscita dal
primo Istituto mi sono messa a lavorare come infermiera sempre con
l’inquietudine dentro di me di voler incontrare la maniera e il posto giusto
per vivere una vita tutta di Dio … non sapevo come e dove. Dopo circa un anno, con l’aiuto di una suora ho conosciuto Cecilia
Benoit ( oggi fa parte anche lei della Compagnia Missionaria). Cecilia mi parlò
in maniera molto semplice perché anche lei conosceva ben poco di questo
Istituto. Sapeva però che in marzo (1987)sarebbe venuta in Cile la Presidente
dell’ Istituto. Cecilia mi suggerì che nel frattempo, se mi interessava capire
qualcosa di più, potevo partecipare al gruppo che stava nascendo in San
Bernardo, cittadina vicino a Santiago. Tutto questo avvenne mi pare nel mese di
novembre. La spiegazione che mi era stata data da Cecilia era molto vaga e
direi anche poco attraente … però rimasi e cominciai a partecipare al gruppo
(eravamo in cinque). La Presidente della Compagnia Missionaria in quel tempo
era Marta Bartolozzi; l’incontro con lei è stato moto bello. Lei parlava solo
italiano e noi castigliano, ma ci siamo capite ugualmente. Sicuramente lo
Spirito Santo era vicino a noi, in abbondanza. Io credo e sono sicura che in
realtà, devo la mia vocazione a Marta. La sua accoglienza, le sue parole, la
sua capacità di valorizzare la mia storia personale, la sua fiducia in me, mi
diedero le ali per azzardarmi a continuare la storia di amore che Dio in quel
momento e ancora adesso sta scrivendo in me, nella CM. Insieme a questa
straordinaria accoglienza, mi aveva attratto anche la spiritualità
dell’Istituto e la sua presenza in mezzo
al mondo. Sentivo chiaro che avevo incontrato il luogo per vivere la mia
consacrazione appartenendo a Dio e ai fratelli in mezzo al mondo, nella mia
famiglia, nella mia professione. Ringrazio ancora il Signore per questo
meraviglioso invito che mi ha fatto e continua a farmi nella CM. Hai
lavorato professionalmente come infermiera: quali valori o aspetti più arricchenti
hai vissuto? Ho lavorato 30 anni in questa
professione: due anni in ospedale e 28 anni nella Sanità pubblica
nell’Università Cattolica. Ho sempre sentito che mi accompagnava la presenza di
Maria Santissima. A Lei ho consacrato tutto il mio lavoro, le mie mani perché
Maria lavorasse accanto a me. In sintesi: è stata un’esperienza molto ricca;
l’ambiente è sempre stato rispettoso nelle scelte che facevo e con il tempo la
mia presenza è stata colta come un valore per chi lavorava al mio fianco. La cosa
che mi ha arricchito di più in questa professione è stato il contatto con le
persone che si realizzava in situazioni di carenza e fragilità. Sono riuscita a
costruire legami molto gratificanti con i miei ammalati e loro mi hanno dato la
possibilità di servirli come fratelli in Cristo, specialmente i più bisognosi.
Insieme abbiamo condiviso la nostra vita. Nel mio lavoro ho potuto vivere la
mia consacrazione secondo la spiritualità CM. E questo avveniva attraverso
piccoli gesti concreti della nostra vita diaria, dal semplice saluto
all’attenzione personale per alcune terapie, all’educazione, accompagnamento
ecc. Inoltre avevo la possibilità di pregare e offrire la vita dei miei
ammalati e colleghi di lavoro a Dio, in forma permanente. In mezzo a tanto dolore
sentivo la responsabilità di pregare e offrire per loro. Il mio lavoro
infermieristico è stato svolto soprattutto in reparti dove si accoglievano
persone soggette a dipendenze: psicologiche, psiquiatriche, droga e salute
mentale. Ho partecipato e assunto la parte direttiva del Centro Medico negli
ultimi 6 anni di lavoro. E’ stato molto faticoso, però con molta pazienza ho
capito che era proprio lì, in mezzo agli ammalati e ai vari funzionari, che si
faceva presente la misericordia di Dio. Il
viaggio di Papa Francesco in Cile e Perù dell’anno scorso … nonostante le varie
sfide incontrate è stato definito “un viaggio della speranza e profezia”.
Secondo te, quali segni di speranza, germogli di novità sono cresciuti, dopo
questo avvenimento? La
visita di un Papa è sempre un regalo e una speranza! Il suo motto è stato “Vi
lascio la pace”. La sua presenza è stata molto positiva nonostante le polemiche
sorte dovute alla situazione della Chiesa cilena in relazione agli abusi, tema
che ancora non è sufficientemente affrontato da parte della gerarchia
ecclesiastica. Però la polemica ha portato frutti, perché adesso si sta
riflettendo direttamente con Papa Francesco il quale ha assunto in prima
persona la situazione, per cercare di trovare la maniera migliore di sanare
questo problema nella Chiesa, così da farla crescere … e poter diventare un
luogo di speranza per tutti. Tutti i vescovi cileni sono stati convocati a Roma
per incontrarsi con il Papa. Tutti hanno
dato le dimissioni affinché il Papa potesse nominare con libertà il Vescovo di
ogni diocesi. Di fronte alla dolorosa realtà degli abusi sessuali su minori,
abusi di coscienza e di potere siamo chiamati - così scrive in una lettera Papa
Francesco al popolo cileno - a lavorare per cambiare questa cultura dell’ abuso
in una cultura del rispetto della vita e della dignità di ogni persona. Il Papa
ha già accettato la rinuncia di cinque Vescovi, ed ha ricevuto a Roma tre dei
principali laici che hanno subito questi abusi e in seguito ha ricevuto anche
un gruppo di sacerdoti e altri laici. Due inviati del Papa sono tornati in Cile
per continuare il compito di verificare i vari casi e ascoltare altre denuncie.
In questo momento il Papa, la Chiesa accoglie, ascolta, ringrazia per la buona
disposizione con la quale stiamo accompagnando questa situazione e allo stesso
tempo continua ad informarci ed a renderci partecipe del delicato lavoro che
sta facendo per trovare la soluzione migliore a questa situazione che tanto ci
fa soffrire . La Chiesa popolo di Dio continua il suo pellegrinaggio con
preoccupazione ma con tanta speranza e buona disposizione. Si prega molto per
la nostra chiesa cilena in ogni parrocchia, comunità e famiglia. Amiamo la
nostra Chiesa e vogliamo che i fratelli che si sono allontanati a causa di questo
problema ritornino e possano incontrare una Chiesa Madre, aperta alla speranza,
all’accoglienza, centrata nell’unica persona che è Cammino, Verità e Vita:
Gesù. Il popolo continua pregando e rimanendo fedele a Gesù Cristo. Questi sono
i principali segni di speranza: la presenza fedele del popolo e il lavoro della
base che continua preoccupata per i giovani e le famiglie. Nel
mese di ottobre si vivranno due eventi in linea tra di loro: il Sinodo dei
vescovi e la giornata missionaria mondiale. I temi che verranno affrontati
rivolgeranno l’attenzione alla realtà giovanile. Nella tua cultura cilena come
vedi il futuro dei giovani cileni?Come in tutte le parti del
mondo il lavoro con i giovani chiede molta energia. L’ambiente in cui vivono e
i pochi valori che li circondano sono molti forti e influenzabili. In Cile, in
particolare si continua riflettendo e lavorando. Speriamo che questo lavoro sia
ogni volta più profondo e sia svolto con impegno per offrire ai giovani cammini
nuovi di crescita personale e di crescita nella fede. Gli sforzi si fanno
soprattutto nelle comunità locali però ci accorgiamo che ancora c’è bisogno di
persone che aiutino, persone che abbiano apertura di cuore che sappiano
accogliere e che preghino. Speriamo pure in un profondo rinnovamento nella
gerarchia della nostra Chiesa, per rinnovarci anche in una autentica e attiva
opzione della realtà giovanile. Il tuo
messaggio per i giovani …Ho scoperto la mia vocazione
quando ero giovane, avevo 21 o 22 anni. E’ importante avere il cuore aperto
quando sentiamo interrogativi che ci rendono inquieti, che ci interpellano sul
senso della vita, sul cammino che ci aspetta. Non dobbiamo avere paura, avere
timore a concretizzare i sogni che abbiamo dentro nel nostro cuore. Chiediamo
aiuto a Dio e Lui si prenderà carico di tutto il resto. La mia esperienza mi
dice che è il Signore che chiama, in maniera forte e Lui rimane fedele a questa
chiamata perché fatta con amore. E’ una chiamata che ci rende felici in
qualunque posto Dio ci voglia. La chiamata può essere diversa (consacrazione,
matrimonio …) però è sempre una chiamata verso la pienezza in Dio.Concludo dicendo grazie a Dio
per il dono della vita e della consacrazione nella Compagnia Missionaria.
racconto di una conversione
Festività dell’EPIFANIAScrivo perché, mentre leggevo
un saggio sui profeti di Israele, riflettendo su me stessa mi sono accorta che
la memoria della mia vita spirituale si sta rarefacendo. Da qui il bisogno di
fissare un’esperienza che, credo, valga non per me sola, ma come dono di Dio
per tutti gli uomini e donne assetati di Bene. Cagliari
1964 Buon Compleanno!A te,
Bambina mia, affinché ti sia di guida e aiuto per vivere santamente. MamminaA Maria
Grazia per il suo dodicesimo anno. È la dedica sul libricino,
sopravvissuto ai miei tanti traslochi e che conservo accanto al mio letto,
«TUTTO PER GESU’», libricino che mia mamma mi aveva spedito per i mie dodici
anni quando ero in Collegio a Savona, come aspirante presso le Suore di Santa
Maria Giuseppa Rossello. L’iniziazione
al mistero di CristoL’iniziazione cristiana nella
mia vita è iniziata nel cuore di mia
madre, confermata nella scelta del nome: Maria Grazia, perché aveva voluto
consacrarmi alla Madonna delle Grazie in Bologna. Rileggendo da adulta, anziana
meglio, i racconti che mia mamma mi ha fatto, capisco di condividere uno
speciale privilegio: come Samuele, come il Battista, come… (le bibliste
completino l’elenco), come Geremia, “consacrata
a Dio nel grembo materno”. Vocazione all’amore che mia madre “si è portata nel grembo finché Dio non si è
piegato sulle sue pregherie”.Sopra il letto dei mie genitori
c’era un quadro in rilievo col Sacro Cuore, e un Crocifisso. Le mie prime
immagini sacre che hanno nutrito la mia fede “affettiva”. Non ho mai visto in quelle immagini, come oggi alcuni
dicono, il segno sanguinario di una religione crudele. Era il “mio Gesù”: nella manina del Sacro Cuore
mia mamma mi faceva trovare al mattino una ciambella di pastafrolla, ma le mie
preferenze, soprattutto quando potevo stare nel letto dei miei genitori perché
avevo la febbre, non erano per l’immagine consolatoria e generosa del Sacro
Cuore, quanto per il piccolo crocifisso di metallo che mi teneva compagnia.
Cosa che neppure i soldati hanno fatto, sono riuscita a spezzare le ginocchia
al povero Gesù crocifisso, rimasto nella casa paterna con quelle sue gambe
ballerine, che bisognava sempre mettere a posto, e che io da bambina avevo
rotto. Ma quello è stato “il primo amore
per Gesù”. Poveretto! Dovevo essere molto piccola,
sono immagini legate ai miei primi ricordi: Gesù e il mal d’orecchie!Questo affetto mi portava a
essere molto preoccupata per la salute di Gesù, e quando mia mamma mi
accompagnava a visitarlo nell’immagine della deposizione (dovevano essere i
famosi sepolcri quaresimali), volevo
lasciare le mie scarpette rosse al povero Gesù, tutto nudo e al freddo.I primi anni della mia infanzia
sono trascorsi in questa vicinanza col mistero di Cristo. Le lezioni di
catechismo, fatte prima privatamente, perché mia mamma voleva essere sicura su
ciò che mi avrebbero insegnato, e poi in parrocchia in preparazione alla Prima Comunione. Forse ho un intelletto
scarso, ma l’insegnamento che ci davano, sul catechismo da studiare a memoria, era per me uno stimolo
profondissimo a cercare l’infinito:
la mia vita aveva un significato, ci insegnavano, conoscere, amare e servire Dio! Sì, le mie prime domande
sull’esistenza, sull’essere dell’uomo e sull’essere di Dio, nascevano in quella
testolina di sei anni, liberavano il mio pensiero in spazi e tempi infiniti. La nostra testa è proprio strana. Per alcuni
quegli anni sono stati vissuti come l’oscurantismo del pensiero. Per me sono
stati l’aprirsi del pensiero!Una fede da bambina, ma forte,
viva, vitale nell’ascolto della messa domenicale, nutrita dell’eucaristia, con
lo sguardo all’esempio dei Santi, San Domenico e Santa Caterina da Siena.
Diventare santa, come loro, è il
desiderio che nasceva partecipando al gruppo dei Rosarianti nella Chiesa di San Domenico a Cagliari.Non certo l’unico desiderio,
iniziava la pubertà e l’adolescenza: insieme ai desideri di santità c’era posto
per i cantanti, per le vanità, le ambizioni, il desiderio di studio e il “ballo del mattone” (una canzone di Rita
Pavone, idolo delle ragazzine degli anni ’60).
Il “primo battito del cuore: sono fritta”Il 1964, l’anno in cui mia
mamma mi ha regalato il libricino «TUTTO PER GESU’», l’ho trascorso a Savona in
collegio. Non era una scelta vocazionale, mia mamma voleva per me una profonda
educazione cristiana, qualsiasi fosse stata la mia scelta, ma anche darmi una
possibilità di studiare, infatti i miei non avevano i mezzi per farmi fare le
scuole superiori. Avevamo una vita di piccole
suorine: messa quotidiana, preghiera a pranzo e a cena, pranzi e cene in
silenzio nell’ascolto delle letture sacre (di cui non ricordo un bel niente, se
non un racconto ambientato in Africa e dai colori romanzeschi), preghiere
serali, silenzio allo spegnersi della luce, e insieme gli impegni di un’alunna
di seconda media.Eppure di quell’anno
(conclusosi a maggio perché non avevo la vocazione) mi sono rimasti incisi
profondamente due momenti:
L’immagine di una suora,
piccola, piegata, con le grandi ceste di roba da lavare. Forse era la
responsabile della lavanderia, ma per me era la suora: semplice, radiosa, umile.
La cerimonia della “prima professione”: noi ragazzine
assistevamo dal coro della
Chiesa; dall’alto vedevo queste sposine
accostarsi all’altare. Lì, per la prima volta, ho sentito il colpo al cuore dell’innamoramento!
Inutile dire che non era la mia
vocazione, ho cominciato a diventare insofferente della disciplina, a voler
affermare la mia personalità. «Se resto qui, mi faccio suora. Sono “fritta”».
Un mese dopo ero nuovamente a casa dai miei.
Le
domande esistenziali senza rispostaSono iniziati gli anni degli
interrogativi, senza risposta. Non coi Focolarini,
non nelle Eucarestie della domenica, non nelle questioni poste ai confessori.Nessuno mi aveva mai parlato
della dottrina sociale della Chiesa, né del Concilio Vaticano II, anche se
avevo assistito ai primi cambiamenti, dalla messa in latino alla messa con le
chitarre. Non mi bastava più sentirmi
ripetere che la fede viene messa alla prova, che è la croce, che il Signore si
siede a tavola con noi quando ti capitano le disgrazie più terribili. Un
mistero della croce senza la luce della Risurrezione, senza l’intelligenza e
l’amore per l’uomo (fatto per i beni
ultimi, cioè senza pene). Pover uomo che, davanti alle ingiustizie, non
doveva preoccuparsi dei beni penultimi, ma si doveva rallegrare come partecipe
della croce di Cristo.Il mio povero Gesù dalle gambe spezzate era relegato ormai
alla mia infanzia. In questi interrogativi di “senso” sono approdata alla contestazione sessantottina.Né esauriva la mia tensione la vita politica dei giovani
contestatori, di cui coglievo l’incoerenza, pur condividendo il bisogno di una vita di giustizia. Ho iniziato a
occuparmi delle religioni orientali, delle pratiche dell’Hatha Yoga, di
tecniche di meditazione. Pensavo, non può il mio cervellino accogliere l’infinito,
devo rovesciarmi, essere accolta dall’infinito: così potrò percepirlo, quando
tange i miei confini. Poi mi soccorreva la memoria del salmo: Vedete e gustate quanto è buono il Signore;
il Signore si fa trovare da chi lo cerca con cuore sincero. “Vedere”,
“gustare”: sono verbi che rimandano ai nostri sensi: non vuol dire chiudere Dio
nel mio cervellino, ma la possibilità di assaggiare
la sua presenza. Se lo cerco con sincerità si fa trovare. Era la risposta ai miei
interrogativi: ore di sedute in posizione del loto per incontrare il divino.
Per fortuna abbiamo l’illuminazione elettrica. A me non è capitata la fortuna
del Budda!E proprio in quegli anni,
quando cercavo lontano ciò che mi era vicino, ero svegliata la notte da un
sogno ricorrente: la Chiesa dei miei dodici anni. Ho combattuto con tutte le
mie forze questi richiami. Era stato l’indottrinamento ricevuto da piccola. Era
l’oppio dei popoli. «Prega, Maria Grazia, Prega!». Nel sonno una voce mi sollecitava, e
mi dicevo «Chi prego? Io non credo in niente». E sempre nel sonno, ma in un
sonno vigile, una voce rispondeva forte «Osanna
al Signore, re degli eserciti», mentre il mio essere si metteva in ginocchio.Ricordo quel
sonno/sogno/visione come momento della mia conversione,
misteriosa, profonda. Si imponeva come un imperativo nella mia vita. Era quella
la strada.A vent’anni ho incontrato Santa
Teresa D’Avila e San Giovanni della Croce. Ho bevuto le loro biografie e le
loro opere cui sono continuamente tornata: mi rivelavano ciò che cercavo
assetata.
Il
ritorno nel grembo della ChiesaNelle letture di Santa Teresa e
di S. Giovanni della Croce maturava la mia sete di eucaristia, il bisogno di essere Chiesa. Ma come, la Chiesa colpevole di persecuzioni, corruzioni,
avarizia. La mia testa non riusciva a conciliare. Fede e Chiesa? Ma no, non
devono necessariamente andare insieme. La sete dell’Eucaristia si faceva esigenza prepotente
nella mia vita di giovane donna, ora incinta di quattro mesi. A
Torrazzetta, nel pavese, seguo un corso di meditazione buddista nella casa per
ritiri “Oasi Mistica”. Ci accoglievano due Suore Francescane di Clausura, Sr.
Mariangela e Sr. Ancilla, che in quegli anni del dopo concilio si aprivano ad
esperienze di accoglienza fuori dalle mura del convento. Seguivo in modo ligio tutti i
dettami per le meditazioni: il Signore si
fa trovare da chi lo cerca con cuore sincero, ero lì per quello, cercare il Signore.Mi ero accorta che gli esercizi
di meditazione mi riuscivano più
facilmente in cappella, lì il cuore si raccoglieva in silenzio senza fatica.ETERNA E’ LA SUA MISERICORDIAETERNA E’ LA SUA MISERICORDIAETERNA E’ LA SUA MISERICORDIAETERNA E’ LA SUA MISERICORDIALe suore avevano iniziato la
preghiera della liturgia, il versetto del salmo penetrava nel cuore e lacrime
scioglievano la mia durezza…Lì ho scelto Cristo e la
Chiesa!Nel ’90, a 38 anni, Gesù, che
già si era manifestato nella mia infanzia e nella mia prima adolescenza, non
tenendo conto del rifiuto, mi ha ancora chiamato a sé, gettandosi alle spalle
tutto il mio passato.E io ho detto SI’, per sempre!
chi abbraccia la fede...
Chi abbraccia la fede, non
cammina da sola.(Cf:Mt. 14,22-33). Aver fiducia in Gesù è la nostra maggior
ricchezza. Lui è il segno per eccellenza dell’amore di Padre. Legate a lui,
incontreremo mezzi capaci di trasformare il nostro carisma e la nostra
spiritualità CM nella realtà concreta al servizio della chiesa e dei fratelli.
Questa citazione mi aiuta a capire che la nostra testimonianza di vita come
missionarie CM non ha frontiere.Gesù ci chiama a espletare un
determinato servizio e assumere liberamente una missione! Chi dice “si” alla
sua chiamata si impegna a spendere la vita perché gli altri abbiano più vita!
E’ importante scoprire quale è il nostro impegno come CM, nella società! La
vocazione ci orienta al servizio, a essere costruttori di un regno di giustizia
e di pace: nella famiglia, nella comunità e nella società, in generale.Come missionaria Mozambicana,
residente a Nampula ho avuto l’opportunità di ravvivare la mia fede e vocazione
conoscendo un po’ di più le origini della CM, in Italia. La mia permanenza è
stata di quasi due mesi, dal 6 Dicembre ‘18 al 29 Gennaio del 2019. E’ stato un
tempo molto fecondo, infatti ho potuto conoscere le radici della CM. L’impegno
missionario nelle comunità di Bologna, Monguelfo, e Napoli. Questa volta non mi
è stato possibile visitare la comunità di Brugherio. La certezza che Gesù non si allontana mai da
noi, ci incoraggia nella Missione, ci toglie dalla riva e ci fa avanzare per
una donazione totale al servizio le une delle altre, nonostante i
condizionamenti dovuti alla salute e alla età. Sono
rimasta abbastanza colpita dal lavoro portato avanti a Monguelfo da parte di
Fiora, Cecilia e di tutta la sua Equipe di collaboratori. Mi è piaciuta
l’esperienza vissuta più da vicino, è una realtà che esige fede, disponibilità
e molto amore al servizio. Ho avuto
l’opportunità di passare lì il Natale e il fine anno. La casa era piena di
famiglie, giovani e bambini di tutte le parti del mondo, con diversità di
cultura, ma tutti si sentivano bene, si vedeva sul viso delle persone la gioia
di stare in un luogo di riposo e di festa, dove si sentivano ben accolte. Lì ho
capito che la gioia e la felicità degli altri ci riempiono di grande valore e
stima in quello che Dio opera in noi, a servizio degli altri, però esige da noi
molta semplicità, apertura, umiltà e molto esercizio di ascolto perché Dio
operi in tutto e in tutti. Come una missione profetica che Lui affida a
ciascuna delle missionarie della CM; in luogo si incontrino.L’esperienza vissuta più da
vicino, in Bologna, mi ha commossa vedere quanto passano rapidamente le nostre
forze e la salute, E’ una comunità nella quale la maggior parte delle
missionarie ha un’età avanzata e alcune hanno molto bisogno dell’aiuto delle
altre. Come dice la sacra scrittura accoglietevi
gli uni gli altri con amore fraterno. Ho scoperto un tesoro grande
nella comunità di Sant’Antonio Abate –Napoli.Mi sembrava una comunità molto
piccola formata da appena due persone: Lucia Capriotti e Luisa Chierici, ma in
fondo esiste una grande ricchezza che è il gruppo delle missionarie che vivono
in famiglia, dei familiares e degli amici della CM. Ho avuto l’opportunità
d’incontrare anche Marinella Martucci che è la responsabile del gruppo misto,
missionarie di vita fraterna e missionarie di vita in famiglia. E’ un gruppo
ben formato e solido. Tutti lavorano e condividono per la formazione della personalità
umana e cristiana. Ho apprezzato molto
il gesto di accoglienza e con fraternizzazione che hanno fatto per me. E’ una
comunità con un forte senso di coinvolgimento pastorale: la condivisione della
Parola di Dio nei vari gruppi a livello parrocchiale ed extra, nella catechesi
e nella comunione fraterna con tutti coloro che le circonda.
Congratulazioni Lucia e Luisa perché
avete una buona capacità di accogliere tutto il gruppo CM di Napoli. L’esperienza che ho vissuto
durante la mia permanenza in Italia, mi chiama ad una disponibilità e donazione
a Dio, al servizio dei fratelli, che deve essere con una fede viva e sicura,
con radici profonde per poter vivere bene la vocazione e la missione, infatti
la risposta alla chiamata è un esercizio di fede e di amore.Ringrazio il Signore per il
dono della vita e della vocazione nella CM e gli chiedo che aiuti ognuna di noi
a vivere con amore e fede la missione che lui stesso ci affidato nei diversi
punti dove ci troviamo. Per finire preghiamo per le
vocazioni per la CM.“Signore della Messe, Pastore del Gregge, fa risuonare nelle
nostre orecchie il tuo forte e soave invito:” Vieni e seguimi!” Effondi su di
noi il Tuo Spirito, perché ci dia sapienza per vedere la strada e generosità
per seguire la tua voce! Signore che la messe non si perda per mancanza di
Operai! Risveglia le nostre comunità alla Missione. Insegna la nostra vita a
essere servizio! Fortifica coloro che vogliono dedicarsi al Regno nella vita
consacrata(…)Signore della Messe e Pastore del Gregge, chiamaci a servire il
tuo popolo. Maria, Madre della Chiesa, modello dei servitori del Vangelo,
aiutaci a rispondere: “SI” – Amen.”(Cf. Preghiera dell’anno per le vocazioni)