Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
News
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09 / 08 / 2024
Agosto 2024
Edvige Terenghi, amministratrice centrale, visita i gruppi in Mozambico....
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09 / 08 / 2024
Agosto de 2024
Edvige Terenghi, administradora central, visita os grupos em Moçambique....
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Agosto de 2024
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09 / 08 / 2024
19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
veglia per la libertà
Omelia di Sabato 20 luglio
Compagnia Missionaria, questa vostra assemblea sia una veglia in onore del Signore a favore di tutta la Chiesa.
Sia una veglia per la vostra libertà.
Il pane azzimo sia il segno del vostro cammino: pane preparato senza indugio nella fretta di rispondere all'invito del Signore che libera.
il pane azzimo è il pane della comunione e della missione, pane da consumare insieme per mantenersi in cammino, mantenersi nella missione.
La comunione è la sorgente e l'approdo.
La missione incoraggia la speranza. Non rompe la canna incrinata e non spegne la fiamma smorta.
Il Vangelo non è tornado che sradica, ma vento che soffia perché l'aria sia respirabile.
il Vangelo non è tsunami che distrugge e dal quale fuggire, ma fiume d'acqua viva che risana e porta vita a chi si affaccia sulle sue rive.
Questa è la missione: condurre tutti alla comunione, tutti guarire, per tutti avere cuore accogliente e misericordioso.
Anche per se stessi, per non impedire al Cuore accogliente e misericordioso di portarci a una piena comunione con lui.
le relazioni...
della Presidente e del suo consiglio.....
dell'amministratrice centrale....
della rappresentante delle formatrici....
della Responsabile centrale dei familiares...
della presidente dell'Associazione Guardare Lontano
... e i segretari lavorano....
mentre le delegate si concentrano nell'ascolto
l'amore infinito di dio
«E io, quando sarò innalzato da
terra, attirerò tutti a me»
(Gv 12,32)
Carissimi/e,
siamo immersi gioiosamente nel tempo pasquale continuando
a tenere fisso lo sguardo su Gesù autore e perfezionatore della fede. La gioia
del Risorto vivente in mezzo a noi ci comunica la speranza che non delude e che
si manifesta nella preghiera e dell’incontro con gli altri con i quali
condividiamo il cammino della vita. La prova e le situazioni difficili non
possono rubarci questa gioia profonda che scaturisce dalla certezza che il
Signore della vita è con noi sempre.
Stiamo vivendo anche gli ultimi mesi che ci separano
dalla nostra IX Assemblea Ordinaria CM che celebreremo dal 19 al 28 luglio
prossimi. Un tempo prezioso per prepararci a questo evento che richiede di
ripensare il cammino della nostra famiglia nel contesto attuale. Si intensifica
la preghiera ed il confronto/dialogo tra noi perché possiamo vivere questo
avvenimento con il cuore e la mente aperte/i alle sorprese di Dio, ai suoi
disegni di amore e di misericordia.
La prossima solennità del Sacro Cuore di Gesù centro e
apice della nostra spiritualità ci chiede di continuare ad accogliere l’amore
infinito di Dio nelle nostre vite per essere accoglienti e misericordiose tra
di noi e con tutti coloro che fanno parte del nostro quotidiano. E’ Lui che ci
attira a sé e ci fa sperimentare il dono prezioso di un cuore che sa ascoltare
la sua voce, sentire e vivere immersi nella sua misericordia infinita.
Riconosciamo che le nostre scelte necessitano sempre di un discernimento autentico e che non sempre siamo
pronte a riconoscere i nostri peccati e limiti, ma possiamo avere fiducia
che, ricominciare con il perdono
reciproco ed il perdono di Dio è sempre possibile.
Siamo anche immersi nel nostro tempo e nelle
contraddizioni ed ambiguità che ci interrogano e ci pongono dubbi. Li viviamo
con le tante persone che incrociamo sulle nostre strade e riconosciamo che il
bene è sempre nascosto e presente anche se non evidente. E qui dobbiamo avere
un occhio speciale per vedere al di là delle apparenze sia nel bene che nel
male. Vedere in profondità è un dono che possiamo chiedere al Signore perché i
nostri rapporti siano davvero più attenti e conformi alla sua volontà. Il grano buono e la zizzania convivono in noi e ci chiamano continuamente a
verificare con onestà la nostra vita davanti al Signore.
Continuiamo a lavorare su noi stesse perché siamo
chiamate alla santità, come ci indica P. Albino e Papa Francesco. Continuo
a vederli vicini nel richiamarci a
vivere, realisticamente ed autenticamente, la nostra vocazione. Il cammino è
lungo ed entusiasmante perché ci manteniamo dinamiche e sempre vigilanti
nell’attesa perseverante di Colui che ci attira a sé con il suo dono senza
limiti.
In comunione.
Martina
la grazia delle origini
“La nostra
spiritualità scaturisce dalla contemplazione di Cristo nel mistero del suo
Cuore trafitto (cfr. Gv. 19,37), segno di amore totale per il Padre e per gli
uomini, sorgente di vita ecclesiale, strumento di universale redenzione” (Statuto
CM n. 5).
“…Fa o Signore, che
il nostro impegno nel mondo non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio, ma
la sapienza… ci guidi alla comunione con il Cristo”.
Per ciascuno di noi la vita di adesione alla CM, scrive
le pagine di una storia: pagine che partono dalla grazia delle origini e si
arricchiscono di tutto quanto la Chiesa, illuminata dallo Spirito, scopre continuamente nel tesoro della sua
fede.
Ora, anche per la Compagnia Missionaria. l’impegno è
quello della strada: camminare, secondo le indicazioni che ci vengono dai “segni dei tempi”, senza però mai
dimenticare la grazia delle origini, perché questa rappresenta il servizio specifico che noi
siamo chiamati a rendere alla Chiesa. Questo è per ciascuno di noi l’ ”unico
necessario”.
Dunque, camminare, avanzare, mantenendo fede, anzi
sviluppandola maggiormente, immergendoci sempre più profondamente nel carisma
specifico che Dio ci ha affidato, nello scopo originario, caratteristico della
CM, perché in questo è riassunto il servizio che siamo chiamati a rendere alla
Chiesa. Guardiano quindi anche con profonda simpatia alla nuova stesura dello
Statuto. E’ espressione del cammino della CM in continuità con la grazia delle
origini. Abbiamo bisogno però dell’aiuto dello Spirito Santo perché: “Nessuno può dire il Signore è Gesù, se non
sotto l’azione dello Spirito” (1Cor 12,3).
E’ lo Spirito che accende nei nostri cuori il sigillo
indelebile dell’amore di Dio e dei fratelli. E’ lui che ci aiuta a penetrare
nella grazia della fede e ne abbiamo molto bisogno per illuminare il nostro
modo di pensare e di agire affinché sia secondo Dio.
Questa fede deve comandare tutta la nostra vita (1Cor
2,13-16), perché tutto quello che sentiamo, pensiamo, viviamo sia secondo il
criterio di Dio e del suo Vangelo.
Ma in
concreto:
- Dinanzi alla prove della vita, ad esempio, di qualunque
genere, come ci comportiamo? Leggevo su un cartoncino questo messaggio: “Fasciamo i nostri ostacoli di silenzio e di
preghiera”.
Di qualunque ostacolo si tratti. Ma per questo occorre molta
fede, perché significa ripetere l’atteggiamento di Cristo che, dinanzi allo
stesso Pilato, ricoperto di accuse, taceva, parla solo quando nota che il suo
silenzio avrebbe compromesso la verità: “Tu
non avresti nessun potere se non ti fosse dato dall’alto…” Ma per quanto
riguarda se stesso non dice una parola.
- Nella vita di carità che è l’essenza della nostra
fede, perché dinanzi a Dio poco importa che io partecipi alla Messa o canti il
vespro, se tutto questo non lo so calare in una profonda vita di carità.
L’apostolo Paolo, a questo proposito, ci dice: “ Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra
bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria
edificazione, giovando a quelli che ascoltano. E non vogliate rattristare lo
Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione”
(Ef 29,30).
Contristo lo Spirito quando non
vivo nella carità.
L’apostolo passa ad indicarci le espressioni concrete di vita che sono secondo
lo stile di Dio.
“Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con
ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri,
misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi ” (Ef
4,31-32).
Ognuno di noi deve compiere il
cammino senza distaccarsi mai dalla grazia delle origini. E questa grazia è
illuminata proprio da quanto ci dice l’apostolo Paolo: “La vita che vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio che
mi ha amato, e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20).
L’espressione più evocatrice
dell’amore di Cristo per il Padre e per noi è: il suo costato aperto e il
cuore ferito. “…avendo amato i suoi
che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13,1). La manifestazione
più alta di questo amore di Cristo è proprio il cuore trafitto, cioè Cristo non
ha risparmiato veramente nulla, ha dato tutto.
La grazia delle origini, per
noi, sta proprio nella capacità di guardare a questo cuore ferito, espressione
suprema dell’amore. La grazia delle origini è tutta qui, e ogni membro CM vive
veramente in conformità a quanto Dio vuole nella misura in cui è capace di
contemplare questo cuore trafitto.
Le conseguenze
Dalla contemplazione del cuore
di Cristo nasce la riconoscenza, la lode, Dio non ci ha amato per scherzo, ha
dato veramente tutto. “Ci ha amati fino
alla fine”. Io che ho la vocazione
all’amore, devo alimentare la fiamma dell’amore proprio nella contemplazione
del cuore ferito di Cristo. Sarà proprio questa contemplazione a provocare
in noi:
*Il dono di noi stessi.
Guardando in faccia questo cuore ferito io mi arrendo in ogni aspetto del mio
essere. Mi restituisco a lui in tutto ciò che sono, perché lui mi renda
strumento di pace. Tento di ritirare il mio senso di possesso e supplico
che sia lui a possedermi e a vivere in me e attraverso me.
*Abbandono le preoccupazioni
ed affanni: cresco nella certezza che se la mia fede e la mia speranza in
lui sono vere, non vi è motivo di ansietà e tensioni.
*Abbandono tutte le difese
del mio cuore, dei miei sentimenti. IL mio cuore non ama più con il suo
proprio amore. E’ lui che ama in me”.
*L’impegno a fare qualcosa
per corrispondere a questo amore. Questo fare qualcosa una volta era inteso
come “riparazione”. Oggi ci si esprime in termini diversi, ma il contenuto è lo
stesso. Non perdiamoci in distinzioni inutili. Anzi questo fare qualcosa deve
portarci a:
a) Un impegno personale che consiste:
- nell’apertura allo Spirito
che ci guida sul cammino di Dio, proprio per vivere lo spirito di fede. E
questo spirito di fede consiste nel pensare ed amare con gli stessi sentimenti
di Cristo. Questo avverrà in noi se ci lasceremo guidare dallo Spirito. E ciò
che possiamo fare oggi non lo rimandiamo a domani. Facciamo il bene ogni volta
che ci si presenta l’occasione, non perdiamo il passaggio di Dio.
- Nella vita di unione.
La preghiera di offerta “Mio Dio ti offro la mia giornata, questo mio gesto… in
unione a Gesù per mezzo di Maria in spirito di amore”. Valorizziamo il più
possibile questo piccolo mezzo che ci può aiutare moltissimo nel nostro cammino
di amore.
- Nella vita di offerta:
“Nell’Ecce venio di Cristo e nell’Ecce ancilla di Maria è
compendiata tutta la nostra vocazione e il nostro fine, il nostro dovere, le
nostre promesse” (P. Dehon). Ora questo vale anche per tutti i membri CM.
Il cuore ferito di Cristo provoca la mia offerta quale
risposta d’amore. E quale offerta? Tutta la mia giornata come il Signore me la
offre, soprattutto i momenti difficili che ci capitano: in famiglia, in gruppo,
sul lavoro… Sono diamanti che non dovremmo sciupare mai. Cerchiamo di essere
attenti a scoprire tra le foglie morte del nostro cammino la perla preziosa
dell’offerta e dell’accettazione serena della volontà di Dio.
b) Impegno apostolico: la contemplazione del cuore
ferito dovrebbe farci diventare anche più uomini e più donne, cioè capaci di
vedere e contemplare quei tanti nostri fratelli, spesso vicini, dal cuore ferito:
ferito per le calamità naturali (terremoti), ferito dalla disoccupazione, senza
casa e con la disperazione nel cuore; fratelli feriti dalla droga,
dall’emarginazione, dalla malattia, dalla solitudine…
Io credo che se ci abituassimo a contemplare il Cristo Uomo,
ferito dalla nostra cattiveria, ci sentiremmo più invogliati ad essere uomini e
donne in senso pieno in mezzo ai fratelli che soffrono. Dunque la contemplazione del Cuore di Cristo deve
portarci ad avere espressioni di profonda umanità, di comprensione, di
solidarietà, di amore, di misericordia…
Noi vogliamo essere degli apostoli verso questi fratelli
e far capire loro che l’amore di Cristo merita qualche piccolo sforzo anche da
parte nostra. E nell’esercizio della nostra attività, apostolato, impegno,
lavoro… la preferenza nostra vada per i poveri e gli umili proprio come ha
fatto Cristo, che ha privilegiato chi era povero, ferito a causa della
malattia, del disordine, dell’ingiustizia… E
noi, per essere sulle orme di Cristo, siamo chiamati a fare altrettanto.
(Riflessione tolta dagli scritti di p. Albino)
la roccia della sorgente
Entro
nel silenzio: del corpo
(cerco una posizione in cui stare comoda, ma concentrata e ferma), della mente,
del cuore, della bocca.Prendo
consapevolezza della presenza di Dio, che vuole parlarmi e invoco lo Spirito
Santo.Leggo
attentamente il brano. Gv 7, 37-39 Alcuni
spunti per meditare.
Nell’ultimo
giorno, il grande giorno della festa - Quando
Israele, dopo 40 anni nel deserto, giunge alla Terra Promessa, cessa il dono
quotidiano della manna e il popolo comincia a mangiare i frutti della terra.
Ogni anno, in settembre, al termine della stagione dei frutti, Israele celebra
la festa delle Capanne: una settimana di festa per ricordare il viaggio nel
deserto, culminato nella Terra dove scorre latte e miele, e il miracolo
dell’acqua che Dio fece scaturire dalla roccia: l’acqua, elemento fondamentale
per la vita dell’umanità e di tutta la creazione. E proprio perché essenziale alla vita, nella
Scrittura l’acqua è simbolo dello Spirito di Dio.
«Ogni giorno della settimana delle Capanne si riempiva una coppa
d’oro, attingendo dalla piscina di Siloe, e la si portava in processione
cantando “Attingete con gioia acqua alle sorgenti della salvezza” (Is 12,3). La
folla in festa agitava il lulab (un mazzetto di rami di palma, salice e mirto e
un frutto di cedro) e entrava per la porta della fonte, cantando l’Hallel a
ricordo della liberazione d’Egitto (Salmi 113-118). Entrati nel tempio, il
sacerdote saliva all’altare e spargeva l’acqua al suolo […] L’ultimo giorno
della settimana il sommo sacerdote la versava oltre le mura di Gerusalemme, come
segno della benedizione che da Israele si riversava su tutti i popoli, secondo
la promessa fatta ad Abramo (Gen 12,3). […] Durante la festa si leggeva Ez 47,
che parla della sorgente che esce dal tempio e diventa un grande fiume di acqua
vivificante […] Il tempio era visto in relazione alla roccia che Dio spaccò,
facendo scaturire acque come dall’abisso […] si leggeva pure Zc 13, con la
promessa che in Gerusalemme sarebbe zampillata una sorgente per lavare peccato
e impurità» (FAUSTI S., Una comunità legge
il Vangelo di Giovanni I, pp. 183-184)
La sete – C’è una sete della gola e del corpo, una sete di acqua che, se non
soddisfatta, uccide. C’è una sete della mente e del cuore: sete di vita, di
conoscenza, di senso, di amore, di gioia, di pace. Anche questa sete chiede
assolutamente di essere soddisfatta, pena l’inaridimento della vita, la
disperazione, la morte interiore… che può condurre anche alla morte fisica, per
tante strade.
Per la sete del corpo, il Creatore fa sgorgare acqua dalle rocce
montuose e fa scorrere fiumi e fa piovere acqua dal cielo. Per la sete del
cuore ci offre un’altra acqua, più preziosa. Divina. Che mai asciuga, ma che
diventa sorgente gorgogliante nella vita stessa di chi se ne disseta.
Dal suo grembo
sgorgheranno fiumi - Nel giorno della grande festa, mentre il
popolo va al Tempio a ricevere l’acqua, perché secondo la profezia di
Ezechiele, l’acqua sgorga dal Tempio di Dio che è in Gerusalemme, Gesù si
rivela come il nuovo Tempio. Già alla donna di Samaria aveva detto che ormai non
è più il tempio di Gerusalemme o il monte Garizim il luogo dove adorare Dio,
perché Dio vuole essere adorato in Spirito e Verità. Gesù è la Verità. Lui è il
vero, unico e indistruttibile Tempio, non costruito in 46 anni, ma distrutto
dagli uomini e risorto il terzo giorno.
La condizione per riconoscere il vero tempio, la vera roccia da
cui sgorga l’acqua che disseta in eterno è la fede. Chi crede è chiamato e
invitato da Gesù a bere da lui, dal suo grembo, dal suo Cuore. Sulla croce quel
Cuore sarà aperto dalla lancia del soldato e ne sgorgheranno sangue e acqua. La
nuova roccia da cui sgorgherà la sorgente della vita è il Cuore di Cristo
Crocifisso.
Ma, ascoltando attentamente ciò che Gesù grida, ci accorgiamo che,
forse, il grembo-cuore di cui Egli parla non è solo il suo Cuore. Forse ci sta
gridando che il cuore stesso di chi crede e beve da Lui diventa sorgente da cui
sgorgano fiumi di acqua viva. Aveva detto la stessa cosa alla donna di Samaria.
Gesù, ritto in piedi, grida. Ci fa davvero
sussultare questo grido. È il grido dell’Amore. Il grido di chi conosce la
nostra sete e la facilità con cui ci lasciamo distrarre e incantare da false
fontane o da cisterne screpolate da cui raccogliere solo un po’ di fango.
L’Amore grida, perché lui ha ciò di cui abbiamo disperato bisogno per non
morire… di nulla. Grida perché vuole assolutamente che quei fiumi che sgorgano
dal suo Cuore, anche attraverso chi crede e beve, si moltiplichino e diffondano
a dissetare e salvare il mondo intero.
Lo Spirito Santo
– Cristo è la roccia. Lo Spirito è
l’acqua. I discepoli che ascoltano il grido di Gesù nel giorno della festa,
non possono ancora comprenderlo a pieno. Lo comprenderanno quando Egli sarà
glorificato, cioè quando si rivelerà pienamente sulla Croce. Cristo Crocifisso
è la gloria di Dio. È la rivelazione piena e insuperabile di Dio che è Amore. È
la rivelazione piena e insuperabile del senso e della
sete della vita umana. Da Lui sgorgherà la vera acqua, quella che sola può
dissetarci, che può rigenerarci alla vita piena, la vita divina. Lo Spirito
Santo. Il Dono. Per offrirci questo Dono, questa Acqua, Gesù sacrifica se
stesso sulla croce. Lo Spirito che lo ha generato come uomo nel grembo di
Maria, lo Spirito che riposa su di Lui dal momento del battesimo al Giordano,
lo Spirito che lo unisce indissolubilmente al Padre per l’eternità, lo Spirito
che respira nel suo Cuore e che dà potenza di vita alla sua Parola e gli ha
fatto operare meraviglie, quello Spirito sgorga dal suo grembo. Quello Spirito
ci dona per sempre, perché tutto ciò che l’Amore ha operato in Lui, avvenga
anche in noi. E come Gesù, anche noi possiamo diventare fontane che dissetano
l’umanità assetata di vita.
Ma solo se ci avvicineremo al Crocifisso, l’Umiliato, l’Assetato,
dal Cuore trafitto, e lo contempleremo con gli occhi e il cuore colmi di fede,
potremo “riconoscerlo” come Dio Amore, unica sorgente di vita. E saremo
dissetati di Spirito Santo.