Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
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09 / 08 / 2024
19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
un bellissimo e inaspettato ricordo
Nel 10° anniversario della Pasqua di P. Albino
Ricordo un episodio
particolare che è rimasto impresso nella mia mente.
Era passato poco tempo dal
giorno del mio matrimonio con Alfonso, quando, accompagnato da Giuseppina
Orlando, venne a casa nostra il Padre Albino. Che gioia per me ed Alfonso avere
a casa il Padre.
Oltre all’accoglienza
fatta e al colloquio sul nostro inizio di vita matrimoniale, con grande
emozione, gli ho fatto vedere l’appartamento. Quando giungemmo nella camera da
letto mi accorsi che il Padre aveva soffermato lo sguardo al quadro, che
raffigurava la Santa Famiglia di Nazareth, posto a capoletto.
Gli dissi che ci era
sembrato bello avere un quadro della Sacra Famiglia in camere da letto.
Il Padre per quanto si congratulasse della scelta osservò che
San Giuseppe, nel dipinto, era stato ritratto come un uomo molto vecchio e che
effettivamente riteneva che non era possibile che la Vergine Maria fosse stata
data in sposa ad un vecchio.
“Effettivamente neanche
a me piace poi tanto”, gli dissi.
La cosa mi mise dentro
un forte desiderio di sostituirlo e d’accordo con Alfonso, mio marito, presi la
decisione di cambiare il quadro.
Alfonso penso prima di
verificare presso il rivenditore dove l’aveva acquistato la possibilità di
sostituirlo.
Il rivenditore senza
alcuna difficoltà si mostrò disponibile e ci diede una Sacra Famiglia con un
San Giuseppe proprio bello e giovane.
Sembra una cosa banale
ma ringrazio il Padre Albino perché anche in una occasione come questa ci ha
aiutati a comprendere che le scelte vanno sempre fatte con ponderatezza.
La sua presenza in casa
ha portato una ventata di giovinezza e di gioia.
Sono certa che il Padre
Albino, unitamente alla nostra cara Giuseppina Orlando, a Gennaro, a Pierpaolo
e a tutte le persone della CM che abbiamo conosciuto e che ora si trovano al
cospetto di Dio accompagnano e pregano per noi e per tutta la CM.
i suoi insegnamenti
Nel 10° anniversario della Pasqua di P. Albino
Come non pensare a padre Albino e ricordare quando lui veniva qui a S.
Antonio Abate e i tanti ritiri che facevamo con lui la domenica. Erano delle
domeniche contraddistinte da momenti di preghiera, di ascolto e meditazione
della parola di Dio a cui faceva seguito la Messa e poi un momento di
convivialità con il pranzo. Erano quelle domeniche una vera festa a cui
partecipavano anche i nostri figli, che venivano affidati a una missionaria che
si offriva come volontaria e ne aveva cura e li faceva giocare. Al pomeriggio
si proseguiva con il confronto su ciò che avevamo meditato e al confronto
faceva seguito l'Adorazione e la possibilità di confessarci. Tornavamo a casa
felici di aver trascorso una domenica particolare nell' ascolto della Parola di
Dio della condivisione di tutto.....
Sono stati momenti forti e formativi che ancora oggi ci aiutano a
proseguire nel cammino e a superare tanti ostacoli e ci hanno insegnato a
vivere ogni giorno in un impegno di fedeltà al Signore, fuggendo dalla
tentazione di giudicare gli altri e anche quando si subiscono offese sappiamo
che non dobbiamo reagire e a nostra volta giudicare gli altri, ma cogliere il
buono che c'è in ognuno. Era questo un aspetto che a Gennaro era rimasto
impresso fortemente e che considerava come l’eredità ricevuta da Padre Albino.
Quando a Gennaro riferivo di qualche scortesia ricevuta, lui mi diceva: “Guarda
il buono che ha l'altra persona non fermarti a quel momento.....”. Ora immagino Gennaro con
padre Albino e le missionarie e i familiares che sono già nella gloria di Dio
che parlano e pregano per noi. Grazie Padre Albino per i tuoi insegnamenti,
prega per noi
tessere fili di unione
Carissimi/e
La nostra spiritualità
scaturisce dalla contemplazione di Cristo nel mistero del suo Cuore trafitto (cf.
GV 19,37), segno di amore totale per il Padre e per gli uomini … (Statuto n.
5). Ci porta a “vivere la vita di amore fino a farci comunione con Dio e con i
fratelli, secondo il modello che Cristo ci ha lasciato, ad imitazione della
prima comunità cristiana”. (Statuto n.
6). In questo mese importante per
la nostra famiglia CM e contemplando la realtà che viviamo in ogni luogo del
mondo siamo invitate a riflettere su questi aspetti:
Il nostro carisma è un dono che deve essere condiviso per collaborare alla
ricostruzione delle realtà segnate dalla divisione e dalla mancanza di
intendimento, nel quotidiano avvertiamo poca tolleranza e reazioni negative che
impediscono una convivenza serena. Poco o molto c’è sempre qualcosa che
necessita di un contributo, con molta umiltà e amore, per tessere fili di
unione.
L’Amore che si fa
Comunione è una delle nostre colonne dove siamo e saremo più provate. Richiede
di ritornare ogni giorno al Cuore di Gesù per bere alla fonte dove troviamo la grazia per rinnovare la capacità del
discernimento, ascolto e dialogo nelle nostre relazioni quotidiane in ogni ambiente della nostra vita, come è ben
presentato nei nostri Statuti dei Familiares e delle Missionarie: “Fare “comunione” con i fratelli significa
“perdersi” per ritrovarsi in Cristo e farsi con Lui ascolto, disponibilità,
dolcezza, rispetto, ponte di incontro, forza unitiva … con tutti…”
Vi
invito a chiedervi:
Cosa
devo curare/sanare nel mio cuore per crescere nella comunione con Dio e con i
miei fratelli? Dove ed in quale modo concreto oggi ci chiama il Signore ad
essere strumento di comunione?
In questa Solennità del Sacro
Cuore attingiamo da Lui le grazie che
riempiano con il suo Amore i nostri cuori per essere testimoni autentici di
misericordia e di riconciliazione.
In fraterna comunione
vi abbraccio.
Graciela
tempo e umiltà per pregare
Era l’ anno 1970 quando p. Albino ebbe
l’idea di scrivere alcune riflessioni
sullo Statuto della Compagnia Missionaria del S. Cuore. Un impegno che continuò per alcuni anni e che
aiutò l’ Istituto a dare solidità e concretezza al suo cammino.
Penso
di mettermi in contatto con voi, quest’anno, anche a mezzo di questo foglio. Vi
arriverà senza uno stretto impegno di periodicità: ogni volta che mi sarà
possibile, cogliendo i momenti di particolare disponibilità a Dio e
approfittando dei ritagli di tempo, tra un’opera e l’altra di apostolato.
Il numero 1 dello Statuto
ci offre, a mio parere, una panoramica completa della nostra Famiglia. Nata
piccola, come un tenero germoglio, lentamente la Provvidenza ha introdotto, la
nostra Famiglia, su nuove strade di progresso di testimonianza mai pensate
prima. “La Compagnia Missionaria del
Sacro Cuore è un Istituto secolare di diritto pontificio che trova nella
spiritualità d’ amore e di oblazione, colta dalla Sacra Scrittura ed espressa
in modo culminante dal mistero del Cuore trafitto di Cristo, l’alimento della
sua vita interiore e della sua missione…”.
Canto
di riconoscenza
Un
grazie sincero al buon Dio. Riconosciamo che la sua mano ci ha condotti ben
oltre i nostri meriti e le nostre capacità. Un grazie altrettanto caldo di
affetto e di riconoscenza alla Madonna. Ha fatto, con evidente impegno, la
parte di direttrice. Ma è più esatto dire: la sua parte di madre. Non
trascuriamo di invocarla così, come abbiamo cominciato ad invocarla sul nascere
della nostra Famiglia: “O Maria, madre,
guida e custode della Compagnia
Missionaria del Sacro Cuore, prega per noi!” Possiamo proseguire tranquilli
il nostro cammino se ci accompagna, per ogni passo, la preghiera e la
benevolenza di Maria.
Un grazie vivissimo anche
a tutti voi che, nel corso di questi anni, avete dato un contributo così
generoso di pensiero e di opere per l’affermazione materiale e per lo sviluppo
della nostra Famiglia. Ma questo forse è il meno, perché molte volte la vostra
parola e il vostro esempio mi sono stati luce allo spirito per tracciare con
più concretezza e con più evidenza le linee del nostro servizio a Dio e ai
fratelli. Manteniamoci in questa affettuosa ed operosa “comunione”. È l’amore e
l’interesse di Cristo che ci ha riuniti e che ci mantiene solidali nel lavoro,
nella preghiera e nella speranza, Cristo sarà con noi e costruirà con noi. “Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a
loro” (cfr. Matteo 18,20).
Una realtà: l’amore e l’imitazione di Gesù si stabiliscono nelle
abitudini della nostra vita soprattutto con la preghiera. La preghiera
comunitaria e liturgica presuppone la preghiera personale e in essa trova
alimento e contenuto. È indispensabile, dunque, che anche noi e i giovani che incontriamo siano avviati con
coraggio alla contemplazione che è preghiera necessaria ad ogni vita cristiana
e tanto più all’anima consacrata per la quale costituisce l’atteggiamento
tipico della sua verginità.
Non si dimentichi tuttavia che unico maestro nella
vita di preghiera è lo Spirito Santo, il quale si nasconde ai superbi e si rivela ai piccoli e solo a questi si
concede come spirito di filiazione, nel quale gridiamo: Abba, Padre.
Accanto allo Spirito, un compito
misterioso e irrinunciabile spetta a Maria. La sua presenza silenziosa e
materna ci aiuterà a conservare la “semplicità dei più piccoli del vangelo”, ci
difenderà dal pericolo di entrare nel numero di quei saggi e abili che non capiscono le cose del Regno, ci farà
veramente poveri, miti, affamati di santità, misericordiosi, puri di cuore,
quelli ai quali, concederà la pace di Dio. È importante trovare tempo e umiltà
di pregare. Se la preghiera ha tanto valore, se è, in definitiva, la strada
necessaria per incontrare Cristo ecco alcune riflessioni su questo tema scaturite da Marco 1, 29-39.
Un autore dei nostri
giorni, proprio su questo brano evangelico, ha detto: “Gesù fa i primi passi
del suo ministero: insegna e guarisce
con un successo tale che potrebbe oscurare il significato della sua missione.
Per questo egli si riserva uno spazio di
tempo per mettersi in contatto con la volontà del Padre nella preghiera e
nel ritiro. Questa volontà non muta le sue linee direttive: Gesù deve andare
verso il più gran numero possibile di uomini. Così Gesù lascia i suoi
concittadini per percorrere tutta la Galilea”.
Se qualche volta rileviamo
degli sbandamenti nella nostra vita, ci sentiamo irrealizzati e irrequieti; non
sarà perché interessi, vedute nostre, il gioco delle circostanze ci hanno
portato fuori dalla strada che Dio aveva tracciato per noi? Forse perché non
abbiamo saputo trovare il tempo e
l’umiltà per metterci in ascolto di lui, per pregare.
Statuto n. 18 e n. 68 “Ci lasceremo
guidare da Maria perché ovunque ci troviamo e lavoriamo, possiamo essere
testimoni credibili della missione salvifica di Cristo… Uno spazio di tempo
vissuto in comunione con Maria per esprimere il nostro amore e rinnovarle la
nostra consacrazione…”. Maria
è modello di quell’amore materno di cui
devono essere animati quanti, nella missione apostolica della Chiesa cooperano
alla rigenerazione degli uomini” (L.G. n° 65).
Aggiungerei una parola
sulla recita del Rosario. È una preghiera antica, ma sempre nuova. Quando lo si
recita pare essere trasportati ed elevati a meditare, con l’aiuto di Maria, i
misteri della vita di Gesù che disse: ”Quello
che ho fatto io fatelo anche voi”.
I misteri
gaudiosi sono i misteri della fede che nasce dall’umiltà di Maria e dalla sua
carità verso Elisabetta, dalla povertà del presepio, dalla ricerca di Simeone
ed Anna, dal tempio dove si prega.
I misteri dolorosi sono i
misteri della speranza: non vi è speranza dove non vi è dolore. Se il seme non
marcisce, non germoglia e non fiorisce. Nell’abbandono di Gesù nel Getsemani,
nel suo corpo flagellato, nel suo capo coronato dalle spine dell’umiliazione e
della ingratitudine, sulla via del Calvario, nella sua morte in croce, la
nostra speranza diventa certezza di eterna beatitudine.
I misteri gloriosi sono i
misteri dell’amore: nella risurrezione di Gesù, inseriti nella sua umanità con
infinito amore, siamo divenuti figli di Dio e fratelli di tutti gli uomini;
nell’Ascensione abbiamo udito la nostra vocazione all’apostolato, apostolato
dell’amore; nella Pentecoste lo Spirito Santo ci rende ardenti come il fuoco e
risonanti come il tuono nel mondo, nell’Assunzione di Maria pensiamo alla sua
morte d’amore e alla sua glorificazione in paradiso dove ci aspetta per godere
con Lei l’eterna beatitudine dell’amore.
Il Rosario non è una
devozione individuale: nel Pater e nell’Ave si prega per noi e per tutti. È una
liturgia che trova nella famiglia (e quindi anche nei nostri gruppi) il luogo
più conveniente per la sua recita.
(Dagli
scritti di p. Albino Elegante)
"ballerine" contente e disponibili
Intervista a Bianca Iacchelli
Più che intervista è il
risultato frutto di chiacchierate fatte con Bianca. Incontri
registrati in diversi momenti, a più riprese, ripercorrendo alcune tappe della
sua vita, senza sapere dove saremmo arrivate. Una storia la sua per noi importante perché appartiene alle fondamenta,
alle radici della Compagnia Missionaria.
Ho cercato di raccogliere e di riunire i pezzi raccontati, anche se l’ordine degli avvenimenti e del tempo, alle
volte si confondono. Ho rispettato il modo e la vivacità del suo stile per non
sciupare la freschezza e la ricchezza del racconto.
Grazie
Bianca: ce l’abbiamo fatta!!!
Bianca ti va di raccontare un
po’ della tua vita? Cominciamo dalla tua famiglia.
Sono nata in una famiglia
composta dal padre, madre e un fratello. Mia madre era originaria della provincia di Bergamo,
nord Italia. Mio padre non l’ho conosciuto perché è morto prima che io
nascessi. La mamma poi si è risposata così è nato mio fratello Guido che ora
abita a Bologna e ogni tanto viene a trovarmi. Sono dell’anno 1931 e ho già 92
anni; nata a Santa Maria di
Labante, una località di Castel D’Aiano
delle colline bolognesi a 600 metri sul livello del mare. Gli abitanti si
consideravano montanari, e queste origini mi hanno sempre fatto sentire che
anch’io, come loro, potevo considerarmi una montanara. Conducevamo una vita
normale di una famiglia comune. Da giovane sono andata a servizio in una
Famiglia a Bologna con la quale ho
sempre mantenuto i contatti. Devo riconoscere che nonostante la mia età, grazie
a Dio sto bene, non ho dolori; invece, la memoria è quella che è. Ed a parlare
della famiglia sento che i ricordi sono sbiaditi …
29 settembre
1961, prima consacrazione delle prime otto missionarieBianca è la
seconda da sinistra, in prima fila
Allora parliamo
della mamma? Bianca non mi lascia terminare la domanda e risponde prontamente in dialetto
bolognese
“El so me” = lo so io com’era! Una cosa ho chiara: mia mamma me le avrebbe “suonate” anche a 90
anni se le avessi dato delle risposte in qualche modo!!! Per dire che aveva
sempre ragione lei ... la mamma era una donna forte, in casa ha sempre
dominato, anche se dava l’impressione di lasciarci liberi di fare quello che
volevamo però, tutto doveva essere sotto
la sua direzione, sotto il suo controllo. Se avessimo chiesto una spiegazione
ci avrebbe risposto: “arrangiati”, però dovevi dirle chiaro che cosa volevi
fare. Siccome lei non aveva studiato e noi un po’ si, ci rispondeva: “ visto che abbiamo speso i soldi a farvi studiare adesso lavorate!”. Alle volte quando la facevamo disperare ci
rimproverava dicendo che ci avrebbe picchiato … ma erano solamente minacce perché nella realtà non ci
ha mai toccato.
Facciamo un
salto in avanti e raccontaci come hai conosciuto la Compagnia Missionaria.
Prima vorrei comunicare
alcune mie impressioni su p. Albino Elegante, nostro Fondatore. Padre Albino l’ho incontrato molto presto nella mia
vita cioè quando non ero ancora nella CM perciò a questi tempi ero giovane. E come dicevo ero a servizio in una famiglia
cioè non andavo a giornata ma ero proprio presso la famiglia, abitavo con loro
come se fossi una di loro. E sono stata fortunata perché era una famiglia molto
buona, amica. Non era di quelle famiglie pretenziose che ti mettono sotto i
piedi, si viveva alla pari. Lavoravo per loro, mangiavo con loro e qualche
volta si andava anche a spasso con qualcuno di loro. Ricordo che il papà era
una persona molto silenziosa, però si faceva sentire in alcuni momenti
decisivi. Con loro mi sono trovata bene.
Da qui ho conosciuto p. Albino in via Nosadella.
P. Albino Elegante SCJ direttore dell’Apostolato
della Riparazione (movimento di spiritualità nato negli anni ’45 – ‘46) ) l’ho
incontrato nel 1944 in occasione di una missione parrocchiale al mio paese di S. Maria di Labante. Vennero precisamente i
missionari: p. Agostini e p. Montrasio Sacerdoti del Sacro Cuore di Bologna
detti dehoniani. Alla conclusione venne anche p. Elegante, ma non avemmo un
incontro personale. In quella circostanza i padri fecero ad alcune persone
giovani la proposta dell’iscrizione all’Apostolato della Riparazione. Io accettai la proposta. Alla vigilia del mio
diciottesimo compleanno, la divina provvidenza mi diede la possibilità di
partecipare a un corso di esercizi spirituali organizzati dall’Azione
Cattolica, a Bologna. In quella occasione chiesi al Signore la grazia di
incontrare un bravo confessore. Come dicevo avevo cominciato a lavorare a
Bologna presso una famiglia.
Una domenica, mi recai
nella chiesa della Madonna dei poveri, in via Nosadella, sede dei Sacerdoti del
S. Cuore, a cercare p. Elegante, perché mi era stato consigliato da una persona
di fiducia, come confessore. Non fu facile trovarlo quel giorno perché era
sempre fuori per incontri e predicazioni. Una bella domenica lo trovai. Mi
presentai a lui dalla porta della sacristia, dicendo che lo cercavo da tempo.
Alzando il dito e senza parlare mi indicò il confessionale, poi andò in confessionale.
Non è che io m’incontrassi
tutti i giorni... però a un certo punto mi decisi di fargli una “dichiarazione”
(diciamo così), dirgli che avevo bisogno
di qualcuno che mi aiutasse a vivere la
mia vita con un indirizzo diverso dai soliti. Padre Giuseppe, - così si
chiamava allora – era di poche parole,
severo e deciso, ma anche paterno e comprensivo in confessione. Questo era un po’ il suo
stile nelle relazioni. Con il passare del tempo poi migliorò molto il suo modo
di relazionarsi. Ricordo che era una
persona di guida, perciò, mi piacque perché potevo avere qualcuno a cui fare riferimento.
Mi confessavo da lui, sapevo l’ora della messa e quando potevo, andavo alla
messa che lui celebrava. Avevo chiaro che volevo una vita di consacrazione e ne
ho parlato con lui. Cioè sentivo che in quel momento il matrimonio era già fuori dalla mia mente,
non pensavo di sposarmi e neanche ragionavo per dirmi: allora cosa farò? Che
tipo di consacrazione? Poi con lui ho chiarito e sono andata avanti… E la mia formazione comincia da qui.
Bianca, allora parliamo di formazione. Ricordi la formazione
dei primi tempi … il clima che si viveva? Per aiutarti nel pensiero ti leggo
una frase trovata su un documento formativo della CM di oggi. Era proprio così
anche all’inizio?
“La formazione è stato un impegno che ha caratterizzato sempre
dai primi anni il giovane Istituto, ma
ha anche caratterizzato un grande desiderio di evangelizzazione e un forte
anelito missionario. In questa formazione hanno collaborato diversi Padri
Dehoniani, facendo lezioni di teologia, di filosofia, di liturgia ... .in via
Guidotti… più tardi alcune missionarie hanno frequentato la scuola di teologia
allo Studentato delle missioni”. (cfr. 60 anni di storia sulle strade del mondo)
Bianca si fa seria e mi risponde così: Sì era proprio così! La
CM nasce nel 1957 e p. Elegante era il fondatore, direttore dell’apostolato
della riparazione, professore di spiritualità e datore di lavoro. Le giornate erano impegnative: preghiera, lavoro,
studio…
Una costante nel pensiero
del Padre, così chiamavamo p. Albino, è
sempre stata quella della nostra preparazione a tutti i livelli: professionale,
culturale, morale, spirituale, teologale e missionaria … I temi prioritari del
primo anno furono la spiritualità e la morale con la partecipazione dei Padri
dehoniani professori allo Studentato e con vari incontri con Padri missionari e i Vescovi di passaggio. La
nota dominante delle nostre giornate era: la preghiera, la gioia, il silenzio. Solo le ricreazioni giocando a palla volo,
erano rumorose!!!
Però prima di arrivare a
tutto questo, c’è stato un periodo pre CM molto importante, che ci ha aiutato a vivere insieme, a chiarire meglio
ciò che volevamo in futuro. Cercavamo
una vita di consacrazione ma non in convento, si pensava a qualcosa d’altro, a
una consacrazione secolare, nel mondo. Io sono stata una delle prime quattro
che hanno cominciato a ritrovarsi
insieme. Io, Bruna, Cesarina, poi è arrivata anche Irene. Altre quattro ci
frequentavano.
1974. A Bagnaia (VT)
All’inizio ci siamo messe
a collaborare con la Pia Opera, che era un’attività dei dehoniani. La Bruna ci
lavorava a tempo pieno … in seguito io sono stata inserita nella libreria
dehoniana, io che in quel tempo avevo
solo le elementari (Bianca fa una risata)
(ho fatto poi più avanti la terza media). Ho quindi collaborato con la libreria dehoniana, dovevo almeno saper leggere e me la cavavo bene perché mi
piaceva leggere … Mi piaceva il lavoro
in sé e quando non c’era nessuno leggevo
le recensioni delle novità che arrivavano perché così, se fosse venuto qualche cliente avrei potuto
spiegare e dare consigli. E poi sapevo
come fare per accogliere le persone. Ero giovane e sveglia anche se non avevo
studiato! Però questo non lo dicevo a nessuno quando venivano in libreria. Ero
intelligente e sapevo gestire la situazione …e ripeto questo lavoro mi
piaceva proprio … praticamente io ero
anche presuntuosa, perché mi davo importanza, non l’avevo ma io me la davo (risata!) . Sentivo la responsabilità di questo lavoro che i padri dehoniani mi
avevano affidato ed io l’ho preso a cuore. Ripensando oggi a quel che ho fatto debbo dire che me la sono cavata
bene nell’assumere una tale responsabilità.
La Cesarina e la Bruna lavoravano alla Pia Opera.
Cesarina era un po’ come
la “capa”, era l’unica che aveva studiato. Lavorare alla Pia Opera ci aveva
aiutato anche dal punto di vista economico. Eravamo proprio all’inizio e non
sapevamo esattamente come sarebbe stata questa Compagnia Missionaria del S.
Cuore, non sapevamo se la strada ci portasse a un istituto religioso o
secolare. Però fin dall’inizio avevamo chiaro che non volevamo essere religiose
ma secolari…ma di questa realtà ancora non si sentiva parlare, era una realtà
conosciuta da pochi. Però con l’esperienza, confronti , riflessioni, vari studi e pregando siamo diventati
Istituto Secolare della Compagnia
Missionaria del S. Cuore, ed era quello che volevamo… Questo cammino di chiarifica
ci ha coinvolto un po’ tutte e anche alcuni padri dehoniani che ci hanno
appoggiato e accompagnato. Alcuni però non capivano questo nostro modo di
essere ci trattavano come religiose … e per noi non era facile condividere
questo modo di vederci .… Ne parlavamo tra noi e lavoravamo come si dice,
sottosotto, inizialmente non ci capivano e pensavano che fossimo suore... poi
si sono ricreduti e ci hanno capite e hanno cominciato a chiamarci per nome o signorine. Comunque, dobbiamo
riconoscerlo che con il passare del
tempo le cose sono cambiate e siamo
state comprese e valorizzate!
Come dicevo c’era anche la
Bruna pero lei aveva un carattere diverso dal mio. Un po’ timida e la sua
timidezza alle volte la esprimeva in durezza, si difendeva ... però e questo
l’ho capito dopo, usava queste maniere perché lei si credeva incapace di determinate
cose, allora prendeva questo atteggiamento. Ricordo che in quel tempo lei aveva
in mano anche la parte economica del gruppo nostro e c’è stato un periodo che Bruna cucinava per noi. Era una persona
buona come il pane, però voleva essere lei la padrona e avere la responsabilità
interna alla casa. Molto disponibile per le cose di casa, meno per gli incontri
fuori. La Bruna aveva il complesso di dover parlare, ma quando parlava, parlava proprio, nel senso che non si
fermava.
Poi c’era
anche la Cesarina, aveva fatto le magistrali, ma non aveva mai insegnato… era
un po’ come la direttrice e ci teneva anche a farlo… Irene era la più giovane,
in seguito ha studiato con me e la Bruna per prepararci alla terza media. Irene ha poi continuato gli
studi per diventare infermiera e altre specializzazioni a livello sanitario.
Poi in seguito è partita per il Mozambico. Io ero più portata per le cose
pratiche .... devo riconoscere che eravamo quattro persone diverse con
caratteri diversi e ogni tanto sorgevano delle difficoltà nelle relazioni tra
noi. Però eravamo state abituate fin dall’inizio a chiarire sempre e subito le
cose e ... dopo si riprendeva a vivere in comunione.
All’inizio eravamo come
“ballerine”, dove c’era bisogno si andava un po’ di qua un po’ di là, sempre
pronte, contente e disponibili, pur di
andare avanti.
1976. A San Benedetto del Tronto
(AP)
Vorrei tornare ancora sulla formazione a p. Albino e il suo modo di
essere … In quel tempo era lui che ci faceva la formazione. Era un tipo deciso
e alle volte sembrava anche austero, però quando ti mettevi in confidenza con
lui era di una dolcezza straordinaria, mite, non contraddiceva mai. Quando si
parlava personalmente però prolungava poi il discorso con la sua sapienza … Io
mi trovavo bene con lui perché mi aiutava a pregare senza darsi importanza
(adesso lo capisco meglio) guidava i miei passi. A un certo punto ho capito che guidava oltre a me, a noi,
parecchie altre ragazze. Arrivò il momento in cui ci propose di vivere come
gruppo…
Ricordo che prima di tutto era un
tipo esigente e come primo avvio di una formazione ci fece riflettere sui
comandamenti e lo fece per parecchio
tempo… lui ci dava domande e risposte, poi quando ci incontravamo noi dovevamo
dare le risposte giuste. Ma non dovevano essere solo formule o parole dovevano
esserci anche i fatti, dire cioè come
ciascuna si era comportata in questa o quella situazione e ci interrogava. La
formazione che ci dava era ben concreta, come una correzione, una verifica
del comportamento tra noi, con la famiglia, con coloro che
frequentavamo… E aveva il suo modo di farti un’osservazione perché quando ci
parlava ci portava degli esempi per farci capire dove avevamo sbagliato… io
avevo imparato quando ogni tanto si andava per un colloquio, a chiedergli
spiegazioni di quello che non capivo.
Lui teneva conto delle osservazioni che facevamo e poi delle volte anche
lui mi faceva domande per conoscermi di più: come vivere questo, come fare
quello… e mi dava consigli. Adesso pensandoci, io mi sentivo sempre un asino di
fronte a lui… ma capivo l’importanza dei suoi interventi e richiami. Capivo che
era una maniera per conoscermi, ma anche per raddrizzare il mio cammino di
formazione…
CONTINUA...
intervista a elisabeth
Raccontaci un po’ di te ... dove sei nata ecc. Rileggi la tua vita e fai memoria dei doni
che Dio ti ha fatto.
Mi
chiamo Elisabeth sono nata nella zona
nord del mio Paese dove comincia il Cile, nella città di Arica, confinante con
il Perù e la Bolivia. La mia famiglia è di origine Aymara, con i suoi
costumi e tradizioni. Mio papà si chiama Arsenio e la mia mamma Marcelina
ed è deceduta da tanto tempo; precisamente l’anno scorso sono stati quaranta
anni dell’anniversario della sua morte. Da questo matrimonio siamo nate due
sorelle e altri due fratelli avuti da mio papà da un’altra unione.
Ricordo
di aver trascorso il periodo dell’ infanzia con momenti belli insieme a mia
mamma e sorella. Una vita anche di sforzi e difficoltà, però il fatto di essere
insieme era già sufficiente. Ringrazio mia mamma per l’esempio che mi ha dato: lavoratrice, ottimista, impegnata
con la sua famiglia, per l’affetto che
aveva verso il suo popolo e i suoi costumi. Ho svolto i miei primi studi in una
scuola semplice poi ho continuato con il
liceo pubblico, che mi hanno dato la possibilità di vivere diverse realtà.
Ricordo
con affetto anche la presenza dei miei nonni paterni che ci hanno accolte
quando la mamma morì. In questa casa abbiamo trascorso anni molto belli
inserite in una famiglia grande dove zii, cugini e vicini venivano a trovarci.
Voglio ricordare anche alcuni zii paterni e sono grata a loro per l’ospitalità
e la pazienza con cui ci hanno accompagnato. Questo tornare al passato mi fa
ricordare anche i primi anni che ho cominciato a vivere da sola, i lavori e gli
studi affrontati, dove ogni esperienza mi ha aiutato a crescere ed a maturare.
Per
quanto riguarda il mio cammino di fede ringrazio la mia mamma che ha pensato di
prepararmi alla Prima comunione, ed è stato il primo avvicinamento a Dio. In
seguito, arrivando il periodo dell’adolescenza, io stessa ho voluto cercare gli
approcci con il mondo giovanile così come la preparazione alla Cresima, dove ho
incontrato amici e amiche con cui condividere la vita piena di sogni e di
energie. Non posso dimenticare anche il mio inserimento con il gruppo
missionario, il quale marcherà significativamente la mia vita.
La mia vocazione ... il mio inserimento nella CM
Si,
la mia vocazione si va sviluppando attraverso i misteri di Dio. Più che
cercarlo, è Lui che mi ha incontrato quando stavo “riflettendo e meditando le mie
inquietudini”. Inquietudini che fioriscono nella mia adolescenza con le
mie amiche che partecipano in parrocchia. Vado così conoscendo poco alla volta
Gesù che mi invita a vivere i valori come l’amore, la compassione, la
giustizia, l’impegno. Mi sento attratta da questa figura trascendente nel pieno
della nostra vita ordinaria e di quanto come Paese stavamo vivendo, la
dittatura. E con questo impeto
giovanile, che ci butta a giocarci la vita, cerco sempre di più esperienze che mi avvicinano a Dio, che aspetta di
essere conosciuto e amato.
Che
fare con questa vita che Dio mi ha regalato? Dove potrei servirlo meglio? È
vero che già partecipo alla parrocchia ma senza un impegno pastorale. Conosco
così un’amica che mi racconta del gruppo missionario nel quale è inserita. Dopo
la sua insistenza decido di partecipare per conoscere meglio di cosa si tratta.
Questo gruppo era organizzato da una suora di Sant’Anna e un padre gesuita.
Concretamente si trattava di collaborare per svolgere “le missioni al popolo” che abitava nella pre – Cordigliera di
Arica, durante il tempo natalizio e il mese di gennaio. La
preparazione impegnava tutto l’anno,
un’esperienza molto bella e piena di Dio. Ho trascorso tante feste di Natale e
vacanze con questi popoli, gente che abitava in piccoli e semplici villaggi,
però persone piene di sincretismo religioso, di tradizioni “aymaras” e
della nostra fede cattolica.
Da queste esperienze sorse in me un’inquietudine vocazionale
più seria. Decisi di entrare in un
istituto religioso dove rimasi alcuni anni. Finita questa esperienza e con l’aiuto ed accompagnamento dei fratelli
gesuiti mi inserii nell’ambiente di lavoro e ricominciai a studiare. Dopo
alcuni anni, capendo che tuttavia
continuavo a sentire la chiamata di Dio, faccio un cammino di discernimento spirituale che mi porta a prendere contatto
con alcuni Istituti Secolari, senza tuttavia arrivare ad alcuna conclusione.
Finalmente un giorno leggendo il foglietto domenicale usato per seguire la celebrazione
eucaristica, oltre allo schema liturgico trovo una breve nota dove viene
presentato l’Istituto Secolare della Compagnia Missionaria. Senza tanta
aspettativa decido di scrivere per chiedere alcune informazioni. È così che
arrivo a conoscere l’Istituto e scoprire che possedeva diverse caratteristiche
che potevano dare un senso alla mia vita: la sua missione, le varie possibilità
di vita, in famiglia, vita fraterna o
sola e la spiritualità del Cuore Trafitto, ecc.
In
seguito, presi contatto con Teresa Pozo (missionaria cilena) che mi presentò
l’Istituto, dandomi così un’altra opportunità di risposta alla chiamata di Dio, che mi affidava questa nuova forma di
vita consacrata secolare. In quel tempo
grazie a Dio viaggiavo ogni estate da Arica a Santiago per incontrare la mia famiglia e questo mi facilitava il
contatto con Teresa che mi avrebbe seguita nella formazione, che subito iniziai . Mi sentivo incoraggiata dal testo
di Luca 5,4: “Quando Gesù fini di parlare disse a Simone: “Prendi il largo e getta le reti”. Ecco stavo per buttare nuovamente le
reti nella mia vita ... nonostante il tempo ... nonostante la notte ...
Solamente nel nome di Gesù iniziai questo cammino nella CM.
Nella Compagnia Missionaria si parla spesso di comunione e
missione ... come declineresti concretamente questi valori importanti ...
La
spiritualità dell’amore e del Cuore Trafitto che propone il nostro Istituto, è
una sfida per questo mondo carente di amore, di comunione, di pace. Per questo
è necessario trasmettere il regno di Dio come Chiesa e come società, e
riusciremo solo se lo faremo con gli altri, con le altre, se creiamo la
comunione in diversi ambienti. Vivremo anche questa comunione solamente se
costruiremo la comunione con questo Cuore di Gesù, se ci disponiamo al suo ascolto
e assumiamo tutti i sentimenti che da lui sgorgano. Al di là del fatto che in Cile siamo
poche sento di essere accompagnata in
questo vivere la comunione in senso più ampio; a tutte/i noi pur essendo di
paesi e culture diverse, ci viene data
la possibilità di condividere la missione, il senso della consacrazione e
approfittarne, quando è possibile di incontrarci di presenza, arricchendo così i lacci della comunione fraterna.
In
questa maniera sento che la realtà della CM cilena ha avuto la ricchezza di
crescere e formarsi insieme al gruppo dei familiares e questo ci aiuta ad
appoggiarci e condividere insieme spazi che ci permettono di vivere questa
comunione. Io vedo e sento così questa
nostra realtà. Questa esperienza di comunione tra noi ci chiama a vivere la
missione, che per noi è rendere visibile il senso dell’Amore in mezzo al mondo.
Missione allora è quanto ciascuna realizza nelle diverse realtà in cui vive. Attualmente per
me è il mio lavoro nel collegio, la pastorale della parrocchia, la vita
familiare e anche la vita di preghiera, dove ciascuna recita il suo Eccomi.
La tua esperienza con i giovani ... quali sfide si presentano
nel tuo ambiente ...
Non
ho propriamente esperienza con i giovani, però posso parlare di adolescenti e
bambini del collegio dove lavoro. Ho capito che questi bambini si sentono molto
soli, soprattutto dopo la pandemia, succede che alcune famiglie delegano molta
responsabilità al collegio. Per questo noi che insegniamo dobbiamo farci carico
non solo della parte pedagogica, ma anche dell’aspetto emozionale, della
famiglia, della convivenza e situazioni di violenza dentro e fuori
dall’ambiente della scuola.
In
questi aspetti sono in atto diverse iniziative, anche da parte del governo, però
se non contiamo con l’appoggio e collaborazione della famiglia e dell’adulto
responsabile di questo bambino/a è difficile poter migliorare la situazione. I miei sforzi e il mio compito
sono rivolti ai bambini della
scuola elementare con i quali lavoro abitualmente. Per me è importante
che nel collegio si sentano a loro agio, protetti, voluti bene così da poter
imparare bene e sentirsi responsabili del loro processo educativo.
I tuoi sogni futuri ...
il tuo augurio per questo anno appena iniziato
In
quanto ai sogni che ho sono molti e diversi, per esempio: sogno che arrivi il
momento per la Chiesa del mio paese in cui riconosca le sue fragilità e la
necessità di ritornare al Vangelo. Una Chiesa dove i pastori camminino insieme
alla loro gente.
Sogno,
come diceva il Cardinale Raul Silva Henriquez “Che i bimbi abbiano la
possibilità di studiare, che gli ammalati possano accedere facilmente
all’assistenza sanitaria. Che ogni capo famiglia abbia un lavoro stabile che gli dia la possibilità di sostenere la
sua famiglia”.
Sogno
che il nostro Istituto possa crescere con vocazioni missionarie e familiares,
stare in mezzo al popolo della nostra America Latina tanto necessaria di amore
e di consolazione da parte del Cuore Trafitto di Gesù.
Desidero
per ciascuno/a molto amore, pace e salute. Che possiamo vivere soprattutto la
PACE nel nostro mondo e che il Cuore di Gesù ci regali per questo anno, quanto
di più ci è necessario.
Elisabeth
Tiayna Mollo - Cile