Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
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09 / 08 / 2024
19 ottobre 2024
Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
il sorriso di p. albino
15 marzo: festa dell’ECCOMI e commemorazione di P. Elegante
a S. Antonio Abate. Un giovane, figlio dei familiares Gennaro e Lucia, offre il suo ricordo
Da
bambino, di volta in volta, mi ritrovavo a trascorrere delle domeniche a
seguito dei miei genitori, i quali si incontravano con delle persone per meditare
sulla vita di un certo Gesù. Non capivo cosa realmente facessero, ma vedevo in
loro e nei loro amici tanta felicità e gioia, la stessa che provavo io nel
giocare con gli altri bambini che in quelle circostanze incontravo.
Gli
incontri si tenevano regolarmente con cadenza, se non erro mensile, ma durante
l’anno si verificava un evento particolare i cui preparativi iniziavano
anzitempo: l’arrivo di Padre Albino. Sapevo che si trattasse del fondatore del
gruppo e percepivo che la sua presenza fosse importante e sentita da tutti,
poiché era proprio grazie al suo lavoro che questi amici potessero incontrarsi
e pregare … ed io giocare!
Fondatore
è un termine che trasmette un’immagine di forza, coraggio ed impeto.
Non
nascondo che sentivo anche un po’ di turbamento alla notizia che all’incontro
successivo padre Albino sarebbe stato presente.
Arrivato
il giorno tanto atteso, vedevi venirti incontro un uomo dalla corporatura
minuta, occhi dolcissimi protetti da occhiali tondi, capelli bianchi e grandi
orecchie. Insomma, del mito tanto temuto nessuna traccia. Ma qualcosa di
particolare c’era ed era talmente palese che non è possibile non ricordare: il
sorriso.
Quest’uomo
dall’accento “strano”, nonostante la tanta timidezza che avessi
nell’incontrarlo, finanche a nascondermi dietro le gambe di mamma, mi donava un
sorriso coinvolgente tale da
far
scomparire qualsiasi broncio.
E
allora, forse qualche potere ce l’ha… sa farti felice!
Crescendo
riesci a valutare le cose in un’ottica diversa e ad ampliare il raggio d’azione
delle tue analisi sulla base delle esperienze vissute ed in virtù
dell’educazione ricevuta.
Oggi,
posso affermare che la forza di padre Albino era proprio nel suo sorriso. Viene
da chiedersi come sia possibile munirsi di quel sorriso. Cerchi, invano, una
risposta nel mondo materiale, d'altronde, in tale contesto, è impossibile
trovarla! La tua ricerca termina solamente in Cristo, nell’amore di Cristo. È
l’incontro con Lui a donarti il vero amore, lasciandoti l’onere di trasmetterlo
al prossimo.
Il
coraggio di Padre Albino è stato quello di rendersi disponibile a Cristo. Egli
ha messo la sua vita al servizio della chiamata e ha dato esecuzione al
progetto che Dio ha disegnato per lui.
L’impeto
mostrato nella sua evangelizzazione in terre così lontane è il frutto della
vicinanza con Dio, fidandosi di Dio egli ha superato limiti impervi. Le
difficoltà, infatti, nella sua opera non sono affatto mancate ma, sostenuto dal
Cuore di Gesù, è riuscito ad attuare le sue idee.
Grazie
P. Albino, grazie per la Compagnia Missionaria, per le Missionarie e i
Familiares.
Grazie
per aver contribuito indirettamente alla mia formazione umana e spirituale.
Salvatore Mercurio
50 anni di consacrazione: un possibile tempo di santità
Ho inaugurato il mio cinquantesimo di consacrazione
ponendomi delle domande:
Che cosa è successo col passare degli anni nella mia
vita personale? Che esperienza si è andata delineando in me?
A 16 anni mi sono messa al seguito del Signore. Ho
trovato qualche difficoltà di adattamento ma, sorretta dalla novità di vita,
non è stato nemmeno molto difficile.
Dopo la consacrazione, mi sono inserita prima nel
campo sanitario poi nell’ambito
parrocchiale e nella scuola. In tutti
questi ambienti ero stimolata a visualizzare la risposta alla mia vocazione. E’
stata come una seconda chiamata, che non era propriamente un’altra rispetto
alla prima, ma era il ritrovamento della prima e unica vocazione ad un livello
di maturità maggiore, passando attraverso il crogiolo di piccole e grandi
difficoltà distese negli anni. Infatti lo svolgersi dell’esistenza, con tutti i
suoi risvolti, permette di scendere dalla superficie delle cose alla loro
profondità.
Entrando nella CM, ho scelto la vita fraterna, che
vuole dire disponibilità per i vari servizi dell’Istituto. Mi sono trovata così
a vivere in cinque gruppi CM, inseriti in contesti diversi, che mi hanno dato
modo di conoscere tante persone e situazioni che hanno segnato la mia crescita.
Vivendo con la gente mi è capitato di scoprire delle
persone vere, con una fede viva, appassionate della Parola di Dio, gioiose nel
dedicarsi ai poveri. Erano un dono per la comunità, ma personalmente le ho
avvertite come un ammonimento che mi umiliava e feriva. Ho impiegato un po’ di
tempo a capire che l’orgoglio era molto di più di quanto volevo ammettere, per
non dire che in qualche circostanza è stato la molla di alcuni impegni.
Questa potatura mi ha aiutata a costruire relazioni umane e
mi ha disposta a valorizzare di più la limpidezza di alcune persone che con una
parola, un silenzio, un sorriso e perché no, un richiamo, mi hanno fatto capire
in quale direzione andare, quale lettura delle cose fare, quale salto di
qualità la mia vocazione si aspettava
Diverse
ma unite
E che dire della vita all’interno dei gruppi CM? Quando si vive gomito a gomito, bisogna
escludere logiche individuali di impostare un cammino, per proseguire tutte
insieme. Non si può “tagliarsi fuori” perché si commette un errore che
condiziona il futuro. Infatti, quando ho lasciato spazio al mio individualismo,
sono entrata in una pericolosa condizione di solitudine e ho mancato di carità,
mostrando indifferenza nei confronti delle altre poiché non sostenevo in modo
costruttivo il cammino di ciascuna ed il lavoro comunitario. Ancora una volta
la sconfitta mi ha fatto rimbalzare al “si” pronunciato nel giorno della
consacrazione perché è questa l’elemento fondante delle relazioni all’interno
della nostra famiglia.
Siamo nell’anno dedicato ai consacrati che coincide
per caso col mio cinquantesimo di consacrazione. Questi due anniversari mi
sollecitano non solo a guardare i decenni passati ma ad acquisire una maggior
coscienza di me stessa. Mi trovo quotidianamente a valutare le cose che faccio.
Mi domando se la mia relazione con Dio è scandita dall’orario di preghiera che
il gruppo si è dato o se cerco il colloquio anche quando il tempo è poco; se
sono fedele a questo appuntamento col Signore anche quando lo sento un po’
lontano o ho la sensazione che stia zitto o che finga di non ascoltarmi. Tengo
molto all’adorazione, a conclusione della giornata, perché è un invito a
verificare quanto la mia vita è centrata sull’Eucarestia e se l’adorazione
diventa il luogo vivente di quell’atto fondante che si chiama consegna di sé,
comunione. Mi trovo spesso a verificare se la mia disponibilità di servizio è
una cosa seria o se inseguo le mie idee e i miei progetti. Imploro il Signore
di aiutarmi a costruire relazioni vive nonostante le delusioni e le fatiche.
Allo Spirito Santo chiedo di darmi il coraggio di lasciar fuori dai miei
pensieri, dalle mie parole e scelte ciò che non sta dentro il perimetro della
carità.
In
profondità tra chiamata e progetto
L’esperienza mi dice che dietro le pieghe delle
fatiche e anche delle tentazioni, ci sta
una grande grazia che può aprire le porte alla maturità. Mi son chiesta: Come
procedere?
Ho incominciato col chiarirmi la differenza tra
chiamata e progetto. Sono due parole che
ricorrono spesso nei documenti che parlano della vita consacrata.
La
chiamata è un cammino che non è determinato da me, ma viene da
Dio, sia per i passi da compiere, sia per le circostanze dentro le quali lo si
deve esperimentare giorno per giorno.
Il
progetto invece si riferisce a quella impostazione
dell’esistenza che deriva da qualcosa che io stessa decido.
Qui si nasconde la prima e grande purificazione a cui
sono chiamata. Il gruppo italiano ha da poco fatto un’Assemblea per guardare in
faccia la nostra realtà. Quando si tratta di andare al dunque scivolo sulle
parole “dove”, “come” espletare un
servizio. La sincerità dice che questi avverbi nascondono l’insidia di adottare
un atteggiamento che non è più “dare carta bianca” al Signore, perché
obbediscono ad una logica che ha per obiettivo il mio modo di ragionare e non
quello di Dio. Perciò la prima purificazione per una fedeltà alla chiamata è
sgombrare dal cuore e dalla mente l’imbroglio delle sicurezze e inamovibilità a
cui sono aggrappata, per riscoprire la freschezza ed il coraggio della prima
risposta. La maturità è rinvenibile solo nella fedeltà che è il “si” alla seconda chiamata.
C’è anche una seconda purificazione che dovrei
affrontare, che è quella di superare la paura di non farcela. La mia vita
è passata attraverso fasi diverse. A
volte, guardando la mia situazione spirituale, ho la percezione che la vita sia
appesa a un filo e di non riuscire a vedere abbastanza per poterne costatare la
solidità. Come un filo di nylon talmente sottile e trasparente da farmi perdere
il senso della sicurezza. Meno male che in questi giorni recitando l’Angelus mi
si è stagliata davanti la figura di Maria che si è trovata nella stessa
situazione di poca chiarezza, ma le parole dell’angelo: “nulla è impossibile a
Dio” l’hanno spinta a proseguire.
Mi sento anche nei panni di quell’alpinista che, preso
dalle vertigini, non aveva più il
coraggio di guardare verso il basso, ma di seguire con lo sguardo la parete a
cui era aggrappato, sotto pena di staccarsi e di non potere più avanzare.
Perciò, per superare la paura di non farcela, non mi resta che scoprire e
credere nelle parole del vangelo: ”questo è possibile a Dio”. Sono parole che
esigono un affidamento, richiedono di sciogliere le ancore delle certezze per
abitare col Lui. Lo stesso concetto è riportato dallo Statuto quando dice che la fedeltà alla vocazione esige una spogliazione interiore, chiede di
lasciar cadere le infondate ambizioni, di coltivare l’ umiltà; suggerisce di
chiedere al Signore che i sentimenti del suo cuore diventino i nostri;
sollecita ad aprirci alla speranza per riscoprire con verità ben maggiore di
prima ciò che abbiamo sempre pensato di essere e di vivere. Come si vede sono
piccole tappe ma che dispongono a passi semplici e straordinari.
Ascoltare
la voce che ci abita
Mi piace concludere questa mia riflessione con
alcuni riferimenti biblici che mi hanno
accompagnato in questo ultimo anno.
Il salmo 102: “Benedici
il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome”. Sosto
sul riferimento “tutto quanto è in me”:
corpo, psiche, sentimenti, pensieri e scelte. Tutto. La trovo una preghiera
giusta per l’età della giovinezza, della maturità e della terza età.
Al capitolo 40 del libro delle “consolazioni” di Isaia
si legge: “Dio non si affatica né si
stanca. Egli da forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato”.
Più avanti riferendosi agli uomini dice: “Anche
i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono, ma quanti
sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza
affannarsi, camminano senza stancarsi”. Queste parole di Isaia mi fanno
venire alla mente quelle di Gesù: “Venite
a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt
11,28).
L’accento di queste frasi bibliche sta
sull’affidamento a Dio in ogni età e sull’affermazione dell’effettiva presenza
del Signore nella mia vita.
Mi auguro di poter sentire questa voce che mi abita e
di gustarne l’indicibile sicurezza e tenerezza.
festa dell'eccomi
Nella
gioia del Vangelo
Il 30 marzo scorso per
tutta la Compagnia Missionaria del sud
si è svolto, come da programma, l’incontro di comunione. È un incontro che per tre volte all’anno vede
uniti tutti i membri della CM, missionarie e familiares. In questa occasione
abbiamo celebrato la Festa dell’Eccomi sul tema: “ECCOMI” PER UN RINNOVATO
IMPEGNO MISSIONARIO NELLO SPIRITO DELL’EVANGELII GAUDIUM.
L’incontro
ha avuto un colore e un sapore inusuale
rispetto a quelli svolti in precedenza: è stato presieduto dal nostro caro
arcivescovo don Franco Alfano. Abbiamo avuto la gioia di avere tra noi anche la
presidente dalla CM Martina Cecini e alcune consigliere. La loro presenza è stata molto importante e
ha dato un imput forte per la crescita di ciascuno sul senso di appartenenza facendoci sentire un solo corpo. A questo
appuntamento hanno preso parte non solo gli appartenenti all’Istituto,
missionarie e familiares, ma anche tanti amici.
Ci siamo ritrovati al mattino verso le 9,00 a Betania, sede della
Compagnia Missionaria e con grande gioia abbiamo accolto il nostro Arcivescovo.
La sua riflessione ha posto all’attenzione di ciascuno il primo capitolo
dell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium” di Papa Francesco. Don Franco ci ha accompagnato nella
preghiera del mattino con il suo spirito di pastore, suscitando in noi il
ricordo consapevole che il Signore ci guiderà sempre.
Dalla condivisione è emerso il desiderio di prendere l’iniziativa,
di sporcarsi le mani, di attivarsi per cercare un linguaggio nuovo per essere
ovunque segno di testimonianza autentica. L’auspicio è che questo linguaggio
non sia solo un fiume di parole ma sia sempre accompagnato da gesti
concreti, gesti di carità evangelica.
Il discorso del nostro amato Pastore, nella lettura e commento
dell’”Evangelii gaudium” è stato fortemente esortativo e stimolante e ci ha
fatto prendere ulteriormente consapevolezza del nostro battesimo e di come
siamo chiamati a camminare nella santità prendendo sempre più coscienza e
rispettando i doveri assunti, per noi, dai genitori.
Tutto questo ha senso se tutto si concretizza in una vita di
comunione, accoglienza, condivisione, responsabilità, sincerità, nell’umiltà e
nella libertà interiore. Tutto ciò richiede una seria formazione che non va fatta
in modo privatistico o meglio individualistico bensì come comunità, a partire
da ogni persona (corpo e spirito), nucleo familiare, comunità di famiglie e
così via. È stato un incontro edificante svolto nella chiarezza e nella
semplicità. Le parole del nostro Pastore hanno toccato nella profondità
ciascuno di noi.
Come siamo soliti dalle nostre parti, abbiamo poi dato vita, in modo concreto, alla “comunione” e
alla “condivisione” con il pranzo a
sacco consumato insieme al nostro Pastore e alla Presidente
della CM.
Rosa De Conte,familiaris di S. Antonio Abate
Presenti
per simpatia
E’
per un sentire comune – appunto per una simpatia -, che da alcuni anni ci presentiamo a questi
incontri a Bologna, ospiti interessati ai temi e ai progetti della Compagnia
Missionaria; e ogni volta ne usciamo
contenti di esserci stati, sia per il clima che vi respiriamo di cordialità e
di serenità, tale da farci dimenticare
che appunto, siamo semplici spettatori
incuriositi, venuti per prendere qualche strumento di riflessione che ci aiuti nel nostro cammino di coppia e
di fedeli, sia per la qualità degli interventi sempre puntuali e illuminanti.
Più
volte siamo stati affascinati dai relatori scelti e dalla loro esposizione,
così come dai temi proposti, incentivi per tutti e non solo per gli “addetti ai
lavori”.
Quest’anno
la sapiente e competente guida di Padre
Mauro Pizzighini ci ha permesso di approfondire il messaggio contenuto nella “Evangeli Gaudium”, grazie al
modo semplice ed efficace di tradurre pensieri e parole di Papa Francesco,
riguardo al senso della “missione” ma anche di leggere le analogie tra questo
richiamo e la prospettiva deoniana dettata dal suo fondatore padre Dehon.
E
allora l’ECCOMI ha assunto un significato comprensibile che ci ha avvicinato
ancora di più alle nostre amiche della Compagnia Missionaria e siamo usciti
dall’incontro con la sensazione di aver colto una bella e valida occasione da
rielaborare nella nostra famiglia.
Grazie
a tutte per questa occasione e alla prossima.
Oscar e Loredana
Aria
di famiglia
Sono Giusy e mi relaziono con la
Compagnia Missionaria ormai da vari decenni. Anche quest’anno, il 22 marzo, ho
accolto l’invitato all’incontro che annualmente si celebra a Bologna e che viene esteso anche agli amici laici della Compagnia Missionaria. Io mi reputo
tra questi. Nel recente passato mi è stato difficile esserci, ma quest’anno,
credo proprio per volontà del Signore , nonostante gli impegni inderogabili che
avevo, si sono create le condizioni favorevoli alla mia presenza.
E’ stata per me una giornata
particolarmente piacevole anche per il
fatto che conoscevo parecchie delle missionarie, frequentando l’istituto da
vari anni. L’incontro con persone già
conosciute mi ha portato un’ immensa gioia; il mio cuore era contento,
spensierato ( non sono una che sa dimostrare i sentimenti, sono avara tengo
tutto dentro di me). Ho però avuto modo di arricchirmi, facendo nuove
conoscenze sia di missionarie, che di laici. La cosa che colpisce sempre e
comunque, frequentando la Compagnia missionaria, è il respirare sempre aria di famiglia. Ti senti
sempre in famiglia, credo che questa
sensazione non l’ho solo io, ma sia condivisa con gli altri laici che la
frequentano. A mio giudizio, questa è una delle cose che la contraddistingue,
ossia la semplicità, il mettere a proprio agio, il sapersi relazionare con l’altro chiunque esso sia senza
distinzione alcuna. Certo stiamo vivendo
un epoca particolarmente difficile noi Cristiani e per di più cattolici, è un
epoca non semplice per evangelizzare.
Credo che questo si
percepisca adesso, ma proviene da un
lungo periodo, in cui il cristiano ha fatto fatica ad essere “lievito”, non sempre si è saputo passare all’altro un
messaggio evangelico convinto ed ora siamo a corto di giovani forze.
Fare incontri cosi, a mio
giudizio, sono molto, ma molto utili, aiutano a riflettere e non poco, Dicono
che la gente non si impegna ma aiutiamoli a riflettere sul perché dell’essere cristiani, dell’essere discepoli
del Signore. La gente ha sete di verità ed in particolare in questo periodo
dove si è creata una grande confusione. Credo che se tutti riuscissimo a
procedere verso il Centro, cioè verso Cristo, di sicuro saremo sempre più
vicini fra di noi, e le difficoltà nelle varie forme di convivenza sarebbero
affievolite. Noi esseri umani dovremmo avere il coraggio di mettere da parte
l’orgoglio, non vergognarsi di essere servi ossia a servizio “servi per amore”.
Dovremmo avere il coraggio di testimoniare con le opere, sono quelle che
rimangono impresse, anche se a volte non sempre capite, ma purtroppo la nostra
realtà umana, mette in secondo piano quella divina (spirituale), ma il nostro
Dio conosce benissimo i nostri limiti.
aiuto
"Ciao, Aiuto!". Capitava di sentire questo saluto, se si era in strada con Ausilia, durante le missioni popolari. Quasi sempre lei animava gli incontri con i bambini della scuola elementare e, per iniziare, si presentava: "Mi chiamo Ausilia". E poiché spesso i bimbi restavano un po' sorpresi di questo nome e qualcuno sorrideva, lei spiegava: "Sapete, il mio nome - Ausilia - significa aiuto. Allora, quando mi incontrate, se non vi ricordate il nome, mi potete chiamare aiuto".
Amava il suo nome, Ausilia, ed era devotissima della sua protettrice, Maria Ausiliatrice. Sentiva che quel nome era un impegno. E lo svolgeva creando relazioni. La Scrittura dice che la solitudine non è un bene per la persona, che ha bisogno di aiuto per vivere, cioè di relazione. E credo che sia questo l'impegno che Ausilia ha vissuto come missione: creare relazioni per aiutare le persone a entrare in relazione soprattutto con Gesù Cristo.
Con la semplicità di una ragazzina, raccontava che, giovanissima, aveva incontrato Gesù e si era sentita guardata dai suoi "occhi azzurri" - chissà perché azzurri? -, guardata e chiamata. E lo aveva seguito, nella Compagnia Missionaria del Sacro Cuore. Come per tutti, anche per Ausilia, la via della sequela, della consacrazione e della missione non è stata un'autostrada, ma un sentiero, affascinante ma faticoso, entusiasmante e difficile. Lei, che si chiamava aiuto era anche fragile, ma sapeva chiedere aiuto! Lo dava e lo chiedeva. Davvero la relazione è stata la sua grande missione.
Una relazione fatta di sorrisi, di saluti, di grandi abbracci. A volte, a me, sembrava indiscreta. Ma lei non capiva: come era possibile che - terminata una missione parrocchiale, stanche, quando la tensione dei giorni precedenti crollava e non si vedeva l'ora di arrivare a casa - sul treno pieno di gente, a sera tarda, non si dovesse più evangelizzare? Non si era missionarie anche lì, con tutta quella gente? E lei, lungo il corridoio o negli scompartimenti, a salutare le persone con il Vangelo in mano; si presentava come missionaria e cominciava a parlare di Gesù. Soprattutto se c'erano giovani. E a volte, anche da questi incontri oltre che dalle missioni, nascevano amicizie durature, che lei coltivava per accompagnare il cammino di fede di persone che aveva fatto incontrare con il Signore.
L'annuncio del Vangelo è stato la passione di Ausilia. Passione, perché era il senso della sua vita missionaria, perché lo sentiva un dovere imprescindibile, perché le costava una grande fatica, soprattutto per la sua fragile salute, perché doveva mescolare la sua semplicità - che sapeva di ingenuità - con la scaltrezza che pure non le mancava, anche se non era la sua prima qualità.
La prendevo un po' in giro - abbiamo vissuto e lavorato insieme tanti anni ed eravamo amiche - dicendo che era "senza peccato originale", cioè senza malizia, e che il Signore era costretto a inviare ogni giorno un esercito di Angeli Custodi a proteggerla, perché la sua ansia di evangelizzare tutti, spesso, la induceva a comportamenti… "imprudenti".
Era la mattina del 7 novembre 1982: il primo giorno della mia prima missione. Fui affidata ad Ausilia per iniziare con lei l'esperienza della visita alle famiglie. Pioveva abbastanza forte, faceva freddo. Eravamo incamminate, strette sotto l'ombrello, su una strada deserta, che attraversava la campagna, verso le prime case della frazione collinare, in provincia di Treviso, che dovevamo visitare. Da un viottolo laterale, circa cinquanta metri davanti a noi, si immette sulla strada un uomo di mezza età, in tuta da lavoro, senza ombrello, quindi di buon passo, a testa bassa, si inoltra sulla strada, precedendoci. Ausilia grida: "Buongiorno!". Sono sbalordita. Quel signore, volta appena la testa e fa appena un cenno, come un mezzo saluto, e continua quasi di corsa la sua strada. E Ausilia: "Piove, eh?". E lui fa ancora un piccolo cenno con la testa e va avanti sotto la pioggia. Ma lei non smette: "Chissà se pioverà tutta la giornata?". Non capisco: è assurdo che possa continuare a importunare con frasi inutili un poveretto che sta piuttosto distante da noi e che sta quasi correndo senza ombrello sotto la pioggia. Quello fa ancora solo un piccolo cenno e va avanti. Ma lei non si dà per vinta e grida: "Ci vediamo questa sera?". No, non è possibile che si possa gridare una proposta simile a uno sconosciuto, su una strada deserta! Sono letteralmente sconvolta e anche spaventata: penso a ciò che mi è stato insegnato fin da piccola, di non salutare e non fermarmi con gli sconosciuti; e anche a tutte le volte, diventata grande, che ho dovuto allontanarmi e difendermi da sconosciuti che volevano "salutarmi". Questo è essere missionaria? Ho il batticuore, mentre quell'uomo, naturalmente, si ferma, sotto la pioggia, si volta e… fa qualche possa indietro, verso di noi. Lei ha ottenuto quello che voleva: "Stasera viene all'incontro?". Ormai gli siamo vicine, ci guarda - non so se più scocciato o sorpreso - e dopo qualche istante di un silenzio che mi toglie il fiato: "Ah… siete quelle della chiesa?". Respiro e ringrazio tutti gli Angeli Custodi che ci accompagnano. Mentre Ausilia comincia a parlare della missione, lui dice che sta andando al lavoro, saluta e riprende di corsa la sua strada.
Quando racconto alle atre missionarie ciò che è successo, esprimendo tutto il mio stupore e anche la disapprovazione per un comportamento così indiscreto e imprudente, cercano subito di tranquillizzarmi raccontandomi un'avventura, capitata qualche anno prima, che dovrebbe "spiegarmi" Ausilia.
Si sta svolgendo la missione in una parrocchia di città e Ausilia, una sera, viene accompagnata dal parroco nella casa dove deve tenere l'incontro sul Vangelo. È un po' lontano dalla casa parrocchiale dove le missionarie sono ospitate. Il parroco chiede ai presenti se qualcuno è disponibile a riaccompagnare la missionaria. Un signore maturo si offre e il parroco se ne va. Al termine dell'incontro, molto partecipato, quel signore, che lei non conosce, accogliendola in auto, le dice che, prima di accompagnarla a casa, desidera farle fare un giro panoramico per mostrale, alla luce della luna - sono le undici di sera - la città e il mare dall'alto. Lei tranquillamente accetta, e ricomincia a parlare del Vangelo e degli argomenti di cui si era dialogato all'incontro. Lui si inoltra su una strada isolata, buia. Lei continua a parlare del Signore. Arrivano su una radura deserta, sulla collina, si ferma e spegne l'auto, mentre lei ancora parla.
"Signorina, ma lei non ha paura?". "Io…?... Io no: c'è lei!".
Lui accende l'auto e riparte e, mentre lei parla ancora di Dio, raggiungono la canonica.
Sposato con una donna di grande fede, poche volte andava in chiesa quel signore e non era molto interessato alle cose di Dio, ma piuttosto sensibile al fascino femminile e, per sua ammissione, era andato all'incontro della missione perché "c'erano delle donne a predicare". Dopo quella sera, continua a partecipare agli incontri della missione, si appassiona al Vangelo, riprende e approfondisce il suo cammino di fede, si inserisce nelle attività parrocchiali, frequenta corsi di teologia, in alcune occasioni collabora, da solo o con la moglie, alle nostre missioni popolari, in giro per l'Italia. Già da tempo hanno raggiunto la Casa del Padre, dove ora Ausilia li ha raggiunti: chissà che abbracci!
Quante persone ricordo che Ausilia ha aiutato a incontrare e seguire il Signore! Giovani e adulti, incontrati nelle circostanze più diverse e nei modi più impensati! Anche nel periodo della sua ultima malattia, tante persone chiedevano notizie di lei: la gran parte erano persone che non frequentavano la chiesa, che lei aveva incontrato e fermato per strada, dicendo che era una missionaria, che stava andando a messa e che il Signore ama tutti, è vicino a tutti… e le persone avevano cominciato a confidare problemi personali ad una sconosciuta che si faceva vicina con un sorriso invitante, con la carezza immensa delle sue grandi mani… E così lei arrivava tardi a messa…. ma non era presente Gesù nelle persone che incontrava?
Grazie, Ausilia, missionaria di strada, allergica a orari e programmi, capace di "guardare negli occhi le persone, di sollevare sempre il discorso verso l'alto" di essere vicina, di regalare sorrisi, anche quando il tuo cuore sanguinava, come il Cuore di Colui che ti ha amato e scelta e al quale hai risposto "Eccomi", nella convinzione che " il suo amore è per sempre" e che "sono belli sui monti i piedi di chi annuncia la pace". Erano queste le parole della Scrittura che risuonavano più spesso sulle tue labbra.
i suoi abbracci
In
questi giorni in cui si fa memoria dei propri cari, delle persone a cui si è
voluto bene, delle persone che sono state importanti per te e per la tua vita,
il pensiero corre ad Ausilia, che da poco ci ha lasciato.L'ho
conosciuta poco dopo il suo arrivo a Brugherio, aveva deciso di far parte del
Centro di Ascolto della Caritas, di cui facevo parte anch’ io e mi ha colpito
subito per la sua franchezza, per come parlava di Gesù senza timore, per il suo
viso sempre sorridente, ma anche per quella sua dolce timidezza .Da
allora non c'è stata volta in cui ci
incontravamo per le vie di Brugherio, oppure ad una preghiera, ad una funzione,
che non ci abbracciassimo come se non ci vedessimo da molto tempo, mi avvolgeva
in uno di quei suoi abbracci unici e calorosi che mi facevano sempre sentire
speciale.Aveva
un modo tutto particolare di salutarti e dopo mi sentivo sempre serena, con la
sicurezza che lei c'era, che era un'amica. Ricordo con piacere i suoi
racconti di quando era bambina: la sua mamma preparava sempre un piatto di
minestra in più per il povero che poteva venire a chiedere da mangiare; con un insegnamento così non poteva che
crescere e diventare la donna che è diventata: aperta al prossimo, sempre
pronta ad aiutare e a dare testimonianza
di Gesù .Ricordo
una frase che lei diceva spesso e che io stessa ora uso di frequente, non senza
un pensiero a lei ogni volta che la dico: i poveri sono poveri. Quel suo
intendere che spesso la povertà non è fatta solo di carenza economica, ma anche
di solitudine, di povertà sociale, culturale, spirituale. Lei li capiva,
parlava loro di Gesù, li abbracciava e con quell'abbraccio passava tanto di
lei.Quando
mi capitava di incontrarla per strada spesso stava chiacchierando con qualcuno,
non esitava a fermarsi anche a parlare con gruppi di ragazzi che normalmente
tutti evitiamo perché ne abbiamo un po' paura, lei no, lei doveva parlare anche
con loro, sicura che tutti sono figli di Dio e che in ognuno c'è del buono.L'ultima
volta che ho visto Ausilia, è un giorno che mi ricordo bene: ero molto triste
per alcuni accadimenti e stavo prendendo delle decisioni che mi stavano facendo
soffrire, ero da sola nei locali dell'oratorio dopo l'attività dei compiti e
dovevo ancora pulire, lei mi ha abbracciato, mi ha ascoltato e poi si è messa a
lavare il pavimento, mentre io pulivo i banchi, ha condiviso il mio dolore e mi
ha rasserenato. Questo è quello che mi ha lasciato un grande ricordo, pieno di
significati e vorrei dirle: Ausilia veglia ancora su di me, su di noi, da
lassù.Sono
sicura che, proprio perché tu ne hai dispensati tanti, ora tu sia in
quell'unico abbraccio a cui tendevi, l'abbraccio amorevole e misericordioso di
Dio.
di te si dicono cose stupende ... anna santi
Di te si dicono cose stupende, gloriosa città di Dio (sal 87,3)
A pochi mesi
di distanza dalla tua morte mi ritrovo
a scrivere per ricordare un po’ della tua vita vissuta insieme nella Compagnia Missionaria. Qui
davanti a me su quella scrivania, che un giorno era tua, ho messo la tua foto. Il tuo sorriso provoca in me commozione quasi al
punto di interrompere il ricordo, ma la
parola di Dio scuote il mio torpore, mi richiama alla realtà della fede, della
vita, quella Vera: “Donna perché piangi… perché cerchi tra i morti
"colei" che vive? E allora il fare memoria con te apre un
nuovo orizzonte splendente di luci e di colori che hanno illuminato il tuo
cammino di fede tra noi.
Quando i ricordi sono belli e sono
tanti ci si chiede da dove cominciare e come fare a raccontare quanto si è vissuto insieme? Mi hai insegnato che nella
vita ogni giorno si deve ricominciare e soprattutto andare
all’essenziale!!!
Comincio così dal tuo nome. Qui in casa da sempre sei stata conosciuta e chiamata con nomi
diversi:Marianna, Anna, Anna della fattoressa, Annina, Anna Santi…tutti nomi che ti appartenevano e portavano in sé una carica di affetto e di tenerezza
per te. E ogni volta che ti si chiamava rispondevi : “che”?? con quella cadenza originale solo tua, che ricordava e sottolineava la tua origine toscana, alla quale ci tenevi tanto.
La tua vita si è specchiata
nell’icona di Marta e Maria. Avevi fatto del quotidiano il tuo “luogo
teologico”, a tempo pieno. Non svolgevi compiti grandiosi ne progettavi azioni spettacolari.
Hai percorso un cammino in ambienti normali con un cuore semplice e umile,
sempre impegnata a dare il meglio di te stessa. Nei tuoi impegni non usavi la risposta del “pressapoco” ma davi il meglio di te stessa
attraverso una donazione profonda
che trasmetteva a chi ti stava vicino,
il profilo esatto del nostro carisma fondato sull’Ecce Venio e Ecce Ancilla.
Amavi
la semplicità in tutto, anche nel tuo modo di pregare. Ti piaceva paragonare la
tua vita spirituale, la tua ricerca di Dio a quella di Santa Teresa di Gesù
Bambino della quale nutrivi una profonda devozione. La tua maniera di pregare
aveva sempre un’apertura universale perché sapeva cogliere i problemi che
emergevano da ogni angolo del mondo. Come non ricordare la tua fedeltà alla preghiera, in modo particolare alla
recita del rosario, alla revisione di
vita, la partecipazione attiva alla
dinamica del tuo gruppo! Una sorella veramente innamorata della Compagnia
Missionaria. La tua persona viveva con intensità ogni avvenimento che succedeva nella nostra Famiglia: quando si partiva quando
si arrivava, nei momenti gioiosi e altri di sofferenza… Sempre pronta ad
ascoltare tutti. Il tuo sguardo vispo attento e anche un po’ furbo aveva la
capacità di superare brillantemente ogni
discussione o blocchi che si potevano
creare nelle relazioni tra noi. Più
volte mi ripetevi: “un po’ di buono c’è in tutti”.
Ricordo le nostre avventure nelle “Case per Ferie” a Lorenzago poi a Danta, … l’inizio di un lavoro dove nessuna di noi due era preparata a responsabilità tanto alte. Quanto lavoro, quante risate,
quanti amici: il tutto svolto in un clima di gioia e di festa.
Tessere rapporti per te era una cosa normale, semplice che ti veniva bene,
senza tanta fatica. Ti eri fatto una cerchia di amici che ti hanno voluto bene
e ti hanno seguito fino ad oggi. Molti di loro li avrai ritrovati in cielo e
sono certa che da lassù continuerete a fare festa. Lo stare insieme,
condividere parte della storia della nostra famiglia ha costruito e reso feconda la nostra
amicizia fondata sulla stima e affetto reciproco, ingredienti che ci hanno
permesso di camminare sempre… in sintonia!
Grazie Anna per la tua saggezza
e soprattutto per come hai vissuto il
tempo della tua malattia. Senza tanti diplomi o studi vari ci hai dato una
bella lezione di vita da meditare.