Compagnia Missionaria del Sacro Cuore
La COMPAGNIA MISSIONARIA DEL SACRO CUORE è un istituto secolare, che ha la sede centrale a Bologna, ma è diffusa in varie regioni d'Italia, in Portogallo, in Mozambico, in Guinea Bissau, in Cile, in Argentina, in Indonesia.
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Assemblea italiana, in presenza, a Bologna, e in collegamento online...
eterna e' la tua misericordia
Nella Messa di ringraziamento, celebrata il giorno del suo 90° compleanno, con missionarie, familiares, amici, così p. Albino ha detto grazie:
Per il dono della vita fisica - Eterna è la tua misericordia
Per avermi fatto nascere in un famiglia povera, quindi senza programmi di successi terreni - Eterna è la tua misericordia
Per la vocazione al sacerdozio - Eterna è la tua misericordia
Ordinato sacerdote: per avermi fatto scegliere l’umile, ma entusiasmante lavoro della diffusione dell’Apostolato della Riparazione - Eterna è la tua misericordia
Così è stata preparata la nascita della Compagnia Missionaria - Eterna è la tua misericordia
Per il dono di amore e di riparazione che la CM ha donato e continua a donare al Cuore di Gesù nell’offerta della quotidianità e dei momenti difficili e dolorosi del proprio cammino - Eterna è la tua misericordia
Per l’attività apostolica che la CM ha svolto in Italia e all’estero, particolarmente
(in Italia) con “le missioni al popolo” e (in terra di missione) con iniziative varie - Eterna è la tua misericordia
Per tutte le missionarie che hanno avuto incarichi di direzione della CM e per quelle che, anche al momento presente, portano il peso di una donazione generosa alla vita dell’Istituto nell’una o nell’altra attività - Eterna è la tua misericordia
Per il dono delle nuove vocazioni che il Signore sta per fare alla nostra Famiglia e che sono promessa di aria di primavera per la CM. - Eterna è la tua misericordia
Per il sacrificio dei lunghi viaggi, della permanenza faticosa, le difficoltà della lingua per chi svolge il compito della formazione di queste aspiranti alla vita CM. - Eterna è la tua misericordia
Perché il Signore ha voluto benedirmi nonostante le mie resistenze, le mie debolezze, i miei peccati…- Eterna è la tua misericordia
Perché il numero degli anni (da oggi 90) non ostacola, per particolare benevolenza del Signore la continuazione del lavoro per il mio Istituto e per la CM - Eterna è la tua misericordia
Infine per la gioia che mi dona l’attenzione, la cordialità, l’aiuto che ricevo dai miei Confratelli in supplenza di tutto ciò che mi è stato rubato dagli acciacchi dell’età - Eterna è la tua misericordia
Ed ora cantiamo insieme nella riconoscenza e nella gioia: Grazie, Signore, rendiamo grazie a te che regni nei secoli eterni.
gli auguri del superiore generale
Carissimo P. Albino,
Con grande gioia, voglio associarmi alla celebrazione dei suoi 90 anni di vita che occorre domani, e dei 65 di ministero sacerdotale trascorsi pochi mesi fa.
Con lei, benedico il Signore per gli abbondanti doni con cui lo ha colmato e che lei ha saputo mettere al servizio di tanti fratelli e sorelle, come sacerdote e religioso dehoniano, lungo tutti questi anni.
A nome mio personale e della Congregazione, voglio esprimerle, con tutto il cuore, un fraterno ringraziamento, per il dono che lei è stato per noi, suoi confratelli, tramite la sua fede, la sua presenza fraterna e il suo servizio dedicato al Regno di Dio.
Mi è ugualmente molto grato lodare il Signore per averla portato a condividere l'eredità spirituale che orienta la nostra vita come Dehoniani, dando origine alla Compagnia Missionaria del Sacro Cuore, sorelle, con noi, nel servizio al Vangelo, con le quali io stesso ho potuto condividere l'entusiasmo e la dedicazione alla missione, sia in Mozambico che in Portogallo.
Chiedo al Signore, nella bontà del suo Cuore, che le conceda di continuare a servirLo, con la gioia e la bontà che Lei porta con tanta eleganza, non soltanto nel nome, e di benedire i semi di Vangelo che ha lanciato nel cuore di tanti fratelli e sorelle, lungo la sua vita.
Fraternamente, nel Cuore del Signore,
Roma, 14 Novembre 2009
P. José Ornelas Carvalho
Superiore Generale SCJ
gli auguri del superiore provinciale
Carissimo p. Albino,
mi piacerebbe esserti accanto in questo momento per vivere con te, con la comunità, con la CM - intensamente - la tua festa di compleanno. Non potendo, affido a queste righe i sentimenti di augurio, di affetto, di gratitudine, miei e della nostra Provincia religiosa. Perché i tuoi 90 anni sono una tappa importante nella vita di un fratello, una tappa anche per la comunità e la Provincia.
90 anni: tempo lungo e intenso; tempo della Provvidenza che ha agito in te e attraverso di te; tempo della tua risposta che ha coinvolto altre risposte.
Davvero una tappa importante per te:
Rileggere la tua vita, con serenità, semplicità, saggezza… individuando i fili di fedeltà che hanno legato i tuoi molti anni, il percorso che essi hanno segnato e segnano.
Per trovarvi cosa? Certo tante cose belle compiute: tante risposte date a Dio con generosità di cuore fin dalla prima giovinezza (il dono di te stesso nella vita religiosa e sacerdotale nel nostro istituto); tante intuizioni còlte e realizzate (prima fra tutte la Compagnia Missionaria); tanti momenti di intimità profonda con il Dio creatore e datore di bene (nella celebrazione dell’Eucaristia, nella preghiera, nell’adorazione…); l’assunzione di responsabilità nelle scelte quotidiane; la consapevolezza di una misericordia tanto spesso ricevuta e donata (anche nel sacramento)… Tutto logicamente insieme a risposte insufficienti, a limiti e povertà. La tua vita: il luogo dove la bontà di Dio si è espressa.
Poi l’azione della Provvidenza… Quando uno raggiunge un’alta vetta, guarda in giù, al percorso fatto, e si meraviglia lui stesso che tutto sia avvenuto. Chissà quante volte hai potuto gioire di quello che la Provvidenza faceva attorno a te e attraverso di te.
Poi lo specifico della CM. Non sono capace di farne sintesi, né mi sento idoneo a ricordarne i passaggi del suo sviluppo. Altri in questa occasione sapranno farlo e sarà bello ascoltarli…
90 anni per te: sono l’età bella in cui la memoria della propria storia si carica, con grande libertà, di tutto ciò che si è vissuto: tutto si assume, tutto si riconosce, a tutto si dà il nome… trattenendo ciò che è particolarmente prezioso ed essenziale, lasciando cadere ciò che è marginale e caduco … Tutto si mette nell’amore fedele del Signore, nel suo Cuore amante e perennemente accogliente! So che lo stai facendo e te ne ringrazio. Stai rileggendo la tua vita in fiducia e abbandono, senza più l’ansia di doverti mettere in gioco, di realizzarti ulteriormente, di darti da fare per altro; perché ormai è solo tempo di contemplare, di ringraziare, di intercedere, di stare davanti al Regno che viene in forma più evidente…
Ti auguro di vivere la certezza più grande: quella di saperti amato e di lasciarti amare! Il senso vero della vita - l’unico in fondo - è la fedeltà di Dio, una fedeltà incomprensibile e inimmaginabile… una fedeltà che continui ad accogliere con riconoscenza e grande pacificazione.
90 anni per noi! Tempo del ricordo e della gratitudine anche per la tua comunità, per la nostra Provincia religiosa. Penso che i tuoi ricordi siano affollati di volti, di nomi, di fratelli e sorelle, che ti hanno camminato accanto, sostenuto, seguito. Sono 90 anni percorsi in comunità, in comunione.
Un’interazione reciproca comunitaria che ti ha fatto crescere e ci ha fatti crescere; tutti abbiamo beneficiato dalla tua presenza e tu hai beneficiato della presenza di tutti noi. Quindi cammino tuo e nostro, che è bello leggere e capire, cogliendone tutto il bene avvenuto, per lodare e gioire.
Vengono in mente tanti momenti di comunione, di fraternità, di discernimento, di missione, di condivisione, di perdono e ripresa… Tutto in quella grande comunità che è la Chiesa e nelle nostre piccole e concrete comunità. E Dio ha guidato.
Grazie anzitutto a lui.
E grazie a te per i 90 anni donati e per la tua presenza di ora.
Grazie e auguri vivissimi, carissimo p. Albino.
Che tu possa sentire la presenza intensa del Signore Gesù che ti ha chiamato, che ti ha amato e ti ama, ti tiene nelle mani e sopratutto nel suo Cuore.
E -come dico spesso- ricordati che … il meglio deve ancora venire!
Un forte, fraterno abbraccio in Corde Jesu
p. Tullio Benini, scj
superiore provinciale IS
per diffondere l'amore
25 giugno 2004
60 anni di sacerdozio di p. Elegante
Dice la Scrittura che il valore di una vita non si calcola dal numero degli anni, ma dai suoi frutti, dall’intensità con cui è vissuta. È vero che non c’è merito nel vivere a lungo, ma c’è nel vivere compiendo il bene. In p. Albino, una lunga vita e i buoni frutti stanno insieme e fanno sgorgare, dal suo e dal nostro cuore, gratitudine e gioia e speranza.
L’inizio di una lunga storia
60 anni di sacerdozio, compiuti il 25 giugno, sono una bella cifra; scritta in crema al limone su una deliziosa torta alla panna suscita una simpatica allegria e calorosi complimenti, ma rischierebbe di restare… vuota. Si riempie, invece, e suscita grata commozione, quando si va a guardare dentro: il contenuto di questi anni.
Anni pieni, anzitutto, della grazia e della misericordia di Dio. Quel magrissimo ragazzo ventiquattrenne, vestito in talare e cinto del cordone nero”dehoniano”, fotografato nel giorno dell’ordinazione sacerdotale, il 25 giugno 1944, sapeva di essere oggetto dell’amore di predilezione di Dio, che lo aveva chiamato, ancora bambino, alla vita consacrata e al sacerdozio per diffondere il regno del S. Cuore di Gesù nelle anime e nelle società. Dopo sessant’anni, l’anziano sacerdote che celebra l’eucaristia nella cappella della Compagnia Missionaria del S. Cuore a Bologna, rende lode e ringraziamento a Dio Amore per le sorprendenti manifestazioni e gli innumerevoli frutti che hanno dato volto e fecondità a quella grazia.
Dopo l’ordinazione, in quel lontano e dolorosamente memorabile 1944, il novello sacerdote, quasi inseguito dai furori della guerra, raggiunse la sua famiglia nel paese natale, a Caldogno (VI) e si sentì dire da sua madre che era diventato “trasparente”. Celebrò la sua prima messa al paese e vi restò per un anno, bloccato dall’interruzione della ferrovia bombardata. Chissà: forse la Provvidenza si servì di quella ferrovia interrotta per riconsegnare prolungatamente all’affetto della famiglia quel giovane che, per rispondere alla chiamata divina, aveva lasciato, ancora bambino, secondo l’uso di quel tempo, papà e mamma, fratello e sorella, piangendo calde lacrime per lunghe notti. Certamente, quando tornò tra i suoi confratelli, a Bologna, aveva perso la trasparenza… quella “fisica” causata dalla giovane fame quasi mai saziata, durante gli ultimi anni che gli studenti dehoniani avevano vissuto da sfollati a Castiglione dei Pepoli, sull’Appennino bolognese.
Trasparenza di Dio
Un’altra “trasparenza” p. Albino, che allora si chiamava p. Giuseppe (era uso, prima del Concilio Vaticano II, che i religiosi sostituissero al nome di battesimo il cosiddetto “nome di religione”; dopo il Concilio, molti hanno scelto di riprendere il nome di battesimo) si sforzò di non perdere, anzi certamente cercò di coltivare: la trasparenza dell’agire di Dio nella sua persona. La missione che le fu affidata dai superiori esigeva questa trasparenza in modo speciale. Fu nominato direttore nazionale dell’Apostolato della Riparazione, associazione composta di laici e sacerdoti che si impegnava a vivere, testimoniare e diffondere la spiritualità di amore e riparazione in comunione con il Cuore di Cristo, secondo l’insegnamento di p. Dehon. Proprio all’interno di questa associazione è maturata l’esigenza di una nuova forma di vita consacrata concretizzatasi nella Compagnia Missionaria del S. Cuore, fondata da p. Albino a Bologna nel Natale 1957.
Manifestare al mondo, con la parola e con la testimonianza, l’amore di Dio che si rivela in modo eminente nel Cuore trafitto di Cristo crocifisso e impegnare, per questo, la totalità della vita con la professione dei consigli evangelici di castità, povertà, obbedienza; diffondere e vivificare con l’annuncio e la testimonianza di questo amore ogni realtà umana, ogni ambiente dove uomini e donne vivono, lavorano, sperano, soffrono… perché ogni persona ritrovi se stessa in Cristo e realizzi la propria vita secondo il progetto di bene del Creatore: questo il sogno che Dio ha affidato a p. Albino e alle donne che hanno voluto, con lui, rispondere “Ecce venio, Ecce ancilla” ( Eccomi, io vengo, Eccomi sono la serva del Signore).
Il cammino, iniziato con tanto entusiasmo e tante speranze, ha richiesto ascolto e impegno, ricerca e fatica per comprendere i sentieri di Dio: vivere la piena consacrazione per una missione di evangelizzazione e promozione umana, ma restando laiche all’interno del popolo di Dio, facendosi compagne di cammino con i fedeli laici che, dal Concilio Vaticano II, andavano e vanno ancora scoprendo e assumendo responsabilmente la vocazione alla santità e la missione ecclesiale; vivere come laiche consacrate in gruppi di vita fraterna o da sole o nella famiglia di origine; incarnare la spiritualità di amore e di oblazione, di obbedienza e di servizio, di immolazione e di comunione, in una missione espressa nell’evangelizzazione diretta e nel lavoro professionale o casalingo, nel volontariato e nell’impegno socio-politico, nella missione ad gentes, accolta e voluta fin dai primi anni sotto la spinta del motto “guardare lontano”.
Famiglia in crescita
E mentre la Compagnia Missionaria, arricchitasi fin dai primi anni di consacrate portoghesi, nella seconda metà degli anni ’60 andava intraprendendo vie nuove, aprendosi alle esigenze ecclesiali del dopo-concilio, p. Albino doveva sempre più farsi attento al soffio sorprendente dello Spirito, che non lascia mai nulla parcheggiato nelle aree dello scontato e del ripetitivo: le missionarie studiavano teologia con gli studenti dehoniani, si preparavano a partire per il Mozambico, cominciavano ad impegnarsi nell’animazione del tempo libero con la gestione stagionale di una casa per ferie e con l’ITER, in diretta collaborazione con p. Albino offrivano alle parrocchie il servizio di evangelizzazione nella forma delle missioni popolari. Sempre con un unico scopo: offrire al mondo la testimonianza dell’amore di Dio, anche con i segni dell’accoglienza, della disponibilità, del sorriso, della condivisione, della festa…
Cominciava intanto a bussare alla porta un’altra realtà, che p. Albino accolse, coltivò, cercando di darle, nel volgere del tempo, una fisionomia sempre più chiara: i familiares, laici uomini e donne che assumono la spiritualità e partecipano alla missione della Compagnia Missionaria senza i voti di consacrazione.
Nell’apertura allo Spirito, nonostante gli ostacoli dei limiti e fragilità umane, nel dialogo a volte faticoso, nell’impegno a camminare con la Chiesa e a farsi compagni di strada dell’umanità, nell’accoglienza e condivisione di gioie, speranze, delusioni e tribolazioni, nell’offerta quotidiana della vita, la Compagnia Missionaria è cresciuta e si è diffusa ormai in quattro continenti, costringendo il fondatore e viaggiare molto, a imparare diverse lingue e… a prendere molta confidenza con computer e posta elettronica: degno figlio di p. Dehon che apprezzava molto e si serviva con gioia dei mezzi sempre nuovi che il progresso offriva tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. P. Elegante ormai ha intrapreso la via del XXI secolo e pare la percorra con una certa disinvoltura.
Gratitudine nella comunione
Tutta la Compagnia Missionaria ha festeggiato con gioia e gratitudine i sessant’anni di sacerdozio di p. Elegante. Un grosso album ha raccolto auguri e testimonianze scritti per l’occasione da missionarie e familiares dei vari gruppi sparsi nel mondo. Ma soprattutto ogni membro della famiglia era presente, anche se fisicamente lontano, alla celebrazione eucaristica tenutasi in via Guidotti a Bologna, sabato 26 giugno. Un alberello di ulivo rendeva in qualche modo visibile la presenza di tutti: ai rami erano attaccati biglietti con i nomi di ciascuno dei membri viventi e, sulla terra, erano appoggiati i nomi di quella parte di Compagnia Missionaria che ha già raggiunto la meta.
Una forte e commovente esperienza di comunione, e, nella gratitudine profonda, anche un momento di verifica e di riconferma della vocazione ad essere testimonianza luminosa, serena, coraggiosa dell’amore che Dio ha riversato in noi: questi, in sintesi, i sentimenti e il desiderio espressi da p. Albino durante la celebrazione, in riferimento a se stesso e ai membri della Compagnia Missionaria.
Qualche settimana prima, c’era stata un’anteprima della festa, a S. Antonio Abate, dove p. Elegante aveva incontrato un gruppo di giovani e, successivamente, familiares e missionarie; in due momenti si era dato spazio ai ricordi, alla testimonianza, alla preghiera, alla celebrazione eucaristica, alla festa condivisa, nella gioia e nella gratitudine a Dio Amore per i doni della sua grazia, ma anche a p. Albino per la generosità della risposta e a quanti – anzitutto i genitori Giovanni e Maria e tutti i suoi formatori – lo hanno educato alla fede e guidato sulle vie di Dio.
intervista per l'80° compleanno
Bologna, 15 novembre 1999
Rivolgere lo sguardo al passato, per riconoscere nella storia l’agire di Dio, è sempre motivo di gratitudine e alimento della speranza, per questo abbiamo chiesto a p. Albino di offrirci brevemente qualche ricordo della sua vita, soprattutto riguardante la sua famiglia e la sua vocazione.
La famiglia e la vocazione
«Sono nato a Caldogno – racconta – in provincia di Vicenza, da una famiglia povera, molto povera. Mio padre, Giovanni, lavorava i campi, ma il sabato e la domenica faceva il barbiere; la mamma, Maria, era semplicemente casalinga e, nella sua povertà, aveva da offrire una gran ricchezza alla famiglia: il suo grande affetto. Ebbero tre figli: Angelo, Gemma e io, ma dopo il primo la mamma aveva avuto due aborti spontanei, chissà… forse dovuti alla fatica e agli stenti.
Andavo alla scuola elementare e riuscivo bene, per questo qualcuno cominciò a chiedermi se volevo farmi prete: l’unica possibilità di studiare, allora, era andare in seminario; ma io mi arrabbiavo molto, quando mi facevano questa domanda.
Una sera, però, quando frequentavo la quarta classe, presi in mano le Letture Cattoliche di D. Bosco. Non so di chi fosse quel libro e come lo avessi avuto. In seguito l’ho cercato spesso e non sono più riuscito a trovarlo, ma rivedo ancora com’era fatto. In quell’opera lessi la storia di un missionario, che era andato in Cina ed era morto martire, decapitato. Ho presente l’immagine che lo raffigurava in piedi, sul parapetto della nave, mentre guardava lontano…
Anziché spaventarmi e confermarmi nel rifiuto di farmi prete, quella lettura fece sorgere in me un grande desiderio. Piansi quella sera e mi dissi: “Domani vado a farmi prete”. Andai dal parroco, che mi chiese: “Che classe fai?”. “La quarta”, risposi. “Finisci la quinta - concluse - e poi ne riparliamo”.
Alla scuola apostolica
Terminata la scuola, l’anno successivo, fu il parroco a chiedermi: “Vuoi ancora farti prete?”. Risposi di sì e lui mi accompagnò alla scuola apostolica dei Sacerdoti del Sacro Cuore, ad Albino, in provincia di Bergamo, perché pochi giorni prima aveva ricevuto un foglietto, diffuso per far conoscere questa scuola. I miei genitori non avrebbero potuto pagare la retta del seminario diocesano. Anche ad Albino chiesero una retta, ma mio padre disse che, se questa era la condizione, avrebbe dovuto portarmi a casa. Fui accettato ugualmente. Certo la scelta di Albino fu per me molto dura: la mia casa distava 170 km; troppo. La nostalgia della famiglia mi fece piangere per molte notti. In cinque anni, venne a trovarmi una volta il papà e una volta la mamma, mentre i ragazzi bergamaschi ricevevano le visite dei parenti, con relativi pacchetti, ogni quindici giorni. Potei tornare a casa, la prima volta, in vacanza, dopo quattro anni.
Ero arrivato alla scuola apostolica in ottobre; il 25 marzo successivo, festa dell’Annunciazione, feci la vestizione; eravamo in tanti, tanti bambini vestiti da prete. Ci creava non poca fatica, fisica e psicologica, quell’abito.
Religioso del Sacro Cuore
Dopo il ginnasio, andai ad Albisola Superiore (SV), per il noviziato, durante il quale si interrompeva la scuola: si era impegnati unicamente nella formazione spirituale. Dopo i primi voti, emessi il 29 settembre 1937, iniziai il liceo: il primo anno a Spotorno (SV), gli altri due a Oropa (NO). Si era in montagna; faceva molto freddo e noi eravamo senza riscaldamento. Si desiderava andare al santuario della Madonna per scaldarci.
Terminato il liceo venni allo studentato, qui a Bologna, per lo studio della teologia, ma dovemmo sfollare a Castiglione dei Pepoli, sull’Appennino, a causa della guerra. Dopo tre anni fui ordinato sacerdote, il 25 giugno 1944, dal Cardinale Nasalli Rocca, nella vecchia chiesina del Suffragio, qui a Bologna, ma la mia famiglia non poté essere presente. Dopo tre giorni la raggiunsi io e celebrai la prima messa a Caldogno. Il treno che mi portò a casa fu l’ultimo che riuscì a passare. Fu bombardata la linea ferroviaria. Il quarto anno di teologia l’ho trascorso in famiglia, studiando sui libri del parroco. Erano stati anni difficili: c’era poco da mangiare a Castiglione, per giovani che avevano sempre un buon appetito. Quando arrivai a casa, la mamma mi disse che ero diventato trasparente.
L’Apostolato della Riparazione
Tornato a Bologna, al termine della guerra, il superiore mi chiese se volevo fare il professore allo studentato o dedicarmi all’apostolato; era questo il mio desiderio. Mi nominò, dunque, direttore dell’Apostolato della Riparazione, un’associazione che diffondeva la spiritualità del S. Cuore, nella forma che p. Dehon aveva consegnato alla sua congregazione: vita d’amore e di riparazione per l’avvento del Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nelle società. Furono anni bellissimi, di grandi soddisfazioni. Insieme con p. Moro, che seguiva gli Amici di Gesù, associazione di bambini che vivevano la stessa spiritualità, ho girato l’Italia, per diffondere l’associazione, formarne i membri, predicare gli esercizi spirituali.
La Compagnia Missionaria
Tra le giovani iscritte all’Apostolato della Riparazione, alcune volevano consacrarsi totalmente al Signore e io indicavo loro gli istituti dedicati al S. Cuore, ma finalmente, a Cesuna (VI), durante un corso di esercizi, con un piccolo gruppo di giovani che desideravano la vita di consacrazione, decidemmo di dare inizio ad una nuova realtà. Fu quello il primo passo verso la Compagnia Missionaria. Pensammo di aprire una casa per esercizi e dedicarci a quel servizio; dopo aver cercato in diverse diocesi, finalmente trovammo una casa a Padova con l’approvazione del vescovo, ma mentre ero in viaggio per andare a comprarla, abbi un grave incidente e il progetto svanì.
La Compagnia Missionaria nacque così a Bologna, e le missionarie si dedicarono ad altre attività. A Natale compie quarantadue anni ed è ormai diffusa in tre continenti”.
Guardare lontano
Una vita intensa, quella di p. Albino, dedicata al Signore fin dall’infanzia, offerta con grande dinamismo a servizio del Regno, con quella carica d’amore che sgorga dal Cuore di Cristo.
Né il distacco e la lontananza dalla famiglia, né la disciplina e le esigenze della vita di seminario, né l’ingombrante talare indossata da bambino, né le ristrettezze e le tribolazioni causate dalla guerra e nessuna delle contrarietà della vita gli hanno impedito di seguire il Signore e vivere il suo progetto. All’omelia della messa del suo compleanno ci ha chiesto che lo aiutassimo a gridare a Dio il suo grazie, per tutto ciò che Egli ha compiuto nella sua vita. Quasi mai si ferma a ricordare fatti o persone che gli hanno creato problema, mentre continua a spendersi per il Regno di Dio, con grande impegno e fiducia, soprattutto accompagnando il cammino e la crescita della Compagnia Missionaria, senza timore di affrontare ancora lunghi viaggi e di esercitarsi a parlare in diverse lingue e adattarsi a diversi costumi.
Gli ottant’anni di p. Albino ci parlano di una indomita speranza radicata nell’amore del Cuore di Cristo e in una profonda fiducia nella sua misericordia. Espressione di questa speranza è il motto che ha sempre avuto caro e ha voluto consegnare alla Compagnia Missionaria: Guardare lontano. In esso scopriamo la fedeltà di p. Albino alla sua vocazione, a quel progetto di Dio che per la prima volta gli si rivelò attraverso la storia e l’immagine di un missionario che, lasciando la sua terra, guardava lontano, proteso verso i traguardi sconfinati dell’amore che non ha età.